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Maledetto chi confida nell’uomo; benedetto chi confida nel Signore

Il banchetto del ricco epulone

Omelia

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di giovedì 25 febbraio 2016.

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Testo della meditazione

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Maledetto chi confida nell’uomo; benedetto chi confida nel Signore

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

La prima lettura che abbiamo ascoltata, che è tratta dal Libro del Profeta Geremia, ci richiama a fare molta attenzione sulla confidenza.

Confidare nell’uomo, così come è espresso da Geremia, cosa vuol dire?

“Maledetto l’uomo che confida nell’uomo”, dice il Profeta.

Di certo non significa non avere fiducia nelle persone.

Di certo non significa disprezzare chi abbiamo accanto, non fare tesoro della compagnia degli altri, non godere della presenza bella delle persone che abbiamo accanto. Non è di questo che parla Geremia, non è questa la confidenza sbagliata.

In questo contesto, con il termine “confidare”, Geremia vuole fare riferimento a dove e in chi riponiamo il nostro primo pensiero, la primizia dei nostri affetti, il nostro amore, la nostra anima, le nostre energie, le nostre speranze…in poche parole, la verginità del nostro cuore dove sta? Chi la custodisce?

Il Beato Duns Scoto, soprannominato “Dottore sottile”, colui che per primo difese l’Immacolata Concezione della Vergine Maria nel 1300, all’Università di Parigi, e vinse la disputa, diceva: «Qual è il primo pensiero che tu hai quando ti svegli al mattino, il primo? Lì è il tuo cuore!»

Al di là di tante parole e di tanti bei discorsi, che siamo capaci di fare tutti, quando questa mattina ti sei svegliato, qual è stato il tuo primo pensiero?

Lì è il tuo cuore!

Questa confidenza sbagliata, maledetta da Dio, è la confidenza di coloro che hanno a cuore innanzitutto il parere degli uomini, la stima degli uomini, il consenso, l’approvazione.

È maledetto colui che è disposto a tutto, a rinunciare a tutto e a fare qualunque cosa, pur di non perdere il consenso, la stima, l’apprezzamento, la compagnia, la vicinanza degli uomini.

Santa Teresa d’Avila definiva la stima come una peste, come una delle cose peggiori, una delle nemiche più grandi del nostro cammino spirituale.

Chi ha a cuore la stima degli altri non farà nessun progresso nella vita spirituale, non è possibile!

Quindi, confidare nell’uomo, vuol dire fare delle persone il nostro idolo, quindi cadere in ansia, quindi cadere in angoscia, se non abbiamo il loro sguardo, la loro presenza, se non abbiamo la loro approvazione, il loro sì, il loro affetto.

Oggi guai essere soli!

Ora, questa confidenza, che è maledetta da Dio, è vuota, è sterile, è una confidenza che ci fa porre nella carne tutta la nostra fiducia, esattamente il contrario del Salmo 61, che invece ripone tutta la sua fiducia in Dio, sua unica roccia; questa confidenza ce la fa riporre nella finitezza dell’uomo, nel suo limite, nella precarietà, nella sua incostanza, in tutto ciò che sa di mortale, ma, siccome è evidente, siccome è appariscente, siccome è subito tangibile, allora ci sazia, ci dà conferma, anche se è vuoto. Noi ci sentiamo felici, pieni, realizzati, quando abbiamo tutte queste cose che ho detto.

Perché abbiamo vergogna di fare un segno di croce, prima di mangiare al lavoro?

Perché abbiamo paura del giudizio degli uomini, perché abbiamo paura di dire un parere diverso da quello che dicono tutti, perché abbiamo paura della disapprovazione degli uomini, perché abbiamo paura di riconoscerci cristiani, di dire che amiamo Gesù, perché abbiamo paura di quello che dicono gli altri.

Oggi bisogna anche stare attenti a parlare della Madonna, perché sapete che la Madonna è una delle prime cause di orticaria e di shock anafilattici a questo mondo!

C’è gente che quando sente parlare della Madonna inizia a sbavare, viene loro dentro una “pecondria”, una roba che subito fa reazione, come mettere la candeggina su un vestito, subito reagisce.

Allora, bisogna stare attenti a come si parla…

Ma figuriamoci!

Cosa volete che sia il pensiero degli uomini?

Il nostro pensiero è pula!

Il nostro pensiero non conta niente, il nostro parere non ha nessun valore, quello che conta è solo il giudizio di Dio, e basta, tutto il resto oggi c’è, domani non c’è più.

Oggi ti mettono in alto, domani ti sprofondano negli abissi, oggi sei un santo, domani sei un demonio. Noi uomini siamo fatti così!

È a questa maniera, coltivando questa confidenza sbagliata, che il nostro spirito si inaridisce e il nostro cuore si allontana da Dio, perché non è più lì il Signore, ma si è dato al nulla, al niente.

Quante scelte sbagliate, alle volte irrimediabili, abbiamo fatto nella nostra vita a causa di questa confidenza maledetta!

Allora vedete che nel Vangelo di oggi, notiamo come questo ricco epulone è senza nome…non so se avete notato: Lazzaro, diminutivo di Eleazaro, ha il nome, lui no.

Chi confida nell’uomo, chi confida nella ricchezza, chi confida nel lusso, chi confida nelle cose del mondo, che vuol dire metterle al primo posto, non è neanche degno di essere ricordato con il nome, ma col suo peccato: “ricco epulone”.

Quando è morto, viene sepolto. È finito, non c’è più niente…

Viene sepolto lui, con tutto quello che è stata la sua vita inutile e sterile.

Quando muore, non ha nessuno che lo aspetta, non c’è un Abramo che lo attende, non c’è niente, c’è il buio della morte, c’è la terra che lui ha tanto servito, osannato e cercato, che è il suo tutto, è ingoiato e rinchiuso in quel buco, e lì c’è scritta la parola “fine”.

Non c’è nessuno, non lo aspetta nessuno, non lo accoglie nessuno, non lo sostiene nessuno, non è atteso da nessuno, non è in compagnia di nessuno, è morto solo, come solo per sé stesso è vissuto.

Poi, una cosa interessante è che dall’Inferno, per la prima volta nella sua vita, alza gli occhi.

Da cosa?

Da sé.

Quando è immerso in quelle fiamme, per la prima volta, alza gli occhi: “Alzò gli occhi e vide Abramo e Lazzaro”.

Certo, perché tutta la sua vita l’ha passata guardando solamente sé stesso, pensando solo a sé stesso, a quello che lui aveva bisogno, a quello che lui era…

Invece, nell’Inferno si accorge che c’è anche altro e che ci sono altri, si rende conto, ma oramai è troppo tardi.

Nell’Inferno è scaduto il tempo per rendersi conto, è scaduto il tempo per alzare lo sguardo.

Grida aiuto, per la prima volta nella sua vita, perché ha bisogno di aiuto e lo grida: «Ho bisogno di aiuto!»

Troppo tardi!

Vedete questo è un tema che potremmo tutti approfondire nella nostra coscienza…

Anche i dannati pregano, avete visto?

Il ricco epulone all’Inferno prega, ma questa preghiera non è una vera preghiera, non è ascoltata.

Stiamo attenti a non avere la preghiera dei dannati, a non pregare come pregano loro, perché le nostre preghiere, se sono così, non sono ascoltate.

La vera preghiera non nasce dal tuo bisogno, dal tuo egoismo, la vera preghiera nasce dalla carità!

Ecco perché la preghiera del ricco epulone non viene ascoltata, perché non nasce dalla carità, nasce dal suo egoismo, dal suo bisogno, dal suo io, e quindi questa preghiera rimane vuota; viene ascoltata, ma non viene esaudita.

Non gli è data neanche una goccia di acqua, non gli è dato niente.

Come lui nella sua vita ha vissuto, così nella sua morte riceve.

Che questa parabola di Gesù e questa prima lettura ci concedano la grazia di avere, come unico riferimento della nostra vita, il Signore, e di avere una coscienza che non è grossolana, ma che sa andare in profondità e sa mettersi con verità davanti alla croce.

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!

Letture del giorno

Giovedì della II settimana di Quaresima

Prima lettura

Ger 17,5-10
Maledetto chi confida nell’uomo; benedetto chi confida nel Signore.

Così dice il Signore:
«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo,
e pone nella carne il suo sostegno,
allontanando il suo cuore dal Signore.
Sarà come un tamerisco nella steppa;
non vedrà venire il bene,
dimorerà in luoghi aridi nel deserto,
in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.
Benedetto l’uomo che confida nel Signore
e il Signore è la sua fiducia.
È come un albero piantato lungo un corso d’acqua,
verso la corrente stende le radici;
non teme quando viene il caldo,
le sue foglie rimangono verdi,
nell’anno della siccità non si dà pena,
non smette di produrre frutti.
Niente è più infido del cuore
e difficilmente guarisce!
Chi lo può conoscere?
Io, il Signore, scruto la mente
e saggio i cuori,
per dare a ciascuno secondo la sua condotta,
secondo il frutto delle sue azioni».

Salmo responsoriale

Sal 1

Beato l’uomo che confida nel Signore.

Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.

È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.

Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.

Canto al Vangelo

Lc 8,15

Lode e onore a te, Signore Gesù.
Beati coloro che custodiscono la parola di Dio
con cuore integro e buono
e producono frutto con perseveranza.
Lode e onore a te, Signore Gesù.

Vangelo

Lc 16,19-31
Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti.

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”»

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