Scroll Top

La letizia che sgorga dalla Fede

LaFede

Omelia

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di domenica 13 dicembre 2015 (S. Messa del giorno).

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

Approfondimenti

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione

La letizia che sgorga dalla Fede

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

Vorrei concentrare la nostra, la vostra attenzione, in questa III domenica di Avvento, ormai prossimi al Natale, sulla seconda lettura, sulla Lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi.

San Paolo invita a una realtà fondamentale per la nostra vita: essere lieti.

Forse meditiamo troppo poco sull’importanza della letizia, sull’importanza della gioia, della pace che il Signore dà, dice nel Vangelo di Giovanni: “Non come la dà il mondo, ve la do io”.

Forse sono doni dello Spirito Santo che chiediamo poco, forse perché ci crediamo poco nell’importanza della letizia, della gioia, che non è banalmente l’essere contenti, è qualcosa di più.

Tutti siamo alla ricerca di questa letizia, tutti cerchiamo in ogni dove questa gioia e questa pace.

San Paolo lo ricorda in modo molto forte: “Siate sempre lieti nel Signore!”, come è difficile…

«Ve lo ripeto:  “Siate lieti! La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!”»

Come è difficile essere lieti nel Signore, perché questo vuol dire avere fede…come è difficile!

Mi ricordo che, quando ero giovane prete, giovane studente di teologia, c’era un sacerdote anziano, che mi ripeteva spesso: «Vedi, Giorgio, ricordati che la cosa più difficile che dovrai vivere, quando sarai vecchio, è avere fede in Dio».

Lui diceva: «Tutte le altre cose che ti sembrano difficili adesso, in realtà, con il passare degli anni, si sistemeranno, ma avere fede è la cosa più difficile che ci sia. Credere in Dio, credere nella Provvidenza di Dio, credere che gli eventi, che ci accadono, sono mossi dalla Provvidenza di Dio».

Io non sono vecchio come lui intendeva, però già avverto in lontananza questa fatica del credere, dell’avere fede in Dio, nella Sua Provvidenza presente, ogni istante della vita. È per questo che si perde in amabilità, è per questo che la nostra amabilità non è nota a tutti, è per questo che la letizia non è sempre presente, perché noi ci angustiamo, esattamente come scrive lui.

Non angustiatevi per nulla”.

No, non è vero, noi ci angustiamo per tutto, ogni cosa ci angustia; ogni più piccola questione è un problema, è un problema da risolvere, perché è vero che è un problema da risolvere.

Alle volte ci svegliamo al mattino che abbiamo già delle angustie addosso, perché andiamo a letto alla sera che siamo già angustiati, perché dobbiamo pensare al lavoro, alla famiglia, ai problemi che ci sono con le persone, a certe relazioni che non decollano, a certe relazioni che sono una fatica incredibile, certe cose che sono nell’incertezza, certi errori che abbiamo commesso, certe cose che non riusciamo a vedere con chiarezza. Ci chiediamo: «Come sarà domani? Andrà così o andrà cosà? Questa cosa che è successa, perché è successa? Questa persona che si comporta così, perché si comporta così? Ce l’avrà con me? Avrò fatto qualcosa di male? Non ce l’avrà con me?»

Quante cose…arriviamo a mezzogiorno e abbiamo il cuore dilaniato, la mente completamente stanca come se fosse già mezzanotte, siamo stravolti, stravolti dai pensieri, dalle preoccupazioni, dall’ansietà, dalla paura.

Ci sarebbe da fare un corso di esercizi spirituali, sul tema della paura!

Quanto la paura vive nella nostra vita!

Quante volte abbiamo paura, quanto spesso sentiamo il fremito della paura che ci attraversa la schiena, i sudori freddi della paura, che assume tanti volti, sapete: la malattia fisica e spirituale, la morte, l’abbandono, la solitudine, il fallimento.

Abbiamo tante di quelle paure, che non basterebbe il mondo per scriverle, ma non è che sono cose irreali, non è che noi siamo matti e ci costruiamo delle cose che non esistono; alle volte magari esageriamo un po’, vero, ma non è che siano cose irreali che noi ci sogniamo, no, sono cose molto reali, molto concrete, peccato che tutte queste cose noi le viviamo da soli, cioè come se tutto dipendesse da noi, come se fossimo noi a dover intervenire.

Questa cosa, guardate, è una tentazione terribile, perché quando noi interveniamo, cioè quando noi cerchiamo di forzare la storia e di dirigerla verso dove noi vogliamo, non di rado poi ci pentiamo amaramente, perché, dopo, se le cose vanno male, è colpa di chi?

Sei tu, che hai voluto muovere le cose in quel modo lì, e se vanno male, non è che poi puoi dare la colpa a qualcuno; se tu le avessi lasciate andare, secondo l’iter che avevano preso, forse lì c’era un progetto, che tu al momento non hai visto, che tu ignoravi, ma se tu ti fossi fidato…

Mi rendo ben conto, nel dirvi queste cose, che ho davanti Gesù Cristo in piedi che mi fa così…proprio Lo sto contemplando chiaro, anche se non sono Santo Stefano, però, con la mia immaginazione, Lo vedo chiaramente con il dito puntato, lo punta contro di me per dirmi: «Tu sei il primo che non vive queste cose».

Sì, sì, verissimo. Come vi ho detto all’inizio, questo spirito di fede, credo che sia la cosa veramente più difficile da fare entrare dentro all’anima, perché noi diciamo: «Gesù, Gesù, Gesù», ma, alla fine: «Gesù, Gesù, Gesù, ci penso io…»

Quella frase: «Gesù, confido in te!», è una retorica, è una cosa retorica; quel “Confido in te”, se fosse veramente detto con il sangue, ha un prezzo altissimo, perché vuol dire affidare a Lui tutto, vuol dire preoccuparsi, come dice Gesù,  solo del Regno di Dio e della Sua Giustizia, preoccuparsi solo di avere Dio, di farLo amare, di farLo conoscere, e di non avere a cuore niente altro.

Quindi, la letizia progressivamente sparisce dai nostri volti…

Quante sovrastrutture noi abbiamo addosso, per rispettare le quali, noi roviniamo le relazioni con Dio e con gli altri.

Voi insegnate precetti che sono imparaticcio di cose umane”, dice la Scrittura.

C’è spiritualità, c’è divinità, c’è verticalità nelle cose che noi andiamo ad insegnare, nelle cose che noi andiamo a proporre alle persone?

Quando le persone ci ascoltano avvertono una ulteriorità, avvertono il divino nelle nostra persona, avvertono il divino nelle nostre parole, nei nostri gesti?

Avvertono Dio, o non avvertono forse tanto mondo, tanta terra, tanta logica umana, tanti progetti umani, tante paure umane, tanti schemi umani?

La cartina di tornasole è che, quando uno vive di fede, è veramente felice.

Come la Madonna…

Ogni tanto quando penso a questa figura incredibile dico: «Mah…mah»

Se poi penso a San Giuseppe, mi confondo ancora di più perché dico: «Questo si è fidato di tre sogni…»

Anche io faccio i sogni, ma non imposto la mia vita sui sogni, capite?

Questo ha fatto tre sogni, ma mica Gli è apparso lo Spirito Santo o un Angelo del Cielo.

Ha fatto due o tre sogni e basta, in base a quello Lui si è mosso; guardate che ci vuole un eroismo nella fede, che è incredibile!

Prendere questa donna…

Questo neanche sapeva che cos’era lo Spirito Santo, non Glielo ha mai spiegato nessuno, non c’era ancora.

Prendere questa donna, che è rimasta incinta, non si sa come, non si sa da chi, non si sa perché, boh…è lì così, uno dice: «Mah…»

Prendere questa donna e pensare che è tutta opera di Dio, uno dice: «Ma cosa vuol dire? Come è possibile?!»

E fondare questa fede su dei sogni e sulla parola di Lei, guardate che…

Poi: è opera di Dio e non Lo vuole nessuno;

è opera di Dio e da quando inizia è tutto un tormento;

è opera di Dio e deve nascere in una stalla, in una grotta;

è opera di Dio e dobbiamo fuggire in continuazione;

è opera di Dio e va sempre tutto male…

Allora, è opera di Dio o non è opera di Dio?

La fede spinge l’uomo su questo crinale profondissimo, su questo crinale che ha in fianco l’abisso e ti invita costantemente ad alzare gli occhi verso il cielo.

La fede chiama l’uomo costantemente ad uno sguardo verso l’alto, anche se magari non vede nulla.

Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presente a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti”.

C’è un bellissimo scritto di Don Dolindo Ruotolo, che vi consiglio di leggere, “Gesù, pensaci tu”, che io avrò letto centinaia di volte ma ogni volta è nuovo, quando lo leggo c’è sempre qualcosa che mi graffia dentro.

È un presentare a Dio tutto, anche qui: Lo facciamo? Ci crediamo, che veramente Dio ci ascolta e prende a carico le nostre richieste più piccole? Ci crediamo, che veramente Gesù ci pensa, che veramente Gesù è all’azione nella nostra vita, che veramente la nostra vita è nelle Sue mani, che è veramente preziosa?

Alle volte, questa cosa non emerge, questa consapevolezza non emerge dai ragionamenti che facciamo, dai programmi che ipotizziamo, dalle frasi che diciamo anche agli altri, dove non diamo testimonianza di fede ma diamo testimonianza di spavento, diamo testimonianza di una preoccupazione incredibile, diamo testimonianza di una grande precarietà.

Tutte cose vere, ma come è possibile che Dio non se ne curi?

Possibile che Dio non se ne faccia carico?

Noi facciamo talmente poco questa esperienza di Dio, che si fa carico di noi, che infatti noi non ci facciamo carico degli altri.

Il nostro farci carico degli altri è fare gli assistenti sociali sacralizzati, con tutto il rispetto degli assistenti sociali, che è un lavoro bellissimo, ma non è il lavoro del Cristiano. Noi non siamo assistenti sociali sacralizzati.

La pietas e la  caritas non sono questo, sono quelle del buon Samaritano, che non dà il soldino, che non passa davanti dicendo:  «Ah, poverino, mi dispiace, offri tutto al Signore», poi  va per la sua strada.

La logica del buon Samaritano, la logica del Vangelo, è quella di colui che interrompe il suo cammino, di colui che si china sulla persona e quella persona diventa tutto il suo viaggio, tutto il suo viaggio si interrompe lì e si ferma lì.

È il momento nel quale la vita non capisce più niente, perché c’è qualcosa che viene a bloccare tutto: lo deve curare, lo deve medicare, deve curare le piaghe, deve disinfettarle, deve portarselo addosso, portarlo alla locanda, pagare lui per questo, e solo allora potrà andare via.

Come è difficile la pietas! Come è difficile la carità!

Come è difficile farsi veramente carico dell’altro, con tutto il peso di dolore, di sofferenza, di umiliazione, di abbandono, che la persona si porta dentro!

Come è raro trovare i Samaritani!

Per questo, questa domenica si chiama la domenica Gaudete, come la domenica Laetarein quaresima, questa è la domenica Gaudete, la domenica del gioire, la domenica della letizia, appunto, perché dentro a questo tempo di piccola Quaresima, di preparazione al Natale, la Chiesa ci dice: «Ecco, non dimenticare che, anche mentre attendi, devi gioire. Non dimenticarti che in questo momento ti devi affidare a Dio e che il Signore, anche nella penitenza, ti chiede sempre comunque la letizia».

Allora, se noi faremo così, “La pace di Dio, che supera ogni intelligenza (la pace di Dio è molto di più del nostro pensare, di quello che noi immaginiamo, molto di più), custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù”.

Concludo proprio con questa osservazione: la pace sono le mura del castello.

Il nostro castello resta protetto dalla pace, solo se abbiamo la pace.

Se dentro noi non siamo in pace, noi siamo un castello senza mura, noi veniamo attaccati da tutto di più.

Infatti, quando il cuore dell’uomo è triste…

Diceva San Filippo Neri: «Tristezza e malinconia, fuori da casa mia!», perché la tristezza e la malinconia sono le porte, attraverso le quali entra il diavolo nell’anima.

Quando noi siamo avviliti, quando noi siamo tristi, quando noi siamo disperati, quando noi siamo ripiegati, quando noi vediamo tutto buio, quello è il momento nel quale noi facciamo le scelte peggiori possibili, quello è il momento dove ci buttiamo via, quello è il momento dove la nostra anima è in balia di tutti i mostri del mondo, perché non c’è la pace.

La pace è una fortezza inespugnabile; quando il cuore è in pace, quando il cuore è in grazia di Dio, quando il cuore è in comunione con Dio, quando il cuore vede che è protetto da questa esperienza forte, solida di Cristo, non c’è niente e nessuno che possa toccarci, niente, non esiste tentazione che possa averla vinta su di noi.

Per questo noi dobbiamo fare di tutto per conservare la pace, per conservare l’anima in pace, che vuol dire, innanzitutto in grazia di Dio, e poi in questo atteggiamento profondo di fede, in questo continuo ritorno al Signore.

Per questo dobbiamo pregare con frequenza, in ogni stante, come dice San Paolo, che non significa dire le preghiere e punto, ma vuol dire vivere un atteggiamento di ascolto, vedersi alla presenza di Dio sempre, essere chiamato costantemente a fare riferimento a Dio, a Dio come una presenza reale nella mia vita, che continuamente mi chiama e mi invita.

Solo così è possibile essere in pace.

Tanti dei nostri disturbi e delle nostre malattie, anche fisiche, vengono da questo tema della mancanza di pace.

Tante persone dicono, per esempio: «Io non riesco a non fumare», oppure peggio: «Non riesco a non bere», peggio ancora: «Non riesco a non drogarmi», ma perché?

Perché talmente non ce la fanno più (perché essere senza pace vuol dire impazzire), che hanno bisogno di stordirsi in alcuni momenti, perché quello stordimento procura loro una pace; non è pace, ma è assenza di quel tormento che hanno dentro.

Chiediamo al Signore la grazia invece di vivere nella realtà!

Il Signore, se noi stiamo ancorati nella realtà, ci aiuta, sapete?

È dura la realtà, la verità è difficilissima, è durissima, ma la verità, quando noi la guardiamo e cominciamo a frequentarla, porta una grande pace.

Sono la menzogna, il nascondimento, l’illusione, l’inganno, che procurano questa inquietudine costante; mentre la verità, al momento ti gratta, ti brucia, ti fa stare male, al momento, ma se tu vai avanti ad esserle fedele, la verità produce questa grande pace, ti fa stare in pace.

In questa domenica Gaudete, il Signore ci conceda la grazia di una vera letizia!

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!

Letture del giorno

III DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C) – GAUDETE

Prima lettura

Sof 3,14-18 – Il Signore esulterà per te con grida di gioia.

Rallègrati, figlia di Sion,
grida di gioia, Israele,
esulta e acclama con tutto il cuore,
figlia di Gerusalemme!
Il Signore ha revocato la tua condanna,
ha disperso il tuo nemico.
Re d’Israele è il Signore in mezzo a te,
tu non temerai più alcuna sventura.
In quel giorno si dirà a Gerusalemme:
«Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia!
Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te
è un salvatore potente.
Gioirà per te,
ti rinnoverà con il suo amore,
esulterà per te con grida di gioia».

Salmo responsoriale

Is 12

Canta ed esulta, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.

Ecco, Dio è la mia salvezza;
io avrò fiducia, non avrò timore,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.

Attingerete acqua con gioia
alle sorgenti della salvezza.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere,
fate ricordare che il suo nome è sublime.

Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse,
le conosca tutta la terra.
Canta ed esulta, tu che abiti in Sion,
perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.

Seconda lettura

Fil 4,4-7 – Il Signore è vicino!

Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!
Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti.
E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.

Canto al Vangelo

Is 61,1

Alleluia, alleluia.
Lo Spirito del Signore è sopra di me,
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio.
Alleluia.

Vangelo

Lc 3,10-18 – E noi che cosa dobbiamo fare?

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Post Correlati