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L’importanza di una confessione ben fatta

Ritorno del figlio prodigo

Omelia

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di domenica 6 marzo 2016 (S. Messa prefestiva).

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

Testimonianze dei santi sulla confessione mal fatta e i peccati taciuti volontariamente

Beata Caterina Anna Katharina Emmerick

“Ieri, 27 ottobre 1821, fui portata da una donna che era sul punto di perdersi. Lottai con Satana davanti al letto della malata, ma il demonio mi buttò fuori. Era troppo tardi…questa donna era sposata e aveva tre figli. Era considerata molto bella e viveva secondo il mondo e la moda. Aveva un rapporto illecito con un sacerdote, e aveva taciuto in confessione questo peccato. Aveva ricevuto i santi sacramenti e tutti facevano grandi elogi della sua buona preparazione e disposizione per ben morire…tutti i miei sforzi risultarono vani. Era troppo tardi, non mi fu possibile avvicinarmi a lei e morì. Era atroce vedere Satana che si portava via quell’anima.”

San Giovanni Bosco

“Vidi certi giovani di un aspetto tetro avevano attorcigliato al collo un gran serpente, che con la coda scendeva fino al cuore e sporgeva in avanti la testa e la posava vicino alla bocca del meschino, come per mordergli la lingua se mai aprisse le labbra.

La faccia di quei giovani era così brutta che mi faceva paura; gli occhi erano stravolti, la loro bocca era storta ed erano in posizione da mettere spavento.

Tutto tremante domandai nuovamente che cosa significasse e mi fu detto: “Non vedi? Il serpente antico stringe la gola con doppio giro a quegli infelici per non lasciarli parlare in confessione e con le fauci avvelenate sta attento per morderli se aprono la bocca. Poveretti! Se parlassero, farebbero una buona confessione e il demonio non potrebbe più niente contro di loro. Ma per rispetto umano non parlano, tengono i loro peccati sulla coscienza e tornano più e più volte a confessarsi senza osare mai metter fuori il veleno che racchiudono nel cuore”

Padre Giovan Battista Ubanni, gesuita

“……raccontava che una donna per anni, confessandosi, aveva taciuto un peccato di impurità. Arrivati in quel luogo due Sacerdoti domenicani, lei che da tempo aspettava un confessore forestiero, pregò uno di questi di ascoltare la sua Confessione.

Usciti di Chiesa, il compagno narrò al confessore di aver osservato che, mentre quella donna si confessava, uscivano dalla sua bocca molti serpenti, però un serpente più grosso era uscito solo col capo, ma poi era rientrato di nuovo. Allora anche tutti i serpenti che erano usciti rientrarono.

Ovviamente il confessore non parlò di ciò che aveva udito in Confessione, ma sospettando quel che poteva essere successo fece di tutto per ritrovare quella donna. Quando arrivò presso la sua abitazione, venne a sapere che era morta appena rientrata in casa. Saputa la cosa, quel buon Sacerdote si rattristò e pregò per la defunta. Questa gli apparve in mezzo alle fiamme e gli disse: “Io sono quella donna che si è confessata questa mattina; ma ho fatto un sacrilegio. Avevo un peccato che non mi sentivo di confessare al sacerdote del mio paese; Dio mi mandò te, ma anche con te mi lasciai vincere dalla vergogna e subito la Divina Giustizia mi ha colpito con la morte mentre entravo in casa. Giustamente sono condannata all’inferno!”

Dopo queste parole si aprì la terra e fu vista precipitare e sparire.”

Sant’Alfonso de Orozco (1500 – 1591) descrisse un episodio simile che riguardava la figlia d’un illustre nobile la quale, per aver omesso un grave peccato persino in punto di morte, venne inesorabilmente condannata eternamente.

Natuzza Evolo (1924 – 2009), parlando d’un suo contemporaneo da poco deceduto, affermò che egli, nonostante l’apparente vita esemplare che conduceva, era stato dannato per aver dimenticato volontariamente dei peccati gravi.

Santa Teresa d’ Avila (1515 – 1582)

Tramite una visione, ricevette un monito urgente da diffondere ai fedeli riguardo la pericolosità di questo tipo di sacrilegio:

“(…) ed ecco, ad un tratto, spalancarsi innanzi agli occhi una voragine profondissima tutta ripiena di fuoco e di fiamma, e laggiù cadere abbondantissime, come la neve d’ inverno, le povere anime. Spaventata, santa Teresa alza gli occhi al cielo e dice: “Mio Dio, mio Dio! Che cosa vedo mai? Chi sono tutte quelle anime che vanno perdute? Saranno certamente anime di poveri infedeli…”.

“No, Teresa – rispose Gesù – no! Sappi: quelle anime che vedi in questo momento andare all’ inferno per mia permissione, sono tutte anime di cristiani come te”.

Teresa ancora più stipita intervenne: “Ma saranno anime di gente che non credevano, che non praticavano la religione, che non frequentavano i Sacramenti…”.

“No, Teresa, no! Sappi che sono anime di cristiani battezzati come te, che come te credevano e praticavano…”.

“Ma allora non si saranno confessati mai, neppure in punto di morte”.

“No, sono anime che si confessavano e si sono confessate anche in punto di morte…”, dice Gesù.

“Come, o mio Dio, vanno dannate?”.

“Vanno dannate perchè si confessano male!…Và, o Teresa, racconta a tutti questa visione e scongiura Vescovi e Sacerdoti di non stancarsi mai di predicare sul rischio delle confessioni mal fatte, onde i miei cari cristiani non abbiano a convertire la medicina in veleno e servirsi in male di questo sacramento, che è il sacramento della misericordia e del perdono”.

La Santa volle in seguito precisare che per “confessioni mal fatte” non si intendono solo quelle costellate da omissioni volontarie, ma anche quelle fatte con poca fede, nessuna intenzione di cambiare vita o, perlomeno, cambiare quei piccoli aspetti del carattere che andrebbero modificati.

A questi si potrebbero aggiungere i pensieri che falsamente inducono a farci credere santi, come se non peccassimo mai o come se lo facessimo sempre e solo venialmente.

In questo caso la Confessione si tramuta – come dice espressamente Gesù – da medicina a veleno per l’anima.”

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione

L’importanza di una confessione ben fatta

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

Ascoltando questa bellissima e famosa parabola, chiamata “del Figliol prodigo”, dobbiamo anche considerare che è la parabola “del Padre buono”, non solo “del Figliol prodigo”.

È vero che il figlio torna, ma c’è un padre che lo aspetta da sempre.

Questa parabola è stata detta per due generi di persone:

per i pubblicani e i peccatori, che andavano da Gesù e con i quali Gesù stava, che si convertivano, pensiamo alla prostituta, a Zaccheo, a Matteo, alle tante persone che si sono convertite incontrando Gesù;

per gli scribi e i farisei, che vedono in Gesù sempre qualcosa da ridire (Giovanni Battista non mangiava e aveva il demonio, come dice Gesù parlando di loro, mentre Lui mangia, beve e sta con loro, ed è un mangione, un beone, amico dei pubblicani), che hanno sempre da dire.

In questa parabola gli scribi e i farisei sono rappresentati dal fratello maggiore, che è una persona con un cuore gretto, che misura il padre su quello che gli dà, che non considera minimamente la bellezza della paternità e dell’essere figlio, ma che semplicemente sta a vedere se gli ha dato il capretto o non gli ha dato il capretto per fare festa e giudica il fratello minore, che il padre non giudica.

Il fratello minore che cosa fa?

Chiede al padre metà dell’eredità, cioè la parte che gli spetta, prende e va, sperpera tutto in vizi e piaceri, cose terribili, brutte, immonde, immorali, con le prostitute, poi, ad un certo punto, rientra in se stesso e capisce di aver peccato, capisce che ha fatto il male, capisce che è in una situazione brutta, si pente, torna da suo padre con questa espressione nella testa: «Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: “Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te (due peccati, uno contro Dio e uno contro il padre, che lui aveva lì, perché ha mancato contro di lui), non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”».

Lui sente che ha perso l’essere figlio.

Sentite che umiltà: «Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio, trattami come uno dei tuoi salariati (cioè prendimi come un servo, uno schiavo, basta che mi prendi, non lasciarmi in mezzo ai porci)».

Allora, questa sera, leggendo questa parabola, non posso non pensare al Sacramento della Confessione.

Quando ci andiamo a confessare meditiamo bene questa parabola, insieme alle otto beatitudini, al magnifico Monte delle Beatitudini, alle beatitudini che dice Gesù!

Meditiamo questi testi, che sono proprio quelli che ci aiutano a maturare il vero senso del peccato e della Misericordia di Dio!

Allora, questa sera, essendo noi Carmelitani, ho preso un testo di Santa Teresa d’Avila, Santa Teresa di Gesù, riformatrice dell’Ordine carmelitano, che tratta di una visione che ebbe Santa Teresa, una visione, della quale scrive: “Ricevetti un monito urgente da diffondere ai fedeli riguardo la pericolosità del sacrilegio verso le confessioni (perché le nostre confessioni, troppo spesso, sono fatte male)”.

Ascoltiamo la Santa: “Ed ecco, ad un tratto, spalancarsi innanzi agli occhi miei una voragine profondissima, tutta ripiena di fuoco e di fiamma, e laggiù cadere abbondantissime, come la neve d’ inverno, le povere anime. Spaventata, alzai gli occhi al cielo, e dissi: «Mio Dio, mio Dio! Che cosa vedo mai? Chi sono tutte quelle anime che vanno perdute? Saranno certamente anime di poveri infedeli…» «No, Teresa», rispose Gesù, «no! Sappi che quelle anime che vedi in questo momento andare all’Inferno per mia permissione, sono tutte anime di cristiani come te». Ancora più stupita dissi: «Ma saranno anime di gente che non credeva, che non praticava la religione, che non frequentava i Sacramenti». «No, Teresa», rispose Gesù, «no! Sappi che sono anime di cristiani battezzati come te, che come te credevano e come te praticavano». Dissi: «Ma allora non si saranno confessati mai, neppure in punto di morte». «No, Teresa, no, sono anime che si confessavano e si sono confessate anche in punto di morte», disse Gesù. «Come, o mio Dio, vanno dannate?», dissi. «Vanno dannate perché si confessano male! Va’, o Teresa, racconta a tutti questa visione e scongiura Vescovi e Sacerdoti di non stancarsi mai di predicare sul rischio delle confessioni mal fatte, onde i miei cari cristiani non abbiano a convertire la medicina in veleno e servirsi in male di questo Sacramento, che è il Sacramento della Misericordia e del perdono»”.

La Santa volle in seguito precisare che per “confessioni mal fatte” non si intendono solo quelle costellate da omissioni volontarie (quelle nelle quali io taccio i peccati), ma anche quelle fatte con poca fede, con nessuna intenzione di cambiare vita o, perlomeno, cambiare quei piccoli aspetti del carattere che andrebbero modificati.

A questi si potrebbero aggiungere i pensieri che falsamente inducono a farci credere santi, come se non peccassimo mai o come se lo facessimo sempre e solo venialmente. In questo caso, la confessione si tramuta, come dice espressamente Gesù, da medicina a veleno per l’anima.

Guardate, parliamoci con tanta chiarezza, perché qui ne va del destino della nostra anima.

Io non sono tanti anni che sono Sacerdote, è dal 2001, pochi in confronto ai santi padri che ci sono qui, che hanno settanta, ottanta, novant’anni, e son Preti da circa cinquant’anni; al confronto la mia esperienza è come quella di un bambino dell’asilo.

Io posso dirvi solo questo, che quando ho letto questo testo mi sono tremate le gambe, perché ho pensato e ho detto: «Sì, è proprio vero, le cose stanno così».

In confessionale, molto spesso, per grazia di Dio non sempre, ma molto spesso, soprattutto in casi particolari, invece di incontrare anime pentite e umiliate, che sono disposte a tutto, pur di convertirsi, si incontrano anime superbe, piene di sé stesse e tracotanti, anime superbe, piene di ribellione, che è tutta semente del demonio.

Se ti vai a confessare, tu devi essere disposto a tutto, pur di avere il perdono di Dio!

Quante volte mi sono sentito dire: «Oh, padre, che robe! Oh, ma non fa così nessuno! Oh, ma che durezza, che severità! Oh, padre, ma no!»

I primi tempi andavo un po’ in crisi, perché dicevo: «Mah…a me sembra che questa sia la strada, io non ne vedo un’altra. È dura, certo, ma la strada del Calvario è dura, è dura anche per me, ma non c’è un’altra strada!»

Uno, quando è all’inizio, va veramente in crisi, perché si sta male a sentirsi dire cosi!

Un giorno, uscendo dal confessionale, ero veramente sconvolto per una reazione di questo tipo, perché i peccati non sconvolgono, ma sconvolge la superbia, sconvolge la ribellione, che proprio è come vedere il diavolo, sconvolge la ripicca, sconvolgono i “No”!

Allora, mentre andavo via, mi è venuta una luce, una intuizione nella testa, perché mi dicevo: «Sì, ha ragione, è vero. No, no, devo cambiare modo, due Ave Maria e arrivederci».

Mi è venuta una luce nella testa e ho detto: «Ma cosa stavo facendo?»

Mi è venuto in mente San Francesco d’Assisi, e badate che non era Prete, non stiamo parlando di un Sacramento, stiamo parlando semplicemente di una richiesta che lui ha fatto. Lui non era Prete era diacono.

San Francesco un giorno disse ai suoi frati (era inverno): «Uscite, arate il campo e piantate i cavoli al contrario».

Loro gli dissero: «Padre Francesco, ma se piantiamo i cavoli al contrario non escono».

«Voi obbedite!»

Sono usciti e hanno piantato i cavoli al contrario.

Un giorno disse, non so se a Frate Leone o a chi per esso: «Per vincere la tua vanità e per calpestare con i tuoi piedi la stima degli uomini, vai a predicare il Vangelo di Gesù Cristo in cattedrale, nudo, davanti al Vescovo».

Capite?

Come se io andassi in Duomo a Milano, davanti al Cardinale Scola e a tutto il presbiterio, nudo, a predicare il Vangelo, immaginiamoci…non è fantasia questa cosa, non vi sto raccontando una favola, questa è storia! È accaduto proprio così!

Lui gli ha detto: «Vai a predicare nudo sul presbiterio davanti al Vescovo di Assisi, in cattedrale», c’era tutta la città riunita.

Uno dice: «Ma questo è pazzo! Cosa stai facendo?»

Lui ha preso, è andato e quando è stato in cattedrale, si è tolto il saio e, nudo, è salito sul presbiterio. Non era una penitenza sacramentale, non gli stava dicendo: «Non fare più i peccati!», non gli stava dicendo: «smettila con l’impurità!», non gli stava dicendo: «devi troncare quel rapporto con quella persona perché è un rapporto impuro, perché è un rapporto che ti toglie dall’Eucarestia, perché è un rapporto che ti conduce all’Inferno», non gli stava dicendo questo!

Gli stava chiedendo una cosa che non c’entrava, lui non aveva fatto niente, non aveva fatto nessun peccato, non era una penitenza dovuta ad un peccato grave che aveva commesso, era un’obbedienza che gli dava per metterlo alla prova, per vedere se lui veramente credeva.

Vogliamo prendere un’altra Santa?

Santa Rita…tutti che vanno da Santa Rita…

Ecco, quando andate da Santa Rita andate a vedere la vite.

Sapete che è ancora viva la vite di Santa Rita?

Le Suore prendono le foglie della vite, le macinano tutte, le sbriciolano, e poi ricavano una polvere che danno ai fedeli come reliquia.

È una vite miracolosa, quella di Santa Rita, ha fatto dei miracoli incredibili.

Questa vite, come è nata?

Semplice: la superiora disse a Santa Rita: «Prendi il bastone della scopa, esci nel giardino, piantalo per terra e tutti i giorni andrai ad innaffiarlo».

Il bastone di una scopa…ma Santa Rita non aveva fatto peccati, nessun peccato.

Santa Rita ha preso il bastone, senza dire nulla, è uscita, l’ha piantato, e ha cominciato ad annaffiarlo. Un giorno le monache si svegliano e il bastone era diventato una vite. Ha germogliato ed è una vite bellissima, grandissima, tutta chiusa protetta (perché ovviamente tutti andrebbero a prenderla e la ucciderebbero), e le suore tirano via ogni tanto qualche fogliolina e fanno il tritato.

E ripeto, non erano in stato di peccato, non erano penitenze legate al Sacramento della confessione!

Se noi andiamo in confessionale e andiamo per chiedere perdono a Dio, o lasciamo fuori qualunque spirito di superbia e di ribellione, o non andiamo a confessarci, perché quella confessione è invalida.

Affinché una confessione sia valida è necessario che ci sia il dolore dei peccati e il proponimento di non peccare più, che non vuol dire che poi tu il giorno dopo non fai più i peccati, ovviamente, ma vuol dire che tu in confessionale, davanti a Gesù Cristo, (perché lì in quel momento seduto c’è Gesù Cristo, non c’è un Prete), tu dici: «Io mi impegno con tutto me stesso a fare qualunque cosa mi venga richiesta, pur di dimostrare che io sono veramente pentito».

Ragazzi… guardate, dovreste andare voi a sedervi, ma non per un mese, sarebbe sufficiente per tre ore… e poi vedreste cosa succede!

Prova tu, a dire una cosa diversa da due Pater e due Gloria!

Se una persona è venuta a dirmi che si ubriaca, il Sacerdote che cosa gli può dire?

Non tocchi più alcool! Se ha a casa dell’alcool, lo butti via.

Cosa?!

Si trasformano in pantere del Bengala, ti strappano gli occhi dalle orbite, gli viene fuori la bava, una roba terribile! Devi vedere con quale superbia rispondono!

Ma come, in confessionale?!

In confessionale tu sei lì in ginocchio, col corpo, e con l’anima hai la superbia come il demonio, che arriva fino a chissà dove?!

Uno in confessionale è prostrato dal dolore, uno quando sente di aver offeso, mortalmente Dio, perché ha fatto un peccato mortale, è trafitto, non ha diritti da vantare, non ha ragioni da mostrare, è un peccatore!

«Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te, non sono più degno di essere tuo figlio, trattami come uno dei garzoni!»

Invece: «Ma lei ha detto… Ma lei ha fatto… Ma lei intendeva… Ma lei di qui… Ma lei di là… E perché mi dice così? E perché mi guarda cosà?»

Ma vai sulla forca!

Cosa vieni qui a fare?

Allora mi è venuto in mente e ho capito per quale motivo San Pio Da Pietralcina teneva il bastone in confessionale. Quando l’ho letto, da Prete ho detto: «ah…ecco perché il famoso bastone di Padre Pio! Ecco perché Padre Pio nel confessionale si metteva ad urlare!»

Sapete, una volta non c’erano i gabbiottini che abbiamo noi adesso, erano furbi una volta i preti; tenevano i confessionali, quelli aperti (in Duomo li vedete ancora), con quella porticina, tu entravi, ti sedevi, stavi lì seduto e venivano davanti a confessarsi, o a lato, una volta era a lato.

Lui non ci pensava né uno né due, anche con le persone pentite, lui diceva di quelle parole terribili, poi prendeva la porticina della grata laterale, dove tu parlavi, e sbam! Gliela chiudeva in faccia.

Molte di queste scrivono: «Noi, poi, tornavamo veramente pentiti».

Uno, per tornare, quando è trattato così, è perché è veramente pentito.

Dicevano: «Noi tornavamo veramente pentiti e, appena ci vedeva, ci trattava con una dolcezza incredibile».

Sapete di quel pullman?

Venne un pullman a confessarsi da Padre Pio in pellegrinaggio, era un pullman di cinquanta persone; Padre Pio le confessò tutte e ne assolse una, tutto il resto via!

Non erano pentiti…

La confessione non è lo sfogo psicologico, per quello ci sono gli psicologi; la confessione non è una seduta di terapia a due, la confessione è un Sacramento, ed è una cosa seria! Se sono pentito, vado; se non sono pentito, sto a casa mia e prego Dio di darmi lo spirito di pentimento.

Lo spirito di pentimento cosa vuole dire?

Vuol dire che io, quando vado, dico tutti i peccati.

Questa è un’altra cosa che facciamo…

Don Bosco in un sogno vide un ragazzo con un serpente attorcigliato attorno alla gola, la cui coda scendeva sul cuore e la cui bocca si metteva a lato della bocca del ragazzo, lui non capiva e chiese all’Angelo: «Cosa vuol dire questo sogno?»

Lui diceva anche che vedeva questi ragazzi tutti con la bocca storta, tutti cianotici, brutti e diceva: «Ma perché sono così i miei ragazzi?»

L’Angelo gli rispose: «Vedi, questo è il simbolo, è la visione, per farti vedere cosa succede a quei ragazzi che vengono e non dicono tutti i peccati per vergogna. Il demonio mette la bocca sua vicino alla loro, appena stanno per dire qualcosa, li morsica, e così loro per vergogna non la dicono e tengono il demonio sul cuore, ecco la coda!»

Ma io dico (forse questo me l’hanno insegnato i carcerati): «Ma santa carota, il Prete che hai davanti è un povero diavolo come te, ha fatto i peccati come te!»

Forse il Signore sceglie i più derelitti, quelli conciati peggio, per dirci: «Guarda, tu sei talmente conciato male che non potrai mai insuperbirti. Ecco, io faccio di te un’opera di Misericordia, cioè ti predo tra tutti quelli che posso scegliere, i migliori, prendo te che sei il più malconcio, il più brutto, ti metto lì, così non potrai mai dire: “Ah, ma io…”»

Il Prete è un povero diavolo come te, ha fatto i peccati come te, e magari li fa ancora come te, e come te deve andare a confessarsi ogni volta, e come te si deve convertire, e come te deve pregare, ma devi avere vergogna di che cosa?

Sappiamo tutti come nascono i bambini, no?

Sappiamo tutti cosa vuole dire fare certi peccati, tutti lo sappiamo, non dobbiamo stare a nasconderci dietro la foglia di un fico!

Allora diciamoli con semplicità, servono tre secondi, per dirli!

Padre, ho fatto questo e questo…, fine, basta!

Il Prete non sta mica lì a chiederti le diapositive, i filmini o di vedere i dettagli!

Servono tre parole, di’ quel benedetto peccato e finita lì!

Hai così tanta vergogna?

Va bene, allora scrivilo su un foglio, poi vai dal Sacerdote e dici: «padre, non ce la faccio. Guardi, proprio non ce la faccio, sento uno stretto qui che proprio non riesco, legga il foglio, li ho scritti tutti bene, lei lo legge e siamo a posto».

Vi rendete conto che da questo dipende la salvezza eterna della nostra anima?

Da questo dipende la nostra anima.

E, prima di concludere, una parola sulla preghiera.

Si va a confessarsi e ti si chiede: «Ma tu preghi?»

«Mmm…qualche Ave Maria, prima di andare a letto alla sera».

Questa non è preghiera!

Tu preghi?

Che cos’è il Paradiso?

Il Paradiso non è la terra del Bengodi, non è l’albero della cuccagna, dove, una volta che noi crepiamo e andiamo in Paradiso: «Ah…panza mia fatti capanna!», vizi, stravizi, pizza e fichi…

Non è quella roba lì il Paradiso!

Sapete che cos’è il Paradiso?

È la contemplazione eterna del Volto di Dio, cioè noi non faremo altro che guardare Dio. Ora, se tu ti stufi a dire quattro preghiere, ma come fai ad andare in Paradiso?

È per quello che Padre Pio diceva: «Chi non prega si danna!»

Se il Paradiso è una preghiera eterna e tu non riesci a dire quattro Pater e quattro Ave, come fai ad andare in Paradiso, se là devi passare l’eternità a guardare Dio?

Se fai fatica a stare davanti al tabernacolo o a guardare un Crocefisso e ti annoi e ti stufi, ma come fai a starci per tutta l’eternità a guardare Gesù Cristo?

Come facciamo a entrare in Paradiso?

Non c’entriamo…

Per questo Santa Teresa dice: «Vedo anime cadere come neve».

E ti credo…se dici: «Quello mi è pesante, quell’altro no, quell’altro non ce la faccio, quell’altro non me la sento, e questo no, la preghiera no, la vita morale no, l’altra cosa no…», scusa, ma dov’è il tuo pentimento?

Noi possiamo anche andare a confessarci…e qui succedeva così, lo dice Gesù: «No, no, si sono confessati anche in punto di morte, ma sono andati all’Inferno lo stesso».

Il Signore guarda il cuore!

Il Signore guarda il nostro cuore!

Non presentiamoci nel confessionale, che è il luogo nel quale scende il Sangue di Cristo in croce, se non siamo veramente pentiti!

Non trasformiamo quel Sangue, come dice Gesù, in veleno, ma chiediamo alla Madonna e a San Giuseppe la grazia di renderci un cuore, che dica: «Signore, prima di entrare questa è la mia preghiera: “Qualunque cosa, sono pronto anche a rinunciare alla mia vita, pur di avere il Tuo perdono!”»

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!

Letture del giorno

IV DOMENICA DI QUARESIMA – LAETARE (ANNO C)

Prima lettura

Gs 5,9-12
Il popolo di Dio, entrato nella terra promessa, celebra la Pasqua.

In quei giorni, il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto».
Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico.
Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àzzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno.
E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan.

Salmo responsoriale

Sal 33

Gustate e vedete com’è buono il Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.

Seconda lettura

2Cor 5,17-21
Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo.

Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.
In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.
Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

Canto al Vangelo (Lc 15,18)

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò:
Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te.
Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo

Lc 15,1-3.11-32
Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita.

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

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