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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 23° parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 26 giugno 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 23° parte

Eccoci giunti a sabato 26 giugno 2021. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo VIII di San Matteo, versetti 15-17.

Quanto bene ha fatto Gesù? Quanta gente ha aiutato Gesù? Quante situazioni di dolore ha risolto? Quante preghiere ha esaudito? Quanti indemoniati ha liberato, quanti malati ha guarito? 

“Guarì tutti i malati”

Di gente ne ha guarita tanta, ma tutta questa gente, tutte queste persone che hanno ricevuto delle grazie incredibili — gente che torna in vita, bambini che vengono guariti, indemoniati che vengono liberati, la suocera di Pietro — tutta questa gente dov’è finita quando Gesù è stato arrestato? Tutta questa gente con una vita rinnovata, nuova, una vita ridata, dov’è andata, dov’era quando hanno arrestato Gesù, quando hanno picchiato Gesù, quando hanno fustigato Gesù, quando hanno sputato in faccia a Gesù, quando gli hanno strappato i capelli, quando gli hanno tirato la barba, quando gli hanno tirato lo schiaffo, quando gli hanno messo la corona di spine, quando portava la croce… ma dov’era tutta questa gente? Nessuno, nessuno, nessuno, neanche uno si è fatto avanti per dire: “No! Questo no!”

Per portargli la Croce hanno dovuto “rapire” uno dalla folla, uno che probabilmente neanche voleva farlo. 

Nessuno. 

Uno legge la Passione e dice: “Non è possibile. Ma lo conosceva qualcuno?”

“Certo che lo conoscevano”

“E allora perché quest’uomo è stato trattato così?”

Lasciamo perdere che fosse Dio. Lo so, non si può perché non si possono scorporare le due Nature, ma facciamo finta per un secondo che fosse solo uomo. Se anche fosse stato solo uomo, dopo tutto il bene che aveva fatto, ma come è possibile che a gridare: “Crocifiggilo!” fosse tutta quella quantità di gente e nessun altro ad essere lì a gridare: “No!”. Loro possono gridare “Crocifiggilo!” e noi non possiamo gridare “No!”? 

Dove sono tutti?

Fa riflettere. Quando si tratta di difendere Gesù, non si capisce bene perché parte un fuggi fuggi generale. Eppure quante grazie riceviamo dal Signore ogni giorno. È interessante meditare questi testi, perché ti fa dire: “Però quando si tratta di essere riconoscenti, quando si tratta di dire grazie, quel grazie che ti nasce proprio dal petto, quel grazie profondo…” 

Continuiamo il libro di Mons. Fulton Sheen “Il Sacerdote non si appartiene”

Lo Spirito Santo e la riparazione dei peccati

“Siccome lo Spirito Santo acuisce il nostro senso del peccato mettendolo in relazione alla Crocifissione, all’atto pratico ciò si dovrebbe tradurre nell’impiego costante del Sacerdote a riparare i propri peccati. È appunto ciò che l’Epistola agli Ebrei (5,3) raccomanda; tradotta nel linguaggio dei nostri giorni, questa Epistola raccomanda al Sacerdote di offrire talvolta la Messa per se stesso.”

Chi di noi preti lo ha mai fatto? A quali di noi è stato insegnato a farlo? Forse questa è la prima volta nella nostra vita che sentiamo qualcuno di autorevole, un Vescovo, un futuro Beato, dirci che è bene talvolta offrire la Santa Messa per riparare i nostri peccati. 

Da cosa una persona comprende la presenza dello Spirito Santo nella propria vita? Dal fatto che:

“Lo Spirito Santo acuisce il senso del peccato”

Non è scrupolo, perché poi purtroppo è così. Chi non è abitato dallo Spirito Santo, cioè chi non vive una relazione, un’intimità stretta e profonda con lo Spirito Santo, ovviamente non ha questo senso del peccato acuito, neanche se ne accorge, non c’è una relazione stretta con il Crocifisso. Questa è la ragione per la quale è importante fare rete. Anche tra i Sacerdoti è importante che ci sia questa conoscenza reciproca, perché anche i Sacerdoti è bene che si conoscano, è bene sapere che magari vicino a casa hai un altro Sacerdote che condivide la stessa sensibilità e quindi, quando ti andrai a confessare, non ti dirà che sei scrupoloso, che sei perfezionista, che vuoi tutto perfetto e a posto… perché capisce che quel senso del peccato che tu hai viene dallo Spirito Santo, non viene da una psiche malata. Allora, in funzione di questo, il Sacerdote sente di avere un impegno costante di riparare i propri peccati. Noi pensiamo sempre ai peccati degli altri… no, i propri. E si comincia offrendo la Santa Messa. 

 “I medesimi peccati dei laici, commessi da noi sono più gravi. E per questo che Dio voleva dai Sacerdoti sacrifici maggiori. Per le persone del popolo bastava una capretta (Lv 4, 28). Bastava perfino per il governatore di una nazione. Ma il Sacerdote doveva offrire un giovenco:

Se chi ha peccato è il sacerdote che ha ricevuto l’unzione e così ha reso colpevole il popolo, offrirà al Signore per il peccato da lui commesso un giovenco senza difetto… (Lv 4, 3).”

È un po’ più grosso, il giovenco è un vitello, rispetto alla capretta. 

“La responsabilità è direttamente proporzionale al privilegio. Il Sacerdote rappresenta il popolo, perciò il suo peccato si ripercuote su tutta la Chiesa. Egli è la personificazione della santità del popolo come comunità di fedeli.”

Pensate che responsabilità. 

“Sarebbe totalmente erroneo immaginare che chi non vive secondo lo Spirito non esperimenti il rimorso o che la sua vita sia esente da conflitti.”

Anche se non si vive secondo lo Spirito Santo il rimorso c’è, il conflitto interiore, anche se noi in tutti i modi cerchiamo di soffocarlo, di strangolarlo, di anestetizzarlo, di renderlo muto, il rimorso ci sarà sempre.

 “Il peccato che non emerge in modo dovuto nella confessione, e che quindi non può essere debita­ mente lavato dalla contrizione e dall’assoluzione, emerge spesso anormalmente in complessi, come la mania di persecuzione, l’ipercritica, il bisogno di evadere attraverso i piaceri. Una siffatta condizione può facilmente condurre alla disperazione. Allora il diavolo, giubilante, piomba sulla sua preda. L’Apocalisse (12, 10) chiama il demonio «l’accusatore dei fratelli».”

Il peccato che non emerge dalla confessione emerge spesso in complessi: mania di persecuzione, ipercritica, bisogno di evadere attraverso i piaceri. 

Si sente questa frase: “Adesso ho bisogno di evadere” ma non come diceva una figlia Spirituale di Padre Pio: “È peccato se mi metto a fare i biscotti?” nel senso: è una perdita di tempo? E lui risponde: “Un conto è fare i biscotti per i biscotti, e un conto è fare i biscotti per riposare lo spirito”. Quindi c’è un bisogno sano di cambiare attività e riposare lo spirito che può essere andare a fare una corsa, una nuotata, una passeggiata in montagna, raccogliere i fiori per la Vergine Maria, leggere un libro, mi sdraiarsi un po’ a riposare perché sono proprio stanco, questo va bene. Ma quando questo cambio di attività per riposare diventa un’evasione, cioè una fuga, e poi se questa fuga avviene attraverso i piaceri, questo non va bene, non è giusto, non fa crescere perché è fine a se stesso; quando c’è di mezzo il piacere in modo forte è fine a se stesso. Certo che quelle cose mi danno gusto ma è diverso. È vero che questa condizione può condurre alla disperazione, perché ti vengono mille complessi, e, aggiungerei anche, la permalosità. 

“Allora il diavolo, giubilante, piomba sulla sua preda. L’Apocalisse (12, 10) chiama il demonio «l’accusatore dei fratelli».”

“Prima che commettiamo il peccato, Satana ci assicura che è una cosa da niente”

Dice: “Ma no, va be, cosa vuoi che sia, ma fa niente, dai, tanto… ”

 “Dopo, ci persuade che è una cosa imperdonabile. Prima del peccato, si presenta come l’amico che spinge l’uomo alla rivolta; dopo, opprime l’anima con la falsa convinzione che la liberazione è impossibile. Dubitare del perdono è fare il primo passo verso l’inferno.”

Quindi: prima il demonio ti dice che questa cosa la puoi fare, e che non succede niente. Dopo che l’hai fatta ti dice che è talmente grave che Dio non ti può perdonare e che non puoi essere liberato da questo peccato. Quando noi sentiamo, pensiamo di non poter essere liberati da qualcosa, questo non viene da Dio, e dubitare del perdono di Dio è il primo passo verso l’inferno, questo lo sappiamo benissimo.

 “Le Scritture ci narrano che Esaù non trovò un luogo di pentimento, pur avendolo cercato piangendo. Le lacrime di rimorso, anziché di contrizione, sono inutili come lo furono quelle versate da Saul sulla perdita della regalità, da Giuda sulla perdita dell’apostolato, da Esaù sulla perdita del diritto di primogenitura.”

Questo è il rimorso, il pianto del rimorso. Non è il pianto della contrizione che sono le lacrime del dolore perfetto, cioè il dispiacere di aver mancato, offeso  Dio.

 “Ma lo Spirito Santo vede la colpa in relazione al Calvario per spingerci a sperare e perdonarci, perché su quel monte noi udiamo il grido:

Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno (Le 23,

34)·

Questo risvegliarsi del senso del peccato attraverso lo Spirito non concerne soltanto il Sacerdote, ma anche i fedeli di cui è il pastore. Le prediche sulle fiamme dell’inferno suscitano la paura, ma se lo Spirito non è con il predicatore sarà una paura servile, non filiale. Le anime sono condotte al pentimento unicamente attraverso «la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio» (Ef 6,17). Ebbene, che cosa fa nelle anime questa spada dello Spirito? Intensifica il conflitto tra il corpo e l’anima, tra lo spirito del mondo e lo spirito di Cristo.

Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione del­ l’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore (Eb 4,12).”

Questo risvegliarsi del senso del peccato attraverso lo Spirito Santo riguarda non solo i Sacerdoti ma anche i suoi fedeli.

“I peccatori si liberano nella contrizione per mezzo dello Spirito; scorgono la guerra civile che si combatte nella loro anima mediante lo Spirito; lo Spirito rivela loro i peccati più reconditi, che speravano nessuno avrebbe mai scoperto; lo Spirito mostra che l’uomo è una creatura caduta, bisognosa di aiuto dall’alto. Lo Spirito farà sì che gli atei si ricredano del loro scetticismo. Nessun male si può crocifiggere prima che sia stato riconosciuto, diagnosticato e messo in luce. L’«io» si camuffa in tante e così diverse maniere che solo lo Spirito può costringerlo a rivelare il suo vero carattere peccaminoso.

Un Sacerdote in possesso dello Spirito di Cristo porterà un peccatore alla confessione laddove un Sacerdote che ne sia privo fallirebbe. Rimproverare un peccatore nel confessionale può voler dire allontanarlo per sempre, mentre sollevandolo nello Spirito di Cristo si farà di lui un vero penitente.”

Per questo bisogna pregare sempre prima di entrare in confessionale, per me che mi confesso e per il Sacerdote che mi confessa.

“Anche un Sacerdote poco dotato di eloquenza può, per mezzo dello Spirito di Cristo, dare alle sue parole un’efficacia che va oltre la sua scarsa oratoria:

In realtà, noi viviamo nella carne ma non militiamo secondo la carne. Infatti le armi della nostra battaglia non sono carnali, ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze, distruggendo i ragionamenti e ogni baluardo che si leva contro la conoscenza di Dio, e rendendo ogni intelligenza soggetta all’obbedienza al Cristo (2Cor 10, 3-5).”

Domani vedremo: “Lo Spirito Santo e l’amore per le anime”. 

Tema: Cuore Eucaristico di Gesù, voglio essere dimenticato e disprezzato per amor tuo.

Speriamo di riuscire a chiedere questo.

Fioretto: Accettate tutte le piccole croci che Gesù vi offre, ripetendo affettuosamente “Deo gratias”.

Difficilissimo.

Ossequio: Privatevi per amore del Cuore Eucaristico di Gesù di qualche soddisfazione.

Giaculatoria: Cuore Eucaristico, – del mio Signore, di Te sol gloriasi – questo mio cuore.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

 

 

Sabato della XII settimana del Tempo Ordinario

VANGELO (Mt 8, 5-17)

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito.
Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo serviva.
Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la parola e guarì tutti i malati, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
“Egli ha preso le nostre infermità
e si è caricato delle malattie”.

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