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Se quella casa ne é degna…

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 8 luglio 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Se quella casa ne é degna…

Eccoci giunti a giovedì 8 luglio 2021. Abbiamo letto il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo X di San Matteo, versetti 7-15. 

Ci deve essere, dice Gesù, una gratuità, una povertà, un’affidamento alla Provvidenza nel nostro predicare che il Regno dei Cieli è vicino. Tutto sta nelle mani di Dio, non solo noi come persone ma anche la preoccupazione dei sandali, del bastone.

“Chi lavora ha diritto al suo nutrimento”

Bella questa espressione di Gesù: se lavori per il Signore ci pensa il Signore, sa Lui come, quando e dove. 

È bella anche questa immagine:

“In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti.”

Non andare a caso, non andare in un albergo — potremmo dire — in un ristorante. No, cerca una casa, chiedi a qualcuno che sia degno di dare ospitalità a chi porta il Signore, qualcuno che abbia fede, che creda, che condivida la stessa passione e che in quel posto abiti, e trova casa lì. 

“Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi.”

Innanzitutto è “degna di Dio” se è una casa dove può stare colui che porta Gesù e allora questa pace che porta chi porta il Signore, che è il Re della pace, scende su quella casa, altrimenti no.

Non è facile trovare queste case, perché le nostre case sono tendenzialmente un po’ chiuse, non sono proprio aperte ad accogliere veramente questi passaggi. Forse un tempo era più frequente, più facile, in queste case poverissime, queste cascine dove c’era veramente poco, ma c’era sempre qualcosa, non solo per il Sacerdote che passava a cui si dava il vino buono, il pane fresco appena fatto in casa di una volta, o un salamino appena fatto. C’era sempre qualcosa da dare, nella povertà enorme, ma non solo per i Sacerdoti, anche per l’ospite normale, per la persona che semplicemente passava. C’era sempre quel grappolo d’uva da dare, quattro fichi da consegnare, quelle quattro rose da raccogliere, non si lasciava andare via mai alcuno a mani vuote, c’era sempre un qualcosa da condividere. Le porte blindate non esistevano, non esistevano le inferriate alle finestre, i sistemi di allarme, eppure i ladri ci sono sempre stati, ma in quelle case non entravano. Cosa volete che ci fosse da rubare? La povertà? Erano case fatte di memorie, di cose semplici, di oggetti di nessun valore mondano, che avevano solo un valore legato alla memoria, alla tradizione, alla discendenza, a ciò che era stato dato dalla nonna, dalla bisnonna: scodelle del latte, terrine dell’insalata e della pastasciutta che avevano una tradizione, ma fuori da quel contesto lì, non valevano niente. 

Lì era bello essere accolti, io ricordo quando arrivavano i Sacerdoti per la benedizione del Natale della Pasqua, l’accoglienza che si viveva. Questi poveri Sacerdoti, poverini se dovevano benedire venti famiglie, alla fine della benedizione pesavano 180 chili, perché se ognuno ti dava la fettina di torta con il caffè corretto, alla fine andavi a casa che non riuscivi più a camminare dritto. E tutti volevano darti il meglio, tra il caffè corretto e la torta fatta in casa, le uova appena fatte dalla gallina, e il pane, il salamino, capite che uno alla fine tornava a casa potete immaginare in quale stato.

Ma ci sono anche quelli che non accolgono.

“Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi.”

C’è chi non ascolta, c’è chi non accoglie. Non fa niente, non è una cosa che riguarda noi, non dobbiamo darcene pena. Fa soffrire, è vero, ma non dobbiamo darcene pena, perché questa cosa riguarda chi fa questo. La polvere dai piedi serve proprio come testimonianza, come a dire: “Niente di quel luogo mi rimanga attaccato, perché non è bello stare in un luogo che non accoglie”.

E non bisogna forzare l’accoglienza, quando vedi che uno non accoglie con gioia, che non è disponibile, che cominciano i “se”, i “ma”, i “dunque”, i “però”, è meglio lasciare perdere tutto e andarsene, è la cosa migliore. 

Ricordo quando andavo a fare visita agli ammalati terminali, ricordo molto bene una stanza dove c’era dentro un malato terminale, c’erano i parenti e non feci neanche in tempo ad entrare nella camera che mi cacciarono subito via, dicendomi che assolutamente non volevano che lì entrasse nessun Sacerdote perché non c’era bisogno di nessun prete. Io ho ringraziato, ho salutato e me ne sono andato. 

Come quell’altra persona che già vi raccontai: era in terapia intensiva e la suora mi portò lì convinta che volesse. Quando questa persona si svegliò per poco tempo e mi vide, mi cacciò via dicendomi che lui non voleva assolutamente un Sacerdote. Il giorno dopo morì. Io dissi alla suora: “Noi non possiamo imporre niente a nessuno, i Sacramenti non si impongono, le assoluzioni non si impongono, le benedizioni non si impongono, ognuno è libero di accogliere o non accogliere”

“Eh ma allora…”

“Eh ma allora niente, noi non siamo chiamati a imporre, noi siamo chiamati a servire, e un servizio è proposto non può essere imposto, bisogna saper accogliere anche il no, anche il “vattene via”, anche il “non voglio”. Dobbiamo essere pronti ad accogliere qualunque cosa.”

Così come invece è bello quando si vede qualcuno che riconosce, ad esempio nella figura del Sacerdote, nella veste, una presenza che lo supera, di cui si fa appunto riconoscente, questo è molto bello.

 

Preparare nel cuore un calice degno 

Ogni stilla di Sangue è il grido del tuo amore supremo, è il sitio del tuo Cuore assetato di amore, è l’angoscia per quelli che si perdono.

O Sangue del mio Dio, o Sangue misterioso che sgorghi a fiotti dalle sue labbra palpitanti, discendi nella mia povera anima, in tutte le anime, sorgente di vita nuova, di amore nuovo, di immolazioni generose.

Suor Maria Antonietta Prevedello.

San Gaspare del Bufalo:

E’ il Divin Sangue l’offerta da presentarsi all’Eterno Genitore. Questa devozione dirò così, apre le porte della divina Misericordia ed addita l’unico mezzo stabilito alla conciliazione: 

Giustificati nel suo Sangue saremo per esso salvi dall’ira. 

Questo mese del Preziosissimo Sangue facciamolo veramente bene.

Giaculatoria di oggi:

Ti adoriamo, o Gesù, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce e il tuo prezioso Sangue hai redento il mondo.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

p. Giorgio Maria del Volto Santo 

Giovedì della XIV settimana Tempo Ordinario – Anno B

VANGELO (Mt 10, 7-15)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:
«Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni.
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.
In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti.
Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città».

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