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Sabato Santo: Michel de Certeau e l’umiltà della pace

Tabernacolo vuoto

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 3 aprile 2021 – Sabato Santo

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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SABATO SANTO:

MICHEL DE CERTEAU E L’UMILTÀ DELLA PACE

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Eccoci giunti a sabato 03 aprile 2021. Oggi è il Sabato Santo ed è anche il Primo Sabato del mese, con la bellissima pratica dei primi 5 Sabati del mese. Abbiamo insieme queste due occasioni di Grazia. Abbiamo già vissuto il Giovedì Santo e il Primo Giovedì del mese, il Venerdì Santo e il Primo venerdì del mese e oggi Sabato Santo. Oggi non c’è la Santa Messa del giorno perché ci sarà la Veglia Santa, al di là delle possibilità o meno che avremo di partecipare. Alla sera del Sabato Santo c’è l’importantissima e bellissima Veglia che ci introduce alla Pasqua e che ci fa irrompere nel buio del Sabato Santo con il Lumen Christi, la Luce di Cristo. La Luce che è Cristo rompe le tenebre e con il canto dell’Alleluia, del Gloria, del Cristo che è Risorto e il suono delle campane tutto ricomincia, perché Gesù è risorto e ha vinto la morte. Sarà quello che celebreremo poi di fatto domani che è il giorno di Pasqua. Chi potrà partecipare a questa Veglia Pasquale avrà la possibilità di partecipare alla Messa e ricevere l’Eucarestia. Invece durante il sabato, fino alla Veglia, la Messa non c’è, c’è lo stare davanti al sepolcro vuoto.

C’era quella bella pratica della visita dei sepolcri. Mi ricordo che da ragazzo andavamo a visitare le Chiese e all’interno c’era l’altare spoglio, il Tabernacolo vuoto con la porta del Tabernacolo aperto perché l’Eucarestia era all’altare della reposizione. In questa occasione è bello riflettere cosa sarebbe la nostra vita di fede senza l’Eucarestia: la Chiesa vuota, spoglia. Il Tempio di Dio, la Chiesa di Dio, acquista bellezza, senso e valore nella misura in cui c’è Gesù Eucarestia.

Vorrei in questo giorno di silenzio, in questo giorno di riflessione, di ascolto, di solitudine, vorrei riflettere ancora con voi su questo bel libro “Mai senza l’altro” di Michel de Certeau, perché ci sono delle parti che credo abbiano bisogno di essere dette.

Dopo una tragedia così terribile come è stata la Passione di Gesù, di questo innocente ucciso per invidia, ammazzato dall’incomprensione, dalla gelosia, dalla cattiveria degli uomini, di fronte a tutto questo ci sarà chiaro come dobbiamo vivere, e in questo libro tra le tante cose, c’è un capitolo che si intitola, “L’umiltà della pace”, vi leggo qualcosa:

“Impossibile evitare le tensioni con gli altri, ma anche vivere senza di essi; impossibile sfuggire a un confronto fra un dovere personale che è un diritto e il diritto degli altri fondato sui loro doveri: se si schematizza così il conflitto, come non ammettere che possa davvero diventare un’esperienza religiosa, anche se sprovvista del vocabolario e dei segni che la esprimono abitualmente? Il credente che sa leggere spiritualmente questo incontro umano vi scopre — là come ovunque — il Dio vivente di cui gli parla la Scrittura. Fino a quel momento, semplicemente, i suoi «occhi erano impediti di riconoscerlo» (Lc 24,16) così come egli si presenta, con il volto degli uomini, nell’intreccio delle relazioni di cui è fatta la loro storia.”

A breve ascolteremo il Vangelo dei Discepoli di Emmaus. Sono già tornato su questo tema: di questa falsa pace, di questo pacifismo che non ha niente di reale e soprattutto non ha niente di evangelico. La pace a quale prezzo? A quale costo? Il rischio dell’ideologia è dietro la porta. È normale avere tensioni tra noi, il punto è vedere come le gestiamo, come ci comportiamo dentro le tensioni, perché noi abbiamo bisogno degli altri per vivere, è fondamentale, e quindi dobbiamo stare dentro il confronto, tra il mio dovere personale e il dovere personale degli altri. È qui dentro che si realizza anche la nostra esperienza religiosa. Non sono semplicemente scontri ma degli incontri, e dentro a questi incontri c’è Gesù, c’è Dio, solo che i nostri occhi fanno un po’ fatica a riconoscere il volto di Dio dentro l’intreccio delle relazioni, soprattutto quando iniziano gli scontri.

“Nessuna ideologia protegge il cristiano dal dato dei conflitti. Già di per sé, essa non riconcilia nulla; può, al massimo, alimentare la sua cattiva coscienza o il suo idealismo.”

Non esiste ideologia che ti protegge dal conflitto. Noi siamo sempre alla ricerca di crearci le isole felici, è una tentazione, creare l’”isola che non c’è”, perché appunto non c’è.

Che cos’è l’isola felice? Cos’è l’illusione dell’isola felice? È l’illusione per la quale io credo, faccio di tutto, opero, mi organizzo per ritagliarmi un pezzetto di mondo fatto di spazio e di tempo, nel quale mettere tutti coloro che la pensano come me, o che comunque si adeguano come me. Non ho detto “amici”, perché l’amicizia non ha niente a che vedere con queste cose. Chi vive di ideologia non sa vivere di amicizia.

È inutile fare gli scandalizzati quando leggiamo che i primi cristiani bisticciavano fra di loro, che Paolo non andava d’accordo con Pietro, che Tommaso che non si fidava dei suoi compagni che hanno visto Gesù. Questa è la vita, questa è la realtà, è qui dentro che Gesù, a porte chiuse, appare. Non nell’isola felice!  Noi ci circondiamo di tutti quelli che vanno d’accordo con noi — con i quali non avremo mai un rapporto di amicizia vero — o di tutti quelli che se, anche non vanno d’accordo con noi, sono gli “uomini del sì”, quelli che dicono sempre sì, poi non fa niente se la pensano totalmente diverso da noi e appena possono ci fanno i gestacci. Ma a noi non interessa, basta che non creino problemi.

Chi crea problemi? La verità, l’essere se stessi. Ma noi non vogliamo questo, noi vogliamo l’isola felice e ci illudiamo che dentro l’isola felice ci possa essere la nostra esistenza. Invece l’isola felice in realtà è la nostra bara.

“Ma se, da credente qual è, il cristiano si sottomette risolutamente e interamente alla prova di questi confronti, si impedirà per ciò stesso di sognare una pace celeste estranea alla terra in cui Dio è venuto e di proiettare in cielo gli scontri terreni sotto forma di lotta tra dèi o di un inferno per i suoi nemici.”

Il Vangelo è fatto per una vita buona, bella, piena, non è fatto semplicemente perché ti prepara al Paradiso e all’incontro con Gesù, è anche un aiuto per insegnarti a vivere qui oggi.

“Imparerà così quella che potremmo chiamare l’umiltà della pace. Mentre la teoria, per il suo contrasto con i fatti, tende a diventare una mitologia — quella di un avvenire, di un passato o di un aldilà —, la fede nell’hic et nunc (nel qui e ora) di Dio riporta il credente a questa presenza che si è per sempre legata agli uomini. Là di fronte all’altro che emerge, nel conflitto, come un nemico o un estraneo, forse sarà privo di sicurezze già belle e fatte sulla riconciliazione e di alibi «spirituali».”

Siamo nudi, ecco perché fuggiamo i conflitti e vogliamo l’isola felice, perché siamo senza sicurezza.

“Sarà per trovare Dio: negli eventi imprevisti di questo mondo, certo, ma anche — in una maniera privilegiata, poiché Dio si è fatto uno di noi — all’interno delle relazioni umane. I conflitti, crisi di queste relazioni, demitizzano le idee che il cristiano si fa di Dio, ma possono dargliene un’esperienza reale.”

Da una parte demitizzano le idee su Dio, ma dall’altra mi danno un’esperienza reale di Dio.

“Essi (i conflitti) disincantano l’universo ideologico delle rappresentazioni, poiché lo sostituiscono con l’umile prova quotidiana di un confronto che ne rivela il senso.”

Attraverso i conflitti noi facciamo piazza pulita di tutte quelle idee da “cornetto Algida” che abbiamo nella testa. Il conflitto ti permette di cogliere il senso di tutto.

“Così, quando il cristiano riconosce, grazie all’irruzione degli altri nella sua vita, Dio che lo interpella, trova in questo incontro (che non esclude mai la lotta) l’inizio di una riconciliazione reale con Dio e con gli uomini, poiché sarà sempre per la medesima via che egli è condotto all’uno e agli altri.”

Nel conflitto con tua moglie, nel conflitto con tuo figlio, con tuo marito, con il tuo Padre Spirituale, il tuo Sacerdote, il tuo Confessore, con il tuo amico, con il tuo compagno di classe o con il tuo collega di lavoro, lì, in quel conflitto, Dio ti vuole dire qualcosa, ti vuole insegnare qualcosa. Non fuggire mai i conflitti. Abbiamo persone che cambiano moglie o marito come il gatto cambia il pelo. È tutta un’illusione! L’illusione del mondo in cui viviamo. Michel de Certeau lo dirà.

Guardate che è un’illusione il nuovo. Sia il nuovo, sia il vecchio sono un’illusione. Ciò che conta è la realtà nella quale viviamo. I conflitti non si fuggono, è da stupidi, da vigliacchi.

“Non andiamo più d’accordo, me ne vado” Ma dove vai? Dove pensi di poter andare in cui non ci sia un conflitto?

Capita che mi chiedano, parlando di religiosi o di sacerdoti: “Padre, è giovane, fintanto che ha 40 anni, non è meglio se cambia ordine, congregazione, o se sacerdote diocesano vada dai religiosi, se religioso vada dai diocesani, oppure vada in un’altra congregazione?”

Io ho sempre risposto: “Ma voi pensate che i problemi che avete in questo posto, in questo paese, in questo luogo, con questa gente, con queste persone, con questi confratelli, non ci siano altrove? Pensate che gli altri siano diversi da quelli? I conflitti non li puoi evitare, li ritroverai, diversi, ma sempre li troverai.”

È un’illusione quella di prendere, fuggire ed andare altrove per evitare il conflitto. Non puoi cambiare la realtà, perché siamo tutti segnati dal peccato originale. Vivi bene lì dove sei, dove Dio ti ha messo. Con quella moglie, con quel marito, con quei figli, con quei parrocchiani, con quel Parroco, con quel Vescovo, con quel superiore religioso, con quei confratelli, con quelle consorelle, in quel monastero, lì dove sei. Non esiste l’isola felice, la tua isola felice è quella che Dio ti ha dato. Quindi, resta lì dove sei.

Quando si sentono dire frasi tipo: “Con la segretaria, ho finalmente trovato la donna della mia vita.” Come può esserci una donna della tua vita diversa dal volto di tua moglie, quella che Dio ti ha messo accanto? Ma non vedi che è una fuga? Non vedi che è un ripiego?

E poi c’è un problema. Supponiamo che io abbia dichiarato fedeltà per tutta la vita ad una persona X, anche in un rapporto normale di amicizia: se c’è la vera amicizia è per sempre. Supponiamo che sia un’amicizia profonda, dove c’è una dichiarazione di intenti, dove ci sono frasi del tipo: “Per me sei più prezioso della mia vita. Sei un dono di Dio. Sarei pronto a morire per te”. Bene, se io sono capace di tradire questa amicizia, di abbandonare l’amico, di rinnegarlo per una nuova amicizia appena arrivata, se non sono stato capace di essere fedele la prima volta, come potrò dire di essere fedele la seconda? Se non sono stato capace di dire “sì per sempre” alla prima volta, come potrò dirlo la seconda volta? Se non ho mantenuto la prima dichiarazione non ho le caratteristiche per farlo. Cerchiamo di non fuggire mai.

“Discernendo ciò che la rivelazione di Dio gli insegna degli uomini e ciò che l’incontro con degli uomini gli fa conoscere di Dio, egli riceve in tal modo, senza per questo cessare di essere soggetto alla legge comune dei conflitti, una pace analoga a quella che sussiste, accordo segreto, nei dubbi, nelle difficoltà e nelle prove del contemplativo alla ricerca di Dio.”

C’è questa pace, ma è completamente diversa da quella che conosce il mondo.

Per esempio, come può uno con due bambini piccoli a distruggere tutta questa dichiarazione di fedeltà e di amore che ha fatto? In nome di cosa? Del suo egoismo, per cui va cercare altrove ciò che dice non trovare lì? Ma tu non lo trovi lì perché veramente manca nell’altro, oppure perché l’altro ti ha rivelato che tu non ce l’hai? Perché tu non lo trovi lì? Perché forse tu sei più povero dell’altra persona sulla quale vai a scaricare tutte le accuse del mondo?

Mi ha colpito tantissimo quello che è successo dopo la lettura che abbiamo fatto del prof. Larchet su “L’inconscio Spirituale e le malattie psichiche”, questo ciclo ampio che abbiamo fatto di 28 meditazioni su queste malattie e le loro radici, più quelle sulla Direzione Spirituale. Mi ha colpito tantissimo una cosa in particolare: le tante e diverse persone che mi hanno scritto o chiamato per dirmi la stessa cosa: “Vorrei tanto avere un Padre Spirituale, prego notte e giorno per trovarlo, sarei disposto a fare chilometri per poterci parlare almeno una volta al mese.” Qualcuno che abita nel nord mi ha chiesto di venire a Roma! Mi fa male pensare che una persona faccia 700-800 km per venire a parlare. Quando ascolto queste cose dico: “Ma è possibile? Siamo arrivati al punto, o forse lo siamo sempre stati, in cui uno dice di non riuscire a trovare nessuno?”

Se cento persone sparpagliate in tutta Italia — e non solo in Italia — mi contattano e, senza conoscersi, dicono tutte la stessa cosa, comincia a nascermi qualche dubbio, qualche domanda, ma non sulle persone, su noi Sacerdoti! È possibile? Avremo anche tante cose da fare, me ne rendo conto, è vero, poi adesso c’è anche questa questione del virus che rende tutto più complesso, ma possibile che ci sia così tanta gente “abbandonata a sé stessa”, così tanta gente che si senta “sola spiritualmente”, confusa, persa?

Non va bene, perché noi innanzitutto siamo Padri e quindi è naturale avere dei figli, altrimenti è inutile fare i Padri. Certo è impegnativo, lo capisco, capisco che sia difficile, che costi tantissima fatica. Neanche immagino quanto Padre Pio fosse provato alla sera, però dobbiamo metterci dentro a questa strada. Potreste pensare che i Sacerdoti non si rendano disponibili perché non hanno voglia, perché non vogliono, o non hanno tempo. Io non credo che sia così, io credo che sia molto legato alla nostra vita spirituale, alla nostra esperienza di Dio. Tanto quanto noi siamo in Dio, innamorati di Dio, in grazia di Dio, in pace con Dio, tanto più dentro sentiamo urgere potentemente la necessità di essere Padri.

In questo tempo di Covid e con il trasferimento che ho avuto, ho pensato di organizzarmi per essere comunque presente alle persone. È impegnativo mettersi a fare 40 minuti di omelia, è impegnativo per me e per voi che dovete ascoltarle, però almeno ogni giorno, chi vuole, ha la possibilità di sentire un Sacerdote che parla sulle cose di Dio. Non è una Direzione Spirituale ad personam, però è una Direzione Spirituale, forse più generica, però almeno un po’ è un’indicazione, una Direzione Spirituale. Costa fatica, perché devi mettere insieme le cose, costa responsabilità, perché ciascuno di noi è responsabile di quello che dice, però bisogna fare qualcosa, così come può essere ad esempio pensare ad un incontro in videochiamata, qualche indicazione si può dare. Adesso arriverà il bel tempo, poi speriamo che questa pandemia passi, si può pensare di andare a fare due passi al parco per dirsi due parole. Non si può fare sempre, perché gli impegni sono tanti, però non possiamo lasciare le persone senza quell’aiuto, quella luce necessaria per camminare dentro a questo mondo. Vado a prendere tanti autori perché abbiate la possibilità di sentire aria fresca ogni volta, sentire pensieri diversi, magari anche cose simili, ma dette con parole diverse, questo è importante. Ed è lì che nasce la pace, noi siamo Sacerdoti, dobbiamo fare i Sacerdoti.

“Questa pace gli viene innanzitutto da un assenso più profondo al compito che Dio gli fissa. Con il conflitto, infatti, compare l’eterogeneità: quella dei temperamenti, quella delle situazioni, quella degli interessi, quella dei gruppi. Le differenze infrangono l’uniformità che l’egoismo del forte, il conformismo del debole o l’ideologia dell’utopia vorrebbero imporre o mimare. Esse resistono a un’assimilazione. Il loro carattere oggettivo può guarire la violenza soggettiva dell’aggressività, strappare il cristiano dalla pia menzogna che consisterebbe nel fare «come se» si fosse d’accordo, ed evitargli inoltre di ridurre la riconciliazione all’ ambito ristretto di una celebrazione sacramentale o di un ideale futuro. Ma, oltre a questa purificazione negativa, il fatto delle divergenze non può non imporre al cristiano una visione a un tempo più religiosa e più realistica della sua situazione.”

Chi vive dentro a questa eterogeneità, chi accetta di vivere dentro al conflitto, chi accetta le differenze, non viene assimilato a niente e nessuno e, grazie alle differenze, uno viene sottratto alla violenza dell’aggressività degli altri, alla pia menzogna del vivere come se si andasse d’accordo, quando in realtà non si va d’accordo. Quando non c’è accordo fra di noi lo vedono anche i sassi, anche se ci facciamo i sorrisini. Se la pace quella vera c’è, si vede. Così come si vede se manca.

Vi auguro un Sabato Santo fatto di vera pace, di vera umiltà, di vero incontro con Dio, lì dove Dio ci ha messi, nelle realtà delle relazioni e dei fatti.

E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

SABATO SANTO

VANGELO (Mc 16,1-7)
Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto.

Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole.

Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande.

Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. è risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. là lo vedrete, come vi ha detto”».

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