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Pronti e svegli

Lampada

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 19 ottobre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione

Pronti e svegli

Eccoci giunti a martedì 19 ottobre 2021.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo XII di San Luca, versetti 35-38. 

Il Signore ci invita, con questo Vangelo, a vigilare, a vegliare, a essere pronti, a non addormentarci, ad avere in cuore un’ urgenza: Lui. Solo se si ha in cuore questa urgenza ci si può non addormentare, solo così potremmo aprire subito, solo così si può essere svegli. Abbiamo bisogno di essere svegli.

Continuiamo la lettura della Lectio Divina del Santo Padre Benedetto XVI, tenuta giovedì 10 marzo 2011, nell’incontro con i parroci della Diocesi di Roma nell’Aula della Benedizione. Abbiamo letto già una prima parte, adesso andiamo avanti a vedere l’altra:

“Ho servito il Signore con tutta umiltà”.

Il Papa sta citando San Paolo.

 “Anche «umiltà» è una parola-chiave del Vangelo, di tutto il Nuovo Testamento. Umiltà, ci precede il Signore. Nella Lettera ai Filippesi, san Paolo ci ricorda che Cristo, il quale era sopra a noi tutti, era realmente divino nella gloria di Dio, si è umiliato, è sceso facendosi uomo, accettando tutta la fragilità dell’essere umano, andando fino all’obbedienza ultima della Croce (cfr 2,5-8). Umiltà non vuol dire una falsa modestia – siamo grati per i doni che il Signore ci ha dato..”

Quindi l’umile non è quello che dice: “No ma io non valgo niente, no ma io non sono niente, non conto niente, no ma io non capisco niente…”, perché se no, un bambino di seconda elementare che hai davanti, ti guarda e ti dice: “Scusa ma cosa sei al mondo a fare? Tu sei un errore di Dio, evidentemente”, ma siccome Dio non può sbagliare allora sei tu che stai sbagliando con questa analisi, con questa autoanalisi assolutamente irreale.

L’umiltà che Gesù ci insegna nel Vangelo, che ci insegna con la sua vita, non è questo, non è il misconoscimento di ciò che io sono, non è mangiare chiuso in un angolo al buio, non è vivere nella logica del brutto anatroccolo piccolo, bagnato, sporco, malato e poverino che nessuno capisce, nessuno comprende, nessuno ama, nessuno cerca, nessuno guarda, nessuno vuole… Non funziona, è evidente che non va bene, non gira il meccanismo e non si può né educare noi stessi, né educare gli altri a questa falsa umiltà, che poi è una falsa modestia. Non è corretto, non giusto. 

Quindi, ad esempio, se Tizio ha una bellissima voce per cantare, non gli devo dire: “No, tu devi fare voto di silenzio e diventare muto perché se tu canti ti metti in mostra e vuoi fare la primadonna o quello diverso da tutti perché fai sentire che canti bene”.

“No, ma scusa, se io canto bene, ho una voce bellissima perché Dio me l’ha data, e tu no perché sei stonato come un’asino che raglia, questa non è colpa di nessuno, né della mia situazione, né della tua”.

Quindi l’umiltà non sarà di certo che io mi devo nascondere in un tugurio o tagliarmi le corde vocali, perché così nessuno mi sente e nessuno sa che io sono capace di cantare così. 

Ecco, questa non è l’umiltà. Non è sparire, non è dissolvermi, non è sciogliermi nell’indistinto, nell’anonimato, nel dietro le quinte, questa è falsa modestia. 

Scrive il Papa:

“Siamo grati per i doni che il Signore ci ha dato”

Io non so se siamo grati per i doni che Dio ci ha dato. Domanda: siamo grati per i doni che Dio ci ha dato?

 “ma indica (l’umiltà) che siamo consapevoli che tutto quanto possiamo fare è dono di Dio, è donato per il Regno di Dio.”

Questa è l’umiltà.

“consapevoli che tutto quanto possiamo fare è dono di Dio, è donato per il Regno di Dio.”

Ma lo facciamo, però! Non mi metto in mostra per il gusto di mettermi in mostra o perché voglio dire che sono bravo io e che sono capace, ma mostro i doni che Dio mi ha dato, lavoro per il Regno del Padre per rendere gloria a Dio, per dire che è un dono di Dio, ma gli altri devono vedere che è un dono di Dio, devono vederlo questo dono perché se no come fanno a rendere gloria a Dio? Che è ben diverso dal mettermi in mostra.

Se il pavone non aprisse mai la sua ruota, nessuno potrebbe vedere quella meraviglia, quell’opera stupenda che Dio ha creato facendo le penne del pavone. 

Apro un inciso: solo un cieco può pensare che tutto questo venga da un brodo primordiale che il caos ha messo insieme. È impossibile! Dal caos e dal brodo non viene fuori un pavone in tutta la sua bellezza. Voi provate a mettere un brodo e a lasciarlo lì 2000 anni, o milioni di anni, quello che volete, a parte che evapora, ma comunque, vediamo se viene fuori un pavone. Per favore! 

Pensate alla meraviglia di un occhio, che cos’è un occhio? Non si finirà mai di studiare un occhio. Pensate all’altissima ingegneria che sta dietro al nostro poter vedere, andate a leggere, andate a studiare come è fatto un occhio e come funziona la vista. Non è che io apro gli occhi, vedo, ed è tutto facile. Andate a vedere come accade il poter vedere, o l’udito, andate a vedere. E tutto questo verrebbe dal brodo primordiale e dal fatto che io prima camminavo a quattro zampe e poi mi è caduta la coda..? Per piacere! Cerchiamo di essere seri in queste cose.

Quindi non è questo.

 “In questa umiltà, in questo non voler apparire, noi lavoriamo.”

Non lo faccio perché voglio mettermi in mostra ma perché voglio mostrare le opere di Dio, è Dio che mi ha dato tutto questo, ma io te lo faccio vedere. 

Se io sono bravissimo a fare il gelato, se sono bravissimo a danzare, a ballare — pensate a Nureyev, un nome fra i tanti — o a cantare, o a disegnare, o a lavorare il legno, non è che devo nascondere tutto questo perché se no cado in superbia, no, lo devo mostrare con la consapevolezza che è dono di Dio. 

Pensate a Sant’Ambrogio, a come predicava, tanto bene che ha convertito Sant’Agostino. Pensate a San Giovanni Crisostomo, “Bocca d’oro”, perché come predicava lui non predicava nessuno. Allora deve chiudersi la bocca? No, non è così.

“Non chiediamo lode, non vogliamo “farci vedere”, non è per noi criterio decisivo pensare a che cosa diranno di noi sui giornali o altrove, ma che cosa dice Dio.”

Capite la prospettiva? Se io lo faccio per essere ammirato, allora sto cercando il consenso, allora sto cercando l’approvazione, cioè io valgo tanto quanto gli altri me lo riconoscono, tanto quanto gli altri mi apprezzano, tanto quanto gli altri mi danno il loro consenso, faccio audience, sono approvato,  complimentato, applaudito, desiderato, apprezzato, ricercato. Questo non va bene, perché nel momento in cui non c’è più questa platea allora non ci sono più neanche io, e invece no. 

Il criterio decisivo non è cosa pensa il mondo di me, ma cosa pensa Dio di me, che cosa dice Dio di me; se il mondo mi applaude bene, se non mi applaude, bene lo stesso, se il mondo mi applaude vado avanti, se non mi applaude vado avanti lo stesso, cioè non è quello il criterio, purtroppo per noi, invece, è questo il criterio.

Scrive il Papa:

 “Questa è la vera umiltà: non apparire davanti agli uomini, ma stare sotto lo sguardo di Dio e lavorare con umiltà per Dio e così realmente servire anche l’umanità e gli uomini.”

Quello che conta è stare sotto lo sguardo di Dio, non ricercare i riflettori, è in questo stare sotto lo sguardo di Dio, lavorare per Dio, servire l’uomo e l’umanità. Poi se arrivano i riflettori, se io canto benissimo e tutti se ne accorgono, va bene, anche quelli serviranno, avrò l’occasione per ringraziare Dio in quel momento, visto che non lo fa mai nessuno. 

Non so se avete notato, ma quando qualcuno è molto bravo a fare qualcosa, quando gli fanno un’intervista e gli dicono: “Cosa vuole dire? Che messaggio vuole lanciare?”. È difficile trovare qualcuno che dica: “Voglio dire grazie a Dio per il dono che ho ricevuto”. È questo che dovremmo fare, perché se noi abbiamo la vita, l’abbiamo perché Dio ce la dona. Questa è l’umiltà.

Prosegue:

“Non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi” (v. 20). San Paolo ritorna, dopo alcune frasi, di nuovo su questo punto e dice: “Non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio” (v. 27). Questo è importante..”

Attenti adesso cosa scrive il Papa:

“L’Apostolo non predica un Cristianesimo “à la carte”,

Che vuol dire: il menù. Quindi io vado in pizzeria e dico: “Desidero una pizza Mari e Monti” e mi portano una pizza Mari e Monti. Il cristianesimo non è una pizza, dove io ordino quella che mi piace di più. Infatti il Papa scrive:

“secondo i propri gusti, non predica un Vangelo secondo le proprie idee teologiche preferite;”

Perché questo non è il vero cristianesimo, non devo piegare l’annuncio di Cristo a mio uso e consumo, secondo i miei gusti.

Se voi prendete un libro, qualunque esso sia, in lingua originale, può essere l’inglese, il francese, lo spagnolo, il greco, il latino, qualunque, e poi prendete tre versioni diverse, tre traduttori diversi, voi noterete delle grandi differenze tra una traduzione e l’altra, perché lo stesso vocabolo, la stessa espressione un traduttore la metterà in un modo e uno in un altro. Che cosa fa la differenza? La testa, il cuore, la vita del traduttore. In quella traduzione passerà ciò in cui lui crede. Ciò in cui lui crede, diventerà come lo stampo che modellerà la sua traduzione. La stessa cosa la fa il predicatore. Il Vangelo è lo stesso ma se  prendete due predicatori, uno è capace di dirvi A e l’altro è capace di dirvi Z. Dello stesso testo uno dice una cosa e l’altro il suo contrario, perché quel medesimo testo può essere interpretato in molti modi e qui entra in gioco tutta la storia, tutto il credo, tutta la formazione di colui che traduce, o di colui che parla. Del resto, una predicazione è una forma di traduzione, perché io vi sto trasmettendo un pensiero. 

Ecco perché bisogna stare molto attenti ai mezzi di comunicazione. Uno può dire: “Ma, io mi metto lì e guardo un film”. No, dentro a quel film c’è un mondo. “No, ma io metto lì, tanto c’è la pubblicità”. Stai scherzando? Non hai idea in quella pubblicità che cosa passa. Per fare quella pubblicità vai a vedere quanta gente è stata coinvolta, che studi e che professionisti ci sono dietro, perché tu domani, quando andrai al supermercato a fare la spesa, stai tranquillo che non è oggi e non è domani ma quel prodotto nel tuo carrello ci entrerà, e tu non saprai come, lo sapranno loro come, ma sta di fatto che tu lo prenderai, non è oggi, non è domani ma lo prenderai, perché non è che sono fatte a caso, ci sono fior fiori di professionisti e studiosi dietro a queste cose. La stessa cosa vale per i film, tutti i messaggi che passano, non scherziamo! 

Pensiamo di essere noi che facciamo la storia, calma. Se uno si dovesse fermare un attimo a pensare e dovesse dire: “Ma siamo sicuri che le cose stanno proprio così?”. Magari non è detto che le cose stanno proprio così, dicono che le cose stanno così, ma le cose stanno proprio cosi? Aspetta che vado a verificare un attimo, aspetta che mi rendo conto io un pochino di come stanno le cose.

Un pò come quando eravamo piccoli che si diceva — grazie al cielo non tutti hanno avuto questi traumi — “attenzione a non uscire col buio perché c’è l’uomo nero che porta via i bambini”. Dopo uno dice: “dobbiamo curare i bambini perché hanno paura del buio”. Ma scusami! Se tu gli metti nel cervello che nel buio c’è l’uomo nero che porta via i bambini, mi viene da pensare che un bambino sano, vedendo il buio, cosa fa? Ha paura! E quindi vuole dormire con la mamma, non vuole stare in camera da solo. E quindi se gli dici: “Per favore vai giù in cantina a prendermi una bottiglia di vino e tre scatolette di tonno”, quello quando scende e risale, praticamente è da cambiare, perché gli ha preso un tale terrore che… capite! Oppure te lo trovi attaccato a un muro che trema e che piange perché non riesce a scendere. Ma certo! Ma non perché il problema è la cantina, o la strada, o il percorso, ma è il buio. Ma perché è il buio? Perché gli abbiamo insegnato che nel buio c’è l’uomo nero, c’è qualcosa di male, c’è un’insidia che lo attacca, se no, uno al buio cosa fa? Accende la luce. Siamo nel 2021 cosa faccio? Prendo una pila — a parte che non esistono neanche più — accendo la luce, prendo il telefono e faccio partire la torcia, affronto il buio così. Ma chi gli ha messo nella testa che il buio è pericoloso? Andiamo a vedere se veramente c’è l’uomo nero. 

Invece di dire a un bambino: “L’uomo nero non esiste”, perché potrebbe risponderti: “Perché dovrei crederci? Se fino a ieri mi hai detto che devo avere paura del buio e c’è l’uomo nero, adesso hai cambiato versione, adesso l’uomo nero non c’è più perché devo andare giù a prenderti tre latte di tonno e la bottiglia di vino? Fammi capire. C’è o non c’è? Io per non sapere né leggere né scrivere ho paura e per me c’è, quindi non vado”.

Invece di dire: “Vai giù, affronta la tua paura, combattila, non c’è più l’uomo nero perché l’ho incatenato io, vai a prendermi la bottiglia di vino”, forse potrebbe essere più intelligente dire: “Guarda, scendiamo insieme, andiamo a vedere se veramente c’è l’uomo nero, perché magari non esiste. Ti ho fatto pensare io che esisteva perché mi faceva comodo che tu avessi paura del buio, ma non c’è nessun uomo nero, non c’è nessuno che ti porta via. Sono io che ti sto portando via la tua pace, la tua serenità, la tua bellezza insegnandoti ad avere una paura irreale.” È diverso. “Andiamo giù a incontrare il buio, stiamoci in questo buio, vedrai che non c’è nessun uomo nero, o se c’è lo troviamo insieme, lo affronteremo insieme quest’uomo nero. Non sei lì da solo nel buio della cantina, siamo insieme. Se c’è, lo combattiamo, se non c’è torniamo a casa, senza essere troppo feriti, e poi possiamo sempre accendere una luce, così lo vediamo anche in faccia quest’uomo nero. È anche un’occasione! Prova a pensare che bello! Invece di aver paura di una cosa che non vediamo, andiamo a cercarlo quest’uomo nero, così lo vediamo com’è fatto. Chi ha detto che è piccolo, o che è grande? Che è grosso o che è magro? Che alto o che è basso? Come facciamo a sapere chi è, come è fatto? Andiamo a vederlo. Scendiamo insieme a cercarlo e alla fine magari scopriremo che non esiste, che c’è solamente buio, ma il buio non ha mai fatto del male a nessuno.”

La risoluzione del buio non è: mettiamo un sole h 24. La soluzione del buio è: impariamo a vivere al buio, anche al buio. Ha il suo perché, ha la sua bellezza, e forse scopriremo che nel buio vediamo le stelle, e magari anche la luna, che quando c’è il sole non possiamo vedere, che poi questo buio non è poi così terribile, che ha tante ricchezze anche lui come il giorno, e via di seguito.

Dai, ho fatto venire a tutti la voglia di andare a vedere il buio, di affrontare il buio, e vivere un po’ il buio! Il buio ha il suo perché.

Quindi non dobbiamo seguire le nostre idee teologiche preferite, ma neanche quelle degli altri. Dobbiamo seguire la verità, il Vangelo, non: “Siccome mi hanno detto che l’elefante ha due proboscidi, allora credo che le abbia”. No, andiamo a vedere se è vero.

Questa ve la devo raccontare, mi è venuto in mente un flash incredibile. Quando ero piccolo andavo al mare in Liguria. Avevamo casa in uno di questi palazzi, erano una sorta di condomini, su tre piani, un po’ a ringhiera che invece di alzarsi in altezza si allungavano, erano lunghi, erano molto belli, poi davano sul paesaggio, sul mare, sapete che in Liguria c’è anche un po’ di montagna, condomini molto belli e molto ampi. 

Praticamente sotto casa nostra, c’era un giardino molto bello ma molto buio, perché ricco di molte piante, quindi dava un po’ questo senso di buio, di oscurità, nascondimento, e sotto di noi stava una famiglia la quale aveva un parente — penso che fosse un fratello — malato di mente, che aveva dei problemi psichiatrici seri. 

Noi eravamo tanti ragazzi che durante l’estate andavamo lì con le nostre famiglie e quindi d’estate ci ritrovavamo tutti in questi appartamenti. Era partita questa cosa, questo mito che lì sotto ci stava il mostro: quest’uomo, che nessuno aveva veramente mai visto e col quale nessuno aveva mai parlato una volta. Lì sotto, si diceva, stava questo mostro. Tra l’altro questo appartamento era l’unico che era chiuso da un cancello, perché gli altri erano tutti a vista, quindi tu potevi andare nella casa di chiunque perché ci passavi davanti, ma lì c’era un cancello che chiudeva tutto e non ti faceva vedere neanche dall’interno. Io e quelli sopra di me potevamo vedere bene dentro perché guardavamo dall’alto, quindi vedevamo la porta di ingresso, un po’ del giardino, poi se ci sporgevamo dall’altro balcone vedevamo ancora un’altra parte del giardino. Insomma c’era questo mito di quest’uomo pazzo che faceva del male ai bambini, che bisognava stare attenti a quest’uomo e tutte queste cose. Ovviamente c’era questo, unito allo scherno. Di fatto non l’abbiamo mai incontrato, non l’abbiamo mai visto, però lo si prendeva in giro questo uomo pazzo. 

Un giorno l’ho visto uscire di casa, stando sopra. Ero lì fuori dalla porta che curavo un po’ i fiori — mi piaceva curare le piante e i fiori già allora — e ho visto muoversi quest’uomo. Guardandolo che camminava nel suo giardino non ho avuto l’impressione che fosse un mostro, così , quando ho visto tutti i miei amici — eravamo una banda di scalmanati! — ho raccontato loro di aver visto quel signore e ho detto: “L’ho visto ma non è come lo stiamo dipingendo noi, non è cattivo, non fa del male ai bambini, non ci fa niente.” “No, no, non è vero!” Mi hanno risposto.

Insomma, già potete immaginare com’è finita la storia, il mio carattere era già allora un po’ particolare. La storia è finita che un giorno, un pomeriggio, mi sono stufato di questa situazione. Noi amici dovevamo vederci alle 15.30. Io alle 13.45 senza dire niente a nessuno, senza avvisare nessuno, ho preso, sono sceso da solo, sono andato al cancello sotto di noi, al cancello di questa famiglia, che non avevo mai visto, mai incontrato — poveretti, immaginatevi che situazione viveva questa famiglia a quei tempi — sono andato e ho suonato. Mi hanno aperto. Questa signora, gentilissima mi ha aperto e ho detto: “Io sono Giorgio”.

– “Si lo so come ti chiami, sento che ti chiamano, ti vedo”.

– “Sono Giorgio e volevo conoscere questo signore”.

Solo un bambino può fare queste cose, perché ovviamente ci vuole una certa semplicità e spontaneità. Questa signora mi ha fatto entrare, ed è arrivato lui poco dopo. Io sono entrato, lei ha chiuso il cancello, ed è arrivato lui, un uomo gentilissimo, di una bontà esagerata. Io mi sono sentito immediatamente a mio agio, mi sono trovato benissimo, lui mi ha preso per mano, mi ha portato nel loro giardino, un giardino bellissimo, tutt’altro che ombroso, io lo guardavo dall’alto, vedevo tutte le chiome degli alberi, ma guardandolo da sotto, standoci sotto era una cosa stupenda, bellissimo, con dentro delle statue in marmo, antichissime, tutte coperte dalle piante, quindi io da sopra non vedevo niente. Mi hanno portato sotto questa sorta di bersò, c’era questo glicine profumatissimo e questa bouganville color viola, una cosa stupenda, dei colori bellissimi, che dall’alto non si vedevano perché era tutto coperto, e c’era questo bellissimo tavolino rotondo, delle sedie per mettersi attorno a questo tavolo, me lo ricordo ancora, saranno passati quarant’anni credo. Mi hanno fatto accomodare e lui mi teneva per mano, prima mi ha fatto vedere tutto il giardino — lui era vestito molto bene, era molto distinto — mi ha spiegato le piante, i fiori, perché sapeva che anche a me piacevano le piante, glielo avevo detto, e c’erano anche dei gattini, insomma tutto molto bello e poi mi ha fatto andare sotto questo bersò e mi hanno servito una merenda, che in realtà era quasi il dolce del pranzo perché era prestissimo. Questa signora è arrivata lì con una merenda tipo pranzo di Babette, c’era “il mondo della merenda”, tutto il possibile ed immaginabile, sembrava di essere Pinocchio nel paese dei Balocchi. Mi ha portato fuori di tutto, dal bere, al mangiare, dal dolce al salato, ha riempito il tavolo di ogni mondo possibile e siamo stati lì a parlare, lei mi ha un po’ raccontato la sua storia, lui parlava ma ovviamente non riusciva completamente a stare dietro ai discorsi, parlava, diceva le sue cose ma alle volte c’erano dei buchi, delle sospensioni, allora interveniva questa signora che era la sorella di quest’uomo, mi aiutava a capire meglio, mi spiegava e poi mi diceva: “Vedi Giorgio, non c’è niente di cui aver paura”, perché probabilmente loro avevano sentito i nostri discorsi. E io dicevo: “Ma io non ho paura”. 

In quel momento non avevo più paura, mi sono trovato benissimo, era proprio bello stare lì, quindi siamo rimasti lì per tanto tempo, non dico tutto il pomeriggio ma veramente tantissimo. Poi mi hanno accompagnato all’uscio, alla porta di ingresso, mi hanno salutato e mi hanno detto: “Mi raccomando Giorgio se vuoi tornare ancora noi siamo qui”. “Certamente che tornerò, mi sono trovato benissimo, siete stati gentilissimi”. 

Ci siamo salutati, lui una persona dolcissima, quindi sono uscito che volavo, mi sembrava di aver scoperto l’America, oltre a sentirmi su per questa mia cosa che avevo fatto, sparendo per tot ore, andando lì, senza dire niente a nessuno.

I miei, disperati, non sapevano più dove fossi sparito, perché nel frattempo tutta la banda di scalmanati era venuta a cercarmi, io non avevo detto niente a nessuno che ero andato lì, perché non pensavo di stare così tanto, ovviamente.

Quindi: “Buongiorno c’è Giorgio?” 

– “Ma Giorgio non è con voi?”

– “No, non  con noi, non è a casa?”

– “No a casa non c’è”

Panico in tutto il condominio a cercare Giorgio che era sparito e nessuno poteva immaginare che ero lì, sotto di loro, in casa di questa famiglia. Non vi dico quando sono uscito! Io tranquillo come una pasqua… non vi dico cos’è successo dopo, perché ovviamente è successo il mondo. 

Io poi l’ho raccontato ai miei amici: “Guardate che voi siete completamente fuori strada! Non sapete neanche chi è quest’uomo, io mi sono trovato benissimo, è stato gentilissimo”, e gli ho raccontato tutta la vicenda.

Noi non possiamo sposare le idee degli altri solo perché sono degli altri e solo perché sono tante, non si può. Non sono vere perché le dicono tutti, perché se no rischiamo di perdere mondi interi, di perdere esperienze bellissime di vita. Non possiamo vivere in questo modo. Non possiamo credere alle baggianate che ci vengono dette, che siano su Dio, o che siano su qualunque altra cosa, noi dobbiamo verificare. È troppo facile cedere alla paura, cedere al terrore, è troppo facile. Dobbiamo prendere, andare e verificare e dopo magari scopriamo mondi bellissimi, scopriamo bouganville, glicini, tavole di merende buonissime, e scopriamo amici dove credevamo di avere nemici, perché gli altri ci dicevano che quelli erano i nostri nemici, invece scopriamo persone bellissime che vivono vite di grandi sofferenze solamente perché il consenso degli uomini, che non vale niente, è capace di grandissime assurdità.

Questo è importante – dice il Papa – l’Apostolo non predica un Cristianesimo “à la carte”, secondo i propri gusti, non predica un Vangelo secondo le proprie idee teologiche preferite; non si sottrae all’impegno di annunciare tutta la volontà di Dio”

Sempre, dobbiamo sempre annunciare tutta la Volontà di Dio.

 “anche la volontà scomoda, anche i temi che personalmente non piacciono tanto.”

San Paolo predica il cristianesimo così com’è, il Vangelo di Gesù così com’è, che piaccia o non piaccia, che sia comodo o che sia scomodo, e la dice tutta la volontà di Dio, non un pezzo per accarezzare le mie orecchie, che invece è quello che facciamo noi oggi, purtroppo. “Questo non si dice, quell’altro non va detto. Quell’altro è meglio di no… No se dici questo offendi Tizio, se dici quell’altro offendi Caio…” Allora non parliamo più! Parliamo del nulla, perché offendiamo tutti. 

Ma se io mi offendo perché qualcuno dice qualcosa di vero o di diverso dal mio pensiero, è un problema mio, devo andare dallo psicologo, magari anche dallo psichiatra, perché sono malato di una forma di narcisismo talmente elevato che mi ha reso sociopatico, non sono più in grado di vivere in relazione con le persone. 

Se io non so reggere il confronto, il disappunto, anche la disistima, la contrarietà, la diversità di pensiero dell’altra persona, mi devo far curare, ho bisogno di un aiuto, perché non ho più la capacità di una reale socialità, perché la normalità vuole che io non mi offenda se qualcuno mi dice qualcosa che va contro le mie idee, questa non può essere un’offesa. Posso magari un po’ arrabbiarmi se qualcuno dice il falso, se qualcuno dice cose che non ho detto, questo magari sì, ci sta, ma non che uno dica che la pensa in modo diverso.

“Dio la pensa in modo diverso”, sentiamolo questo Dio, se qualcuno me lo dice lo ascolto molto volentieri, se ho sbagliato mi correggerò, se no vuol dire che ho l’idea di essere dio, e questo non va bene, anche quando è una volontà scomoda.

 “È la nostra missione di annunciare tutta la volontà di Dio, nella sua totalità e ultima semplicità. Ma è importante il fatto che dobbiamo istruire e predicare – come dice qui san Paolo – e proporre realmente la volontà intera di Dio.”

Mi fermo qui.

“istruire e predicare..la volontà intera di Dio.” 

“annunciare tutta la volontà di Dio, nella sua totalità e ultima semplicità.”

Vedete quanto ritorna il Papa su questo.

Domanda: noi annunciamo tutta intera la Volontà di Dio? O la spezzettiamo, la sforbiciamo, la potiamo secondo l’uditore che ho davanti?

Ci fermiamo qui, accompagnati da stelle, luna, bouganville e glicine, e anche da una super buonissima merenda, di tutto cuore vi dò una santa benedizione.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

 

VANGELO (Lc 12, 35-38)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».

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