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Conoscere per amare

Erba

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 10 settembre 2020

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione 

CONOSCERE PER AMARE

Eccoci giunti a giovedì 10 settembre, la Prima Lettura della Santa Messa di oggi, tratta dalla Prima Lettera ai Corinzi, cap. VIII, è un testo che dovrebbe guidare costantemente la prospettiva delle nostre scelte, nella quale ogni mattina ci dovremmo mettere.

  • Qual è la prospettiva?

La prospettiva è che le persone che noi abbiamo accanto, per ciascuna di loro, Gesù è morto, non noi, Lui. Gesù è morto per ognuna delle persone che noi oggi incontreremo, tutte. Lui è morto singolarmente, proprio per ciascuno di loro, in ogni loro unicità, tipicità, insostituibilità. Questo ci farebbe cambiare molte cose, nel modo di parlare, di trattare, di pensare.

“Un fratello per il quale Cristo è morto!”

Il problema tra i corinzi che San Paolo affronta, sono queste carni sacrificate agli idoli.

“Riguardo dunque al mangiare le carni sacrificate agli idoli, noi sappiamo che non esiste al mondo alcun idolo e che non c’è alcun dio, se non uno solo.”

C’erano dei pagani convertiti in cristiani che non si erano ancora del tutto convertiti, perché certe idee, certi modi di vedere, di sentire e di pensare richiedono tempo, per poter giungere a un reale cambiamento, per poter essere abbandonati e mutati. Alcuni che erano abituati a questo rapporto con gli idoli e che sapevano che mangiare la carne sacrificata agli idoli voleva dire entrare in comunione con loro, anche se si erano ormai convertiti, rimaneva in alcuni di loro questa sensazione, questa percezione, questa idea, e quindi rimanevano contaminati, perché l’intenzione non era ancora sufficientemente illuminata dalla conoscenza.

  • Quale conoscenza?

Il sapere che gli idoli non esistono, e quindi se non esistono non posso fare comunione con chi non c’è. Anche noi che ci diciamo cristiani dovremmo sapere che tante cose sono sbagliate eppure andiamo dalla maga, ci facciamo leggere le carte, siamo superstiziosi, facciamo tante cose che sono sbagliatissime, che affondano le loro radici in credenze, abitudini, modalità che non sono stati illuminati dalla conoscenza. Il sapere che viene dalla fede, illuminato dalla fede, avrebbe dovuto spazzare via per loro e per noi, tantissime cose che non esistono, che sono magari superstizioni, che sono sbagliate e che sono peccati, però di fatto questa conoscenza ancora non è riuscita, perché noi rimaniamo ancorati alle nostre idee.

San Paolo dice, che da una parte coloro che hanno la conoscenza e che hanno fatto questo salto, hanno preso tutto quello che di sbagliato, di falso avevano dentro nella testa e nel cuore e l’hanno tirato via, l’hanno convertito, quindi sono tranquilli anche se mangiano le carni immolate agli idoli, perché l’idolo non esiste, sanno di non fare comunione con nessuno, ma solo con Gesù, ma ci sono altri che invece, pur sapendo queste cose, non sono riusciti ancora a fare il salto e quindi rimangono titubanti, sono i deboli.

Nel momento in cui noi conosciamo e crediamo in ciò che abbiamo conosciuto, noi diventiamo fortissimi, la più grande debolezza sta in quello spazio che non dovrebbe esserci, ma che alle volte si crea tra la conoscenza e la vita. Quando ciò che conosco non va a illuminare, permeare, modellare, strutturare, organizzare la vita, noi diventiamo estremamente deboli.

“Alcuni, fino ad ora abituati agli idoli, mangiano le carni come se fossero sacrificate agli idoli, e così la loro coscienza, debole com’è, resta contaminata.”

Quel “come se” è fondamentale, perché dice che la loro intenzione non è giusta, vedono che per loro ancora c’è l’idolo, esiste ancora in qualche maniera, e quindi se mangiano quella carne, loro rimangono contaminati.

  • Contaminati da che cosa?

Dal peccato di un’intenzione che non è ancora sufficientemente formata dalla conoscenza.

State attenti, dice San Paolo, che per la tua conoscenza, per la tua fortezza, non vada in rovina il debole, colui per il quale Cristo è morto.

“Ed ecco, per la tua conoscenza, va in rovina il debole, un fratello per il quale Cristo è morto! Peccando così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo.”

Stai attento a non scandalizzare con la tua libertà colui che non è ancora libero, stai attento a non scandalizzare con la tua conoscenza colui che ancora non conosce sufficientemente bene, che ancora non crede veramente come credi tu.

Noi non dobbiamo mai forzare niente e nessuno. Anche se avessimo davanti agli occhi la Verità più vera e anche se fossimo le persone più brave, più sante, più cristiane, più giuste, più capaci, con le idee più chiare, la nostra vita, i nostri atti non devono mai essere posti sfacciatamente davanti a tutti e soprattutto davanti a coloro che sono più fragili, coloro che sono all’inizio, banalizzando e magari prendendo in giro la loro debolezza.

Provate a far crescere un prato di erba tirando l’erba. L’erba non si fa crescere tirandola. I fichi non si fanno maturare strappandoli dalla pianta, bisogna avere pazienza, bisogna dare tempo al tempo.

  • E allora che cosa fare?

Non bisogna mai ferire nessuno, non bisogna prendere in giro coloro che noi vediamo, reputiamo essere più deboli di noi nella vita e nella fede. Non vanno banalizzati, perché Gesù è morto per ciascuno di loro.

“Peccando così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo.”

Troppo spesso noi guardiamo gli altri dall’alto al basso, troppo spesso usiamo la nostra conoscenza per umiliare, la nostra libertà per denigrare, la nostra maturità per far sentire l’altro sbagliato, fuori posto, per farlo vergognare di quello che è e di dove è, invece la nostra conoscenza dovrebbe dare a noi la libertà che ci dà, ma non dovrebbe mai essere usata, essere fonte di superbia, di orgoglio.

“La conoscenza riempie di orgoglio, mentre l’amore edifica”

Invece si sentono tra di noi battute, prese in giro, dove di fatto tu non vai a liberare l’altra persona dalla sua debolezza.

Il punto dovrebbe essere di voler aiutare l’altro a comprendere la bellezza di quello che noi abbiamo capito e conosciuto, ma il modo non è mettermi a mangiare un chilo di carne immolata agli idoli davanti a lui, lo scandalizzo così. Non è ancora in grado di portare quella realtà, quella conoscenza, quel sapere, non è in grado di portare quella libertà e se vede me farlo, non riesce a capirlo.

  • Allora cosa devo fare? Perché lui è debole devo fare un passo indietro? Devo mettermi al suo livello?

Ci risponde San Paolo:

“Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello.”

Faccio un passo indietro io, non lui un passo avanti, perché io sono in grado di fare un passo indietro, ma non è detto che lui sia in grado di fare un passo avanti.

E se lo fa e poi cade?

Questo è lo scandalo, far inciampare l’altro, farlo cadere, confonderlo, disorientarlo, metterlo in una situazione che non sa gestire, che non ha gli strumenti per gestirla.

Accade molto spesso tutto questo, dal prendere in giro un bambino perché porta un fiore alla Madonna, dal prendere in giro una persona perché si mette in ginocchio davanti a Dio, dal prendere in giro una persona che fa un atto di pietà verso il Signore. Se noi quella cosa la riteniamo superflua, inutile, prendiamo in giro, banalizziamo, questo può scandalizzare e se noi facciamo questo, noi pecchiamo contro Gesù, dice San Paolo.

Perché denigrarlo? Perché non rispettare la diversità dell’altro nel suo cammino di fede e di maturazione?

Anche noi abbiamo fatto un cammino, abbiamo lasciato dei passi indietro, e il fatto che sono indietro vuol dire che li dobbiamo disprezzare questi passi?

Quando voi camminate buttate dietro di voi il fango perché quei passi sono ormai superati?

No, noi rispettiamo i passi che facciamo.

Perché non dobbiamo rispettare i passi che fanno gli altri, o che dovranno fare gli altri? Perché dobbiamo metterli in difficoltà?

Sei io so che per quella persona è importante fare in un certo modo, rispettiamo quella fatica, ma in questo nostro agire sotto sotto ci sta il fatto che io voglio gli altri uguali a me, mi aspetto che gli altri siano come me, e allora faccio di tutto perché il loro cammino sia uniformato al mio. Impariamo a rispettare le diversità dell’altro, senza disprezzarla, impariamo a non fare giudizi trancianti sulla loro vita, sul loro modo di essere, sul loro modo di pensare e di organizzarsi, impariamo ad avere rispetto, a non scandalizzarli, impariamo a essere noi che facciamo un passo indietro per stare con loro, per salvare la carità, impariamo a essere noi a metterci in questa posizione più debole dove ci viene richiesta pazienza, attesa, e dove anche se sappiamo che quella cosa è inutile, fa niente, restiamo lì accanto e aspettiamo, ma mai pubblicamente, davanti ad un’altro fratello nella fede, mai fare qualcosa che sappiamo può essere per lui motivo di sconvolgimento, disorientamento, spavento, paura, scandalo e quant’altro. Cerchiamo sempre, quando dobbiamo fare una scelta, di avere a cuore la serenità la pace, la debolezza anche dell’altra persona, e sarà così, con questa pazienza che noi veramente la cureremo.

Imploro su ciascuno di voi, la benedizione di Dio, oggi è giovedì, ricordiamoci di fare l’Ora Santa, ricordiamoci di tenere compagnia a Gesù, se possiamo davanti al Tabernacolo, se no a casa, ma meglio davanti al Tabernacolo, pensando a Gesù nel Getzemani, nella sua Passione, pregando e onorando le sue piaghe, i dolori della Vergine Maria, tutte cose che vi ho ampiamente spiegato, questa benedizione ci aiuti tutti a mettere la carità e le esigenze della carità al centro, mai essere d’inciampo a nessuno.

E la benedizione di Dio Onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, discenda su di voi, e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo.

Giovedì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

PRIMA LETTURA (1Cor 8,1-7.11-13)
Ferendo la coscienza debole dei fratelli, voi peccate contro Cristo.

Fratelli, la conoscenza riempie di orgoglio, mentre l’amore edifica. Se qualcuno crede di conoscere qualcosa, non ha ancora imparato come bisogna conoscere. Chi invece ama Dio, è da lui conosciuto.
Riguardo dunque al mangiare le carni sacrificate agli idoli, noi sappiamo che non esiste al mondo alcun idolo e che non c’è alcun dio, se non uno solo. In realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo che sulla terra – e difatti ci sono molti dèi e molti signori –,
per noi c’è un solo Dio, il Padre,
dal quale tutto proviene e noi siamo per lui;
e un solo Signore, Gesù Cristo,
in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo grazie a lui.
Ma non tutti hanno la conoscenza; alcuni, fino ad ora abituati agli idoli, mangiano le carni come se fossero sacrificate agli idoli, e così la loro coscienza, debole com’è, resta contaminata.
Ed ecco, per la tua conoscenza, va in rovina il debole, un fratello per il quale Cristo è morto! Peccando così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo. Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello.

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