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S. Faustina Kowalska: parte I

S. Faustina Kowalska

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 5 ottobre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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S. Faustina Kowalska: parte I

Eccoci giunti a martedì 5 ottobre 2021. Oggi festeggiamo Santa Faustina Kowalska, Apostola della Misericordia.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo X di San Luca, versetti 38-42. Un Vangelo che tutti conosciamo molto bene e mi sembra molto adatto per la festa di oggi, per la Santa che oggi ricordiamo e festeggiamo. Lei come la sorella di Marta, cioè Maria, aveva e ha capito molto bene qual è la parte migliore da scegliere, cioè Gesù.

Tra tutti i suoi scritti quest’oggi volevo leggervi una parte, magari non tutta se non riesco ma qualcosa sì, che si intitola:

“Dialogo fra Dio Misericordioso e l’anima che soffre”

Perché ho scelto questa parte? Perché mi sembra che ci siano tante persone che soffrono e mi sembra che le parole dette dal Signore Gesù a Santa Faustina e che lei riporta, possano essere parole di grande speranza, di grande incoraggiamento per tutte le sofferenze che ciascuno di noi porta oggi nel suo cuore e nella sua vita.

“Gesù disse: «O anima, ti vedo tanto sofferente, vedo che non hai nemmeno le forze per parlare con Me. Ecco che ti parlerò Io, o anima. Anche se le tue sofferenze fossero le più grandi, non perdere la serenità dello spirito e non lasciarti vincere dallo sconforto.”

Prima cosa da fare: non abbandonare Gesù. 

Se oggi tu che stai ascoltando sei un’anima sofferente, se stai male, se senti dolore dentro di te, fisico, spirituale o entrambi, il Signore oggi ti dice: “Anche se non riesci più a parlarmi, almeno stai alla mia Presenza. Vieni da Me, stai con Me. Non fuggirMi, non scambiarMi con cose effimere, perché lì non troverai mai ciò che cerchi.”

“Ma io per il mio dolore non riesco a dire neanche una preghiera”. Va bene, Gesù ti dice oggi: “Parlerò Io”. Forse, sapete, le nostre sofferenze alle volte servono anche per farci tacere un po’, visto che non siamo capaci di stare zitti, allora ci fa bene alle volte soffrire un po’, il dolore fa tacere, e così Gesù ha la possibilità di parlare. 

Poi il Signore dice:

“Non lasciarti vincere dallo sconforto.”

“Non perdere la serenità”

Cerchiamo di non disperarci, di non entrare in quella sorta di depressione spirituale terribile per cui tutto è nero, tutto è buio, tutto è impossibile e ci chiediamo: “Cosa sarà del domani?”. Non entriamo in questa logica. 

Prosegue Gesù:

 “Però dimmi, bambina Mia, chi ha osato ferire il tuo cuore? RaccontaMi tutto, raccontaMi tutto, sii sincera nel trattare con Me. SvelaMi tutte le ferite del tuo cuore, Io le guarirò e la tua sofferenza diverrà la fonte della tua santificazione ».

Io vi consiglio di fare un esperimento, proprio a coloro che oggi soffrono, soprattutto a coloro che soffrono tanto. Può succedere, alle volte, che quando si soffre non si abbia voglia di andare dal Signore, non si abbia voglia di pregare, di mettersi davanti ad una Croce, di andare in Chiesa. È come se uno si rintanasse dentro la sua casa, non ha voglia di vedere nessuno, di parlare con nessuno, non ha voglia di pregare, di andare a Messa… perché la sofferenza, purtroppo, chiude, piega, toglie il fiato dalla gola. Poi, sapete, in questo mondo è difficile trovare qualcuno che sappia ascoltare, è veramente difficile. È difficile trovare qualcuno che dia tempo all’ascolto, perché siamo poi spinti a pensare a quello che dobbiamo fare subito dopo, agli impegni che abbiamo da fare dopo, alle cose da fare dopo, e allora quando uno soffre dice: “Si va be, ma tanto cosa ne parlo a fare… non voglio disturbare, tanto se ne parlo non vengo capito, non riesco a spiegare il dolore che porto, l’altro non ha spazio per ascoltare, per comprendere e per compatirmi, per soffrire con me il mio dolore… ”. E allora l’esperienza comune è quella un po’ di chiudersi. 

Se però riusciamo a fare quello sforzo eroico di non chiuderci e dire: “Non voglio chiudermi, devo andare da Gesù, fosse anche un quarto d’ora, ma devo andare.” e ci mettiamo proprio nell’impegno di dire: “Adesso esco, vado in chiesa e sto con Gesù.” e vi date un tempo, io vi consiglio almeno un quarto d’ora, venti minuti. Voi vedrete che dopo i primi momenti dove vi sentite ancora un po’ in subbuglio, dopo il dolore, le acque si calmano. Voi venite via da quell’incontro che il dramma che vivete non è risolto, ma è cambiato il modo di viverlo, non siete più soli, adesso c’è Gesù, perché avete aperto la porta.

E Gesù ci dice: “Dimmi, raccontami tutto, parlami. Sfogati, spiegami.”

Alle volte qualcuno mi dice: “Padre, sono andato a pregare, stavo talmente male che ho detto le parolacce davanti a Gesù, mi sono arrabbiato tanto con Gesù. Mi sono arrabbiato con Gesù, davanti a Gesù, ho detto le parolacce e quindi ho peccato.”

No, io non credo che uno abbia peccato anche se si è arrabbiato con Gesù, perché o Gesù è nostro amico veramente, oppure ha detto le bugie. Siccome Gesù non può dire le bugie, è veramente nostro amico. Purtroppo, probabilmente, non abbiamo grandi esperienze di amicizia vera, oggi è assai raro trovare amici veri; l’amico innanzitutto non ti rinfaccia mai la tua fragilità, la tua debolezza, le tue incapacità, le tue cadute, e Gesù non lo fa, e, in secondo luogo, l’amico capisce.

Quando andiamo da Gesù dobbiamo tutti immaginarci quella bellissima immagine di Gesù Maestro dove si vede Gesù seduto che accoglie i fanciulli, i bambini. È una bellissima immagine, a me piace tantissimo: Gesù seduto che accoglie i fanciulli, chi sul petto, chi sulle ginocchia, chi lo abbraccia, chi si addormenta tra le sue braccia, sul suo petto. Noi dobbiamo immaginarci veramente che con Gesù possiamo proprio avere tutte le confidenze del mondo. Gesù si lascia veramente fare da noi, pensate che si è fatto Pane e Vino, non dobbiamo avere falsi rispetti. Con un amico puoi fare tutto, perché tu sai che lo sguardo dell’amico è uno sguardo buono. Quante volte tra noi amici ci pungiamo? Quante volte tra noi amici “ridendo castigat mores”, rimproveriamo gli altri con l’ironia? Che è un po’ da codardi, perché non avendo il coraggio di dire chiaro, nero su bianco, le cose come stanno, le cose che non mi piacciono di te, allora uso l’ironia, che poi diventa pungente e ferisce, ma questa non è amicizia.

È la stessa differenza che esiste quando tu hai una persona malata. A una persona che sta male di solito cosa fai? Le fai il riso in bianco. È la stessa differenza c’è tra chi ti fa il riso in bianco scolato, cioè prende il riso, lo butta nell’acqua, fa bollire l’acqua, bolle il riso, quando è cotto prende e rovescia tutta l’acqua e il riso dentro a uno scolapasta, il riso scolato te lo mette nel piatto con un pezzo di formaggio, di burro, o olio, grana, e te lo mette davanti. Che bel riso scolato che ti mangi! Caso A.

Caso B. Ti faccio un bel risotto all’onda. Tutta un’altra cosa! È uguale, non cambia niente, riso, acqua, sale, nel primo caso, e riso, acqua, sale nel secondo caso. Nel primo caso lo butti sul fuoco e va da solo, non devi neanche guardarlo. Nel secondo caso lo devi continuare a guardare e a girare, perché il riso all’onda è il riso che cuoce nella sua acqua e non butti niente di quell’acqua, metti dentro poca acqua, lo fai andare, a mano a mano aggiungi se serve, ma alla fine quando è cotto non devi scolarlo, è pronto così. È come quando voi fate il risotto giallo, il risotto ai funghi, voi fate il risotto e ci mettete a mano a mano il brodo, e allungate con l’acqua necessaria ed il risotto è pronto. 

Perché si chiama riso all’onda? Perché voi ovviamente lo fate cuocere nella sua acqua, è un riso bianco, riso da malati, non avendo altro condimento né burro, né niente; una volta che è cotto se volete ci mettete un goccino di olio ma non è necessario, lo mettete nel piatto e vedete proprio come un’onda. Mentre nel primo caso il riso lo prendete e lo buttate ed è come la malta, che cade lì. Questo invece voi lo versate nel piatto e fa proprio un’onda, come l’onda del mare. Se voi mettete davanti i due piatti ad un malato, vi assicuro che gli viene una voglia matta di mangiare il risotto all’onda, che è esattamente uguale al primo, ma cambia completamente il modo e quindi l’aspetto. Nel secondo caso ci vuole la cura, tanta cura, perché basta un attimo che il riso brucia o si scuoce. Se mettete su il grana, nel primo caso rimane lì, come separato. E poi, nel primo caso, il riso raffredda subito. Il riso del secondo caso non raffredda assolutamente subito, anzi ci vuole tempo e, se mettete su il grana, si scioglie senza neanche mescolarlo.

Già vi dissi che quando ero novizio cucinavo un po’ per il mio Maestro che era malato. Gli avevo fatto quella buona mela grattugiata con pompelmo rosa, arancia e limone, tutta coperta di zucchero, buonissima, che non diventa assolutamente nera, rimane preservata dall’ossidazione dall’acido del limone e degli agrumi. Gli facevo anche questo risotto all’onda, lui era parecchio malato, aveva molta febbre, e quindi non aveva voglia di mangiare, ma doveva mangiare, siccome non aveva altri problemi se non quello, allora io gli facevo questo risotto completamente bianco e poi gli mettevo su una bella spalmata di grana e un goccio di olio crudo, mescolavo… caro mio! Leccava anche il piatto! Perché è buono! Invece nel primo caso non ti viene proprio voglia di mangiare quei chicchi separati uno dall’altro, che si impastano in gola e non vanno né su né giù, sembra di mangiare la colla.

Partecipare alla sofferenza. Gesù è così, Gesù non ti farà mai un riso scolato, Gesù ti farà un risotto all’onda. 

È vero, il mio Padre Maestro non poteva mangiare un risotto giallo con la salsiccia, i fegatini, le quaglie e non so cos’altro, non poteva mangiarlo perché stava male, non avrei mai potuto servirgli un risotto ai funghi con il formaggio fuso dentro. È chiaro! Dovevo fare una cosa molto leggera, ma molto leggera non vuol dire cattiva. E così anche lui ha potuto partecipare della gioia del pasto, certo ci vuole tempo, dedizione, devi stare lì farlo. Gesù è così, Gesù è cura allo stato puro. Gesù dice:

“Io la guarirò e la tua sofferenza diventerà la fonte della tua santificazione”

Che bello.

“– L’anima: «Signore, le mie sofferenze sono così grandi, diverse e durano da così lungo tempo, che lo sconforto si è impadronito di me».

– Gesù: «Bambina Mia, non bisogna lasciarsi prendere dallo sconforto. So che confidi in Me illimitatamente, so che conosci la Mia bontà e Misericordia, perciò potremmo parlare dettagliatamente di tutto ciò che ti pesa maggiormente sul cuore».”

Lo sconforto quando mi prende? Quando non posso parlare con nessuno, quando non c’è nessuno che mi ascolta, che mi capisce. 

Quante persone che in questi tempi mi dicono: “Padre, ci sentiamo soli. Ci sentiamo abbandonati. Ci sentiamo non capiti. Ci sentiamo perseguitati, e tante altre cose… ”. Quante persone che dicono questo!

Noi pensiamo che dobbiamo aiutare le persone che vengono da chissà quale pianeta — non che io creda negli extraterrestri, se no adesso parte la tangente: “Padre Giorgio nell’omelia ha detto che crede negli extraterrestri”. Non fatemi dire quello che non dico, l’ho detto come un modo di dire — pensiamo che dobbiamo aiutare le persone che vengono da chissà quale continente. Va bene aiutare chi viene dai continenti più sconosciuti. Ma non avrebbe senso se aiuto loro e poi divento l’aguzzino di coloro che mi stanno accanto, per “x” ragioni. Nessuna ragione è valida per escludere qualcuno, per far sentire qualcuno sbagliato. Non esiste una ragione, neanche se fosse un assassino, non esiste. Il cristiano non lo può fare! Non può escludere nessuno, non può maltrattare nessuno, non può fare serie A e serie B, mai per nessuna ragione.

Qui Gesù ci dice: “Dimmi cosa ti pesa di più sul tuo cuore”. Che bello quando incontriamo qualcuno che ci rappresenta nella sua vita questo atteggiamento misericordioso di Gesù, è bello. Questa è la Misericordia, questo andare incontro, questo ascoltare, questo essere lì e dire: “Dimmi, parlami”.

È vero, il tempo è poco, è verissimo, per tutti è poco, però quel poco che abbiamo usiamolo bene, magari non potremo fare una telefonata di due ore, una visita di due ore, va bene, però fossero anche dieci minuti, un quarto d’ora, gustiamoceli bene. Su questo nessuno è perfetto, io per primo devo fare il “mea culpa” perché poi spesse volte ti prende la mano le cose che hai da fare, la paura di non riuscire ad arrivare in fondo a tutto quello che hai da fare, hai il pensiero che se chiudi il computer e hai ancora tante e-mail a cui dover rispondere, i messaggi, le cose che non hai fatto, e domani saranno ancora di più e quindi ti senti tutta una roba che ti pesa sulla testa. Va bene, ma noi siamo qui in vita per correggerci, per essere persone diverse, nuove, più attente, più belle, più corrispondenti. Ma questa è la strada, imparare da questi atteggiamenti misericordiosi di Gesù, esserci, esserci nel nostro limite per quello che possiamo esserci, in modo tale che la persona dica: “Ma io non sono sola. Io ci sono perché qualcun altro c’è per me.” Allora capite che gli verrà anche più voglia di andare dal Signore. 

“– L’anima: «Sono tante e diverse le cose che ho, che non sodi che cosa parlare prima e come dire tutto questo».

– Gesù: «ParlaMi con semplicità, come si parla fra due amici. Su, dimmi un po’, bambina Mia, che cos’è che ti frena sulla strada della santità?».”

Vedete la semplicità, quello che vi dicevo prima.

“– L’anima: «La mancanza di salute mi frena sulla strada della santità”

Pensate:

“La mancanza di salute mi frena sulla strada della santità”

“Non posso adempire i miei doveri ed eccomi qua, sono proprio una nullità. Non posso mortificarmi, fare un digiuno rigoroso, come hanno fatto i santi, inoltre non credono che io sia malata ed alla sofferenza fisica si aggiunge quella morale e da ciò derivano molte umiliazioni. Vedi bene, Gesù, come si può diventar santa in tali condizioni?».”

La mancanza di salute.

“– Gesù: «Piccola, è vero, tutto ciò è sofferenza, ma per il cielo non c’è altra strada, all’infuori della strada della croce. Io Stesso l’ho percorsa per primo. Sappi che è la strada più corta e la più sicura».”

Non c’è altra via per andare in Cielo della via del dolore.

“– L’anima: «Signore, ecco ancora un altro impedimento ed un ostacolo sulla strada della santità. Mi perseguitano perché Ti sono fedele e per questo motivo mi fanno soffrire».”

È il discorso che abbiamo fatto in questi giorni, ricordate? La fedeltà alla coscienza, ai Comandamenti di Dio, al nome di Gesù, al Vangelo, e via di seguito. La fedeltà a Gesù.

“Mi perseguitano perché Ti sono fedele e per questo motivo mi fanno soffrire”

La fedeltà a Gesù diventa motivo di scandalo per chi fedele non è, e chi non è fedele non sopporta chi è fedele, perché è un rimprovero per lui.

“– Gesù: «Sappi che siccome non sei di questo mondo, il mondo ti odia.”

Abbiamo la risposta:

“Sappi che siccome non sei di questo mondo, il mondo ti odia.”

 “Hanno perseguitato prima Me. Questa persecuzione è il segno che segui fedelmente le Mie orme».”

Avete capito? Io sono sicuro che tantissime persone — perché so che siete tanto intelligenti — oggi sentiranno queste parole, magari già sentite altre volte, oggi le sentiranno più vive che mai, rivolte a loro oggi più che mai.

“– L’anima: «Signore, un’altra cosa che mi dà sconforto è il fatto che le mie sofferenze interiori non le comprendono né i superiori né il confessore. Le tenebre hanno offuscato la mia mente e, in tali condizioni, come andare avanti? Ecco, tutto ciò in qualche modo contribuisce a scoraggiarmi e penso che le vette della santità non sono per me».”

E adesso c’è una risposta di Gesù lunga e bellissima, che però vi leggo domani, perché vi ho già portato via molto tempo, poi mi dite che sono troppo lungo e vi tedio, e allora non voglio tediarvi, so che avete tante cose da fare, quindi la risposta di Gesù ve la dirò domani. La domanda cerchiamo di capirla bene:

“Signore, un’altra cosa che mi dà sconforto è il fatto che le mie sofferenze interiori non le comprendono né i superiori né il confessore.”

Quello che il mio cuore e la mia anima soffrono non riesce a capirlo nessuno. Quanti di noi oggi sono in questa situazione! Coloro che a livello religioso sono deputati proprio alla parte spirituale, il Superiore e il Confessore, non capiscono Santa Faustina. Lei non trova conforto neanche nei Sacerdoti, nella sua Superiora, nelle suore, in nessuno che, come religioso, dovrebbe capirla, non lo trova e quindi:

“Le tenebre hanno offuscato la mia mente”

Come faccio ad andare avanti? E questo mi fa scoraggiare tantissimo.

 “E penso che le vette della santità non sono per me”

Domani vedremo che cosa le dirà Gesù, una risposta bellissima. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

VANGELO (Lc 10, 38-42)

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

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