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Le radici spirituali delle malattie psichiche: ventunesima parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 9 marzo 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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LE RADICI SPIRITUALI DELLE MALATTIE PSICHICHE – Ventunesima Parte

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Eccoci giunti a martedì 9 marzo 2021, abbiamo ascoltato la Prima Lettura della Santa Messa di oggi tratta dal cap. III del Libro del profeta Daniele. Anche noi in mezzo al fuoco della prova, della tentazione, della fatica, anche noi ci rivolgiamo al Signore e gli chiediamo di farsi presente, però questo comporta un dovere da parte nostra:

“Ora ti seguiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto”

“Potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocàusti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli.”

Abbiamo compreso l’importanza di questo cuore contrito e di questo spirito umiliato? Se non l’abbiamo compresa sarà molto difficile riuscire a sperimentare questa presenza col Signore e del Signore.

Proseguiamo la nostra lettura del libro “L’inconscio Spirituale” del prof. Larchet, oggi trattiamo un paragrafo molto importante, l’undicesimo paragrafo:

La tristezza e l’accidia (o «noia»)

“La tristezza e l’accidia sono due passioni o malattie spirituali che l’ascetica classica ha ampiamente analizzato e di cui ha accuratamente elaborato la terapeutica spirituale. Quella che oggi viene chiamata la depressione deriva in gran misura da queste due malattie spirituali, e quindi in molti casi si potrebbe adottare per essa una terapeutica spirituale:

  1. A. La tristezza si manifesta come uno stato dell’anima fatto, al di là di ciò che la parola potrebbe di primo acchito far supporre, di scoraggiamento, astenia, pesantezza e dolori fisici, abbattimento, senso d’abbandono, oppressione, depressione, il tutto poi il più delle volte accompagnato anche da ansietà e perfino angoscia.”

A livelli diversi tutti portiamo un po’ dentro questi sintomi, sentiamo questa sorta di abbattimento e si rischia di passare dei giorni dentro a questo avvilimento. Non dimentichiamo che tutto questo, ci dice il prof. Larchet, arriva in gran misura da malattie spirituali, quindi si può adottare, almeno all’inizio, una terapeutica spirituale.

“Questo stato può avere un gran numero di cause, ma è sempre costituito da una reazione patologica della facoltà irascibile e/o della facoltà desiderante; mostrandosi, nel primo caso, come una conseguenza della collera e, nel secondo, come la conseguenza d’una frustrazione dei desideri. Può però venire suscitato nell’anima anche da una diretta attività dei demoni; o magari anche nascere senza nessun apparente motivo. Ma esaminiamo più in dettaglio queste varie eziologie.

1) I Padri hanno ben notato che in genere la tristezza è costituita dalla mancata soddisfazione d’un desiderio carnale, oppure dalla delusione d’una speranza. Essendo il piacere legato al desiderio, con Evagrio Pontico possiamo dire che «la tristezza è la frustrazione d’un piacere presente o atteso». In quanto risultato della frustrazione d’un desiderio carnale (nel senso ampio della parola, come opposto a «spirituale») e del piacere a esso legato, la tristezza rivela dunque un attaccamento di chi ne è colpito ai beni sensibili, ai valori di questo mondo.”

Tutte le nove malattie spirituali che stiamo affrontando leggendo questo libro, le nove situazioni brutte che possiamo incontrare nella nostra anima, tutte hanno come origine, come coadiuvante del loro stato questo attaccamento ai beni sensibili. Se noi imparassimo progressivamente a sganciarci da questo attaccamento alle realtà di questo mondo, probabilmente staremmo molto meglio.

“Per questo, vediamo che la tristezza è spesso provocata dalla perdita di un bene sensibile o da un qualunque inconveniente subìto su questo medesimo piano. La tristezza può anche essere provocata dall’invidia non soddisfatta per qualche bene materiale, intellettuale, morale o spirituale posseduto da un altro. Può anche avere come causa una delusione nella brama di onori, e dunque essere legata, in questo caso, alla vanagloria. Dobbiamo tuttavia far ancora osservare che la tristezza può anche non essere provocata dalla frustrazione di un desiderio particolare per un oggetto ben determinato: al contrario, può anche derivare da un’insoddisfazione generica, da un sentimento di frustrazione globale nei riguardi dell’intera esistenza e che rivela come i desideri profondi e fondamentali della persona (di cui non sempre essa conosce chiaramente il significato vero) non siano adeguatamente corrisposti. Ciò in genere avviene quando si ha da fare con quel tipo di cause che provocano, sul piano psicologico, quella che comunemente vien detta «depressione».

2) I Padri fanno poi anche notare, in secondo luogo, che la tristezza può derivare dalla collera, in particolare dalla vendetta non soddisfatta. Se a volte la tristezza può sì provenire dal sentimento che la collera fu eccessiva o sproporzionata rispetto a ciò che la causò, spesso invece essa deriva piuttosto dall’impressione che la collera non sia stata adeguatamente intensa, in quanto chi si lasciò andare alla collera non avrebbe manifestato con sufficiente vigore quel che sentiva dentro oppure non avrebbe provocato in quello o quelli cui era indirizzata la reazione che si aspettava. La tristezza può anche essere provocata da un’offesa. In tutti questi casi, tale passione rivela un attaccamento a sé ed è legata alle passioni della vanagloria e dell’orgoglio, come peraltro vi è connessa anche la collera, quando provenga da questa passione. Manifesta una reazione dell’io frustrato nell’affermazione di sé e anzi ridotto a meno di quanto si stimava. Il rancore – spesso la tristezza nasce anche di qui – è peraltro il rigurgito dell’orgoglio ferito, e la collera, radice della medesima passione, esprime di frequente una volontà di riaffermare, risollevare, rendere nuovamente forte il proprio io agli occhi propri e degli altri.”

Quando noi diciamo: “Mi devo riscattare”, dopo viene il rancore, dopo viene la tristezza, perché non ci riesco, perché la strada non è la stima degli altri, la strada non è il consenso degli altri, è tutta rivolta a Dio. Questa è la strada.

“In tutti questi casi, la tristezza appare quindi come l’espressione del sentimento di fallimento o d’impotenza che l’io prova nel suo tentativo di autoriabilitazione.

3) Può anche accadere che la causa della tristezza resti sconosciuta e la tristezza paia quindi immotivata. Scrive san Giovanni Cassiano: «Può accadere che ci sentiamo pieni, dentro di noi, di un’angoscia improvvisa e immotivata; ci sentiamo prostrati da una tristezza cui non riusciamo a dare nessuna motivazione». In questo caso, il confine fra questo tipo di tristezza e la passione dell’accidia che esamineremo fra breve diventa ben tenue.

Attenti adesso a cosa dice perché questa è veramente molto importante, attenti bene.

4) I Padri scrivono che anche i demoni hanno il loro bel ruolo nella nascita, nello sviluppo e nella perpetuazione di tutte le forme di tristezza. L’irruzione di questo sentimento nell’anima è peraltro uno degli effetti più immediati dell’attività diabolica.”

“Tristezza e malinconia, fuori da casa mia” diceva San Filippo Neri, e aveva ben ragione.

“D’altro canto, possiamo anche dire che ogni stato di tristezza presente nell’anima è il segno, in ogni circostanza, di un’attività demoniaca, attività che può comunque essere di varia intensità.”

Quando noi cadiamo nella tristezza c’è di mezzo il demonio, in intensità e modalità diverse, ma è attivo.

“Ma anche quando siano degli avvenimenti esterni a suscitare e provocare la tristezza, bisogna comunque ben rimarcare che non ne sono essi, in realtà, la vera fonte: gli avvenimenti esterni ne sono soltanto l’occasione, e non già la causa, che invece sta unicamente nell’anima stessa dell’uomo, più precisamente nell’atteggiamento che egli adotta sia verso gli avvenimenti esterni sia verso sé stesso. E anche quando sono i demoni a suscitare o mantenere degli stati di tristezza, non possono farlo se non perché già trovano nell’anima un terreno favorevole e hanno dalla loro una qualche partecipazione (più o meno cosciente) della volontà dell’uomo. Spesso la tristezza preesiste all’intervento demoniaco, e i demoni si limitano ad approfittare della situazione per farla sviluppare.”

Quindi attenzione perché cadere nella tristezza vuol dire cadere direttamente tra le spire del demonio. E se anche noi diciamo di essere tristi perché tizio mi ha fatto, perché tizio mi ha detto, perché non mi capiscono, quella non è la causa — attenti — quella è l’occasione, è tutta un’altra cosa. La causa sta nell’anima dell’uomo e nel suo modo di atteggiarsi verso l’esterno, e i demoni, trovando un terreno favorevole, entrano più facilmente.

Quando arriva la tristezza cosa dobbiamo fare?

Quando arriva la tristezza noi dobbiamo immediatamente subito reagire e dire: “Io non la voglio, vai via!”

“La passione della tristezza può anche assumere la forma estrema della disperazione. È una delle sue manifestazioni particolarmente gravi. Secondo i Padri, è il diavolo ad avere un ruolo particolarmente rilevante nella nascita della disperazione, potendo egli provocare nell’anima, attraverso questo stato, delle conseguenze catastrofiche. Infatti, in questo suo stato l’uomo fondamentalmente dispera di Dio e, di conseguenza, si allontana da Lui. Con ciò stesso, lascia libero il campo all’attività demoniaca e si destina alla morte spirituale. Anche san Paolo scrive che “la tristezza del mondo produce la morte” (Seconda lettera ai Corinzi 7,10).”

Il diavolo è presente quando c’è il muoversi, l’avvicinarsi, l’affacciarsi della tristezza, e quindi se non si interviene immediatamente lo si fa entrare e lui può arrivare a portare questa cosa fino alla disperazione, che è il passaggio successivo alla tristezza. Noi non dobbiamo crogiolarci nella tristezza, assolutamente.

“Causa di morte spirituale, la disperazione può portare l’uomo fino a dare la morte al proprio corpo; spingendolo a non aspettarsi più niente dalla vita, essa imprime nella sua anima delle idee di suicidio e l’induce ad attuarle.”

Questo è veramente molto brutto, si sentono questi discorsi: “Io dalla vita non mi aspetto più niente, cosa sto qui a fare”.

“Gli effetti patologici della tristezza sono di grande rilievo e tremendi. Oltre a generare quasi inevitabilmente la disperazione, con tutte le sue gravi conseguenze, questa passione, se uno lascia che si sviluppi, produce sin dalle sue prime manifestazioni degli atteggiamenti passionali come l’acidità, la cattiveria, il rancore, l’amarezza, il desiderio di vendetta, l’impazienza. Per questo, provoca gravi turbe nelle relazioni dell’uomo con il suo prossimo.”

Stiamo attenti, va cacciata il più velocemente possibile, subito, e gli altri se ne accorgono subito quando siamo nella tristezza infatti ce lo dicono.

“Come tutte le altre passioni, inonda l’anima di oscurità, accecando l’intelligenza e ottundendo fortemente la sua facoltà del discernimento. Produce inoltre in tutto l’uomo uno stato di astenìa e di tiepidezza, lo rende pusillanime e ne paralizza l’attività.”

Tutto questa sa fare la tristezza e capite perché il demonio agisce. Domani vedremo che cos’è l’accidia, che è altrettanto diffusa ed è un vizio capitale.

Adesso vi leggo questo breve passo del colloquio mistico della Beata Edvige Carboni:

Aprile 1941

Mentre pregavo mi si presentò davanti una scala ove c’erano due angeli ai lati. Uno in mezzo con un tavolino, calamaio e penna ed un gran registro. Tanta gente passava davanti, ma indifferente; pochi si fermavano, prendevano la penna e scrivevano nel registro. In alto a cotesta scala c’era scritto: Buoni del Tesoro; poi un’altra scritta diceva: Diecimila d’interesse per mille in cima alla scala vidi che rimaneva in mezzo il S. Cuore che invitava a salire in alto, ma parecchi, arrivati ad un punto, scendevano indietro. Nel mentre che anch’io facevo le scale, il S. Cuore mi disse: “Figlia, dì al tuo confessore che propaghi i nove venerdì primi del mese, che io dò l’interesse mille per diecimila”.

Propagare i primi nove venerdì del mese. È importantissima questa cosa, Gesù stesso ce lo ricorda, e molti hanno l’abitudine di iniziarli e non finirli mai. Se Gesù ce lo ricorda una ragione ci sarà.

Oggi vediamo anche il terzo aspetto del rispetto umano, dagli scritti di p. Cornelio a Lapide:

  1. IL RISPETTO UMANO È UNO SCANDALO

“Il rispetto umano è uno scandalo ingiurioso a Dio, perché ne abbatte il culto. Scandalo che facilmente si comunica, essendo gli uomini molto proclivi a dire ciò che odono, a fare quello che vedono farsi dagli altri. Ma è soprattutto uno scandalo affliggente, dannosissimo nei ricchi, nei potenti, nei dotti.”

È un’occasione di scandalo, cioè di inciampo per gli altri, abbatte il culto a Dio e si trasmette alle altre persone. Stiamo lontani dal rispetto umano.

La benedizione di oggi è per tutti coloro che vivono, che sono immersi in uno stato di tristezza perché ne vengano fuori il più presto possibile, e la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

Martedì della III settimana di Quaresima

PRIMA LETTURA (Dn 3,25.34-43)
Accoglici, Signore, con il cuore contrito e con lo spirito umiliato.

In quei giorni, Azarìa si alzò e fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse:
«Non ci abbandonare fino in fondo,
per amore del tuo nome,
non infrangere la tua alleanza;
non ritirare da noi la tua misericordia,
per amore di Abramo, tuo amico,
di Isacco, tuo servo, di Israele, tuo santo,
ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare
la loro stirpe come le stelle del cielo,
come la sabbia sulla spiaggia del mare.
Ora invece, Signore,
noi siamo diventati più piccoli
di qualunque altra nazione,
oggi siamo umiliati per tutta la terra
a causa dei nostri peccati.
Ora non abbiamo più né principe
né profeta né capo né olocàusto
né sacrificio né oblazione né incenso
né luogo per presentarti le primizie
e trovare misericordia.
Potessimo essere accolti con il cuore contrito
e con lo spirito umiliato,
come olocàusti di montoni e di tori,
come migliaia di grassi agnelli.
Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito,
perché non c’è delusione per coloro che confidano in te.
Ora ti seguiamo con tutto il cuore,
ti temiamo e cerchiamo il tuo volto,
non coprirci di vergogna.
Fa’ con noi secondo la tua clemenza,
secondo la tua grande misericordia.
Salvaci con i tuoi prodigi,
da’ gloria al tuo nome, Signore».

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