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S. Teresa di Gesù: le Fondazioni, XV parte

Fondazioni 15

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 21 settembre 2021 – Festa di San Matteo Apostolo

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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S. Teresa di Gesù: le Fondazioni, XV parte

Eccoci giunti a martedì 21 settembre 2021. Festeggiamo oggi San Matteo Apostolo ed Evangelista.

Il Vangelo della Santa Messa di oggi, che abbiamo ascoltato adesso, è tratto dal capitolo IX, versetti 09-13 del Vangelo di San Matteo.

Gesù chiama in modo molto semplice, diretto e sintetico:

«Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

Fine. Noi avremmo detto: “Perché, come, dove, quando, con chi, fino a quando, in che modo, aspetto, un attimo, devo fare, devo andare, devo vedere, devo sentire…”

«Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

Nella vita di fede c’è una immediatezza che non può essere delusa, non possiamo sempre cercare delle garanzie.

Poi, Gesù siede a tavola con i lontani da Dio, insieme ai Discepoli. Gesù si presenta come Medico, Gesù riconosce in loro una malattia, la malattia della mancata relazione col Signore e quindi ovviamente la malattia del vivere, dell’essere nel peccato e Gesù dice:

“Misericordia io voglio e non sacrifici”

Che vuol dire: “Quello che conta è: fate attenzione alle mei creature, alla salvezza di ogni creatura, alla sua scoperta di Dio, al suo rapporto con Dio”, perché il Signore è sempre pronto a perdonare, a stare con noi, ad incontrarci.

 

Oggi vorrei leggere con voi il capitolo 4° delle Fondazioni di Santa Teresa:

“2 – Considerando i fatti spirituali che sono avvenuti in questi anni nei nostri monasteri, ho compreso la necessità di quanto ora voglio dire. – Piaccia a Dio che sappia esprimermi secondo il bisogno.

Quando non si tratta d’illusioni, è bene non dar luogo a paure.”

Se non sono di fronte ad un’illusione, perché devo avere paura? Perché devo essere dubbioso? Perché devo avere dubbi, se ciò che sto vivendo, se ciò che ho intuito — adesso Santa Teresa lo dirà meglio — è vero, non posso stare a farmi mille domande.

 “Se si sta all’obbedienza e si va innanzi con coscienza pura, il Signore non permetterà mai al demonio d’aver tanta forza d’ingannarci e di esserci di danno. Anzi, l’ingannato sarà lui. E siccome lo sa, credo che a farci del male non sia tanto il demonio, quanto la nostra immaginazione e i cattivi umori, specialmente quelli della melanconia: le donne sono molto deboli di natura, senza poi dire dell’amor proprio che in noi è sottilissimo.”

Qui devo assolutamente fare una precisazione perché alcune vostre domande di questi giorni mi hanno fatto capire che evidentemente non sono stato sufficientemente chiaro, ed è importante che voi me le facciate, perché io vedendo il rimando che ho dalle vostre domande e perplessità, capisco dove sono stato magari un po’ lacunoso, oppure ho dato per scontato cose che non sono scontate, quindi grazie a tutti coloro che mi fanno presente le loro perplessità. 

Abbiamo detto che, se non si tratta di illusioni, se quindi sto nell’obbedienza, se sto a ciò che mi dice il confessore, e se ho una coscienza pura, il Signore non permetterà al demonio di ingannarmi. Qualcuno giustamente mi dice: “Padre, per esempio, Santa Teresa mi dice che devo obbedire al confessore, o al Padre Spirituale, che ci deve essere questa obbedienza, questa fiducia, questo affidarmi, ma se il confessore mi chiede di fare un passo che va contro la mia coscienza, io devo obbedire?”

La risposta è no, soprattutto se è un passo che non c’entra niente con la mia vita spirituale. Il confessore non può venirmi a dire: “da oggi devi mangiare il pane di segale perché quello di miglio non va bene”, questo non c’entra niente con il discorso della confessione e dell’obbedienza. 

Io posso dire: “Guarda, secondo me ci fa tanto bene mangiare tanta buona verdura”, e va bene, “Secondo me ci fa bene fare una buona corsa ogni giorno”, e va bene, “Ci fa bene riposare”, bene. Ma questo non è tema di obbedienza legata al rapporto con il confessore. 

Quando Santa Teresa parla di questa obbedienza fa riferimento alla vita spirituale, non so se sono chiaro. 

Quindi se uno mi viene a dire: “Guarda, è proprio opportuno che tu beva un bel succo di more” io devo in coscienza sentirmi obbligato? No. Assolutamente no, perché non c’entra niente, anzi è un abuso. 

Io in quel caso il confessore ti può dire il suo pensiero, può dirti:  “Secondo me è opportuno che… o secondo me non è opportuno che…” ma non può chiederti l’obbedienza su questa cosa, stando ai termini di Santa Teresa. Non può impegnare il suo Sacerdozio, il suo essere Padre, il tuo essere figlio, no, perché c’è una libertà di coscienza. 

Ecco perché Santa Teresa stessa, e anche  in non tanto tempo fa vi dissi: “Bisogna scegliere con molta oculatezza il nostro Padre Spirituale, colui nelle mani nel quale ci affidiamo”, perché se si sbaglia questo livello poi sono problemi grossi. È un po’ come andare dal cardiologo sbagliato.

Per farvi un altro esempio: io vado dal cardiologo a farmi visitare. Con un cardiologo di cosa parlo? Parlo del cuore. Il cardiologo mi dice: 

“Guardi è importante che lei dimagrisca 20 chili perché se no il suo cuore…” Bene. 

“È importantissimo che lei faccia una camminata di un’ora perché se no il suo cuore..” Bene. 

Ma il cardiologo non può venirmi a dire: “È bene che lei compri una penna stilografica e non quella a sfera perché secondo me…”. No, perché questo non è il suo ambito, non c’entra niente. 

Mi può dire: “Guardi a me piacciono tantissimo le penne stilografiche piuttosto che quelle a sfera”. Bene, questo sì, ma non può impegnare la sua professione, la sua autorevolezza sul dirmi che le penne a sfera sono meno buone di quelle stilografiche, perché non è il suo campo, non c’entra niente. Lui mi parlerà del cuore e di tutto ciò che ruota attorno al cuore, lì avrà autorevolezza ma non altrove, altrove sono le sue idee che lui mi può motivare e spiegare ma non vincolarmi — vincolarmi si fa per dire, perché poi siamo tutti liberi — non può impegnare la sua autorevolezza di professionista in campo medico per le penne stilografiche, perché non è il suo campo. 

La stessa cosa vale qui, per cui io vi posso dire: “Secondo me, è cento volte meglio bere un succo di mirtilli, un succo di lamponi, un succo di ciliegia, che non un succo di more”. Bene, ma qui lo dico e qui mi fermo, senza andare oltre. 

Invece, come mi hanno raccontato, qualcuno avrebbe detto: “Ecco perché se tu non bevi il succo di more, sei cattivo, malvagio, fuori da, contro, non…” e via di seguito.

Questo non si può fare perché non è un ambito nel quale tu puoi impegnare a questo livello la tua autorità. 

Non puoi trarre dei giudizi se io in coscienza ti dico: “No, io la penna a sfera non la voglio, voglio solo quella stilografica”. Non è che sono meno buono di quell’altro che prende la penna a sfera. Questo è un abuso. 

E questo è il tempo in cui ciascuno di noi deve un tantino svegliarsi. Non è più il tempo nel quale ci si fida così. E poi, come sempre vi dico, ve lo ripeto e ve lo ripeterò fino alla nausea: quando vi vengono fatti certi discorsi, per favore chiedete le fonti, quali sono le fonti. 

Voi capite che se il cardiologo mi parla del cuore avrà fonti scientifiche amplissime, se mi parla della penna stilografiche, ne avrà una: “No, perché l’ha detto anche…”. Sì, va bene, ma è il suo pensiero. È la sua idea, va bene, può essere sbagliata come può essere giusta. 

Anche io posso dire:  “A me non piace la lattuga preferisco la riccia”. Ma cosa vuol dire? Che tutti quelli che mi conoscono devono mangiare la riccia? Ma che senso ha? 

Lo capiamo da soli con la nostra intelligenza che questa cosa non ha alcun senso, è la mia idea e se io occupo un posto di grande rilievo è pur sempre la mia idea, e se a me la riccia non piace mi mangio 5 chili di lattuga, ma non per questo mi devo sentire in colpa o sbagliato, o fuori da… assolutamente.

Quindi se sto nell’obbedienza, ma dentro al giusto campo, dentro ai giusti modi, e affidato alle giuste mani, e se si va avanti con coscienza pura, il Signore non permetterà mai al demonio che veniamo ingannati. Capite qui tutta l’importanza per Santa Teresa della scelta del confessore. Lei ha sofferto tantissimo per alcuni confessori sbagliati che ha avuto. Noi dobbiamo quindi essere molto attenti.

L’altra obiezione è: “Ma se io non ce l’ho il confessore con cui parlare o il Padre Spirituale? O se non lo trovo? O se vicino a me non c’è nessuno?”

Certo è vero, questo è un dramma, una cosa molto dolorosa e difficile, “di necessità virtù”, grazie al cielo esiste il telefono, i nostri mezzi di comunicazione, a mali estremi estremi rimedi…

Facciamo un esempio, facciamo finta che Padre Pio sia vivo adesso e facciamo finta che anche Padre Pio abbia i suoi strumenti, come li sto usando io, abbia il suo telefono, pensiamo ad un Padre Pio odierno, di oggi, e pensiamo che io vivo a Milano e lui vive a Pietrelcina, e che io non posso andare a vederlo tutte le volte che ho bisogno, di incontrarlo. Quindi cosa farei? Molto semplicemente, mettiamo che intorno a me non ho niente di adatto alla mia situazione, prenderei e scriverei una mail: “Senta Padre, io mi chiamo Tal dei Tali, questa è la mia età, questo quello che faccio, ho un disperato bisogno di essere consigliato e guidato, mi rendo conto che ci sono 1500 km di distanza tra me e lei, a me non è possibile venire lì ogni settimana o ogni mese, capisco che non è la cosa ideale vedersi in videochiamata, piuttosto che su Skype, o piuttosto che con una telefonata, me ne rendo conto, non ho però un altro mezzo, la situazione nel quale si vive forse non è delle migliori, ma mi può aiutare?”

Certo non posso avere pretese, questo è evidente, perché se solamente venti persone fanno il mio stesso ragionamento… pensate a Padre Pio che ne aveva un po’ più di venti, capite che per Padre Pio la vita diventa molto complessa se deve andare incontro sia a quelli che incontra fisicamente, sia a quelli che sono lontani. Capite che diventa un po’ tutto complicato, molto pesante, molto difficile, dobbiamo capirlo, possiamo immaginarlo da soli. Allora mi accontenterò di quello che mi può arrivare, dando io la mia disponibilità massima, dicendo di essere disponibile sempre, chiedendo il momento più opportuno per potersi vedere con una videochiamata, o sentirsi al telefono, in modo tale da poter fare quattro, cinque domande che si ritengono fondamentali, importantissime in questo momento e sulle quali si ha bisogno di una luce. 

Certo non è la classica Direzione Spirituale, non mi posso confessare per telefono, vero, è una Direzione Spirituale straordinaria per tempi straordinari, non è una confessione, è una Direzione Spirituale sui generis, a distanza, come esiste la telemedicina. Certo, è diverso il fatto che io vada dal dottore e lui mi visiti fisicamente, però se sono nel Villaggio del Bangladesh e ho lì una persona che sta morendo, va benissimo anche la telemedicina. Non faremo delle diagnosi strepitose, ci saranno degli errori, però sempre è meglio che niente, sempre meglio che affidarmi al mago del villaggio, che viene lì con i pupazzini, gli incensi, e quattro radici di piante mezze morte da farmi mangiare, per farmi curare un’appendicite che sta andando in peritonite. Piuttosto che affidarmi al mago del villaggio mi faccio una videochiamata con la telemedicina. La stessa cosa vale per lo spirito, piuttosto che affidarmi al mago del villaggio, cercherò il modo più intelligente, fantasioso  e percorribile possibile per dire: “Aiutami, ho bisogno di aiuto, e siccome sono circondato da maghi, perché qui nel mio villaggio non ho altro che maghi, e io non voglio affidare la mia vita ai maghi, appena ti è possibile, questa è la mia situazione, sentiamoci, non lasciarmi senza aiuto”.

Guardate non credo che esista un Sacerdote che possa lasciare qualcuno senza essere aiutato, certo dobbiamo essere comprensivi tutti. Vi garantisco che per alcuni di noi sono tempi molto duri, molto pensanti, molto difficili, veramente tempi che ti strappano il sonno dalla testa, perché si arriva a sera e non si è riusciti a fare neanche la metà di quello che si dovrebbe, e ci si rende conto, non crediate che non ci rendiamo conto, che ci sono persone che hanno bisogno, ecco perché vi dico che non è più il tempo dei messaggini con i fiorellini, non è più il tempo: “Adesso ti scrivo per raccontarti una cosa simpatica, per mandarti i video di YouTube che mi piace, la canzoncina che mi piace, la meditazione che mi piace…” Non è più il tempo, dispiace a tutti ma non è più il tempo. Non è più il tempo della frasina spirituale. 

Quando si è in uno stato di necessità, non uso l’altra parola perché mi è venuta nausea, non si sente altro che quella che inizia per la “e”, quando si è in uno stato di guerra ad esempio, in una battaglia, quello non è il tempo di regalare le rose, di mettersi a parlare dei campi fioriti, è il tempo in cui ogni parola ha un peso e si dice solo il necessario. 

È un tempo abbastanza grave, per cui non disturbiamo, se devo dire una cosa, non mandiamo 25 messaggi con una riga ciascuna, perché magari quel Sacerdote è al telefono che sta seguendo un situazione grave e continua a sentire sul telefono il “din” della notifica dei messaggi per 25 volte, per dire esattamente 25 parole. Scriviamo un unico messaggio contenente 25 righe, così arriva una sola volta, tanto non c’è fretta, non sta esplodendo il mondo, oppure scriviamo una mail, una, non 25. Anche i messaggi di riconoscenza, che sono belli, importanti, lo capisco che nascono da un cuore buono, perché si desidera dire grazie alla persona perché ci fa tanto bene, lo capisco, sono bellissimi da ricevere, però forse non è più neanche il tempo di questo, fateli una volta e basta, scrivete poi solo per cose gravi, urgenti, di necessità, lasciate spazio. In un ospedale da campo non posso entrare io dicendo che ho mal di testa, mentre c’è quello che sta perdendo una gamba, non posso entrare dicendo che ho bisogno di un dottore perché mi fa male un’unghia quando c’è quell’altro che ha la pancia aperta perché gli è esplosa una mina tra le mani. Dobbiamo renderci conto della situazione. Il male all’unghia lo vado a dire in un tempo di assoluta serenità quando non ci sono problemi, allora ci sta, ma se siamo in un ospedale da campo e siamo in mezzo a persone che vengono amputate o bisogna salvare loro la vita, voi capite che è meglio restarmene in disparte, il taglietto che ho sul dito me lo curo da solo, perché mi rendo conto da solo con la mia intelligenza che non è il tempo, e che a questo mondo non esisto solamente io. Anche perché poi succedono cose strane: ci sono quelli che stanno morendo e stanno zitti perché non vogliono disturbare e poi ci sono i soliti che hanno un taglietto sul dito, o una spina sul dito e cominciano ad urlare come se stessero morendo. Succedono queste assurdità, per cui se c’è una necessità, e siamo tutti capaci e intelligenti di riconoscerla, se c’è una gravità mi faccio vivo, in modo sintetico e chiaro, come vi dico sempre, con un unico messaggio, altrimenti, cerco di arrangiarmi un po’ da solo se non è una cosa grave, se non è una cosa importante, piuttosto mando una mail che disturba meno e spiego la situazione chiedendo di valutarla per poter intervenire o dire una parola. 

Faccio un esempio: se ci fosse qui Padre Pio non mi metterei a mandargli 25 messaggi con su scritto: “Padre grazie, Padre preghi per me, Padre la penso, Padre mi pensi, ho uno scrupolo di coscienza”. No. Mi piacerebbe. Ne avrei vantaggio? Sì, ma in questo mondo non esisto solamente io.

Se stiamo dentro a questo grande insieme, se stiamo dentro a questa grande rete, e se stiamo dentro a questo grande affidamento al Signore, e dentro ad un giusto rapporto di obbedienza, corretto, dove non ci sono abusi e dove il cardiologo fa il cardiologo e non fa l’agricoltore, allora, dice Santa Teresa: “Non verremo ingannati

 “E siccome lo sa, credo che a farci del male non sia tanto il demonio”

Quindi stiamo attenti a non accusare sempre il demonio.

“Quanto la nostra immaginazione e i cattivi umori, specialmente quelli della melanconia”

Sarà Teresa poi dedicherà, mi sembra il capitolo 7° — vado a memoria — al tema della malinconia, un capitolo intero perché è una questione grave. Lo avevamo già affrontato con Larchet e lo affronta anche S. Teresa nel 1500 perché si rende conto che il tema della malinconia, di questa mestizia, di questa tristezza, è un tema grave, è una malattia grave dell’anima che va curata molto bene, quindi stiamo attenti all’immaginazione, ai cattivi umori, ad agire in base a questo, del tipo: “Ecco, non mi vuole bene, non mi pensa, vuole bene più agli altri che a me, non mi tratta come dovrei essere trattato…” Queste cose non vengono da Dio, vengono dal nostro amor proprio, dalla nostra immaginazione, dai nostri cattivi umori, quindi mi faccio i “viaggioni mentali”, mi costruisco i film, mi faccio i teatri nel cervello, pensando, credendo, sentendo le voci. Questo non è il demonio, questo sono io che viaggio, al posto di andare in macchina vado con la testa, solo che come con la macchina, anche con la testa posso andare fuori strada. E poi sono io che mi deprimo, e quindi scatta la malinconia.

“Le donne – lei dice – sono molto deboli di natura”

Magari lo sono soprattutto su questo punto di vista, e quindi  accade che dicono: “mi lascio andare a questa tristezza, a questi pensieri negativi..” e io rispondo sempre: “Fate memoria, facciamo memoria, è la memoria che ci salva da queste cose. Non c’è altro che la memoria, solo la memoria ci può salvare da queste cose.”

A me è successo, mi succede ad esempio che scrivo un messaggio al confessore perché devo andarmi a confessare: “Mi può ricevere a questo giorno e a quest’ora?” Vedo che legge il messaggio e poi non mi risponde, ma non è che vado a pensare “che non mi vuole bene, mi esclude dalla sua vita, non conto più niente, e gli altri contano più di me.” No, sarà che forse è capitato a me 100 milioni di volte, vedo che lo ha guardato e dopo una giornata non mi risponde e mi dico: “Giorgio è capitato come è capitato a te che sono arrivati altri trenta messaggi e questo è rimasto sepolto vivo sotto, si è completamente dimenticato, mandagliene un altro”.

 E infatti gliene mando un altro e scrivo: “Scusi, non è che magari le è scappato, io sono qui, se lei mi può dare una risposta”.

Mi risponde subito scrivendomi: “Scusami sono stato presissimo, mi è andato via di mente, ci mancherebbe, vieni”.

Ecco, non facciamo i viaggioni. Da un dito di latte non costruiamo una vasca di gelato. Stiamo lì, stiamo fermi, non pensiamo sempre male, sempre al peggio, diamo comprensione, diamo credibilità, diamo uno spazio vitale, non ci siamo solo noi a questo mondo, non cadiamo dentro la depressione, dentro la paura, dentro il timore di essere abbandonati, di non essere amati, non cadiamo in queste cose, perché diventiamo ulteriormente un peso, ingombranti dove già non c’è più spazio, e dove lo spazio è poco deve essere riservato a coloro che stanno veramente male, ai casi veramente gravi e seri, che purtroppo ci sono.

“Avendo trattato con molte persone venute a trovarmi —uomini e donne — senza contare le monache di questi monasteri, ho visto chiaramente che molte volte, pur non volendolo, ci s’inganna da noi stessi.”

Siamo noi la fonte del nostro inganno, ci inganniamo con le nostre idee, con le nostre immaginazioni, con il nostro amor proprio, con la nostra malinconia, con le nostre tristezze.

 “Credo che in ciò debba intromettersi il demonio.”

Certo, lei dice che prima facciamo tutto da soli e ci impasticciamo da soli, poi arriva lui e fa il colpo di grazia.

“Tuttavia, nel gran numero di anime che ho conosciuto, non ne ho vista una, per bontà di Dio, che sia stata da Lui abbandonata. – Ben può essere che nel permettere questi inganni Egli si proponga di farle uscire con esperienza.”

Tu hai l’esperienza di essere ingannato e il Signore perché la permette? Perché così fai un’esperienza, esci da questa cosa con l’esperienza di… e quindi magari potresti aiutare anche gli altri.

Bene, vi auguro una santa giornata, preghiamo e diamoci da fare.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

VANGELO (Mt 9, 9-13)

In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

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