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Suor Maria Natalia Magdolna: “Io sono il pane della vita”

Suor Maria Natalia Magdolna

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 20 aprile 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione 

SUOR MARIA NATALIA MAGDOLNA:

“IO SONO IL PANE DELLA VITA”

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Eccoci giunti a martedì 20 aprile 2021, abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal cap. VI, versetti 30-35 di San Giovanni. La folla è preoccupata del pane, del “Gesù cosa mi dai”, del “Gesù io cosa ci guadagno”, del “Gesù per favore sfamami”, Gesù invece è preoccupato di altro. La folla chiede il pane materiale, il pane che non sfama, Gesù invece dà sé stesso.

“Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai?”

Anche noi crediamo in Gesù perché fa qualcosa per noi? Anche noi chiediamo a Gesù di fare segni?

«Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

Gesù è il nostro pane e noi dobbiamo andare solo a Lui.

Ci lasciamo anche oggi istruire da questo bellissimo testo di Claudia Matera, “Rivelazioni profetiche di Suor Maria Natalia Magdolna, mistica del XX secolo, prefazione di Padre Serafino Tognetti” Sugarco Edizioni.

«Figlia mia, l’anima è pura solo se io vivo in lei. C’è una sola cosa alla quale non posso resistere: l’amore».

«Gesù, che cosa ami in me?». Rispose: «Che cosa potrei amare in te più di me stesso che sono l’amore? Pensa solo ad amarmi nella quiete e nella pace e non preoccuparti di null’altro che di amarmi. Se ti occupi di altro, non posso parlarti».

Gesù è il nostro tutto si vede, si sente, Gesù è l’amore e Lui reagisce solo all’amore, e ci chiede solo di amarlo, ripete sempre la stessa cosa, di amarlo e di non preoccuparci di nient’altro.

In questi giorni pensavo a quanto siamo abituati a domandare. Quando si prega, pregare vuol dire domandare, chiedere, è sempre una domanda. Pensate cosa voglia dire essere raggiunti da qualcuno che amate sempre con una richiesta, con una domanda.

Il mio papà, quando ero piccolo, aveva una pedagogia con me che è stata veramente istruttiva. Quando andavamo al supermercato — io l’accompagnavo a fare la spesa — a me piacevano tantissimo, chi ha la mia età se li ricorderà, adesso magari non esistono neanche più, i Ciocorì, queste barrette di riso soffiato ricoperte di cioccolato, e c’erano i Ciocorì per i maschi e per le femmine, non mi ricordo quello per le bambine come era fatto, so che c’era questa cosa dei Ciocorì e poi le classiche Girelle. A me piacevano tantissimo, lo sapevano anche le pietre. Ai miei tempi c’era un po’ solo quello, era la cosa più sfiziosa. Io andavo con mio padre e puntavo là col carrello perché volevo andare a prendere i Ciocorì. Un giorno gli dissi: “Papà mi compri i Ciocorì? Mi piacciono tanto, me li puoi comprare?”

E lui mi rispose: “Giorgio, io so che cosa ti piace, non c’è bisogno che me lo chiedi. Impara: tu non chiedermi niente e ci penserò io a prendertelo, ma se me lo chiedi non te lo compro”.

Sembrava un po’ una cosa spietata, poi col passare del tempo ho capito questa pedagogia. Ti richiede un affidamento totale all’amore. Se Dio è Padre, Lui sa di che cosa abbiamo bisogno. A mio padre non c’è necessità che io dica che mi piacciono i Ciocorì, lui lo sa. Non c’è necessità che io gli dica di comprarmeli, perché lo sa che prendendomeli mi fa un grande regalo. Forse a Dio piace di più che io non penso ad altro che ad essere figlio e ad amarlo come Padre. Poi probabilmente i Ciocorì sono già alla cassa, già pagati che mi stanno aspettando, ma questo è un dopo. Voi riderete ma anche adesso che sono passati un po’ di anni, e non è più l’età del Ciocorì, però neanche adesso se sono con mio papà o con la mia mamma, neanche adesso mi riesce di dire se mi può comprare qualcosa, non mi viene, sono loro che mi chiedono se voglio qualcosa ed io rispondo di no, mi ha proprio formato interiormente, sento che è stata molto positiva questa cosa.

“Non preoccuparti di null’altro che di amarmi.”

Quanto è vera questa cosa. Lui pensa veramente a tutto il resto, noi neanche sappiamo cosa Dio ha pensato al di là di noi.

“Fui molto impressionata da un episodio di violenza visto in televisione e il mio primo moto interiore fu sperare che anche l’autore della violenza potesse un giorno subirla a sua volta. Ma in quel momento sentii nel cuore la voce di Gesù: «Quelli che subiscono mali e torture da altri e muoiono ricevono da me grazie speciali e nell’eternità una felicità indescrivibile». «Ma che ne è di colui che compie il delitto?». Gesù rispose: «Anche costui è mio figlio. Anche per lui sono morto. E ora tu vuoi recare danno a lui? Il male che lui ha fatto mi addolora meno di quello che mi arrechi tu che lo vuoi colpire, perché tu, colpendo lui, fai male a Me. Ti supplico di non farmi del male. Piuttosto prega per lui, affinché possa pentirsi per non andare alla condanna eterna e perché possa essere invece annoverato tra i miei». Gesù mi spiegò quanto ardentemente ama i peccatori. Vidi passare davanti a me i peccati di cui mi ero pentita e perciò già perdonati e compresi meglio quanto Gesù mi amava. I peccati di cui ci pentiamo Gesù li fa sparire, li copre di oro. Compresi che, nel giudizio finale, l’amore di Gesù trasformerà in gioielli i peccati dei quali ci siamo sinceramente pentiti.”

Bellissimo, quanto è liberante tutto questo, noi che stiamo lì spesse volte a pensare ai nostri peccati del passato, una volta che sono perdonati non esistono più, non c’è più niente.

“In una visione profetica fui tramite tra la Vergine e una mamma che mi aveva rivelato le proprie angosce e preoccupazioni per i propri figli: «Figlia mia cara, mi rattrista vederti dubitare di me. Aumenta la tua fiducia in me senza limiti. Non permetterò mai che tu sia delusa. Non sono forse una Madre più amorevole di quanto non lo sia tu? Rallegrati del compito e del futuro che mio Figlio ti ha affidato e ha pensato per te. Racchiudi tutte le tue aspirazioni nel mio Cuore materno, così sarai cara a Gesù e a me. Così come tu ami i tuoi figli e te ne preoccupi, io ti amo e mi preoccupo di te molto di più. Ti sostengo nel palmo delle mie mani e ti ricolmo delle mie grazie e del mio soccorso, nella misura in cui ti affidi a me. Ti chiedo di essere sempre con il sorriso sulle labbra con me, con i tuoi familiari e con tutti coloro che incontri. Questo atteggiamento sia il tuo pane quotidiano per tutta la vita. Tutte le volte che sorriderai alle persone che incontri il mio stesso sorriso ti illuminerà. Questo sarà un segreto di amore tra noi due…”

Impariamo a sorridere, impariamo ad andare incontro alle persone con un sorriso, anche quando abbiamo la sofferenza nel cuore, sorridiamo. Impariamo ad affidarci alla Vergine Maria: “Madonnina sono qui, mi affido a Te, pensa Tu a me, portami stretto tra le tue mani come un colombino”.

Bellissima la Madonna delle Ghiaie di Bonate, la Madonna della famiglia che tiene questi due colombi stretti tra le mani sul petto. Chiediamo alla Madonna di tenerci stretti al suo petto come un colombino. Affidiamo a Lei tutto, tutte le nostre preoccupazioni, tutti i nostri desideri, tutte le nostre speranze.

“Gesù mi ha detto: «Non amo quando vi crogiolate nell’amarezza.”

Noi siamo un po’ abituati a fare questo, quando siamo amareggiati stiamo a piangerci addosso, a leccarci le ferite, a compiangerci.

“Se siete in stato di grazia non avete ragione di essere tristi. Voi cercate consolazione dicendo ad altre persone il motivo della vostra ferita e io sono l’ultimo a cui vi rivolgete. In realtà questa è la sola cosa che può portarvi gioia. Desidererei essere il primo e il vostro più caro amico, pronto a ricevere tutte le vostre pene. Se vi fidaste di me, non avreste motivi di amarezza».

Indispettirsi, essere di cattivo umore, sentirsi abbattuti sono i mezzi di cui satana si serve efficacemente per trascinare le anime verso il dubbio e far loro perdere la grazia, che è la fonte del loro aiuto. In queste situazioni dite: «Gesù ti amo!» e satana fuggirà.”

Queste parole non possono venire che da Gesù: quanto sono vere! Tutti noi le abbiamo sperimentate. Se siamo in stato di grazia, in amicizia con Dio, non abbiamo motivo di essere tristi, né amareggiati. Certo, la vita presenta delle situazioni difficili alle volte, pesanti, di ogni genere e tipo, però non stiamo lì a crogiolarci.

Quando stiamo male andiamo subito a correre al telefono a chiamare Tizio, Caio e Sempronio, o andiamo sui Social a scrivere lì i nostri dolori, cercando le consolazioni negli uomini… ma che cosa c’è di più assurdo, di più inutile nel fare questo? È una questione reale. Quando voi siete andati e avete trovato anche la persona più cara al mondo e avete detto tutto il vostro dolore, alla fine di tutto questo parlare, alla fine di 3-4-5 ore di dialogo, anche una giornata di dialogo, di sfogo, di consolazione, ditemi se quando voi chiudete la bocca e fate un attimo di silenzio, ditemi se tutto quel dolore che vi portate dentro non risuona ancora più forte.

Non potrete stare lì a parlare dalla mattina alla sera per sempre, dovrete pur tornare a casa vostra, dovrete pur rimettervi nel vostro letto da soli, anche se abbiamo accanto 100 persone, a letto noi siamo sempre da soli, siamo noi, la nostra coscienza e Dio. È il momento di più grande solitudine andare a letto a dormire. Quando tu ti stenderai nel tuo letto, anche se tu avrai avuto 5 consolatori in quel giorno, 5 persone che ti hanno compatito, che ti hanno confortato, che ti hanno aiutato, consolato, che ti hanno asciugato le lacrime, che ti hanno rincuorato, tu vai a letto con il tuo dolore e la tua preoccupazione, non è cambiato niente, anzi è peggiorata, il buco si è fatto ancora più profondo.

“Voi cercate consolazione dicendo ad altre persone il motivo della vostra ferita”

Non serve a niente.

San Giovanni Bosco alla Beata Edvige Carboni in un sogno disse:

“Figliola io quando ero nel mondo le più terribili persecuzioni le ebbi dai preti, sta tranquilla, non lamentarti con nessuno, offrilo a Gesù e vedrai il gran merito che ne avrai. Quando ti viene qualche tribolazione va davanti a Gesù Sacramentato e sfogati con Lui, con Lui solo, figliola, e da Lui avrai forza e coraggio da sopportare tutte le pene con amore”.

Cambia il tempo, cambia la persona, cambia chi parla e chi ascolta, ma il messaggio è sempre quello. Proviamo a farlo. Voi provate a farlo una volta e non smetterete più, nessun uomo è in grado di guarire la ferita di un altro uomo, nessuno uomo.

“E io sono l’ultimo a cui vi rivolgete.”

Quando siamo andati da tutti, quando siamo sfiancati dal tanto che abbiamo parlato, e tanto ci siamo consolati, alla fine di tutto facciamo il segno della croce e diciamo due parole a Gesù, è l’ultimo di tutta la fila, l’ultimo al quale abbiamo pensato e al quale ci siamo rivolti.

“In realtà questa è la sola cosa che può portarvi gioia.”

Solo Gesù può curare le nostre ferite, solo Gesù può rimettere calma nel nostro cuore, solo Gesù può ridarci speranza, solo Gesù può risolvere le questioni.

“Desidererei essere il primo e il vostro più caro amico, pronto a ricevere tutte le vostre pene.”

Quando succederà che accade qualcosa che ci ferisce, che ci fa stare male, stiamo zitti, resistiamo i primi cinque minuti, non diciamo niente, corriamo davanti ad un Crocifisso, in una Chiesa, dove c’è qualcosa che ci richiama il Signore, ci mettiamo lì e diciamo tutto solo a Lui e basta. Vedrete cosa succede. Fatelo e vedrete cosa succede.

“Il primo e il vostro più caro amico”

Il primo al quale andare, il più caro in assoluto, il primo a cui pensare, e dirgli tutto. Voi vedrete che non avrete fatto in tempo a finire di dirgli tutto che avrete nel cuore una pace, una calma, e tutto si sarà come ridimensionato, non è che non soffrirete più, ma tutto avrà un senso, è come se potrete vedere una luce oltre a quella situazione di dolore.

“Se vi fidaste di me, non avreste motivi di amarezza”

“Gesù sono nelle tue mani, mi affido a Te”

“Indispettirsi, essere di cattivo umore, sentirsi abbattuti sono i mezzi di cui satana si serve efficacemente per trascinare le anime verso il dubbio e far loro perdere la grazia”

A me capita, e noto che mi capita soprattutto la sera, alle volte alla sera mi viene un po’ di malinconia, di abbattimento. Da dove arriva? Dall’homo inimicus. Quando tu ti abbatti, cominci a perdere terreno, non riesci più a tenere la corda della scalata, cominci a lasciare andare, e quindi cominci a cercare le compensazioni che possono essere le creature o che possono essere le cose. Noi usiamo la televisione come compensazione, la televisione ci fa smettere di pensare, usiamo la musica per distrarci e non pensare, usiamo i mezzi di comunicazione per fare questo, tutto va bene pur di non essere in silenzio da soli a pensare.

“In queste situazioni dite: «Gesù ti amo!» e satana fuggirà.”

Da quando sono ragazzo, in tutti gli spostamenti, i traslochi e trasferimenti che ho fatto di case, di camera, ho sempre portato con me il “Volto Santo di Gesù”, un quadro che ho da quando sono adolescente, ormai con gli angoli un po’ ingialliti, sempre, ovunque vado, Lui è sempre con me e mi fa tanto bene dirgli: “Gesù ti amo” e baciarlo. Tutte le volte che guardo quel quadro mi viene in mente da quando sono ragazzo tutto quello che ho vissuto e ho detto a quel quadro. Mi viene in mente quando facevo le superiori, tutte le paure, i compiti in classe, le interrogazioni, i problemi con i compagni, quante cose confidate a quel Volto. E dove sono tutte quelle preoccupazioni adesso? Nel nulla. Quel Volto ha permesso di navigare sopra a queste preoccupazioni che in quel momento erano le più terribili, tremende e insuperabili che c’erano. Oggi sono un ricordo lontano, ma quel Volto è sempre presente, quel Volto è ancora qui oggi, che dice: “Andiamo, traghettiamo quest’altro mare”.

Ogni giorno c’è un mare da traghettare e il volto di Gesù ci aiuta a fare questo traghettamento.

«Sono tanto contento quando vedo che mi consacrate qualche minuto per parlare di Me». Fui toccata dalla profonda umiltà e dalla grande dolcezza di Gesù che mi parlava così. Cerchiamo dunque di approfondire la conoscenza di lui e verseremo lacrime di gioia. Pregai quindi le persone con cui mi trovavo in quel momento a orientare più frequentemente a Gesù la conversazione in famiglia. Come sarebbe bello se le famiglie agissero così.”

Noi quand’è che parliamo di Gesù? Ieri di cosa abbiamo parlato? Quale è stato l’oggetto del nostro discorso? Di Gesù, quando parliamo?

Parlare di qualcuno vuol dire tenerlo vivo dentro di noi. Vi auguro di cuore una giornata sulla scia di queste bellissime indicazioni di Gesù.

E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

Martedì della III settimana di Pasqua

VANGELO (Gv 6,30-35)
Non Mosè, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo.

In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”».

Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».

Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

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