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Chi fa la Volontà di Dio rimane in eterno

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 30 dicembre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Chi fa la Volontà di Dio rimane in eterno

Eccoci giunti a giovedì 30 dicembre 2021. 

Abbiamo ascoltato la prima lettura della Santa Messa di oggi tratta dalla 1° Lettera di San Giovanni capitolo II, versetti 12-17. 

È una lettera bellissima, tutte le lettere di San Giovanni sono bellissime, ma questi versetti sono veramente belli. Innanzitutto ci dice una cosa fondamentale:

“Non amate il mondo, né le cose del mondo!”

Ovviamente non il mondo inteso come creazione, perché questo sarebbe impossibile visto che l’ha fatto Dio, ma il mondo inteso come luogo, come realtà, come simbolo, come immagine di tutto ciò che è all’opposto di Dio, nella fattispecie la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, cioè il bramare nel modo più materiale possibile, il desiderare nel mondo più brutto, quel desiderio corrotto, che è già un possedere, infatti parla della concupiscenza degli occhi, quel guardare come se io volessi prendere. C’è quello sguardo del bambino che guarda con stupore, con meraviglia, con ammirazione, che ti guarda con i suoi occhioni pieni di fiducia, di simpatia, e poi c’è il guardare di colui che ti vuole rapire a te stesso, di colui che semplicemente vuole possedere, quel guardare, quel fare dove tu capisci bene che l’origine non è l’anima, non è lo spirito, non è la mente, ma è la carne, la parte più bassa della nostra persona, intesa non nel senso positivo del corpo, ma intesa come quella realtà pesante, opponente, che è senza spirito. E poi la superbia, una vita superba è una vita che basta a se stessa, è una vita che si auto norma, che non ha bisogno dei comandamenti di Dio, perché “so già io che cosa è bene e che cosa è male”. Eppure tutti sappiamo che questa concupiscenza finisce, perché la nostra esperienza lo dice: passano gli anni e voi notate che ciò che a vent’anni era imprescindibile, oggi non ci interessa più, oggi ci interessa altro. 

Sarebbe bello in questo tempo natalizio vedere il Faust di Goethe, leggerlo o vederlo. Quando ero piccolo mia nonna mi raccontava frequentemente di quando era andata a teatro da ragazza a vedere il Faust — lei era un’innamorata del Faust di Goethe — mi rappresentava attraverso le parole, attraverso l’immaginazione cosa aveva visto. Ciò che l’aveva così tanto positivamente impressionata era questa proposta alternativa a Dio che però non sazia mai, non ti fa mai arrivare al riposo. Non c’è riposo per colui che è dominato dalla carne, dalla superbia, è tutto un correre e un rincorrere qualcosa che non arriverà mai, perché quando tu lo prendi, di fatto, non lo assimili ma lo consumi, lo bruci, lo divori, non riesci ad assimilarlo, perché è tipico suo non essere assimilabile. Mentre lo Spirito Santo, la vita spirituale, questa invece è assimilabile, di questa noi riusciamo a fare un tesoro bellissimo, che ci sazia, che ci fa dire: “Che bello essere in pace con Dio”.

Che cosa non passa, secondo la Scrittura? Cos’è che rimane per sempre? Quello che rimane per sempre è la volontà di Dio. La volontà di Dio non passa, perché è sempre, rimane in eterno. Dio cosa vuole? Dio vuole che noi andiamo in Paradiso, che noi stiamo con Lui per sempre, come doveva essere da principio. 

Perché rimane in eterno? Perché entra nella vita eterna, nel Paradiso. Mentre il ricco epulone muore e viene sepolto, di Lazzaro non si dice che è stato sepolto, eppure anche Lazzaro è stato sepolto. Ma di colui che vive della vita eterna, non si dice neanche che viene sepolto, perché si punta lo sguardo già là, Lazzaro è già nel segno di Abramo, è già là a godere per sempre. Mentre quell’altro di cui non si conosce neanche il nome, tanta è la dannazione che non si sa neanche il nome, non ha vita eterna, quella è morte eterna.

C’è questa bellissima lettera:

“Scrivo a voi, figlioli, perché vi sono stati perdonati i peccati in virtù del suo nome.”

Che bello quando ci andiamo a confessare, mi ricordo che quando ero ragazzo, quando andavo da Mons. Cazzaniga a confessarmi — e la confessione avveniva in ginocchio, ci tengo a precisarlo, tutta la confessione era in ginocchio dall’inizio alla fine, e nessuno di noi faceva versi — mi ricordo quando arrivava il momento dell’assoluzione, che non era l’assoluzione take away, era tutta la formula completa, come dovrebbe essere sempre recitata. È vero che è valida anche se non recito la formula completa e dico solamente: “Io ti assolvo nel nome del Padre, del Figlio dello Spirito Santo…”, ma lui la recitava sempre tutta: 

“Dio Padre di misericordia che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e resurrezione di Suo Figlio, e ha effuso…” 

Ci stendeva queste sue belle mani, lui era molto magro, aveva delle mani bellissime, stendeva queste mani, queste dita lunghe con questo fare molto solenne, recitava poi questa preghiera con molto solennità, molta calma, molta devozione.

“… e ha effuso lo Spirito Santo…” 

E tu ti sentivi proprio pieno di Spirito Santo, mi ricordo che mi veniva tutta la pelle d’oca quando diceva: 

“… e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati…” 

Tu già stavi volando. 

“Ti conceda mediante il ministero della Chiesa il perdono e la pace” 

Poi riuniva le mani.

“… e io ti assolvo…” 

E ti sentivi proprio un risucchio da dentro, come se qualcosa da dentro ti prendesse e ti sbalzasse in aria.

“… e io ti assolvo nel nome del Padre…” 

Ti sentivi investito, tutto trapassato dalla potenza, dalla forza, dalla luce della Santissima Trinità. Finivi la confessione che svenivi. Quando poi noi alzavamo gli occhi e lo guardavamo negli occhi, quest’uomo di Dio, con questi occhi lucenti, puliti, belli, azzurri che ti guardavano, mentre pregava era tutto serissimo, poi appena ti assolveva e tu alzavi la testa, ti guardava con un sorriso, come per dire: “Ecco giovane, figlio, in virtù del nome di Gesù Cristo, tu sei stato perdonato” e nessuno di noi poteva mai aver un dubbio di essere stato perdonato. Tu uscivi che volavi, io mi ricordo che ci guardavamo con i miei compagni quando uscivamo, ci aspettavamo in Chiesa, non era come oggi che io mi confesso e vado al Cotton Club, non funzionava così. Si andava tutti insieme e ci si aspettava tutti insieme, al termine, anche se avevi da studiare non aveva importanza. Tutti insieme si andava e tutti insieme si tornava e quindi ci si aspettava lì, ed era bellissimo perché entravamo tutti un po’ pensierosi — non paurosi, questo no, non credo mai nessuno, anche se Mons. Cazzangia era estremamente preciso — con il nostro bigliettino in mano quando accadeva e poi uscivamo con il palmo chiuso perché avevamo il bigliettino stracciato e dopo dovevamo andare a fare il rito di andare a cercarci una pozza d’acqua, o il ponte del Naviglio dove dovevamo buttare dentro tutti i nostri bigliettini. Tutti uscivamo che avevamo un sorriso incredibile, veramente! Voi direte: “Padre Giorgio è pazzo!”. Sì, può darsi, ma volavamo, eravamo tutti sorridentissimi e poi, quando uscivamo da lì, avevamo una fame, ma una fame da lupi che voi non immaginate. Noi non capivamo tutto il discorso dell’anima legata al corpo, che quando liberi l’anima il corpo trionfa, esulta. Era come se avessimo fatto 10 km di corsa. Tutti che ci guardavamo e dicevamo: “Dai, andiamo a mangiare un gelato, andiamo a prendere all’oratorio qualche dolce”. Eravamo come dei cerbiatti che improvvisamente venivano liberati. Bellissimo. 

Quando io leggo:

“Scrivo a voi, figlioli, perché vi sono stati perdonati i peccati in virtù del suo nome.”

(In virtù, che vuol dire in forza del Suo nome) non posso non pensare a quei momenti. A questi giovani bisogna scriverlo, bisogna fargli fare l’esperienza di questa liberazione solenne, bella, profonda.

“Padre, guardi, io sono risorto”.

Lo so, perché io per primo ho sperimentato la bellezza di questa cosa, e ancora adesso che sono passati ormai quarant’anni, quando vado a confessarmi, mi piace molto se il Sacerdote usa tutta la formula, e quando arriva quel momento: “Io ti assolvo…”, mi sembra di rivedere ancora Mons. Cazzaniga con questo suo fare solenne, con questo riunire le mani per risucchiare dal Cielo tutta la benedizione di Dio e investirti con questa benedizione fino a farti trasalire ebbro come gli Apostoli il giorno di Pentecoste. Mi ha cresimato lui, un giorno vi racconterò. Sapete quanti anni sono passati? Noi la facevamo in prima media, io mi ricordo ancora tutto, addirittura mi ricordo di me fuori dalla Chiesa che vedo Mons. Cazzaniga tutto vestito di rosso che scende dalla macchina e viene verso di noi, potrei dipingere un quadro con questa memoria.

“Ho scritto a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è da principio.”

Un padre deve conoscere Gesù come l’inizio di tutta la sua esperienza. Un padre deve dire: “Alla mia età capisco, oggi, veramente, che l’origine di tutto ce l’ha quel Nome e quel Volto, non c’è altro, solo Lui, che mi ha accompagnato per tutti i settori, tutti i segmenti della mia vita, è sempre stato lì alle elementari, all’asilo, alle superiori, a tutte le interrogazioni che ho fatto, a tutti gli esami che ho dovuto dare e a tutti i viaggi che ho fatto e a tutta l’assistenza alle persone. È sempre stato lì, è sempre stato con me e sempre mi ha fatto sentire la sua presenza, la sua azione, anche quando mi rimproverava, mi sgridava e mi castigava, era sempre Lui”.

Uno dice: “Ma perché lei Padre non ha paura di parlare del Dio che castiga? Lei non ha paura dei castighi di Dio?”

No. Non ho paura, mai avuto paura dei castighi di Dio. Sapete perché? Non perché io sia un eroe ma per un motivo molto semplice, perché nella mia vita tutte le volte che ho dovuto sperimentare un castigo, prima ho sempre sperimentato una dichiarazione d’amore, è sempre stato così. Prima è come se Gesù mi avesse voluto dare un piccolo segno dell’amore infinito che aveva per me, dopo arrivava la correzione e il castigo. Come fai ad aver paura di qualcuno che ti castiga amandoti? È come essere dentro l’abbraccio dell’amato o dell’amata che ti dice: “Guarda che adesso devo dirti un rimprovero o devo castigarti”. Ma uno che è dentro a quell’abbraccio dice: “Dimmi e fammi tutto quello che vuoi”. Dentro a questo abbraccio va bene tutto. Amato così? Mi puoi castigare tutte le volte che vuoi, che tanto so che il contesto e tutto il resto è amore, quindi va bene, certo mi farai un po’ male, soffrirò un po’, ma è dentro lì.

“Scrivo a voi, giovani, perché avete vinto il maligno.”

È vero, i ragazzi vincono tante volte il maligno, ci sono di esempio, ci sono tanti giovani che sono profondamente innamorati di Dio e sanno vincere il maligno, lo vincono con la fede, con la generosità, con l’audacia, con la carità, sperando contro ogni speranza, lo vincono con il sorriso. Come S. Domenico Savio, quando gli chiesero: “Domenico, se tu sapessi che tra due minuti devi morire, che cosa faresti?” e lui rispose: “Continuerei a giocare a pallone”. E questa è una bella risata in faccia al maligno. 

“Non mi fai paura”, perché, come diceva San Martino “Io, bestia sanguinaria, non ho niente da spartire con te”, niente, puoi andare, vai, non stare qui con i tuoi denti schifosi, bavosi, con tutta la tua pelliccia pulciosa, prendi e vai fuori dai piedi. Non ho debiti.

Perché lo poteva dire? Perché lui e il Suo Gesù e il Suo Gesù e lui… tutto della loro persona diceva Gesù, c’era Gesù stampato in ogni cellula, c’era il tatuaggio in ogni cellula, avevano le cellule tatuate con la G di Gesù, chi aveva il simbolo del pesce (IXTHYC = Ichtùs), chi la G, chi la J, era tutto così, e quindi il demonio se vede un uomo che è cromosomicamente tatuato cosa volete che faccia? Va via. Noi abbiamo Gesù nei cromosomi, siamo talmente imbevuti di Gesù, l’Eucarestia, la grazia dei Sacramenti, il Battesimo, la Comunione, la Cresima, la Comunione, la preghiera, noi siamo sempre più imbevuti di questo Gesù e questi ragazzi lo vincono. È bello vederli vincere, vedere come sanno opporsi al maligno.

“Ho scritto a voi, figlioli, perché avete conosciuto il Padre.”

Quando i ragazzi hanno davanti la figura di un padre che è veramente padre, a livello umano e spirituale, immediatamente alzano gli occhi e dicono: “Padre che sei nei Cieli”. Sanno cosa stanno dicendo. Non è una preghiera nominale, è una preghiera del cuore. E quando dico “padre”, ho detto tutto, perché so a cosa mi riferisco.

“Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti e la parola di Dio rimane in voi e avete vinto il maligno.”

Nella misura in cui la Parola di Dio rimane in noi, noi vinciamo il maligno perché siamo forti.

Vi dò l’appuntamento per domani, spero di vedervi, o meglio io non vi vedo, voi vedrete me, però non è bello dire “spero che mi vediate”, quindi domani, 31 dicembre, alle 18.00 reciteremo insieme a chi vuole il Te Deum, una preghiera semplice, anche veloce, a recitarlo ci vogliono due minuti, però tanto significativa, questo “Ti lodo Dio”, che bello, “Signore del cielo e della terra”, e noi domani quando reciteremo il Te Deum avremo tante ragioni per recitarlo, proprio tante. Chiediamo al Signore la grazia di arrivare a domani, preoccupati anche di far festa — si sa, l’ultimo giorno dell’anno è bello anche far festa — senza esagerare ma è bello festeggiare e vivere insieme questo momento finale dell’anno, senza per questo fare così tardi da andare a oltraggiare il giorno dopo che è la solennità della Madre di Dio. Festeggiare un po’ insieme per dire: “Signore, guarda che bello, siamo qui tutti insieme a dirti grazie”

Il Te Deum recitato domani sera, è proprio per dire tutti insieme, noi che ci conosciamo un po’ in questo modo virtuale, “Grazie Gesù, grazie Dio Padre per tutte le grazie di quest’anno, per tutte le cose belle che ci hai donato” e lo vogliamo dire tutti insieme. Poi leggerò un po’ i vostri commenti, come sempre, vi darò la parola, poi ci saluteremo e vi augurerò… ve lo dirò domani cosa vi augurerò se no vi dico tutto adesso e non va bene.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

PRIMA LETTURA (1 Gv 2, 12-17)

Scrivo a voi, figlioli,
perché vi sono stati perdonati i peccati in virtù del suo nome.
Scrivo a voi, padri,
perché avete conosciuto colui che è da principio.
Scrivo a voi, giovani,
perché avete vinto il Maligno.
Ho scritto a voi, figlioli,
perché avete conosciuto il Padre.
Ho scritto a voi, padri,
perché avete conosciuto colui che è da principio.
Ho scritto a voi, giovani,
perché siete forti
e la parola di Dio rimane in voi
e avete vinto il Maligno.
Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo – la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita – non viene dal Padre, ma viene dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!

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