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Beata Conchita Cabrera De Armida: Sacerdoti di Cristo, XXI parte

B. Conchita Cabrera De Armida

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 10 agosto 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Beata Conchita Cabrera De Armida: Sacerdoti di Cristo, XXI parte

Eccoci giunti a martedì 10 agosto 2021. 

Oggi ricordiamo San Lorenzo, diacono e martire, grande Santo conosciuto un po’ da tutti noi. Sono poi famose le stelle di San Lorenzo che conquistano sempre il nostro cuore, la nostra immaginazione, i rimandi bellissimi di queste stelle.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo XII di San Giovanni, versetti 24-26.

Oggi ricordiamo anche la morte di Santa Filomena, nel 301, alle ore 13.00, era un venerdì. Sapete che sia il Santo Curato d’Ars, sia San Pio da Pietralcina erano devotissimi di Santa Filomena e ricordiamo anche l’Ordinazione di Padre Pio, avvenuta nel 1910. Vedete che belle coincidenze che ci sono oggi. 

Continuiamo la lettura del libro “Sacerdoti di Cristo” della Beata Conchita Cabrera de Armida che si sposa perfettamente con il brano del Vangelo di oggi.

Il chicco di grano caduto in terra deve morire, perché se non muore nella terra non può ergersi verso il cielo come spiga e quindi vediamo cosa dice Gesù.

Stiamo affrontando il paragrafo sulla dissipazione che offusca l’intelligenza. 

Dice il Signore:

“Bisogna pregare e sacrificarsi anche per questi sacerdoti. Per gli indolenti, gli egoisti, per quelli che si preoccupano solo di se stessi anche dinanzi a cose non così importanti; bisogna pregare molto per questi sacerdoti ripiegati su di sé, incapaci di azioni incisive, che vivacchiano nella vita e nella vita spirituale. Essi, infatti, sono più numerosi di quanto si creda. La loro apatia e mediocrità mi ferisce nel più intimo.” 

Ecco noi non dobbiamo vivacchiare e mai essere indolenti ed egoisti perché altrimenti cosa siamo qua a fare? 

Per chi siamo qua?

“Sacerdoti inoperosi? Sacerdoti che pensano solo a se stessi? Sacerdoti che non sanno sacrificarsi per gli altri? Questa è un’aberrazione! Questi parassiti sarebbero sacerdoti solo di nome se il carattere sacerdotale non fosse indelebile e gli obblighi che impone loro non fossero totalmente sacri!”
Queste anime sacerdotali dimenticano la loro origine e i doveri che hanno assunto con l’Ordinazione. Appartengono alle anime e, al contrario, vivono per se stessi; lasciano precipitare nell’abisso, insieme a sé, le persone che essi dovrebbero salvare. E fanno ciò con il vano pretesto che non spetta loro, che non sono affidate alle loro cure. 

Dormono tranquilli mentre il mondo precipita, mentre le anime implorano il loro aiuto, i loro consigli, il loro sacrificio, la loro azione salvifica e santificatrice! 

Quando diciamo: “Io non ho responsabilità, io obbedisco” facciamo Norimberga 2.0! “Io obbedisco a quello che hanno detto!” Ma nessuno ha chiesto obbedienza. È solo stato detto: “questo è il modo che oggi consigliamo”, poi uno può dire “dissento”, uno può dire “mi sembra assolutamente infondato”. Ormai, soprattutto adesso che c’è succo di more ovunque, non si capisce perché ci sia ancora questa indicazione. Vedremo com’è questa situazione quando arriverà al fondo del barile…  comunque si capisce che si sta rivelando nella sua vera natura, perché se fosse motivata da… con il succo di more che ormai bevono tutti non avrebbe più ragion d’essere. Si capisce che la ragione è sempre stata un’altra. Niente di nuovo sotto il sole, perché Gesù ci sta spiegando molto bene, quindi non c’è da stupirsi. Vedremo, perché magari ci saranno sorprese dell’ultimo minuto o magari ci sono già state. Sarà quel che sarà. 

Quindi il Signore ci dice che non possiamo dimenticare la nostra origine, non possiamo far precipitare nell’abisso le persone con il pretesto che non spetta a loro. Spetta a noi invece, perché non possiamo invocare una inesistente obbedienza, che non potrà mai esserci, perché vi ho già detto a questi livelli non può esserci obbedienza. A nessuno può essere imposto un sacramento, neanche il Battesimo che è quello più importante che ci toglie il peccato originale. 

Non invochiamo obbedienze e non diciamo “non spetta a me”. Spetta a ciascuno di noi assumersi le proprie responsabilità davanti agli uomini e a Dio e chiamare le cose con il loro nome.

Sì, in alcuni casi dobbiamo usare altri nomi altrimenti gli algoritmi fanno degli scherzetti, ma tanto siamo tutti intelligenti e ormai capiamo benissimo quali sono le analogie e soprattutto bisogna rispondere alle anime che chiedono aiuto, consiglio, sostegno, luce e dire: “Le cose stanno così, bisogna stare attenti, bisogna essere molti forti, pronti e prudenti”.

Prosegue il Signore:

“Come scuotere queste anime sacerdotali che costarono al mio Cuore intimi e acerbi dolori? Come destarle da questo son- no di morte che preclude loro la via del cielo?”

Sono parole forti. Capite? Non basta che io mi vesta con l’abito, non basta che io dica “sono un Sacerdote”, e allora tutto quello che dico è Verbum Domini. No, dipende dove io sono, come sono rispetto a Gesù.

“Per loro tutto è fatica, tutto è noioso; solo i loro gusti e capricci costituiscono il centro d’attrazione, il Sovrano a cui obbedire.

È proprio così. 

Quando c’è da confessare facciamo tutti gli indiani, siamo tutti occupati, tutti dobbiamo studiare, abbiamo le cose da fare.

Quando c’è da dare la Comunione facciamo salire tutti che mettono le mani da tutte le parti perché io non ce la faccio, sono stanco, mi fa male la gamba, mi fa male il piede, il dito… poi non fa nulla se al termine della Messa sto in piedi a chiacchierare, quello va bene. Però dare le Comunioni no, mi siedo, sto lì bello tranquillo, tanto c’è lo stuolo di ministri STRAORDINARI, lo ripeto, straordinari, cioè “fuori dall’ordinario”… tanto c’è lo stuolo degli “stra-ordinari” che non vedono l’ora, che non aspettano altro e allora va bene. 

Chissà perché quando c’è di mezzo il Signore è tutto pesante, noioso, faticoso, abbiamo tante cose da fare, poi quando abbiamo le nostre cose, quando si tratta delle faccende che a noi stanno a cuore, di quello che a noi piace — Gesù li chiama gusti e capricci — allora lì…

Noi facciamo la Messa “take away”, circa mezz’ora, venti minuti, poi abbiamo i pranzi fraterni che durano un’ora e mezza, ma non avvertiamo uno scompenso, assolutamente, perché le cose del Signore le dobbiamo fare velocemente, altrimenti diventano troppo pesanti, troppo enfatizzate e non va bene, invece le cose che riguardano la “pancia”, quelle invece vanno bene, fino a morire, fino a scoppiare. 

Infatti Gesù lo dice: 

“Il sovrano a cui obbedire”.

Io lo chiamo Moloch. Andate a vedere il dio Moloch cosa faceva, di cosa si nutriva. Anche lui beveva il succo di more… 

Quindi, fatica, peso, noia, stress… ma prenditi la valeriana se hai lo stress! 

“Il maligno li ha molto cari senza che essi se ne accorgano;” 

Io qua faccio una chiosa a Gesù: tanto se se ne accorgessero direbbero che il maligno non esiste, “Qual è il problema? Tanto abitiamo tutti in uno spazio di salvezza, siamo già tutti salvati. È Gesù che non sa queste cose…” Ma santa pazienza, Gesù dai, forza, fai un po’ di teologia. Non puoi sempre essere preconciliare quando parli. Anche Gesù deve fare qualche corso, non si può andare avanti così con tutta questa rigidità: maligno, inferno, punizione. Io penserei a qualche corso  di teologia per Gesù, che lo aiuti a capire che c’è stato un “evento dinamico nella storia”.  

“Pensano di non far danno a nessuno, mentre fanno tanto male con la loro pigrizia e inefficienza.

Dov’è la vita di sacrificio di questi che ogni giorno mi sacrificano sull’altare? 

Quella che fa Gesù è una domanda logica: “Se tu sacrifichi me sull’altare, tu cosa sacrifichi sull’altare al Padre? Tu quando ti sacrifichi? Quando e in cosa ti sacrifichi? Novello Abele, qual è il tuo sacrificio? In cosa consiste? Anche Caino ha offerto il suo sacrificio, però era un po’ diverso. Il tuo sacrificio, caro nuovo Abele, in cosa consiste?”.

Gesù fa una domanda di logica: “Dov’è la vita di sacrificio di questi che ogni giorno mi sacrificano sull’altare? Sacrifichi me e non sacrifichi te? Questo non va bene”. 

“Dov’e il loro zelo, la loro operosità,  il loro amore e dove sono le anime che li aspettano e che dovrebbero presentare al Padre mio conquistate con i loro sacrifici? 

Ma Gesù, se siamo salvati non devo conquistare nessuna anima…

Dov’e la loro fede, la loro preghiera, la loro mortificazione, la loro sete di darmi gloria? 

Capite? Qui c’è un problema. O questo libro è da buttare, oppure finitela voi la frase.

Avete pronte le cinture di sicurezza? Adesso allacciatele.

“Il mio calvario abbraccia anche la predicazione, perché anche lì entra il mondo per rubarmi gloria. Molti predicatori cercano la propria gloria e non la mia, soltanto la mia; cercano se stessi con prediche elevate che diano loro fama; con parole e concetti ricercati, pavoneggiandosi nella loro vasta cultura, nelle loro , qualità oratorie, e facendo brillare i loro talenti (che Io ho dato loro) e quella loro erudizione che li pone al di sopra dei loro compagni e dei fedeli. 

Quanta vanità devo dolorosamente constatare su quei pulpiti che si convertono in teatri, in quelle conferenze che sanno più di mondo che di Dio; più di incenso per sé che di santo fervore per muovere i cuori!
E così quanta gloria mi tolgono i miei sacerdoti! Fanno in modo che le anime cerchino il predicatore e non Me nei suoi insegnamenti. Quante volte non si ricordano neanche che Io esisto, e vanno soltanto per solleticare e appagare l’orecchio con una musica armoniosa ma vuota, che passa senza lasciare la più piccola traccia nell’anima!

Capite? Quando predico, chi predico? Cosa predico?

Avete presente i flabelli che oggi sono stati tutti tolti e bruciati? Noi li usiamo ancora, non più per il Papa, ma per le orecchie della gente. Una volta si usavano per il Papa. Noi “flabelliamo” (ho inventato adesso questa parola che non esiste in italiano) le orecchie delle persone.

Noi accarezziamo, dobbiamo esser gentili, cortesi, non dobbiamo mai usare una parolina fuori posto, dobbiamo essere prudenti, nessuno deve sentirsi troppo offeso o chiamato in causa, ma alla fine, forse, faremmo meglio ad andare a mangiare un bel gelato panna e cioccolato. Cosa stiamo lì a fare?

Noi non dovremmo togliere la gloria a Dio, noi dovremmo far nascere la gloria di Dio nelle persone, lo zelo per la gloria di Dio, la voglia di servire il Signore, la voglia di convertirsi, la voglia di andare da Gesù, la voglia di avere loro una vita spirituale. Questo è quello che secondo me dovremmo fare. L’incenso dovremmo imparare a fare in modo che la gente lo dia al Signore, non a noi. Quando qualcuno mi dice: “Oh padre, che bella omelia”

Io dico: “Le è piaciuta? Cos’è che ho detto?2

“E mah, boh…”

“Signora, quell’omelia faceva pietà e non le è rimasta dentro neanche una virgola, lasci perdere”. 

Quando un’omelia è bella?

Quando possiamo dire grazie al predicatore?

Quando possiamo dire: “Questa è un’omelia di fuoco”?

Quando noi dopo quell’omelia usciamo bruciati, arsi vivi, questa è una bella omelia. Quando dopo quella omelia noi siamo polverizzati e siamo costretti a risorgere nuove creature. Allora questa è stata una bella omelia. Se dopo quell’omelia, quella meditazione tu non sei più quello di prima e sei costretto a cambiare un pezzo della tua vita, quella è stata una bella omelia e quello è stato un bravo predicatore. Altrimenti è tutta fuffa… 

“Quante volte non si ricordano che Io esisto”

dice Gesù.

Ma avete notato che noi preti riusciamo a fare un’omelia, una predicazione, una meditazione, senza nominare mai né Dio, né Gesù? “Dio” forse qualche volta lo diciamo, ma il nome “Gesù”?

Adesso va di moda dire “il Cristo”. Io non capisco, ma si chiama Gesù, perché dobbiamo avere tutta questa paura di dire Gesù?  Abbiamo pudore di dire Gesù, ma poi è tanto bello.

Quello che succede è una cosa strana, che riescono a fare una omelia di venti minuti, una meditazione di un’ora, senza nominare mai il nome Gesù. Ma come fanno? Come si fa a parlare di qualcuno senza nominarlo? Io non ci riuscirei. Faccia una fatica a dire delle more senza dire il nome.

Perché non lo nominiamo mai? È importante dire quel nome.

Abbiamo bisogno di sentirlo dire. Non lo dice mai nessuno.

“Che vuoto profondo lascia negli spiriti un predicatore mondano e vanitoso! Ma quale sarà la resa dei conti di un sacerdote che usa così i pulpiti, lasciando solo gelo in quelli che lo ascoltano e amarezza nel mio Cuore! 

Gelo! Ecco perché vi ho detto: o uscite incendiati, polverizzati, arsi vivi, altrimenti è tutto inutile.

“La missione dei sacerdoti è quella di seminare la mia parola, muovere a pentimento, istruire gli spiriti, convertire le anime, scuotere i cuori e non gettare l’amo per trarne lodi.”

Vedete? Così uno sa se ha corrisposto alla sua missione.

Ha mosso al pentimento?

Ha istruito gli spiriti?

Uno può dire: “Dopo questa omelia, dopo questa catechesi ho imparato cose che prima non sapevo”. Bello!

Ha convertito le anime?

Ha scosso i cuori?

È stato lontano dall’attirar le lodi?

“Il predicatore deve avere buon senso e discrezione con l’uditorio e deve adattarsi alle circostanze: la sua parola dev’essere semplice con i semplici. Ma se è brillante ed efficace deve essere anche piena di modestia e carità verso tutti.”

Quindi capite, se io vado a parlare con i bambini della terza elementare, non posso mettermi a citare il testo in greco, perché è un pò presto per loro.

Un mio carissimo professore mi diceva sempre: “Se voi le cose le capite, le potete dire a me all’esame e al vostro fratellino di tre anni e le capisce. Se voi le avete capite. Ma se non le avete capite, allora le potete dire solo a me, perché non sapete fare questa opera di traslitterazione in relazione all’uditorio che avete davanti”.

Ci lamentiamo sempre che nessuno ci dice mai come dobbiamo fare le omelie. C’è Gesù che lo dice! Con tutta la fatica che fa a dire tutte queste cose, un libro di 400 pagine. La Beata Conchita Cabrera De Armida è stata beatificata da Papa Francesco, non nel 1200. Abbiamo qua questo libro che ti fa l’insegnamento di come si fanno le omelie.

Ci fermiamo qua. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

VANGELO (Gv 12, 24-26)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.
Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».

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