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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 7° parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di lunedì 7 giugno 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 7° parte

Eccoci giunti a lunedì 7 giugno 2021. Abbiamo ascoltato la Prima Lettura della Santa Messa di oggi, tratta dal capitolo I, dalla 2° Lettera ai Corinti, versetti 1-7.

San Paolo su cosa ci richiama?

Sulla consolazione, essere consolati per consolare. Gesù ci consola, e lo Spirito Santo che Lui ci ha donato, questo dono sublime e immenso, la Terza Persona della Santissima Trinità, il suggeritore e il consolatore. Lo Spirito Santo è il consolatore, è colui che suggerisce, perché ci ricorda le parole di Gesù, perché ci ricorda Gesù, perché ci rende presente Gesù e nello stesso tempo è colui che ha il mandato, il compito di consolarci in questo tempo della storia che va dalla ascensione in Cielo di Gesù, fino a quando Gesù tornerà. Dentro a questo ampio lasso di tempo, il Consolatore è donato a noi, perché Lui ci consoli e noi abbiamo bisogno di essere consolati, abbiamo bisogno di andare dallo Spirito Santo, di chiamare, invocare, supplicare lo Spirito Santo, perché ci consoli.

Oggi ricorre anche la memoria della Beata Anna di San Bartolomeo, una Beata Carmelitana a noi molto cara. Se non conoscete la sua vita, vi invito ad andare a leggerla, io per motivi di tempo non ve ne posso parlare, ma vi invito davvero ad andare a leggere qualcosa di questa Beata perché è veramente molto bella e significativa la sua esperienza di Gesù e della consolazione.

 

Andiamo avanti con il nostro testo di Mons. Fulton Sheen “Il Sacerdote non si appartiene”, proseguiamo, stiamo trattando il tema dell’Ora di Adorazione e siamo arrivati alla domanda, lui la pone così nel libro:

Quante volte?

Quante volte fare l’ora di adorazione? È una domanda che spesse volte si sente. “Ma questa cosa quante volte devo farla? Quanto tempo devo pregare? Quante volte devo andare a Messa? Quanti rosari devo dire?” Quanto? C’è questa domanda e la risposta di Mons. Sheen è molto interessante:

“Il Sacerdote che ode l’appello di Nostro Signore ai discepoli perché veglino un’ora con Lui dovrebbe forse fare questo sacrificio una volta alla settimana?”

Lui dice: “Il Sacerdote che legge nel Vangelo l’appello di Nostro Signore perché i suoi discepoli veglino un’ora con Lui”, noi ogni quanto dobbiamo farla questa cosa?  Questa è la domanda. 

“Una volta alla settimana?”

 “No! Sarebbe troppo arduo. Ciò che si fa una volta la settimana costituisce un’interruzione alla vita normale. Si ha sempre la tentazione di rimandare al bisogna all’ultimo giorno, e così si corre il rischio di non farla del tutto.”

Pensate alla Messa della Domenica, è una volta alla settimana, ma che fatica! E si arriva in ritardo, e si va via prima, e si è distratti, è un’interruzione alla vita normale, la si vive proprio come un’interruzione, e il rischio è di non farla del tutto, infatti, uno va in vacanza e le Messe saltano.

“Io devo andare in spiaggia, devo andare a scalare il Monviso, non è che mi posso preoccupare della Messa. Di necessità, virtù. Uno cos’è che deve fare? Se non c’è, non c’è, pazienza!”

Questo è il nostro modo di ragionare, perché tanto è un’interruzione. Lui scrive:

“L’Ora d’Adorazione settimanale non potrà mai diventare un’abitudine.”

È vero, verissimo.

“«Una volta alla settimana» non è un pegno di profondo amore. Quale madre si accontenterebbe di vedere il suo bimbo una volta alla settimana? Quale moglie il marito? L’amore non è intermittente. Un po’ di medicina presa una volta alla settimana non avrebbe alcun effetto.”

Qualunque medicina, a meno che non sia la Vitamina D che devi prendere una volta alla settimana, però tolto questo, se ho la febbre e prendo l’antibiotico una volta alla settimana non guarisco più, se devo prendere la Tachipirina una volta alla settimana perché ho la febbre, non guarisco più, e via di seguito. L’amore non è intermittente.

“Se fare l’Ora di Adorazione una volta alla settimana è troppo difficile, quante volte si dovrebbe fare? La risposta è evidente: si dovrebbe fare tutti i giorni.

L’Ora di Adorazione fatta una volta la settimana è un’interruzione al normale svolgimento della nostra vita, ma fatta tutti i giorni è la sua assenza che viene a rappresentare un’interruzione.”

È tutto il contrario. Quindi se la faccio una volta alla settimana risulta un’interruzione allo svolgimento quotidiano della nostra vita, se la faccio tutti i giorni è la sua assenza che viene a rappresentare un’interruzione, se non la faccio diventa un problema. 

 “Inoltre, come atto che per la sua quotidiana ripetizione diventa abitudine, perde ogni difficoltà.”

Se tu vuoi non incontrare difficoltà in una cosa, devi farla tutti i giorni, perché diventa una santa abitudine, diventa un habitus e quindi perde la fatica, quello spessore grande di fatica. Se io studio un giorno al mese, muoio al pensiero di dover studiare, ma se studio ogni giorno, diventa molto meno faticoso. E così vale per l’ora di Adorazione.

 “Ciò che prima si eseguiva imperfettamente, con l’insistenza si perfeziona. Se facciamo l’adorazione ogni giorno alla stessa ora, cominciamo senza premeditazione perché diventa una cosa quasi automatica. L’ora quotidiana ci sarà facile come qualsiasi altra delle nostre consuete attività, ma non diventa soltanto un’abitudine, bensì parte della natura del Sacerdote. Come Aristotele scrisse nella sua Retorica..”

Se io la faccio tutti i giorni, diventa parte della mia natura, è bellissima questa cosa.

“Come Aristotele scrisse nella sua Retorica:

Ciò che è diventato abituale diviene, per così dire, una parte della nostra natura; l’abitudine è qualcosa che somiglia alla natura, in quanto la differenza fra «sovente» e «sempre» non è grande; la natura appartiene all’idea del «sempre», l’abitudine a quella del «sovente».”

Aristotele è Aristotele. Non siamo più abituati a sentir gente parlare così e quindi i nostri neuroni vanno un attimo in dislessia quando sentono questi ragionamenti che in tre righe hanno detto il mondo, perché noi solitamente siamo abituati a dire un concetto in dodici milioni di parole, lui invece dice dodici milioni di concetti in tre parole. Un tempo era così. Quindi nella misura in cui noi entriamo in questa abitudine, noi entriamo nel regno del “sovente”, che è molto vicino al regno del “sempre” che è tipico della natura, quindi dobbiamo imparare ad essere “soventi”.

“Nell’Antico Testamento, la manna cadeva ogni giorno, non soltanto una volta la settimana.”

Vi ricordate?

“Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina secondo la mia legge o no (Es 16, 4).

Dio aveva promesso di dare loro il pane ogni giorno; anzi, la vigilia del settimo giorno ne avrebbe mandato il doppio per compensare quello che non sarebbe caduto nel giorno festivo.”

È incredibile pensare che Dio non il signor teologo XY, no Dio in Persona, il settimo giorno non fa scendere la manna. 

“Ricordati di santificare le feste, il settimo giorno è a me riservato”. Appunto, in ogni senso. “Non è che tu stai lì tranquillo a rendermi onore e io continuo a fare cose…” È un’espressione sbagliata applicata a Dio, però per intenderci, non abbiamo altre categorie perché non abitiamo nell’Eternità. 

Dio sospende e anticipa la manna il giorno prima. 

Dopo noi glielo andremo a spiegare a Dio, Lui che a quel tempo ha sospeso la manna nel settimo giorno e l’ha anticipata il giorno prima, noi gli andremo a spiegare che “Io, il giorno di domenica, devo andare a mangiare cappuccio e brioche, ho l’aperipranzo, l’aperitivo dopo la Messa. Poi Dio è buono, è Misericordia, scherziamo! Il Signore non sta a guardare queste cose!”

Quello che è successo nell’Antico Testamento non si sa bene a chi appartiene allora. Che Dio era? “No ma quello è il Dio dell’Antico Testamento”. Quindi in Dio c’è un prima e un dopo? Dire questo vuol dire praticamente tirarsi addosso non la zappa, il Pirellone di Milano direttamente sulla testa, le Torri Gemelle mi vengono sulla testa perché al mondo della filosofia, nel sentire questa espressione, vengono le convulsioni. Aristotele e Platone si rivoltano nella tomba a sentire che dico che in Dio c’è un prima e c’è un dopo. Siamo completamente andati fuori di testa! Dio che è l’Eterno, l’Immutabile, non può conoscere il diventare, quindi il Dio dell’Antico Testamento non è diverso dal Dio del Nuovo Testamento, non cambia la pelle come il serpente, non cresce come un bambino. Dio è Dio da sempre, è l’Increato! È assurdo dire che il Volto di Dio nell’Antico Testamento era un Volto arcigno, vendicativo, cattivo. Basta leggere l’Antico Testamento senza ideologia e senza cercare ciò che non esiste, per vedere che nell’Antico Testamento c’è un Volto bellissimo di Dio, pensate al Cantico dei Cantici, pensate a certe espressioni: “Dio che mi ha sollevato, mi ha preso sulle ginocchia, mi ha sollevato la sua guancia…”. È pieno di espressioni meravigliose e dolcissime di Dio. E Gesù appunto ha detto che Lui non è venuto a toccare uno iota della legge, ma è venuto a portare compimento alla legge, Lui è il compimento ma che non sfigura il Volto di Dio dell’Antico Testamento. 

Ma sono follie queste cose qui, follie legate al fatto che, siccome voglio portare avanti un’ideologia, allora cambio il Volto della Scrittura, cambio il Volto di Dio perché mi fa comodo. Ma noi andremo a dire a Dio che “io dovevo andare al super a comprarmi il pane fresco” oppure “dovevo andare a prendermi i pasticcini, la Saint Honoré da mangiare, perché non la posso prendere il giorno prima” oppure “devo andare fuori a cena”. Va bene. Glielo spiegheremo.

“La manna cadeva ogni giorno… tranne che il settimo giorno… ne avrebbe mandato il doppio per compensare quello che non sarebbe caduto nel giorno festivo.”

A Dio spiegheremo le nostre teologie.

 “Quella riunione giornaliera era una prova d’amore e d’obbedienza. Dio ha sempre voluto una prova: nel deserto come nel Getsemani. I nostri più antichi progenitori furono messi alla prova con la proibizione di mangiare i frutti dell’albero della sapienza del bene e del male. L’obbedienza degli Israeliti fu messa alla prova con il comando di non riunirsi nei giorni feriali più di quanto occorresse per quel giorno. Tutta quanta la vita è una prova. Se ne può quindi dedurre che, in virtù della nuova legge, la fede quotidiana nell’Eucaristia espressa con un’Ora di Adorazione è una prova della nostra lealtà.”

È una prova. Io ti provo, ma soprattuto provo a me stesso, che sono leale, che sono fedele, e lo faccio attraverso l’Ora di Adorazione.

“La manna costituiva una lezione quotidiana del nostro stato di dipendenza da Dio e sostenne una parte importante nell’educazione spirituale d’Israele. Non scendeva saltuariamente, ma in maniera regolare. Ciò che il Signore diede ogni giorno possiamo ben restituirlo ogni giorno anche noi.”

Ogni giorno ci ha dato la manna, ogni giorno ci dà l’Eucarestia. Fa niente se poi noi non ci andiamo, ma Lui la dà ogni giorno. E perché io ogni giorno non devo vivere l’Ora di Adorazione come risposta?

“Il Sacerdote dovrebbe considerare l’Ora di Adorazione come una pratica che deve continuare per tutta la vita.”

Sempre.

 “I figli d’Israele mangiarono la manna per quarant’anni, finché non giunsero ai confini della terra di Canaan (Es 16, 35). Questi quarant’anni rappresentano il pellegrinaggio della vita. Spiritualmente, ciò implica che ogni Sacerdote dovrebbe raccogliere giorno per giorno la manna celeste per la propria anima.”

Ogni giorno, giorno per giorno, il Sacerdote dovrebbe raccogliere la propria manna, oltre alla celebrazione della Santa Messa che è la raccolta solenne e più sacra possibile della manna, della nuova Manna, della Manna che è Gesù, la Manna con la “M” maiuscola. 

“Mangiarono la manna e morirono, ma chi mangia Me non morirà. Chi mangia il Pane del Cielo non muore”

Ogni Sacerdote dovrebbe raccogliere giorno per giorno la Manna Celeste per la propria anima, cioè anzitutto la Santa Messa e poi l’Ora di Adorazione. L’Ora di Adorazione è un po’ questa manna che ci viene data e che ci permette di nutrirci. Noi siamo nutriti attraverso questa manna. Questo è fondamentale. 

A questo punto io volevo anche dirvi una cosa inerente a un’altra questione. Vi ricordate tutta la diatriba che c’è stata sul nuovo Messale, tutte le cose cambiate. Io ho fatto una catechesi molto lunga, di un’ora, su questo tema, un po’ di mesi fa. E in questo periodo in cui stiamo trattando il tema dell’Eucarestia volevo far cadere la vostra attenzione su un’espressione. Voi sapete che sul Messale, il librone grosso che il Sacerdote usa per la celebrazione della Messa, che tiene sull’altare, il Sacerdote ha scritte tutte le varie parti che deve leggere e ci sono le “Rubriche”, si chiamano rubriche da “rubrum”, rosso in latino, perché sono scritte in rosso. Praticamente ce n’è una che riguarda il momento della Consacrazione, la quale non è assolutamente cambiata dalla precedente versione a questa, ma questo non lo dice nessuno. Che cosa non è cambiato?

Tutti si sono concentrati sul tema: “la rugiada dello Spirito Santo”, “l’Effusione dello Spirito Santo”, le abbiamo già spiegate queste cose. 

Si chiede una grande fedeltà, questo è il nuovo Messale e bisogna essere fedeli al Nuovo Messale, quindi il Padre Nostro si deve recitare in un certo modo, si deve dire “la rugiada dello Spirito” e poi il Confiteor, il “Confesso”, in un determinato modo, mettendo “fratelli e sorelle”, però bisogna farlo tutto. 

Qui sì che bisogna dire una parola un po’ di rimprovero, un po’ di richiamo, perché o lo si fa tutto o non si fa niente, non è che faccio quello che piace a me, e quello che fa comodo a me, lo devo fare tutto, tutto quello che c’è scritto devo farlo. 

Se andiamo alla Consacrazione c’è scritto:

“Egli consegnandosi volontariamente alla Passione prese il pane, rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse…”

Adesso io vi leggerò anche le parti scritte in rosso:

Si inchina leggermente

“Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi”

Vi leggo cosa dice subito dopo, voi non lo sapete perché non viene detto a voce ma il Sacerdote lo deve leggere è scritto in rosso perché è importante. C’è scritto:

Presenta al popolo l’Ostia consacrata, la depone sulla patena e genuflette in adorazione

Ripeto:

Genuflette in adorazione

Questo vale tanto è scritto per il Corpo, quanto per il Calice, uguale.

Presenta al popolo il Calice, lo depone sul corporale e genuflette in adorazione

Perché non lo si fa? Perché si fa l’inchino? Qui non c’è scritto di fare l’inchino, qui c’è scritto:

Genuflette in adorazione

Stavo pensando proprio stamattina e dicevo:

“Potevano scrivere: “Presenta al popolo l’Ostia consacrata, la depone sull’altare e genuflette.” Perché “in adorazione”? Cosa cambiava? 

Eh, cambia, cambia! Perché “e genuflette” uno può fare la genuflessione “su e gù”, scende e risale subito. Ma “Genuflette in adorazione” è diverso. Vuol dire che genuflette e deve anche un po’ adorare. Quella genuflessione deve comportare un’Adorazione, non è semplicemente una genuflessione, non è un affondo come fai in palestra, è una genuflessione che va fatta in adorazione, allora non si può fare l’inchino. Come non bisogna più dire certe espressioni, ma bisogna dire: “la rugiada”, il Gloria che è cambiato, il Pater Noster che è cambiato, il Confiteor che è cambiato, come ci sono state queste mutazioni — e le facciamo — c’è anche questa che non è mutata, nel Messale precedente è la stessa espressione, però bisogna farla, perché se no non facciamo neanche le altre cose. Perché questo, a differenza di tutte le altre variazioni, non è scritto in nero, è scritto in rosso, sono proprio le norme, e voi sapete che se io ho uno scritto, e ho una parte in nero e una parte in rosso, qual’è la più importante? Tutti sappiamo che è quella in rosso, tutto sappiamo che le parti che vogliamo sottolineare vengono fatte in rosso, i titoli in rosso, le parti di un testo che io voglio evidenziare, in rosso. 

Andate a vedere.

“e genuflette in adorazione”

Ora, a meno che tu non abbia una protesi al ginocchio, ma guardate, io non ho la protesi al ginocchio però me lo sono sfondato il ginocchio destro, ho avuto dentro, che poi mi hanno tolto, due placche in titanio e 11 viti, tra ginocchio e tibia, ho avuto più di 60 punti nella gamba, era tagliata a destra e a sinistra, in totale mi hanno messo più di 60 punti, ma io la genuflessione la faccio lo stesso, e considerate che è il ginocchio destro non il sinistro, è il ginocchio destro quello che tocca il pavimento e quello che di fatto genuflette, quello che va giù, perché la genuflessione si fa con il ginocchio destro, non con il ginocchio sinistro. Ma io genufletto tranquillamente, guardate che non sono un martire, né un santo, né un eroe, perché non ho nessun dolore, non succede niente, mi appoggio all’altare con le mani e vado giù con la gamba e con il mio ginocchio. Io potrei dire: “No, io ho questo problema alla gamba, la genuflessione non la faccio”. Nessuno mi direbbe niente. Ma perché, se non è vero? Ho avuto questo intervento ma la genuflessione riesco a farla tranquillamente. Ma adesso non la fa più neanche quello che ha vent’anni, trent’anni! Questo vuol dire che è una posizione ideologica e con l’ideologia non si può discutere. L’ideologia non può scendere a dialogo. 

Papa Francesco ci chiama tanto al dialogo, al confronto, ma non si può dialogare con l’ideologia. Quando siamo di fronte all’ideologia, è inutile qualunque parola, potete portare tutti i testi che volete, tutto quello che volete, ma quando siamo di fronte all’ideologia, qualunque cosa non ha alcun valore, perché l’ideologia è proprio il distillato supremo dell’ignoranza, ma dell’ignoranza colpevole, perché voluta, saputa e scelta, e ha uno scopo, quindi non è possibile avere un dialogo, non si può. Non puoi arrivare a verità, non si può cercare insieme di capire, no, qui si vuole semplicemente imporre il proprio pensiero fuori dalla Chiesa, si vuole imporre la propria idea fuori dalla Chiesa, fuori dalle indicazioni della Chiesa, si vuole imporre la propria idea nella disobbedienza alla Chiesa.

“Genuflette in adorazione”

Non semplicemente “genuflette”, ma “genuflette in adorazione”, quindi vuol dire che quella genuflessione non è alla velocità del colibrì, ma chi ti guarda deve vedere che tu stai genuflettendo in adorazione, non semplicemente che tu stai genuflettendo su e giù, no. Uno che guarda dovrebbe dire: “quell’uomo, quel Sacerdote è in adorazione”. Non vuole dire stare lì due ore, ma vuol dire che deve essere una genuflessione fatta in un modo tale, con quella santa lentezza, con quell’equilibrata lentezza, che fa capire a tutti che in quel gesto, seppur breve, tu stai compiendo un atto di adorazione. L’inchino, questo non lo renderà mai, infatti non c’è scritto: “e genuflette o si inchina in adorazione”. Sono molto precisi i Padri quando fanno queste cose: 

“Genuflette in adorazione”

Allora a chi vi fa le questioni e ci dice:

“Perché tu non sei così… perché tu non sei cosà… perché tu non fai qui… perché tu non fai là…”

Queste sono persone che di solito non genuflettono, in questo momento qui, dopo la Consacrazione. Ve lo garantisco: il 99% di chi fa certi discorsi non genuflette, e allora la domanda che voi dovete porre è, come faceva Gesù: “Scusi, io rispondo alla sua domanda quando lei risponderà alla mia: lei perché non genuflette in adorazione, come c’è scritto sul suo Messale? Andiamo a vederlo? Prenda il Messale, porti qui il Messale.”

Preghiera Eucaristica II. C’è proprio il segnettino rosso a fianco, scritto in numero romano “II”.

“Prenda quella preghiera lì” 

Girate la pagina perché la prima pagina è il Prefazio, e trovate subito la parte della Consacrazione: “del Corpo e del Sangue”. Subito dopo a:

“offerto in sacrificio per voi”

E la stessa cosa accade per il calice:

“Fate questo in memoria di me”

Subito dopo, trovate scritto, è una riga, questa frase in rosso:

“Presenta al popolo il Calice, lo depone sul corporale e genuflette in adorazione”

“Ora lei mi spiega perché non lo fa? Siccome fa la parte prima “con la rugiada del tuo spirito”, il Padre Nostro “non ci abbandonare alla tentazione”, e il Gloria, il Confiteor, questo perché non lo fa? Ha un tumore osseo? Ha una dislocazione della rotula? Ha avuto una lussazione, che cosa ha avuto? Allora perché non lo fa? C’è scritto in rosso, vuol dire che è più importante di tutto il resto, è una norma, è importantissima, perché non lo fa? Qual è la ragione?”

“Ma perché io penso…”

“Questo non interessa, lei non è chiamato a pensare adesso. La Chiesa qui non ti chiede di pensare, la Chiesa qui ti dice di obbedire. Ti dice: “Presenta al popolo l’Ostia Consacrata,” e lo devi fare, “la depone sulla patena” e lo devi fare “E genuflette in adorazione” e lo devi fare, senza sé e senza ma, se non lo fai stai disobbedendo. Allora tu, che disobbedisci alla Chiesa, vieni a chiedere a me: “perché io…”. Lasciamo perdere, siamo onesti intellettualmente, o lo facciamo tutto, o non facciamo niente, non facciamo le cose che piacciono a noi, come il Vangelo, o lo osserviamo tutto o non osserviamo niente, perché se no ci prendiamo in giro e prendiamo in giro il Signore. A nessuno piace essere presi in giro. 

Spero di essere stato sufficientemente chiaro, certo ci vuole coraggio, ma questo è il coraggio della correzione; il primo atto della carità, diceva San Tommaso, è fare carità, quindi facciamo verità. Ti faccio una domanda, tu rispondimi. 

Tema di oggi: Cuore disprezzato 

Fioretto: raccoglietevi dinanzi all’immagine del Cuore Eucaristico di Gesù ed esaminate con diligenza quale sia l’occasione delle vostre infedeltà ai buoni propositi e risolvete di fuggirla per non divenire vittime del mondo.

Esaminiamo l’occasione più grande della nostra infedeltà e fuggiamola.

Ossequio: recitate spesso nella giornata la giaculatoria: Cuore Eucaristico di Gesù accrescete in noi la fede, la speranza e la carità.

Altra giaculatoria bellissima: Cuore Eucaristico, Manna fiorita, sia la tua grazia, cibo di vita

Che belle che sono. E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga 

 

 

 

 

 

Lunedì della X settimana del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA (2 Cor 1,1-7)
Dio ci consola, perché possiamo anche noi consolare quelli che sono nell’afflizione.

Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, alla Chiesa di Dio che è a Corinto e a tutti i santi dell’intera Acàia: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio. Poiché, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione.
Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione, la quale vi dà forza nel sopportare le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo.
La nostra speranza nei vostri riguardi è salda: sappiamo che, come siete partecipi delle sofferenze, così lo siete anche della consolazione.

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