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La tenerezza e la libertà del cristiano

Tenerezza

Omelia

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di domenica 26 giugno 2016.

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Testo della meditazione

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La tenerezza e la libertà del cristiano

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

Pochi giorni fa, Papa Francesco ha avuto un incontro molto bello, molto interessante, molto denso, nell’Assemblea diocesana di Roma, che è un po’ l’Assemblea di tutta la Diocesi, di cui lui poi è anche Vescovo, perché è Vescovo di Roma, oltre ad esserlo di tutta la Chiesa. Quindi c’erano il Cardinale vicario, tutti i Sacerdoti, i laici, e ha fatto un interessantissimo intervento dove si è anche lasciato interpellare da tre domande, altrettanto interessanti, che hanno fatto un Sacerdote e due persone laiche.

In questo intervento Papa Francesco ha affrontato diverse tematiche e, ascoltando questa seconda lettura di questa domenica, a me echeggia nel cuore e nella mente un’espressione del Papa (due ma non so se riuscirò a dirle tutte e due, comunque una in particolare), che vorrei condividere con voi, perché mi sembra quanto mai attuale.

San Paolo scrive, come abbiamo letto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso, qui si trova la pienezza di tutta la Legge», e prosegue: «ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno a non distruggervi del tutto gli uni gli altri!»

Il Papa in questo intervento ha usato due termini, indicando in questi due termini un’urgenza per la Chiesa, per la Chiesa oggi, due termini che sintetizzano quello che i Sacerdoti, i laici, tutti noi, siamo chiamati a vivere all’interno della Chiesa, che è esattamente il contrario, in positivo ovviamente, di quello che invece troppo spesso avviene.

Il Papa ha detto testualmente: «Oggi è necessaria una rivoluzione della tenerezza».

Io non so se abbiamo tutti chiaro che cos’è la tenerezza, perché prima dobbiamo accordarci su che cos’è la tenerezza, perché forse abbiamo delle idee sbagliate, forse non abbiamo la stessa idea di tenerezza.

Allora, per onestà, siccome sto parlando io oggi a voi, vi dico cosa intendo io per tenerezza, così non vi imbroglio, perché magari, se voi intendete un’altra cosa, prendete pure le mie parole e mettetele nel cestino o qui nel vaso della pianta, così la concimiamo.

Quando il Papa dice: «Serve una rivoluzione della tenerezza», a me viene in mente immediatamente la tenerezza di un bambino che appoggia il suo capo sul petto della mamma, mi viene in mente un bambino mentre viene allattato dalla sua mamma, questa secondo me è l’immagine più emblematica, più riassuntiva, più esplicativa della tenerezza.

Se penso alla tenerezza, mi viene in mente il figlio che accompagna la mamma e il papà a morire, tenendo loro compagnia, tenendo loro la mano, facendo sentire la sua presenza grata per tutto quello che ha ricevuto, evitando loro il dramma della solitudine, dell’abbandono.

Se penso alla tenerezza, immagino il rapporto tra due amici, ancor più tra due sposi, quindi un rapporto fatto di grande rispetto, di grande stima uno per l’altro, di grande fiducia, di grande affidamento, di grande confidenza, e (perché no?) di tante carezze, di tanti baci, di tanti abbracci; abbracci e baci, che hanno come finalità niente altro che la comunicazione del sentimento vero e profondo, che uno porta nel cuore.

Quindi, se penso alla rivoluzione della tenerezza, penso che nella nostra Chiesa c’è bisogno di questo modo nuovo, tenero, che non è sinonimo di smanceria, e sono tanto grato a Papa Francesco che abbia usato lui, da Papa, questo termine, perché se lo usiamo noi oggi, nella nostra Chiesa, veniamo accusati di smancerie, di affettuosità affettate, di cose inutili, di modalità sbagliate; invece, lo ha usato il Papa nella diocesi di Roma, parlando a tutta la diocesi, il Papa parlando a tutta la Chiesa.

Lui ha detto: «Ci vuole la rivoluzione della tenerezza», perché, diciamocelo, è ora di finirla di morderci, mangiarci a vicenda! È ora di finirla di trattarci male uno con l’altro!

San Paolo dice: «State attenti almeno di non distruggervi del tutto!»

Basta vedere i cristiani che sono cattivi, uno contro l’altro!

Questo non è il Vangelo di Gesù Cristo!

Ma il Papa è andato oltre, il Papa non ha detto: «Vogliatevi bene!», no, il Papa ha detto: «Siete teneri!», che è molto di più!

E ditemi, se, nella esplicazione del concetto di tenerezza, vi ho detto qualcosa che a voi non sembra la tenerezza! Ditemelo!

Ditemi, se vi ho detto qualcosa, di cui voi possiate dire: «No, Padre Giorgio, questa non è la tenerezza!»

Ora, se la tenerezza è quello che vi ho detto, vuol dire che il Papa ci chiama a trattarci l’uno con l’altro in questo modo!

La seconda cosa che volevo dirvi, su questa seconda lettura, è che il Papa in questo incontro ha detto…

Io l’ho ascoltato, perché su YouTube c’è tutta questa conferenza bellissima, l’ho ascoltato e mi si è proprio allargato il cuore; se fossi stato lì, gli avrei dato un bacio grande come una casa, perché tanto lui i baci se li fa dare, perché è tenero; invece, tra di noi guai, guai darci un bacio, perché uno ti dice: «Cosa stai facendo?! Che cos’è questa cosa?! Oh mamma… no! Non ti avvicinare! Non lo fare! Non lo dire! Non ti muovere!»

Oh…per l’amor del Cielo, vai dentro ad un freezer e vivi dentro come un ghiacciolo, stai a fare il salame ghiacciato dentro ad un freezer!

Se non sei capace di essere tenero, di essere umano, ma vai a prendere le rane d’inverno!

Il Papa ha detto testualmente anche questo: «Nel nostro essere Chiesa, ci sono delle volte che ci si sente ingabbiati, ci si sente chiusi, ci si sente costretti, non si ha la possibilità di volare!»

Il Papa ha detto: «C’è bisogno di riscoprire la libertà del cristiano!»

Noi?!

Ma noi viviamo tutti nell’uniformità devastante, non si può fare una virgola fuori dal seminato…impossibile!

Altrimenti tra di noi, subito, ci guardiamo storto uno con l’altro…

La tenerezza prevede fiducia, la tenerezza prevede libertà!

Come è bello vedere quando una mamma o un papà trattano teneramente i loro figli!

Cos’è che vedi?

Tu vedi il sorriso, tu vedi la bellezza di questo rapporto, quando tu ti senti investito di fiducia, della possibilità di essere te stesso…

Oggi, nella nostra Chiesa, nel nostro essere Chiesa, noi non siamo liberi di essere noi stessi, questa è la verità!

Dobbiamo tutti metterci addosso una maschera ipocrita, che è la maschera dell’uniformità, e apparire fuori quello che non siamo dentro, ma questo vuol dire seguire Gesù Cristo? Seguire Gesù Cristo è questa cosa qui?

Capite perché, poi, ci mangiamo uno con l’altro?

Capite perché, poi, ci guardiamo con rancore e, se potessimo, ci metteremmo le forchette negli occhi?

Noi facciamo queste cose: veniamo in chiesa, sgraniamo i rosari, facciamo cinquecento Comunioni, accendiamo settecento candele, poi, appena possiamo, magari in chiesa con il Corpo di Cristo in bocca, stiamo lì a pensar male di quello che ci sta vicino. Noi siamo queste persone qui, siamo queste persone qui!

Noi siamo in chiesa a fare la Comunione, a pregare Gesù Cristo che è morto in croce per chi Lo uccideva, e coviamo nel cuore l’odio, il rancore, la rabbia verso le persone, e morire, morire, se abbiamo l’umiltà di dire: «Perdonami!»

Ma noi, non abbiamo bisogno di essere perdonati?

Chi di noi non ha bisogno di essere perdonato?

Chi di noi non ha bisogno di questo abbraccio tenero, quando offendiamo qualcuno?

A chi non capita? A voi non capita di offendere qualcuno?  A voi non capita mai?

Non vi capita di sbagliare nei confronti di qualcuno?

È perché non chiedere scusa?

Uno dice: «Ho paura… Chissà cosa mi dice, chissà cosa succede…»

Pazienza! Ma pazienza! Sarà quel che sarà, ma tu almeno sei libero!

Ci sono famiglie che vanno avanti decenni con il rancore nella coscienza, con la rabbia perché mi ha fatto…, mi ha detto…, perché qua e perché là, ma tu, se hai sbagliato, chiedi perdono!

Di’: «Ho sbagliato!»

Non è forse questa la tenerezza?

Questo non semina la tenerezza?

Questo non dà la tenerezza?

Adesso mi permetto di fare un affondo terribile, ma voi fatemi un sorriso così mi sento un po’ più portato a fare questo affondo; un affondo terribile perché, di questi tempi, è un affondo bruciante.

Spero che capiate bene quello che vi sto per dire.

Vi ricordate che io vi dissi che sono stato in carcere sei anni e, nella mia attività in carcere, uno dei compiti che avevo era di andare a trovare i detenuti del sesto raggio, al secondo piano, che a San Vittore sono chiamati “infami”.

Dentro in questo raggio ci sono tutti quei detenuti che, se fossero messi con gli altri detenuti, verrebbero uccisi, perché in carcere tu puoi fare una strage di cinquecento persone ma se, per esempio, sei un pedofilo, ti ammazzano. Ok? È una legge interna.

Dentro lì ci stanno i pentiti, poi ci stanno le Forze dell’ordine corrotte, che finiscono in carcere (perché se le mettono con gli altri le uccidono, ovviamente), poi ci stanno i matricidi, i pedofili, gli omosessuali e i transessuali; stanno tutti dentro lì.

Immaginatevi la situazione…

Io, quando andai (avevo ventitré anni), mi ricorderò sempre di questo ragazzo transessuale (erano in due per la verità), che mi disse (non ero ancora Sacerdote): «Fra Giorgio, senti, facciamo così: quando esco, posso venire nel tuo convento, insieme agli altri miei amici, e facciamo la catechesi da te (perché facevano la catechesi là, tutti i sabati)? Perché, sai, noi ci teniamo a continuare a sentir parlare di Gesù. Adesso, se usciamo, come facciamo? Non possiamo venire in carcere… Facciamo così: noi, una mattina o un pomeriggio, veniamo insieme e tu ci fai la catechesi insieme, in convento».

Immaginatevi…

Io mi sono immaginato la scena e ho detto: «Tu ti immagini questi, che arrivano, suonano il campanello e dicono: “Siamo qui per fare la catechesi con Fra Giorgio…”»

Io, dopo tre giorni, sarei partito per il Burundi…

Io come glielo spiegavo che venivano dodici transessuali in convento a fare la catechesi?

Ma, a voi, sembra che questo sia essere Chiesa?

Vi sembra che questo sia rispettare il Vangelo?

Io non dico questo perché do la colpa ai Padri, ma dico questo perché tutti ragioniamo così, tutti noi viviamo di questi preconcetti.

Se oggi c’è tutto questo discorrere sul Gender e sull’omosessualità, sulla transessualità e tutte queste cose, è per questo, perché, prima di parlare, noi dovremmo ascoltare, noi dovremmo comprendere, capire ciò che si nasconde dietro e dentro la vita di ogni uomo.

Questo non vuol dire, quindi, approvare, sdoganare, autenticare. No, questo vuol dire solo ascoltare, vuol dire solo (in questo il Papa vede veramente lungo) innanzitutto accogliere per quello che si è. Questo è vero! È vero che noi non dobbiamo creare dei ghetti, ma per nessuno e per niente!

Questo vuol dire aprire il proprio cuore, perché oggi è questa diversità, vent’anni fa era l’AIDS, prima era la tossicodipendenza…

Voi non vi ricordate che, quando nascevano i bambini handicappati nelle famiglie, li prendevano e li chiudevano dentro nelle case e non uscivano più, perché avevano vergogna di farli vedere agli altri?

Queste cose qui le facevamo noi!

Tutto ciò, che è diverso da quello che noi abbiamo in testa, deve essere eliminato!

Dopo, è logico che, per reazione, abbiamo gli eccessi; questo è ovvio, questa è la storia, in tutta la storia succede questo!

Le reazioni sono sempre degli eccessi, agli eccessi che li hanno preceduti.

Allora, se noi avessimo questa rivoluzione della tenerezza…

Questo non vuol dire che dobbiamo andare per la strada ad abbracciare tutti come tanti koala!

Ma perché, quando incontriamo una persona, non cominciamo ad ascoltare la persona e a guardare la persona per quella che è, e a lasciarla manifestare per quella che è?

Perché non possiamo dare stima alle persone per quello che sono?

Perché?

Quando entrai in quel raggio, il cappellano saggio e anziano mi disse: «Giorgio, mi raccomando, non fare versi! Non cominciare a fare l’educanda delle Orsoline, perché non è che ti verranno a trovare vestiti come le monache… Stai attento a come ti comporti! Non fare vedere sul tuo viso disappunto, schifo, fastidio, giudizio o quant’altro, ma accogli le persone!»

Io adesso non voglio fare l’apologia del male, del peccato o di non so che cosa, però, credetemi, dopo i primi miei momenti di imbarazzo perché non avevo mai incontrato questa realtà (poi avevo ventitré anni, immaginatevi…), dopo i momenti iniziali di imbarazzo penso reciproco, quelli sono stati gli anni e i giorni più belli della mia vita.

Sapete perché?

Perché io non vivevo la diversità che vivevano loro, ma io dentro lì sapevo che potevo essere Giorgio fino in fondo, io non avevo bisogno di filtri, non dovevo misurare le parole. Io avevo coscienza di quello che loro erano e sapevo che certe cose erano sbagliate, ma ciò non toglieva il fatto che, dentro a questa umanità sofferente, e dentro anche a questi peccati, ci fosse comunque un essere umano.

È questo che il Papa ci sta chiamando a rivisitare, non ad approvare, non a sdoganare, ma a rivisitare, ad incontrare ciò che per noi è strano con questo atteggiamento profondo dell’umanità, e con la chiarezza del pensiero, perché io non ho mai nascosto loro il fatto che sbagliavano.

Infatti, loro, dopo un po’, venivano con il loro Vangelo…

Ve lo avevo detto che avevano strappato tutte le foto porno di Di Caprio nudo (perché ai tempi c’era il famoso Di Caprio nudo), avevano tirato via tutto, riempito i sacchi della pattumiera con i giornaletti porno e me li volevano dare da portare in convento, dicendo: «Vuoi portarli via tu?»

Io ho detto: «No, guarda, non mi interessa portarmeli a casa. Buttali via, perché tanto non servono».

Io, quando sono tornato a casa, sapete cosa ho pensato quel giorno?

Mi sono detto: «Non mi hanno preso in giro quando mi hanno detto quella frase… Secondo me era una frase proprio pulita. Pur dentro nella loro situazione, quelli veramente probabilmente erano più puliti di me, in un certo senso…»

Perché, quando viviamo tra di noi, uno deve sempre pensare ad ogni cosa che deve dire?

Perché dobbiamo sempre stare lì a vedere l’etichetta, a vedere come ci comportiamo, come ci muoviamo, come parliamo?

Dentro ad un atteggiamento di tenerezza, questa cosa non c’è!

Il Papa dice: «Diamo un po’ di aria! Lasciamo un po’ libera la persona, non di fare il male, ma di essere sé stessa e di pensare che dentro la Chiesa, se sei te stesso, non vieni stigmatizzato ma vieni stimato, vieni amato, perché se no vuol dire che viviamo nella menzogna, nell’ipocrisia».

È questo che vuole Gesù Cristo?

È questo che vuole Dio?

Gesù Cristo è morto in croce per insegnarci ad essere ipocriti, per cui uno non può neanche avere un atteggiamento, una preghiera, non so cosa?

No, perché tutto deve essere dentro al format!

Chiediamo al Signore la grazia di imparare questo senso di libertà e questo senso di tenerezza!

Forse è per questo che poi i giovani scappano, certo …

Vi ricordate l’abbraccio di San Francesco con il lebbroso, e il bacio?

Noi non siamo lebbrosi, ma a noi, chi ci ha baciati?

A noi, chi ci ha abbracciati?

Noi, quando abbiamo sentito l’abbraccio di Dio Padre attorno a noi da un Suo Ministro, che nella nostra lebbra ci ha fatto sentire amati?

Per meno, non vale la pena di venire in Chiesa!

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!

Letture del giorno

Prima lettura

1Re 19,16.19-21
Eliseo si alzò e seguì Elìa.

In quei giorni, il Signore disse a Elìa: «Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto».
Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elìa, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello.
Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elìa, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elìa disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te».
Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elìa, entrando al suo servizio.

Salmo responsoriale

Sal 15

Sei tu, Signore, l’unico mio bene.

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.

Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.

Seconda lettura

Gal 5,1.13-18
Siete stati chiamati alla libertà.

Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.
Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!
Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge.

Canto al Vangelo (1Sam 3,9; Gv 6,68)

Alleluia, alleluia.
Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta:
tu hai parole di vita eterna.
Alleluia.

Vangelo

Lc 9,51-62
Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme. Ti seguirò ovunque tu vada.

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

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