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Chi è il mio prossimo?

buon_samaritano

Omelia

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di domenica 10 luglio 2016 (S. Messa prefestiva).

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione

Chi è il mio prossimo?

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

Tutti vedono, tutti passano, e solo uno si ferma, solo un Samaritano.

Anche chi doveva più degli altri fermarsi, sia il sacerdote sia il levita, non si fermano; vedono che questa persona è caduta nelle mani dei briganti, ma non fanno niente, non si prendono cura.

È troppo facile prendere questo Vangelo ed applicarlo in modo materiale alle opere di misericordia corporale, è facile vedere in questo sventurato semplicemente i bisognosi di ogni genere e specie.

Facile, perché è facile dare il soldino, prendere la merendina, dare il panino; io l’ho fatto per un anno quando ero obiettore di coscienza, non è che ci sia chissà questa complessità a preparare da mangiare, a preparare il piatto, a mettere il piatto, dare il piatto, riconsegnare il piatto, pulire il piatto…

Se, invece, noi dobbiamo prendere questa sventura e applicarla all’anima, lì il gioco si fa duro, lì cambia tutto, perché è facile riempire la pancia alla gente, tutti lo vedono, tutti.

Dobbiamo stare molto attenti alla carità di facciata, alla carità che serve per farsi vedere dagli altri, alla carità che serve per fare populismo, alla carità che serve per fare consenso, siamo tutti capaci di fare questa carità; ma la carità che va a dire la cura dell’anima della persona, questa non è tanto evidente, non può essere di facciata, perché nessuno vede niente, e poi richiede un grande sforzo, mi richiede tanto tempo.

Richiede tempo, richiede energia interiore accorgersi che chi abbiamo accanto sta male, richiede tempo…

Capite, oggi è politicamente corretto che noi aiutiamo il bisognoso, questo è politicamente corretto, però siamo poi le stesse persone che, quando arriva l’estate…

Mi diceva poco tempo fa un assistente sociale: «Sa, Padre, adesso arriva l’estate, arriva il momento in cui il mio telefono esplode».

Io dico: «Oh… come mai?»

E lui: «Perché mi chiamano e mi dicono: “Senta, noi dobbiamo andare in vacanza e dobbiamo piazzare nostra madre lì, non è che ce la portiamo al mare. È un po’ come il cane, non è che me lo posso portare in giro, allora lo metto nel canile; lei non me la posso portare dietro, allora la metto lì, poi la vengo a prendere quando torno”».

Io ho risposto: «Beh… mi sembra una ragione ragionevole, densa; densa di umanità, densa di attenzione all’ultimo, densa di amore per la persona, densa di riconoscenza per chi ti ha messo al mondo, un’attenzione densa per chi è debole».

È giusto, è assolutamente corretto nel nostro mondo, nel nostro quietismo religioso va benissimo vivere così… peccato che Papa Francesco, poco tempo fa, ha detto che questa è l’era dei nonni.

Noi parliamo sempre dei giovani, mentre lui ha detto: «Questa è l’era dei nonni. Impariamo a recuperare l’importanza di queste persone anziane, che non sono un peso, che non sono un bambolotto da gestire, ma che sono persone e quindi hanno bisogno di attenzione».

Oggi valgono solamente i giovani e se tu hai superato gli “anta” dei giovani, basta, non sei più nessuno.

Non va bene, perché tutti quelli che oggi sono anziani, un giorno erano giovani, e i giovani senza gli anziani non combinano niente, anzi, fanno tante stupidaggini; però, capite, mi devo rendere conto che c’è una sofferenza, mi devo rendere conto che c’è un bisogno, che c’è un dolore che vive accanto a me, che può essere in famiglia, che può essere sul posto di lavoro, che può essere con un amico, che può essere, non so, in qualsiasi occasione.

Cosa ci vuole ad essere gentili, santa pazienza?

Cosa ci vuole a salutare con un sorriso?

Siamo sempre lì ingrugniti, sempre tutti bloccati, chiusi, ringhiosi… ma rassereniamoci un po’!

Impariamo ad essere un po’ umani, impariamo ad essere un po’ più sorridenti!

Non mi cade mai l’occhio a guardarvi uno per uno in faccia, perché magari dopo mi spavento e non riesco più a parlare, allora, nelle mie visioni mistiche, guardo i Santi, che mi danno un po’ più di speranza. Infatti, l’altra volta, mentre facevo l’omelia, ho abbassato gli occhi un attimo e ho guardato uno in faccia quando ho detto: «Siamo più umani! Papa Francesco parla di rivoluzione della tenerezza… impariamo ad essere più teneri, impariamo a sorridere un po’!»

Madre mia, ho guardato uno in faccia… e ho detto: «O mamma! Io questa faccia la faccio quando ho davanti il tonno rinsecchito… Giorgio, vai a casa, per l’amor del Cielo! Chiudi in fretta, perché deve esserci un’aria un po’ pesante».

Come facciamo ad accorgerci di chi soffre, se non abbiamo neanche gli occhi per fare un sorriso a chi abbiamo accanto?

Come facciamo ad avere cura delle persone, se non sappiamo essere umani?

C’è bellissima canzone che si intitola “Esseri umani”; ascoltiamo qualche volta quella canzone, magari ci fa anche bene!

Siamo esseri umani, e dobbiamo accorgerci di ogni bisogno, non solo di quelli di cui la società parla e che ci impone.

Adesso è il tempo dell’immigrato…

Ho capito, ma guardate che ci sono anche i malati di AIDS, ci sono i carcerati, ci sono le persone diversamente abili, ci sono gli alcolizzati, ci sono i casi di violenza, ci sono tantissimi bisognosi e poi c’è la sofferenza interiore, c’è il peccato, c’è la fatica di essere sereni, c’è una marea di persone che sono ammalate di depressione, di sofferenze psichiche.

Questa gente ha un volto o no?

Sempre Papa Francesco quel giorno lì diceva: «Guardate che dietro a questi fogli, dietro le nostre parole, dietro ai nostri programmi pastorali, ci sono volti umani».

Ce ne accorgiamo?

A me sembra che alle volte, non dico sempre, ma alle volte, veramente si respira un’aria che è brutta, che non sa di Vangelo.

Qualche volta, quando giro con la mia macchina o con la mia bicicletta e incontro qualcuno di voi per la strada, è bello fermarsi e scambiarsi due parole, è un’occasione per dirsi qualcosa, un’occasione per ricevere quell’attenzione di qualche minuto, per far capire che non siamo meteore, ma che siamo persone e che abbiamo tutti bisogno di essere curati, tutti.

Tutti abbiamo bisogno di essere amati, tutti abbiamo bisogno di un “ciao”, tutti abbiamo bisogno della stima, della fiducia, e noi dovremmo essere i primi a testimoniare questa cosa.

Adesso, proprio questo periodo qui, in cui fa caldo e tutto diventa più lento, guardate che è il periodo più brutto per certe persone, è come il Natale, perché sono quei tempi in cui ci si sente ancora più soli, ancora più abbandonati.

Io dico: «Tiriamoci un po’ insieme! Pensiamo che avremo intorno a noi un consesso di persone… non credo che tutti noi viviamo da soli come dei monoliti, non credo che siamo come gli oranghi che stanno attaccati agli alberi e stanno lì a mangiare tutte le noccioline, le noci di cocco e pensano solamente alla panza loro e alle pulci. Avremo un consesso umano nel quale siamo collocati, apriamo queste case!»

Va bene, pensiamo anche al marocchino, pensate a tutto quello che volete, ospitiamo tutti, facciamo tutto quello che volete, però pensiamo anche a chi abbiamo accanto, a chi abbiamo direttamente vicino, quello è il nostro primo prossimo!

Quando io ero giovane, ci chiedevano: «Chi è il tuo prossimo?»

Il primo che diceva: «È il povero», lo appendevano, perché la risposta giusta del catechismo era: «Il mio primo prossimo è quello della mia famiglia».

Adesso è cambiata la solfa? Adesso è cambiata la bandiera?

Dovrò accorgermi prima di tutto di chi ho accanto, delle persone del mio pianerottolo, delle persone a cui voglio bene, o no?

Io, quando passo qui con la mia bella biciclettina per muovermi un po’ e vedo le case, dico: «Mamma mia, guarda che doni di Dio… Chissà chi ci sta lì dentro?»

Un giorno o l’altro mi metterò a suonare qualche campanello per vedere un po’ di facce, perché almeno conosco qualcuno, ma mi dico: «Chissà chi ci sta lì dentro?»

Poi vedo dei giardini enormi, grandissimi, bellissimi, tenuti bene, e dico: «Perché queste persone non organizzano (chissà, magari lo fanno), perché non dicono: “ma dai, invitiamo un po’ di persone, mangiamo un’anguria insieme una sera, conosciamoci! Non stiamo lì come le puzzole a guardarci uno con l’altro un po’ così, ingrugniti. Conosciamoci, stiamo un po’ insieme”?»

Guardate che questo fa più di cento rosari, perché questo ti fa andare a casa e ti fa dire: «Ma allora siamo veramente Chiesa! Non siamo Chiesa solamente per andare a Messa, dire le preghiere, fare la Comunione e tornare a casa. Siamo veramente un Corpo, stiamo veramente insieme».

Che bello quando mi capita di andare all’ospedale e vedo qualche laico che accompagna un sacerdote anziano, che accompagna una suora (anche qui succede), che fanno la coda con loro, che stanno lì insieme, che li rassicurano, perché anche noi magari ci spaventiamo quando ci dicono: «C’è una macchia»; solo al sentirlo, già ti si mozza il fiato…

È diverso stare lì, insieme, a fargli fare la coda, a questi sportelli con questi lumicini che si accendono e non si capisce bene… Si accende il tuo numero, tu sei da una parte e il tuo numero è dall’altra, e devi incominciare a correre; magari uno è anziano, con le stampelle, e deve correre se no perde il posto…

Capite la cura delle persone?

È per questo che adesso c’è qui questo panchetto della Comunione, che è venuto, poi è sparito, poi è venuto ancora, adesso rimane. Insomma, c’è un po’ di apparizione e sparizione, è una realtà dinamica; non siamo lì così morti, andiamo un po’ avanti e indietro, ma adesso c’è. E perché c’è? Cosa vuol dire?

Adesso ve lo spiego in modo tale che non si spaventi nessuno.

Non morsica, non si muove, non è velenoso, non crea danno a nessuno.

Cosa vuol dire questo panchetto?

Guardate, vuol dire una cosa sola, che nella Chiesa l’attenzione è per tutti, per tutti.

È come ha detto il Papa, non solo per i giovani.

Allora, siccome è permesso nella Chiesa ricevere la Comunione in ginocchio per chi vuole, voi capite che una donna di settant’anni con la protesi all’anca, in ginocchio sul pavimento non si può mettere. Qualche persona anziana (più di una) mi ha detto: «Padre, perché i giovani possono mettersi in ginocchio e io no? L’ho sempre fatto quando ero giovane e adesso non si può fare più».

Allora abbiamo pensato a questo panchetto, serve solo per questo, serve per dare a tutti questa possibilità. Se uno non lo vuole fare, sta in piedi, come ha sempre fatto; se uno lo vuole fare, lo può fare.

Riconosciamo la libertà, non stiamo dentro nei format del dado Maggi.

Noi non siamo fatti con gli stampini, siamo persone diverse, abbiamo sensibilità diverse e abbiamo stili diversi, rispettiamo questi stili.

Poi c’è anche Padre Michele che dà la Comunione in piedi; io La do in piedi, ma, per chi La vuole in ginocchio, c’è questo pacchettino e La può ricevere in ginocchio.

Qualcuno mi ha detto: «Magari dopo uno cade e si spezza le gambe…»

Ma diamine!! Non è mica un campo atomico della guerra del Vietnam!

Non si muove, non è una tagliola da cui vengono fuori i lacci e ti avvinghia come un polipo, stai tranquillo!

Io l’ho sempre usato e non è mai successo niente, non mi ha mai sbranato, non ti si spezzano le gambe.

«Ma uno inciampa…»

Ma cosa vuoi inciampare, che sono quattro pezzi di legno!

«No, ma sa… io mi sento obbligato».

Ma di che cosa?

Siamo liberi.

Perché passa il bus, tu sei obbligato a prenderlo?

No.

Perché passa il treno, tu sei obbligato a prenderlo?

No.

Non è che, se tu vedi passare una moto, devi salirci sopra…

Non è che, se io vedo una persona fumare, devo mettermi a fumare anche io.

Siamo adulti, abbiamo un cervello sano, usiamolo e impariamo ad essere liberi!

Qualcuno dice: «Ma così torniamo indietro…»

Guardate, non andiamo né indietro né avanti, stiamo dove siamo; non è il gioco della bella lavanderina, non si va da nessuna parte, stiamo qui.

Tra l’altro, il Cardinal Sarah, il Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (la somma autorità della Chiesa, dopo il Papa, che parla di queste cose), proprio il 5 luglio 2016, a Londra, ad una Conferenza di Liturgia, ha fatto la prolusione iniziale e ha scritto delle cose incredibili e bellissime (che sono ancora in inglese, ma presto verranno tradotte in italiano), dove lui richiama l’importanza di dare a chi vuole la possibilità di inginocchiarsi a fare la Comunione; poi dice tante altre cose, tra le quali, questa.

Ecco, allora, dentro alla logica del buon Samaritano, cerchiamo di avere questo sguardo tenero su tutto e su tutti, come dice il Papa.

Sentiamoci avvolti da questa grande tenerezza, impariamo a guardarci sempre con un grande sorriso, ad essere sempre molto comprensivi e a non mettere il male dove il male non c’è, a non creare problemi dove problemi non ci sono.

Impariamo, quando abbiamo accanto qualcuno, a saper dare quella parola che diventa quell’olio e quel vino, che ricuciono le ferite.

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!

Letture del giorno

Prima lettura

Dt 30,10-14
Questa parola è molto vicina a te, perché tu la metta in pratica.

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima.
Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica».

Salmo responsoriale

Sal 18

I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.

Seconda lettura

Col 1,15-20
Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.

Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.
Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli.

Canto al Vangelo (Gv 6,63.68)

Alleluia, alleluia.
Le tue parole, Signore, sono spirito e vita;
tu hai parole di vita eterna.
Alleluia.

Vangelo

Lc 10,25-37
Chi è il mio prossimo?

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

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