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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, il Paradiso, I parte

Novissimi: il Paradiso

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 19 dicembre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, il Paradiso, I parte

Eccoci giunti a domenica 19 dicembre 2021.

Abbiamo letto il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo I di San Luca, versetti 39-88. 

Anche la liturgia della Parola della Messa di oggi, ovviamente, ci conduce sempre di più verso il bellissimo mistero del Natale, dell’Incarnazione del Verbo, della nascita di Gesù Bambino. Oggi vediamo la Vergine Maria che corre a mettere al primo posto sua cugina Elisabetta, questo è sicuramente un atto di carità eroico: mettere da parte se stessi e mettere al centro gli altri. Il Paradiso è pieno di persone così (e la Vergine Maria in sommo grado) che sanno fare questi atti eroici, bellissimi, di carità cioè di messa al centro, in primo piano degli altri. 

Ed è proprio il Paradiso il tema che inizieremo ad affrontare oggi leggendo il testo “I Novissimi” del Beato don Giacomo Alberione.

XIII. CHE COSA SIA IL PARADISO

“Le intenzioni particolari, per quest’ora di adorazione, sono queste: ottenere dal Signore la grazia di pensare assai più al Paradiso; la grazia di sentire i nostri cuori attratti verso il Paradiso; di accendere il desiderio del Paradiso così da aspirare continuamente ad esso”

Quindi, pensarci più spesso… i nostri cuori attratti… e il nostro desiderio acceso… 

 “… Di andare aumentando nel fervore, fino a compiere tutti i maggiori sacrifici richiesti dalla vita quotidiana per quel grande gaudio che ci aspetta: «Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto».”

Se io penso al Paradiso, qualunque sacrificio e qualunque fatica mi sembra nulla rispetto a quel bene.

“I chiamati alla vita religiosa hanno già nel cuore un gran desiderio del Paradiso. Infatti per quei beni eterni di lassù hanno rinunciato ai beni caduchi e miserabili di quaggiù. Ma il Paradiso più lo consideriamo e più ci attrae e più ci rende fervorosi.”

Chi è Religioso, chi ha fatto i voti, dovrebbe aver rinunciato a tutto ciò che è di ostacolo al Paradiso, a tutto ciò che si frappone tra me e il Paradiso e quindi essere totalmente attratto solo da quello, in funzione di quello. E più noi pensiamo al Paradiso, più il Paradiso ci attrae e più il Paradiso ci rende fervorosi.

“Recitiamo la “Salve Regina”. È il canto dell’esule che aspira alla patria… ”

Quando recitiamo la Salve Regina dovrebbero essere vere quelle parole:

 “… da questa valle di lacrime pensa a quel gaudio supremo e dice alla Vergine: «e mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del tuo seno».”

Ma deve essere un esilio questa vita per noi! Esilio che cos’è? Avete mai provato che cos’è l’esilio? L’esilio è essere strappati, sradicati dalla propria terra — pensate a Sant’Atanasio che l’ha vissuto cinque volte — essere sradicati, strappati dalla propria terra, dai propri affetti, dalla propria cultura, dalle proprie abitudini, dalla propria famiglia, dalla propria casa, dai propri amici, da tutto, strappati, sradicati e gettati in un luogo assolutamente sconosciuto, questo è l’esilio. Essere in un luogo dove ci sei solo tu, dove non hai niente, dove non c’è niente per te. L’esilio è il contrario della patria, è un luogo senza patria, perché tutto di te è altrove e sei lì esiliato. La differenza tra colui che è esiliato e colui che è migrante, o colui che è immigrato in un altro continente, o nazione, è che il migrante, l’immigrato sceglie, più o meno forzatamente, di fare un passaggio, l’esiliato invece no, un castigo, è una pena, è una sofferenza enorme, perché non è una sua scelta, ma è una scelta che subisce da parte di altri.

Questa è una terra d’esilio perché, a causa del peccato originale, ovviamente tutto sa di questo esilio, se no noi saremmo nell’Eden, a passeggiare con Dio, e invece non è così.

Quindi la nostra patria qual è? La nostra patria è il Paradiso, ed è con questi sentimenti che dovremmo vivere sulla terra.

  1. Come il Paradiso sia il nostro massimo pensiero

“Gli Apostoli nel vedere Gesù salire al cielo, avevano ricevuto un’impressione simile a quella che subiamo noi. Qualche volta, quando consideriamo il bel Paradiso che ci aspetta e la brutta terra su cui camminiamo, ci verrebbe la voglia di seguire subito Gesù nella sua via del cielo e di ascendere con Lui alle sfere celesti: «Desidero essere sciolto dal corpo per essere con Cristo» (Fil 1,23). Se non che gli Angeli ci risvegliano da queste dolci contemplazioni e ci dicono che il cielo bisogna però prima meritarlo.”

È bello desiderarlo ma lo devi anche meritare, nel senso che la tua vita non deve essere dissonante con questo desiderio, altrimenti che senso ha che tu lo desideri?

“O Paradiso, tu sei nostro! sei l’unico bene stabile! 

Ecco le due cose che considereremo. 

  1. Il Paradiso è nostro. Tutte le altre cose della terra: queste case, questi vestiti, questa chiesa, le medesime cose più buone sono imprestate, per un po’ di tempo, come di passaggio: noi dobbiamo servirci di esse come mezzi per guadagnare il Paradiso: quello è il bene che non ci verrà più tolto.”

Ad esempio, quando moriamo lasciamo qui tutto e tutti. Capite perché è un esilio? Perché noi ritorneremo nella nostra patria e tutto quello che in esilio ci è servito rimane qui, non viene con noi.

 “Iddio lo ha creato per noi; e ha creato noi per esso. Per il cielo ci ha fatti: «Signore, ci hai fatti per te…» dice Sant’Agostino. Dio ci ha creati per conoscerlo, servirlo, amarlo in questa vita e possederlo finalmente in cielo. Qui siamo in breve viaggio. Quando viaggiamo in ferrovia, nessuno si fa l’illusione che sia nostro il treno, nostra la vettura”

Chi è abituato a viaggiare in treno o in aereo sa bene che nessuno si sogna di dire: “Che bello questo sedile! Come mi trovo bene! Aspetta che mi faccio la mia tenda qui, dormo qui, me lo faccio mio, me lo pitturo… ” A nessuno viene il pensiero. Ti siedi, lo usi perché ti serve ma appena possibile, appena ti stai avvicinando alla stazione o appena l’aereo atterra tutti saltano in piedi perché vogliono andarsene, vogliono uscire da quel treno, appena aprono le porte c’è un corri e fuggi generale. Di quel treno lì non ti ricordi più il numero, il binario, quante carrozze aveva, fine, perché tu sei arrivato a destinazione. 

Questo mondo, questa terra è il nostro treno, finché siamo sopra lo abitiamo, ma tutto è proiettato a… infatti quando sei in treno, poco prima che arrivi, chi ti deve venire a prendere comincia a telefonarti per sapere se si stai arrivando, se è tutto in orario… è tutto orientato altrove. 

“E che dobbiamo dare molta importanza ai campi, ai vigneti, alle città che noi oltrepassiamo: «Siamo pellegrini, lontani dal Signore»”

Nessuno sta lì a dire: “Il mio cuore si è attaccato a quell’albero di mele. Mi sono affezionato a quella collina che ho visto per tre secondi”. Ovviamente non è così.

“Ognuno miri a quella casa paterna dove deve arrivare; miriamo lassù. Tutto passa, giorno per giorno; e le cose che sono intorno le abbiamo in prestito. Là è la nostra patria! Là la casa paterna! Là la dimora nostra! Siamo esuli che aspiriamo alla patria, figli che aspettiamo di contemplare il Padre celeste. In viaggio, pregustiamo soltanto col desiderio quei beni che troveremo quando saremo finalmente giunti al termine. «Quale gioia, quando mi dissero: andremo alla casa del Signore» (Sal 121,1). Questa misera vita, oh quante volte ci fa passare delle giornate ben amare! Ma sarà sempre così? No! Lassù vi è un posto preparato per ciascheduno di noi… .Voglio accentuarlo questo: per ciascheduno di noi un seggio: per me, per tutti quanti in questa vita lavorano, soffrono ed aspettano: «finché arrivi per me l’ora del cambio!».

Quindi dal treno scendo.

b) Il Paradiso è bene eterno, cioè stabile. È breve questa vita. Volano i giorni, passano gli anni velocissimi; e sembrano più brevi man mano che andiamo più innanzi. Il Paradiso non finirà mai più: è eterno. La patria nostra è il Paradiso. Là vi sarà un giorno che non avrà tramonto, vi sarà una gioventù senza vecchiaia, vi sarà una gioia mai turbata dalla paura del dolore. Gran torto ci faremmo non pensando al cielo, che è il nostro bene, il bene eterno, il bene unico. Se noi pensiamo a quel cielo, quante volte prenderemo più coraggio; ci rallegreremo assai, cammineremo con slancio, e la virtù che ora pratichiamo a stento, ci sembrerà la cosa più bella e più cara.”

Tutto, però, pensando al Paradiso, perché sono là. Chi è in treno, in aereo, non pensa tanto alla scomodità. Non so se l’avete mai notato: viaggiando, anche in macchina, paradossalmente il viaggio di ritorno dall’esilio — se sono in esilio e sono fuori dalla mia patria e devo tornare in patria — il viaggio di ritorno rispetto al viaggio di andata è molto più breve. In realtà il tempo è lo stesso, è sempre quello, ma l’andare è lunghissimo, ti sembra di non arrivare più, se è una cosa che stai facendo controvoglia, mentre il tornare è velocissimo. È talmente il desiderio che uno ha dentro che neanche si accorge del tempo che passa, gli sembra di essere già arrivato, perché sta tornando a casa, con la testa è già là, è già a casa, sta già pensando alla casa e la casa è come se accorciasse il tempo. E a chi pensa al Paradiso è come se questa vita fosse velocissima, in realtà non è così, però la sensazione è quella. E là sarà un giorno eterno. Pensando a questo avremo più coraggio, più speranza, più forza.

 “Oh! in quale posto io vi ho invitati a nome di Dio questa sera? Al cielo, al cielo! Si è rallegrato il vostro cuore? Cantate volentieri il passo «Quale gioia, quando mi dissero… ».

Abbiamo tutti in mente questo passo.

2. Il Paradiso è il nostro massimo desiderio

“Cercare prima il regno di Dio significa avere in capo a tutti e sopra tutti i nostri desideri questo: il Paradiso.”

Prima di tutto devi cercare Dio e il Suo Regno.

“Esso è il sommo bene. Sulla terra vi sono tante specie di beni, ma nessuna sorta di beni terreni è veramente da desiderarsi, bensì solo da usarsi. È naturale che colui il quale vuole stampare il libro ami i caratteri, ami le macchine, ecc. Ma tutto questo lo ama per ottenere il suo fine: quello di avere il libro ben composto, ben stampato. Passano le ricchezze della terra: ma chi ne ha distaccato il cuore e chi ne ha usato santamente avrà il tesoro del cielo. Passa la stima degli uomini che daranno, come supremo attestato, l’accompagnamento al camposanto: ma colui il quale non ha cercato la stima e che della stima degli uomini si è servito soltanto per fare il bene, avrà lode e stima presso Dio. Passano gli studi… ”

Grazie al cielo! Anche quelli finiscono, sembra impossibile, ma finiscono anche quelli. Lo dico per tutti coloro che condividono questa stessa cosa che provo io. Passano… anche se sei all’inizio della tua Università e hai davanti tot esami, credilo: finiscono. Arriva il giorno in cui finiscono anche loro.

“Passano le piccole soddisfazioni, muore lo stesso corpo… ”

Passa tutto. Questo cosa vuol dire? Che dobbiamo disprezzarli? No. Vuol dire che dobbiamo usarli, li usiamo. E li teniamo nella giusta considerazione, non li facciamo diventare il nostro tutto, la nostra patria, la nostra casa, il nostro fine. Tutto viene usato per il meglio, per il bene, viene usato ma non diventa il fine. 

 “Se volete essere ricchi, cercate le vere ricchezze. Ecco perché i Martiri hanno subìto con coraggio i più crudeli supplizi: guardavano il cielo.”

Certo, muoiono contemplando il Cielo che è la loro patria. 

“Va bene tutto. Se sul treno devo stare anche in piedi, me ne starò in piedi, se sul treno devo patire un po’ di freddo, patirò un po’ di freddo, se in macchina devo morire dal caldo, morirò di caldo, ma l’importante è arrivare a casa.

Cosa dicono le persone che sono in ospedale?

“Quando posso andare a casa? Voglio tornare a casa”

“Ancora un po’… ”

“No, ma io mi curo a casa, sto bene a casa, a casa guarisco”

“Il protomartire S. Stefano, sotto la grandine delle pietre, diceva: «Vedo il cielo aperto ed il Figlio di Dio sedere alla destra del Padre» (At 7,56). E in queste visioni di cielo non sentivano quasi i tormenti della terra. Ecco perché le Vergini han dato l’addio a tutti i piaceri del mondo, ecco perché hanno consacrato al Signore il giglio intemerato: per il cielo, per assicurarselo bello: «Cinque vergini erano prudenti» (Mt 25,2). Ecco perché i Confessori hanno praticato tanta virtù. Ecco perché tanti uomini lasciano ogni bene e comodità della patria per andare a cercare un’anima, attirati dal sublime ideale: guadagnare un’anima e poi morire.”

I santi confessori che andavano a cercare un’anima a guadagnare un’anima… e poi uno è pronto a morire.

 “Oh, il cielo! quanto più lo si guarda, tanto più appare brutta la terra. San Filippo esclamava: «Paradiso! Paradiso!».”

Era tipica questa sua espressione: “Preferisco il Paradiso!”, lui diceva.

 “Ma perché noi siamo ancora tanto attaccati alla terra e quasi ci vuole sforzo per ricordare il Paradiso? Perché quasi ci vuole violenza per desiderarlo? Perché quando si tratta di guadagnare meriti noi siamo così pigri? Perché non comprendiamo, o meglio, non ci lasciamo penetrare dal desiderio del cielo. Perciò adesso fissiamolo in mente, cantando: “Paradiso, Paradiso”.”

Sia questo il nostro motto: “Preferisco il Paradiso!”

“Perché non fai questa cosa? Perché fai quell’altra?”

“Perché preferisco il Paradiso”

“E cerchiamo di eccitare questo desiderio ardentissimo, pregando gli Angeli e i Santi del cielo. Essi che già lo gustano, facciano sentire anche a noi qualche cosa di quella gioia che inonda già il loro spirito.”

Cominciamo da qui. Domani vedremo che il Paradiso è la massima grazia da chiedere. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. Amen. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

VANGELO (Lc 1, 39-48)

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

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