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Il Concilio di Costanza – Omelia di Mons. Athanasius Schneider

Schneider Costanza

Il 16 aprile 2016 Mons. Athanasius Schneider ha celebrato una Messa Pontificale nella Cattedrale di Costanza, in occasione dell’Assemblea generale di Pro Missa Tridentina, Associazione di laici cattolici nei paesi di lingua tedesca, fondata nel 1990, allo scopo di promuovere la celebrazione quotidiana della liturgia in rito tradizionale secondo il Motu Proprio “Summorum Pontificum” in tutte le diocesi tedesche. Oggi l’associazione è affiliata alla Federazione Internazionale Una Voce.

Omelia di Mons. Schneider – Costanza, Cattedrale di Nostra Signora, 16 aprile 2016, Messa pontificale

Surrexit Dominus vere. Alleluia! Cari fratelli e sorelle nel Signore!

Il Signore ci ha concesso la grazia di venerarLo – in questo santo luogo, la Sua casa e casa della Sua purissima madre Maria, la Cattedrale della nostra amata Signora di Costanza – con quanto di più eccelso la Chiesa Lo può venerare, vale a dire l’offerta sacramentale del sacrificio della croce del Suo Figlio unigenito, nostro Signore e vero Dio, Gesù Cristo. Celebriamo questo atto, che è il modo più alto di venerare Dio, con la stessa fede e nella stessa forma esteriore che i nostri predecessori – ivi compresi i partecipanti al Concilio di Costanza, che si svolse seicento anni fa in questa casa di Dio – hanno sempre utilizzato da più di mille anni.

Il Concilio venne convocato per raggiungere i seguenti tre obiettivi:

  1. Restaurare l’unità della Chiesa superando il grande scisma che aveva generato letteralmente all’interno della Chiesa l’anarchia e il rifiuto dell’autorità. L’unità dell’autorità e dell’obbedienza venne spezzata dalla presenza di due antipapi nello stesso periodo, nonostante fosse già in carica un papa valido. Persino le persone sante e pie (come per es. San Vincenzo Ferreri) non sempre sapevano a chi la Chiesa in definitiva dovesse dare ascolto.
  2. Vincere le eresie: da tempo serpeggiavano nella Chiesa errori della fede, la cui entità si era accresciuta per colpa di Martin Lutero e che in quel periodo erano rappresentati dagli inganni della filosofia soggettivista nominalista e soprattutto dalle false dottrine del sacerdote John Wyclif e di Jan Hus.
  3. La riforma della moralità della vita, in primo luogo di quella del clero. I peccati regnavano incontrastati tra le fila del clero e persino nelle alte gerarchie.  Eppure in quel tempo si sapeva ancora in che cosa consistesse il peccato e si chiamavano le cose col loro nome. Per questo tutti invocavano una riforma della struttura e dei vertici della Chiesa. Un decreto del Concilio menzionò concretamente la riforma della Curia romana, perché in quell’epoca il crollo della disciplina si mostrava pubblicamente persino del centro visibile della Chiesa. Nella Curia romana non si sapeva più quale misura efficace potesse essere intrapresa contro la crisi della disciplina ecclesiastica.

Per sconfiggere i diversi mali della vita della Chiesa, come la confusione nelle questioni relative all’autorità, gli errori della fede, la mancanza di disciplina e di moralità, bisognava cominciare con l’atto più importante a disposizione della Chiesa, vale a dire con l’adorazione di Dio, e concretamente con l’adeguata venerazione di Dio attraverso la liturgia. Se non si offre a Dio, nel servizio pubblico che Gli si presta, tutto l’immenso onore a Lui dovuto, tutte le altre azioni di riforma della Chiesa, pur così necessarie, rimangono inefficaci. Si dimostrano vere le parole del salmo: “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affannano i suoi costruttori” (Sal 126, 1). Bisogna prendere di nuovo sul serio la Sua incarnazione e la grazia della Sua presenza corporea nella celebrazione della santa messa. Infatti, il santo sacrificio della messa è il modo più grande che esista – e il più gradito a Dio – di venerare il Signore qui sulla terra.

Il Concilio di Costanza ha riconosciuto tutto ciò e ha stabilito sin dalla prima sessione del 18 novembre 1414: “Per intraprendere un compito così ambizioso e duro come quello della riforma della Chiesa, non si può in alcun modo fare affidamento sulle proprie forze, ma piuttosto si deve confidare nell’aiuto di Dio. Bisogna perciò cominciare dal culto divino (a culto Divino inchoantes), e decisamente dalla pia celebrazione della santa messa (cum devotione Missam celebrent)”.

Il Concilio ha affermato inoltre che, dopo la cura nel celebrare una degna e pia liturgia della messa, anche le seguenti azioni sono necessarie per raggiungere l’obiettivo di un’efficace riforma della Chiesa: preghiere, digiuni, elemosine e opere pie. Sarà la disposizione umile e pentita del popolo e del clero che indurrà Dio a concedere alla Sua Chiesa la ricca grazia del suo rinnovamento.

Il culto adeguato di Dio nella liturgia richiede certamente la fede adeguata. La fede cattolica autentica e completa è di origine divina ed è pertanto il fondamento essenziale, la roccia su cui si appoggia l’intera vita di ogni fedele e di tutta la Chiesa.

Il Concilio di Costanza ci ha lasciato in eredità un insegnamento valido e stabile nelle seguenti affermazioni: “Tramite gli scritti e le azioni dei santi padri sappiamo che la fede cattolica – senza la quale, come ha dichiarato l’Apostolo, non è possibile essere graditi a Dio (Ebr 11, 6) – sarà sempre combattuta, persino da quanti dovrebbero servirla, ma anche da infami bugiardi che pretendono di saperne di più a causa della loro smodata curiosità (Rom 12, 3) e aspirano alla gloria mondana. Contro questi contraffattori della fede, la fede cattolica verrà difesa dai  membri della Chiesa, che saranno comparabili a soldati spirituali provvisti dello scudo della fede (Ef 6, 16). Questa battaglia spirituale ha avuto un esempio passato nelle guerre che il popolo d’Israele condusse contro i popoli veneratori di idoli. La santa Chiesa cattolica è illuminata nelle verità delle fede dai raggi della luce celeste. Essa pertanto, con l’aiuto di Dio e la difesa dei Santi, è rimasta senza macchia in questa battaglia spirituale e ha sempre trionfato sconfiggendo il suo nemico, l’oscurità dell’errore” (8ª sessione del 4 maggio 1415).

Mantenere pura la fede cattolica e garantirne la trasmissione fedele e priva di errori è il primo compito del papa, se necessario anche a costo della sua vita. Nessun concilio ha ricordato questa verità in modo più chiaro di quello di Costanza, che prescrisse per i tempi futuri la pronuncia della seguente promessa come assunzione d’impegno del papa appena eletto: “Finché vivrò, aderirò fermamente alla fede cattolica in conformità con quanto è stato tramandato dagli apostoli e con quanto è stato decretato e riconosciuto dai concili generali e dagli altri santi padri. Manterrò questa fede inalterata fino al più piccolo apice, la difenderò e la predicherò fino all’offerta della mia anima e del mio sangue. Allo stesso modo seguirò e osserverò pienamente il rito dei sacramenti della Chiesa” (39ª sessione del 9 ottobre 1417). Ai nostri giorni, sarebbe necessario che anche ogni singolo sacerdote e ogni vescovo pronunciasse questa promessa prima della consacrazione.

La vera fede deve comunque essere efficace nella vita. La fede cattolica autentica, che si traduce nelle opere, si nutre dell’eccelsa e autentica divina liturgia, che è innanzitutto opera di Dio e non dell’uomo. La fede, la liturgia e la vita costituiscono un’unità: lex credendi, lex orandi, lex vivendi.

Dio, all’epoca del Concilio di Costanza, ha scelto alcuni dei Suoi strumenti per la risoluzione della crisi della Chiesa anche tra la variegata massa dei laici. Bisogna menzionare Re Sigismondo. Il concilio si beneficiò in particolar modo del suo impegno personale: egli non disdegnò di recarsi di persona nella Francia meridionale per inginocchiarsi di fronte all’antipapa Benedetto XIII e chiedergli di rinunciare alla sua funzione per il bene della Chiesa. Purtroppo questa iniziativa non ebbe successo. Ma quelli che hanno contribuito alla risoluzione della crisi della Chiesa sono stati certamente i più piccoli. L’11 novembre 1417, mentre i cardinali, dopo un lungo conflitto all’interno del conclave ancora non riuscivano a mettersi d’accordo su un unico candidato, salì alle finestre dell’edificio che ospitava il conclave stesso un coro di ragazzi che cantava il Veni Creator. Udendo il canto dei bambini e le loro voci soavi, sonore e quasi eteree, i cardinali si commossero fino alle lacrime e scelsero immediatamente un nuovo papa. A partire da questo episodio si risolse la grande crisi della Chiesa e si arrivò alla fine alla fine dell’esilio avignonese.

Preghiamo nei nostri cuori la beata Maria sempre Vergine, madre della Chiesa, vincitrice di tutte le eresie, affinché noi tutti possiamo essere testimoni della fine della straordinaria crisi che sta attanagliando la Chiesa. Noi crediamo che Maria otterrà per noi questa grazia dal Signore, che è il Signore di tutti i piccoli che innalzano a Dio le loro voci, con fiducia, giorno e notte, tra le lacrime, e che Lo implorano affinché rinnovi la purezza della fede, della liturgia e della vita nella Chiesa dei nostri giorni. L’unica vera fede cattolica è la vittoria che sconfigge il mondo (cfr. 1 Gv 5, 4). Amen.

[Traduzione dal testo originale tedesco a cura di Chiesa e post-concilio]

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