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La Gioia del Signore è la vostra Forza!

Esdra

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 23 gennaio 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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La Gioia del Signore è la vostra Forza!

Eccoci giunti a domenica 23 gennaio 2022. 

Abbiamo ascoltato la prima lettura della Santa Messa di oggi tratta dal capitolo VIII del Libro di Neemia.

Dovremmo andare a leggere ogni domenica questo capitolo ottavo del libro di Neemia nell’Antico Testamento, lo dovremmo leggere ogni domenica, o forse ogni sabato in preparazione alla domenica e poi la domenica rileggerlo e meditarlo e lasciarci istruire da questo bellissimo testo del libro di Neemia. 

Pensate, non c’era l’Eucarestia, ovviamente, non esisteva, non c’era il Vangelo, non c’era la Parola di Dio come siamo ormai abituati noi ad averla, cioè la Scrittura, la Bibbia che tutti conosciamo. C’era il libro della Legge, che non aveva un valore così speciale, così bellissimo, così completo, così totalizzante come invece l’abbiamo noi dopo la venuta di Gesù, che ha concluso tutta la Rivelazione. Tutto ciò che Dio doveva rivelare con Gesù si è concluso e Gesù ha portato a compimento tutto ciò che c’era, che è iniziato e che c’era nell’Antico Testamento. Gesù completa tutto il grande momento dell’Antico Testamento e quindi della legge. Loro non avevano ancora questo completamento che abbiamo invece noi, questa interezza, e ovviamente non avevano l’Eucarestia e questo non è una cosa da poco.

La Presenza grande di Dio per il popolo di Israele dove stava? Stava nell’Arca dell’Alleanza, la quale conteneva le Tavole della Legge. Ma seppure fosse qualcosa di stupendo, meraviglioso, importantissimo e quant’altro, non era l’Eucarestia, non era la Presenza vera, reale, sostanziale di Gesù, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità come abbiamo noi. Ebbene, nonostante tutta questa incompletezza e parzialità, credo che a nessuno sia sfuggito con quanta fede, con quanta devozione, con quanto amore, con quanta dedizione, con quanto fervore, tutto questo popolo di Dio stava santificando il giorno del Signore, stava partecipando a questa liturgia, stava ascoltando la lettura del libro della Legge, la sua spiegazione. 

Ho cercato, mentre leggevo, di farvi sentire un po’ di solennità, per quanto sono riuscito.

“Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio”

La domenica, che per noi è la Pasqua di ogni settimana, la domenica, che per noi è il giorno del Signore, non dimentichiamoci che è consacrato al Signore.

E quindi la prima cosa da fare cos’è?

La preghiera, l’adorazione, la Santa Messa, la meditazione, perché è il giorno del Signore, non è il giorno delle pulizie, non è il giorno in cui “tutto quello che non ho fatto in settimana lo faccio adesso”, non è il giorno del footing. La domenica è il giorno del Signore ed è una cosa importante, è importantissima, è il giorno più importante di tutta la settimana.

“Tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge”

Noi quando è stata l’ultima volta che ci siamo messi a piangere ascoltando le parole del Vangelo o dell’Antico Testamento? Quando è stata l’ultima volta che ci siamo messi a piangere ascoltando la Parola di Dio?

“Tutto il popolo piangeva..”

Ma prima di fare questo:

“Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore”

Ripeto, non c’era l’Eucaristia, eppure guardate, noi non riusciamo neanche più a fare una genuflessione, questi si inginocchiano e si prostrano. Ma se questi si inginocchiano e si prostrano con la faccia a terra, non avendo ancora tutto quello che abbiamo noi, cosa dovremmo fare noi davanti a Gesù Eucarestia? Noi cosa dovremmo fare davanti al tabernacolo?

Capite perché vi dico e vi ripeto spesso: “Attenzione quando entriamo in Chiesa, siamo nella Casa del Signore, siamo al cospetto del Signore”.

Questo testo sembra già uno spaccato di Paradiso, una presentazione del Paradiso. Uno leggendolo e ascoltandolo dice: “Anch’io vorrei essere lì. Anch’io vorrei partecipare a qualcosa di simile”. E sono certo che molti di voi farebbero i salti mortali per poter avere la grazia di partecipare a qualcosa di simile. Ed è giusto fare i salti mortali per queste cose, perché sono le cose più importanti della vita. Quindi capite perché vi dico: la domenica svegliamoci presto, la domenica iniziamo presto a pregare, a lodare Dio, a stare in compagnia del Signore.

“Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro»

Vedete, come vi dico sempre, l’importanza dello stare insieme, soprattutto nel giorno di domenica. È bello vedere quando si fanno questi bei momenti di festa nelle case dei cristiani, si usano ancora queste belle cose, e allora magari si radunano un po’ di persone per fare festa, esattamente come dice la Scrittura, per stare insieme, per condividere la stessa fede facendo festa, mangiando carni grasse e vini succulenti e dolci, perché ciò che ci unisce è l’appartenenza al Signore. Allora è bello vedere che ognuno porta qualcosa, c’è chi porta gli antipasti, c’è chi porta i formaggi, c’è chi porta i dolci fatti nei modi più fantasiosi possibili, c’è chi porta i vini, c’è chi porta gli spumanti, ognuno porta qualcosa e poi tutti si nutrono condividendo questi beni. È bello, questo dice tantissimo, questo, senza che ce ne accorgiamo, crea unità, perché l’uomo, la creatura di cosa si nutre? La persona di cosa si nutre? La persona si nutre di persone, ognuno di noi si nutre dell’altro, della presenza dell’altro, della bellezza dell’altro, della fede dell’altro, della devozione dell’altro, della gioia dell’altro. Noi abbiamo bisogno di tutto questo e allora ecco perché poi la Scrittura dice:

“Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci”

 Dopo questa liturgia, andate adesso a casa. Prima il culto del Signore e poi:

“Andate”

 Andate a casa e festeggiate.

“E mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato”

 Non deve essere mai una cosa chiusa, bisogna sempre pensare agli altri, come vi dico sempre, e se sapete che qualcuno è solo non lasciatelo solo, invitatelo e ricordatevi “se c’è posto per cinque c’è posto anche per sei, se c’è posto per sette c’è posto anche per otto” e non dimenticate mai di preparare sempre il posto a tavola per Gesù, sempre.

“E ma siamo in tanti, non ci stiamo, come facciamo? Se dobbiamo mettere anche il posto per Gesù non andiamo a casa più”. No, no andiamo a casa lo stesso, mettilo sempre il posto per Gesù, ci aiuta a non perdere il senso, la ragione del nostro essere lì in quel momento tutti insieme.

Quando ero piccolino mi ricordo questi pranzi o queste cene di Natale, questi pranzi che iniziavano la mattina perché gli amici, i parenti arrivavano a casa nostra intorno alle dieci della domenica, io tornavo dalla Messa e li trovavo già lì. Poi c’era il pranzo, poi dopo il pranzo c’era la passeggiata, quindi estate, inverno, primavera, autunno si usciva e si faceva tutti una bella passeggiata pomeridiana, poi si tornava a casa tutti insieme e si faceva il tè, questo bellissimo e buonissimo tè inglese che mi ricordo la mia mamma preparava. Faceva questo tè, chi voleva con il latte, con il limone, con qualche buon biscottino danese, sapete quelli belli burrosi. Poi la cena tutti insieme e poi ci si salutava. Che domeniche! Mamma, che domeniche! Sento ancora il gusto di quelle domeniche. Che domeniche dense. Arrivavi alla fine che eri stanco, stanchissimo, ma gioioso, ipernutrito non solo nello stomaco ma soprattutto nell’anima. Che saluti belli! Sembrava, quando ci salutavamo, che non ci dovessimo vedere più per non so quanto tempo perché uno doveva partire per la Papuasia, e invece no, dopo poco ci saremmo rivisti, ma quel salutarsi era così denso di nostalgia, di memoria, di gratitudine, di bellezza, di dispiacere anche di dover interrompere quella cosa lì bella. Io mi ricordo che alla sera, ad un certo punto, dopo cena, mi stendevo sul divano — ero bambino, ero ragazzo — mi veniva sonno e mi ricordo che mi addormentavo sentendo loro parlare. Il loro parlare diventava come un po’ una sorta di ninna nanna e mi addormentavo così. 

Apriamo le nostre case. 

Mi è piaciuto molto quando, andando a trovare una carissima persona, entrando in casa dissi: “Guardi, togliamo le scarpe perché non voglio sporcarle la casa”. E questa persona mi disse: “Ma Padre, la mia casa è fatta per essere vissuta! Quando morirò, chi verrà dopo di me, venderà tutto in men che non si dica e io la voglio vivere la mia casa, quindi state tranquilli”. 

Mi è piaciuta questa espressione: “La casa è fatta per essere vissuta”. Esatto! Non è fatta per essere idolatrata, e le pattine, e le polveri, e le piastrelle… la casa è fatta per essere vissuta! Certo, deve essere bella, pulita, ordinata, accogliente tutto quello che volete, ma non dimentichiamoci che la casa è fatta per essere vissuta. La casa ha una porta sapete perché? Per essere aperta. La porta della casa è fatta per essere aperta. 

Quando eravamo ragazzi, mi ricordo che nel condominio c’erano dei momenti in cui uno entrava nella casa dell’altro senza neanche quasi bussare, si entrava, si usciva, si portavano i giochi, e ci si andava a trovare. La casa è fatta per essere abitata. 

A me piace usare questa espressione: “la casa è fatta per essere invasa”, le nostre case devono essere invase, non dobbiamo mai avere paura di avere le case piene, le case abitate, mai avere paura, mai mettere limite. 

Qualcuno mi chiese: “Ma Padre, veramente quando la sua nonna faceva da mangiare e poi arrivano altre persone, bastava per tutti?” Sì, bastava per tutti, ma non penso perché la mia nonna fosse il profeta Elia, ma penso semplicemente perché lo sapeva far bastare. Ma poi credo che fossimo talmente contenti dell’essere insieme da non stare a guardare quanti spaghetti avevamo nel piatto. 

Apriamo le nostre case, invitiamo, e se non invitiamo andiamo senza invito. Ma sì, facciamo le sorprese, impariamo a sorprendere.

Din Don

– “Oh mamma! Ciao! Come mai sei qui?”

– “Sono venuto qui a mangiare a casa tua”

– “Oh mamma! Non ho niente di pronto”

– “Ma non farmi ridere! Ce l’hai una pentola?”

– “Sì ce l’ho”

– “Ce l’hai un po’ di acqua?”

– “Sì, ce l’ho acqua” 

– “Ce l’hai un po’ di sale?”

– “Sì sì ho il sale”

– “Hai due spaghetti?”

– “Sì ho due spaghetti”

– “Un po’ di olio?”

– “Sì ho anche l’olio”

– “E per caso hai anche un po’ di peperoncino?”

– “Sì me l’hanno regalato a Natale, ma non lo uso mai, non mi piace”

– “Dai qui. E se non hai il peperoncino hai sicuramente altro, un po’ di pomodoro.” 

Ecco c’è già pronto il pranzo della domenica. 

Non siamo qui per mangiare. Mangiare, mi verrebbe da dire è l’espressione, è la manifestazione di quello che siamo qui a fare, noi siamo qui innanzitutto a stare insieme, e poi insieme mangiamo quello che c’è, fosse anche pane e cipolla, e come vi ho già detto, mamma quanto è buono pane e cipolla! Mettete il vostro panino dentro il forno, lo fate scaldare, lo abbrustolite un po’, poi ci mettete su un po’ di aglio, o di cipolla, poi ci mettete su un po’ di olio, un po’ di sale e avete fatto un pane e cipolla che quelli che erano in Egitto se lo sognavano.

E conclude:

“Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza”

 La nostra forza sta nella gioia del Signore. Quando si è felici, perché si è in grazia di Dio, perché si gusta Dio, perché si sperimenta Dio, perché si condivide l’amore per Dio con i fratelli e le sorelle nella fede, noi siamo invincibili, l’inferno intero non ci può torcere un capello. Tutto l’inferno non ci può torcere un capello perché la gioia del Signore è la nostra forza.

E non dobbiamo avere paura dei “no” delle persone, noi abbiamo una vita sola e allora noi proponiamo, invitiamo, diciamo, poi se uno non può, non vuole, fa niente, ma la gioia di quel cuore aperto, di quel cuore che ha cercato, di quel cuore che è questa, non ce la toglie nessuno. Noi abbiamo bisogno di essere gioiosi.

“Tristezza e malinconia fuori da casa mia”, diceva San Filippo Neri. E allora impariamo a essere gioiosi nel Signore e qui troveremo la nostra forza. 

Quando siamo così a chi potrà mai venire il pensiero di fare un peccato? A nessuno, siamo talmente felici che come si fa a fare i peccati? Chi è quello sciocco che vorrebbe rovinare questa gioia? Nessuno.

Ecco, allora io oggi vi auguro veramente di avere una domenica bellissima, una domenica piena. Mi ricordo che quando andavo in carcere andavo di sabato e domenica, ma la domenica aveva sempre qualcosa di diverso, di particolare. E dicevo: “Santa pace!” — quelle volte che andavo la domenica alla Messa in carcere — “Santa pace, ma come sarebbe bello adesso, dopo la Messa, tirare fuori una tovaglia, mettere insieme cinque tavoli, e metterci qui tutti insieme a mangiare qualcosa. Ma come sarebbe bello avere qui una buona bottiglia di vino e condividerla tutti insieme, anche solo a mangiare pane e vino, qui seduti tutti insieme”. Ho ancora davanti agli occhi i volti di alcune di queste persone, credo che avrebbero pagato qualunque prezzo pur di avere una cosa così, e molte persone non hanno mai avuto niente di tutto questo. 

Il giorno di Natale, appena passato, neanche un mese fa, in mezzo alla gioia enorme di quel giorno, alla bellezza di quel giorno, devo dire che c’è stato qualcosa che mi ha proprio amareggiato tantissimo, mi ha fatto proprio soffrire: l’aver ricevuto più di un’e-mail di persone abbandonate, di persone addirittura rifiutate. Io non credevo che si potesse arrivare a tanto. Francamente, quando ho letto ho detto: “Mi hanno sorpreso. Giorgio, c’è ancora qualcosa che ti può profondamente sorprendere, anche in negativo. Parenti, amici… Io veramente prego Dio, veramente credetelo, prego Dio con tutto il cuore, che piuttosto che farmi fare una roba del genere, mi faccia morire, adesso! Ma macchiarmi di una crudeltà simile veramente sarebbe per me una roba senza ritorno, credo che si spenga dentro tutto il cuore, l’anima, la vita, si spenga tutto. Persone sole, persone rifiutate con la scusante, o meglio con la ragione del: “siccome tu non hai fatto… quindi non vieni”. Il giorno di Natale! Il giorno di Natale! No, basta, credo che dopo aver fatto questo, chi ha fatto questo, hanno veramente “vite morte”, sono in vita ma sono morti. Pensate cosa vuol dire per una persona sentirsi rifiutare per una ragione tanto stupida e tanto disumana. Questa è una setta, questo vuol dire fare sette, questa è una setta! È terribile! Ma è un tuo amico, una tua amica, è un tuo parente, tuo figlio, ma è tuo padre e tua madre, come fai a dire una cosa del genere? Se penso a quel sacerdote Santo di Molokai che è andato in mezzo ai lebbrosi, il giorno di Natale! No, veramente mi si è proprio stretto il cuore. Stiamo attenti perché la mia cagnolina, che adesso è morta, non avrebbe mai fatto una cosa del genere, la mia cagnolina non avrebbe mai fatto una cosa del genere, la mia bellissima Buck non avrebbe mai fatto una cosa del genere, mai, mai, ed era una bestiolina. 

E allora in questa domenica preghiamo, preghiamo il Signore che non ci faccia mai smettere di essere umani, prima che cristiani, umani, poi cristiani, e ci faccia proprio gioire in questo giorno a Lui consacrato e a Lui dedicato. 

E mi raccomando, non affogatevi nelle cose da fare oggi, organizzatevi, pensate a una buona bruschetta in famiglia, così anche se non avete niente quella ce l’avete di sicuro, pensate ad una buona macedonia, aprite le porte. 

San Paolo dice: “Aprite le porte a Cristo”, io dico: “Aprite le porte ai fratelli e alle sorelle che condividono la nostra fede, aprite le porte, state insieme, gioite insieme al Signore.” Questa è la vostra forza, questo è il più grande esorcismo che possiamo fare: essere uniti, “affinché siano una cosa sola” affinché sia una cosa sola, questa è la preghiera Sacerdotale di Gesù. Andate a leggere il capitolo 17° di San Giovanni, bellissimo: “Consacrali nella Verità”, e poi “Affinché siano una cosa sola”. Il mondo crederà, dice Gesù, da come, da quanto voi vi amerete. Questa è la testimonianza suprema, bellissima. 

Mi fermo, oggi vi ho già tenuto qua fin troppo.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

PRIMA LETTURA (Ne 8, 2-4. 5-6. 8-10)

In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere.
Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza.
Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: “Amen, amen”, alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore.
I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura.
Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: “Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!”. Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.
Poi Neemìa disse loro: “Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza”.

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