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Le radici spirituali delle malattie psichiche: diciottesima parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 6 marzo 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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LE RADICI SPIRITUALI DELLE MALATTIE PSICHICHE – Diciottesima Parte

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Eccoci giunti a sabato 6 marzo 2021, Primo Sabato del mese di marzo, quindi tutto dedicato al Cuore Immacolato di Maria, vogliamo dedicare anche questa meditazione al Cuore Immacolato di Maria, questa giornata, i 15 minuti di meditazione che Lei ha chiesto per il Santo Rosario, per riparare ai 5 peccati che vengono compiuti contro il Suo Cuore Immacolato. La pratica dei primi 5 sabati del mese è veramente bellissima, consiglio a tutti di farla bene. Ricordiamoci quando ci andiamo a confessare in questo giorno o negli 8 giorni prima o dopo, di esprimere l’intenzione in confessionale mentre ci confessiamo: “per riparare le offese ai Cuori di Gesù e di Maria”. Il Signore a Suor Lucia chiese di dire “con l’intenzione di riparare le offese contro il Cuore Immacolato di Maria”, e noi lo esprimiamo anche per il Sacro Cuore di Gesù. Ricordatevi che va proprio detta. Quando ci mettiamo in ginocchio in confessionale diciamo:

“Offro questa confessione per riparare le offese ai Cuori di Gesù e di Maria”

Se qualche Sacerdote non dovesse apprezzare questa cosa, fa niente, siccome il Signore Gesù l’ha chiesta a suor Lucia di Fatima, noi ci fidiamo e lo diciamo, offriremo questa incomprensione per consolare i Sacri Cuori che tanto amiamo e che tanto cercano consolazione.

La Prima Lettura tratta dal cap. VII del Libro del profeta Michea, vv 14-15, ci dice che il Signore conserva la sua fedeltà e il suo amore per noi, si compiace di manifestare il suo amore, di calpestare le nostre colpe, allora facciamogliele calpestare queste colpe, questi peccati, andiamo a confessarci, facciamo una santa, bella Confessione. Magari c’è qualcuno che non sa fare una bella confessione, che si perde, che non sa dire i propri peccati. Io un po’ di anni fa ho messo insieme un pdf, non c’è niente di mio, ho raccolto degli schemi per l’esame di coscienza sui Dieci Comandamenti e poi ho preso alcuni scritti, l’omelia di San Giovanni Maria Vianney sul Giudizio Particolare e sul Giudizio Universale, uno scritto molto bello di Don Giuseppe Tomaselli sull’inferno, poi c’è una parte terza: “cosa dire quando mi confesso” di San Giovanni Bosco e una parte quarta che è la traccia per l’esame di coscienza tratta da “Esame di coscienza pratico del Cardinale Giuseppe Siri”, è un esame di coscienza preparato da questo Cardinale meraviglioso, bravissimo, ed è un esame di coscienza settimanale, mensile e annuale, li ho messi insieme, se qualcuno non sa bene come prepararsi può usarli, l’importante è usare ogni mezzo per calpestare questi peccati e queste colpe, e fare una bella, vera, santa confessione, imparare a gustare la bellezza della grazia di Cristo.

Ormai stiamo imparando che per calpestare questi peccati, un aiuto grande ci viene da questo testo “L’inconscio Spirituale” del prof. Larchet. Oggi vi leggerò un pezzetto del prof. Larchet e inizierò a introdurre un testo molto bello sul rispetto umano scritto da Padre Cornelio a Lapide, il suo vero nome era Cornelis Cornelissen van den Steen, poi latinizzato in Cornelio a Lapide (van den Steen: a lapide, in italiano: dalla pietra). Nacque nei pressi di Liegi. Studiò Lettere e filosofia presso i collegi dei gesuiti di Maestricht e Colonia, e teologia presso le Università di Douai e Lovanio; entrò nella Compagnia di Gesù l’11 giugno 1592, e, dopo due anni di noviziato e un altro anno di teologia, fu ordinato sacerdote il 24 dicembre, 1595. Dopo aver insegnato filosofia per un anno e mezzo, divenne professore di Sacra Scrittura a Lovanio nel 1596 e l’anno successivo divenne professore di ebraico presso la stessa università. Il 3 novembre 1616 fu chiamato a Roma, dove insegnò Sacra Scrittura ed ebraico presso il Collegio Romano fino alla morte, avvenuta il 22 marzo 1637. Questo testo di Padre Cornelio a Lapide è bellissimo, penso che piacerà molto anche a voi.

Cominciamo con il prof. Larchet:

“Amore di Dio e amore di sé virtuoso si implicano peraltro a vicenda: amarsi nella propria realtà spirituale d’immagine di Dio e di persona che Dio ama porta ad amare Dio.”

È proprio il tema della Prima Lettura di oggi.

“Di riscontro, come dice sant’ Antonio il Grande, «chi ama Dio ama anche sé stesso».

Nella misura in cui ci sentiamo amati da Dio, amiamo Dio, ma per fare questo dobbiamo strappare via il peccato.

“Mentre l’amore di sé-passione è attaccamento dell’uomo alla propria Individualità, a un io ripiegato su sé stesso, opaco e che esclude Dio, al contrario l’amore di sé-virtù è apertura piena a Dio, totale trasparenza alle Sue energie. Mentre nella prima forma d’amore di sé l’uomo, di fatto e senza rendersene conto, è «amante di sé contro sé», come si esprime san Massimo il Confessore, nell’amore di sé-virtù egli si ama con verità, nella sua realtà più profonda e più essenziale, realtà che ha in Dio il suo fondamento, il suo principio e il suo fine. Mentre l’amore di sé-passione aliena l’uomo, l’amore di sé-virtù gli fa – in Dio – ritrovare sé stesso, nella sua realtà spirituale autentica.”

Avrete sicuramente visto figure bellissime di Santi, anche di ragazzi giovani, di bambini, gli occhi bellissimi che hanno, questo volto così bello, avrete presente l’immagine di Santa Gemma Galgani, veramente stupenda. Oggi vorrei leggervi anche delle piccole riflessioni di una beata meravigliosa che non so quanto conoscete, la beata Edvige Carboni, beatificata il 15 giugno del 2019 dal Cardinale Giovanni Angelo Becciu, è nata il 2 maggio del 1880 a Pozzomaggiore ed è morta il 17 febbraio del 1952. Anche di lei oggi vorrei lasciarvi delle cose molto brevi, ha scritto delle cose interessantissime, questo per dirvi cosa vuol dire crescere in questo amore-virtù che ci fa ritrovare noi stessi, vi leggo una piccola parte:

“27 Maggio 1941”

“Gesù mi ha detto alla S. Comunione: «Figlia mia, come sono triste vedendo che tanti miei sacerdoti peccano anche sopra l’altare! Il mondo è bagnato di sangue e velato di lacrime, eppure loro non riparano il mio Cuore addolorato che con la più nera ingratitudine! Dì al tuo confessore che colle sue fervorose preghiere ripari le offese che quotidianamente ricevo da tanti miei amici»”.

Noi Sacerdoti siamo proprio chiamati ad avere sull’altare quel comportamento così decoroso, così santo, sacro, raccolto, pieno di pietà, di amore per il Signore, che sia visibile a Lui e al popolo di Dio, perché dobbiamo riparare il Suo Sacro Cuore addolorato. Ieri abbiamo fatto la memoria del Primo Venerdì del mese, contro la vera ingratitudine. Impariamo a ringraziare Dio sempre per ogni cosa, per tutto. Ricordatevi: il sabato dovrebbe essere il giorno nel quale ringraziamo Dio per la settimana che si conclude. La Domenica, alla Messa, dovrebbe essere il giorno in cui consacriamo a Dio la nuova settimana che incomincia, per chiedergli la grazia di non offenderlo mai, di ascoltare la sua voce, di obbedire alla sua volontà.

Ritorniamo al prof. Larchet:

Mentre l’amore di sé-passione porta l’uomo, attraverso un atteggiamento e un comportamento egoistici, a delle relazioni stravolte con il prossimo, che possono arrivare fino all’odio, l’amore di sé-virtù è una delle chiavi dell’amore del prossimo, come fa capire l’appena ricordato comandamento del Cristo: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». È soltanto nella misura in cui l’uomo si ama con verità, per quello che è fondamentalmente, in Dio e in vista di Lui, che può amare il suo fratello spiritualmente, senza che quest’amore sia intaccato da alcun elemento passionale o carnale, che può amarlo nella sua natura vera di persona creata anch’essa a immagine di Dio e anch’essa chiamata a somigliarGli, che può dunque amarlo come uno che condivide la medesima natura e come un altro figlio per adozione del medesimo Padre, come un fratello nel Cristo. Per questo, sant’ Antonio il Grande scrive: «Chi sa amarsi ama anche gli altri». Reciprocamente, l’amore spirituale di sé presuppone l’amore del prossimo: per amare con verità se stesso, bisogna amare il proprio fratello, sottolinea san Giovanni Crisostomo.”

E qui finisce questo paragrafo ottavo sulla svalutazione patologica dell’io. Non c’è nessuna svalutazione patologica dell’io nella misura in cui noi stiamo nell’amore di sé-virtù che è contro l’amore di sé-passione. Sono due amori completamente diversi. Inizieremo domani il paragrafo nono dal titolo: “Relazione patologica con il corpo”. Credo che tutti abbiamo molti motivi per dover meditare su che tipo di relazione abbiamo con il nostro corpo.

Passiamo a questo aspetto della vita cristiana fondamentale, che fa parte sicuramente dell’amore di sé-passione, che ormai abbiamo incominciato a conoscere e a capire bene, che vogliamo distruggere e usiamo la riflessione di questo Padre Cornelio a Lapide, questo Padre Gesuita del 1500. Divide l’argomentazione in 6 punti:

  1. Il rispetto umano è una schiavitù.
  2. Il rispetto umano è una vigliacca debolezza.
  3. Il rispetto umano è uno scandalo.
  4. Che cosa vi è di disordinato nel rispetto umano.
  5. Donde viene il rispetto umano e necessità di disprezzarlo
  6. Fa un atto di coraggio chi vince il rispetto umano.

Leggiamo:

  1. IL RISPETTO UMANO È UNA SCHIAVITÙ

“Quale atto più servile che quello di ridurre e di costringere sé medesimo alla necessità di conformare la propria religione al capriccio altrui? Di praticarla, non più secondo le norme del Vangelo, ma secondo le esigenze degli altri? Di non adempiere i propri doveri, se non nella misura voluta dal mondo? Di non essere cristiano, se non a talento di chi ci vede?”

È una schiavitù terribile, costringere noi stessi a dover conformare la nostra pratica di fede al capriccio degli altri. L’abbiamo affrontato tante volte questo tema. Questo succede quando ci viene detto di non pregare, di non andare in Chiesa o quando ci dicono: “Ma cosa vai a fare in Chiesa? Perché ti devi andare a confessare? Ma perché non fai questo, perché non fai quello?”, cioè quando ci viene chiesto di praticare la nostra fede secondo le esigenze degli altri e non secondo le esigenze del Vangelo. Come se il Vangelo dovesse adattarsi a me. Secondo queste persone dovrei adempiere i miei doveri solo nella misura in cui lo vuole il mondo. Io, per esempio, dovrei essere Sacerdote come, quando e dove vuole il mondo. Oppure devo essere cristiano battezzato come quando e dove vuole il mondo, quindi guai a fare un segno di Croce davanti ad una Chiesa mentre si sta camminando, guai a farci trovare in ginocchio davanti ad un’edicola della Vergine Maria, piuttosto che dire “sono cristiano”, piuttosto che portare una croce al collo o la medaglia miracolosa della Madonna.

Quindi secondo questa logica non posso fare il segno di Croce prima di mangiare perché se no mi urlano dietro, non posso tenere una statuina della Vergine Maria in casa… e via di seguito.

Cosa c’è di più schiavista di questo? Dice padre Cornelio a Lapide.

“S. Agostino condanna i savi del paganesimo, i quali mentre con la ragione vedevano un Dio unico, per rispetto umano si piegavano ad adorarne molti. E in forza di un altro rispetto umano, il cristiano vigliacco non serve al Dio che conosce e nel quale crede: quelli erano superstiziosi e idolatri; questo diviene oggidì, per rispetto umano, infedele ed empio.”

Per rispetto umano il cristiano vigliacco non serve Dio che conosce e nel quale crede.

“Quelli, per non esporsi all’odio dei popoli, praticavano all’esteriore quello che internamente ripudiavano, adoravano quello, che disprezzavano, professavano quello che detestavano (De Civit. Dei). E noi, per evitare le censure degli uomini, per una vile dipendenza dalle vane usanze e dalle massime corrotte del secolo, noi disonoriamo quello che professiamo, profaniamo quello che riveriamo, bestemmiamo, se non con la bocca, con le opere, non già, come diceva l’Apostolo, quello che ignoriamo, ma quello che sappiamo e riconosciamo.

Questo per evitare le censure degli uomini, per evitare il loro disprezzo, il loro dissenso, per essere dipendenti dalle vane usanze e dalle massime corrotte del secolo, come quella bruttissima, pessima e terribile abitudine di non rispettare il giorno della Domenica, di andare a fare spese, di andare a mangiare il gelato, o a comprare la pizza il giorno della Domenica.

Ho messo insieme un pdf nel quale ho raccolto tutte le citazioni dei Santi, del catechismo, di Papa Francesco, anche di altri Papi, della Scrittura, ho messo insieme un po’ tutto quello che ho trovato in cui si dice che la Domenica è il giorno del Signore e noi dovremmo dedicarci alla preghiera, al culto di Dio, alla carità, allo stare con la nostra famiglia, a servire chi ha bisogno, ma senza lavorare, a meno che non sia costretto dagli eventi, da queste strutture di male, oppure perché faccio un lavoro di pubblico servizio. Pensate: se tutti noi alla Domenica non andassimo a fare le spese, le panetterie – come un po’ di anni fa – , sarebbero chiuse, i supermercati chiusi. Quando ero piccolo io le panetterie erano chiuse, si comprava il pane di sabato, se lo volevi croccante lo mettevi nel congelatore e lo scongelavi, lo mettevi in forno e veniva fuori un pane buonissimo e caldissimo. Ed eravamo tranquilli. Nessuno andava a fare le passeggiate al centro commerciale, che è tristezza pura, ma si andava a fare le passeggiate all’aperto, anche in inverno, con qualsiasi condizione atmosferica e nessuno si sognava di andare a fare compere, perché era tutto chiuso. Anche adesso, a pensarci bene, c’è qualcosa di strano, perché troviamo scritto nei negozi: “aperto anche la domenica”, che sta a significare che la domenica dovrebbe essere chiuso, e invece, andando contro questa cosa, ci invitano ad andare la domenica. Perché dovrebbe essere chiuso? Per il terzo comandamento. Non lavoro io e non faccio lavorare gli altri. Tutti abbiamo diritto di avere una famiglia riunita insieme, tutti i bambini del mondo hanno questo diritto, di avere la mamma e il papà insieme il giorno della Domenica per poter stare insieme, tranne i casi eccezionali, tipo il papà che fa il dottore, la mamma che fa l’infermiera e altri casi. Ma la pizza, il cappuccino con la brioche posso anche prenderli a casa, non sono una necessità. Così daremmo la possibilità a tante famiglie di stare unite la domenica. Invece ci sono famiglie in cui la mamma, per esempio, sta a casa di lunedì perché domenica ha lavorato come commessa al centro commerciale, il papà sta a casa di martedì perché lavora al bar, i figli in settimana vanno a scuola e così non stanno mai insieme. Tutto perché io devo andare a fare colazione al bar e poi vado anche a fare la Comunione. C’è qualcosa che non torna.  Ci sono anche preti che mi hanno scritto lettere di fuoco o mi hanno chiamato in modo infuocato dicendomi che sbaglio a dire queste cose perché non è giusto, è da fondamentalisti, da integralisti, questo serve per l’economia. Io a tutti rispondo sempre questo: “Portatemi le fonti. Giustificate”

Io ho fatto un pdf dove ho raccolto passi della Scrittura, dei Santi, dei Dottori della Chiesa, dei Papi che dicono che bisogna fare così. Se è tutto sbagliato portatemi le fonti dei Santi, Dottori della Chiesa, Papi, catechismo dove si afferma che invece è un bene lavorare di Domenica e portare avanti le cose come stanno andando avanti.

Portiamo le fonti, usiamo il metodo scientifico.

Certo però che queste fonti vanno studiate, bisogna conoscerle. Io cito anche passi della scrittura nel pdf, nei quali si dice che neanche il bue bisogna farlo lavorare. E non venite a dirmi che quello è antico testamento, perché scusate, usiamo Cristo contro l’antico testamento? Questo è Lutero, stiamo attenti a fare queste cose.

Stiamo dentro ad un discorso serio scientifico, se vogliamo applicare l’ermeneutica che sia un’ermeneutica rigorosa e che non sia il “faccio quello che voglio e uso la Scrittura a uso e consumo mio per giustificare le mie incoerenze e i miei peccati”. Leggiamo il testo e stiamo aderenti al testo. Contestualizzare non vuol dire tradire o rovesciare nel suo contrario, questo non è contestualizzare.

Mi sono permesso questa divagazione sul terzo comandamento. Ne parlo spesso, perché è un comandamento bistrattato e maltrattato in modo brutto ed una cosa ingiusta. Andate a leggere cosa faceva il papà di Santa Teresina per la Domenica, quello che scrive San Giovanni Maria Vianney e tanti altri. Anche un bimbo piccolo lo capisce, invece noi facciamo diversamente. Io rimango a quei testi e se avrò sbagliato me lo dirà Gesù. Non posso andare contro la mia coscienza, come diceva San Tommaso Becket.

“E noi, per evitare le censure degli uomini, per una vile dipendenza dalle vane usanze e dalle massime corrotte del secolo, noi disonoriamo quello che professiamo, profaniamo quello che riveriamo, bestemmiamo, se non con la bocca, con le opere, non già, come diceva l’Apostolo, quello che ignoriamo, ma quello che sappiamo e riconosciamo. I pagani contraffacevano i divoti, scrive Bourdaloue, e noi cristiani ci facciamo scimmie degli atei.”

Verissime queste parole, ci facciamo scimmie degli atei, cioè ci comportiamo allo stesso modo. Sul terzo comandamento ditemi se non è vero? Così fa chi crede e così fa chi non crede, ma c’è qualcosa che non va.

Prosegue il testo:

“La finzione di quelli non riguardava che false divinità, e quindi non era più che una finzione; presso di noi al contrario, la finzione riferendosi al culto del vero Dio, diventa un’abominevole impostura (Sermon sur le respect hum.).

Ora, il fare così non è un rendersi schiavi, e proprio in quello in cui siamo meno scusabili, perché si tratta dell’anima e dell’eternità?

Nati liberi, tali dobbiamo inviolabilmente mantenerci per Iddio, cui si deve culto, fede, rispetto, adorazione, riconoscenza, amore”.

Questo è il primo punto: “Il rispetto umano è una schiavitù”. Andremo avanti e vedremo il punto secondo domani che è “Il rispetto umano è una vigliacca debolezza”. Questo Padre, Padre Cornelio parla chiaro chiamando le cose col loro nome, a me piace. E io vi leggo gli autori più tosti, quelli che quando li leggi capisci che devi cambiare. E questo non è moralismo. Invece è morale interpellarmi su ciò che devo o non devo fare, su ciò che è bene e male in relazione a Dio. Quello che faccio, che dico, che penso ha rilevanza, è un atto umano. Andate a leggere sul catechismo della Chiesa cattolica cosa si dice sugli atti umani. Ci vogliono le fonti, la sostanza, i padri della Chiesa, il Magistero della Chiesa, non i chiacchieroni.  Dobbiamo essere assolutamente rigorosi in quello che diciamo e che tutti possono verificare. Così se uno deve cambiare la sua vita, non la cambia basandosi sul pensiero di uno qualunque, ma la cambia sui Padri della Chiesa, per esempio Sant’Ireno, Sant’Agostino, San Giustino, San Tommaso, lo cambia su santi come San Giovanni Maria Vianney, San Francesco, Santa Caterina da Siena, San Giovanni della Croce, Santa Teresa d’Avila. Su questi cambio la mia vita e questi dobbiamo citare. Devo cambiare la mia vita sulla Scrittura, sull’antico testamento, sul nuovo testamento, è sempre lo stesso Dio.

Vi auguro di cuore un Santo Primo Sabato di marzo. Che Dio apra a tutti noi mente e cuore e ci renda uomini e donne di fede che vivono l’amore di sé virtù, calpestando, come dice la prima lettura di oggi, insieme a Dio ogni più piccolo peccato.

E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

Sabato della II settimana di Quaresima

PRIMA LETTURA (Mi 7,14-15.18-20)
Il nostro Dio viene a salvarci.

Pasci il tuo popolo con la tua verga,
il gregge della tua eredità,
che sta solitario nella foresta
tra fertili campagne;
pascolino in Basan e in Gàlaad
come nei tempi antichi.
Come quando sei uscito dalla terra d’Egitto,
mostraci cose prodigiose.
Quale dio è come te,
che toglie l’iniquità e perdona il peccato
al resto della sua eredità?
Egli non serba per sempre la sua ira,
ma si compiace di manifestare il suo amore.
Egli tornerà ad avere pietà di noi,
calpesterà le nostre colpe.
Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati.
Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà,
ad Abramo il tuo amore,
come hai giurato ai nostri padri
fin dai tempi antichi.

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