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La Verità e la confessione

Guarigione dell'uomo dalla mano inaridita

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di mercoledì 19 gennaio 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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La Verità e la confessione

Eccoci giunti a mercoledì 19 gennaio 2022. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo III di San Marco, versetti 1-6. 

Notiamo bene, siamo al capitolo terzo, hanno già deciso di uccidere Gesù. Il reato: aver detto ad un uomo di stendere la sua mano in giorno di sabato. L’essere guarito, diciamo così, legalmente, non l’ha fatto Gesù, se vogliamo essere proprio precisi. Gesù cos’è che ha fatto? Stiamo a cosa ha fatto, Gesù ha detto: «Tendi la mano!».

Non era proibito in giorno di sabato tendere una mano, non è che si diventava delle mummie. Lui ha teso la mano ed è stata guarito. Oggettivamente nessuno di loro poteva dire: “È stato Gesù”, perché tendere una mano è un’operazione, un atteggiamento che facciamo tutti e tutti i giorni. Normalmente, se io tendo la mano non vengo guarito, non c’è niente di eccezionale in questo gesto richiesto da Gesù.

Dove sta il reato? 

Siccome ha teso la mano ed è stato guarito, va bene, siccome l’ha detto Gesù è stato guarito, va bene, ma tu cerca di provare il legame oggettivo e fattuale che c’è tra la parola di Gesù e il gesto. Non puoi, perché nessuno ha visto un lampo di luce, nessuno ha visto un’energia uscire, nessuno ha visto niente. Una parola detta: «Tendi la mano!». Il malato ha teso la mano ed è stato guarito, va bene, una coincidenza, qual è il problema? Accadono tante coincidenze a questo mondo, non è raro che ci siano delle coincidenze. Un avvocato avrebbe smontato in tre secondi l’accusa contro Gesù, perché nessuno può provare il legame causa-effetto tra la parola di Gesù e la guarigione, non c’è, non è possibile. Ha detto: «Tendi la mano!» Per grazia, per fortuna, per coincidenza quello è stato guarito, ma tu non puoi provare questo legame causa-effetto, lo puoi provare con la fede, ma la fede non entra in tribunale. 

Quindi è un accordo, è un’accusa assolutamente ideologica, pregiudiziale, fondata sull’invidia e sulla durezza di cuore. È un’accusa ingiusta, come tutta la farsa dell’impianto accusatorio fatto su Gesù. È tutta una grande farsa, è fondato sul nulla, oltre che sulla menzogna e sulla calunnia, non c’è una prova a sostegno della colpevolezza di Gesù. 

Questo testo di fatto già condanna a morte Gesù, fa diventare amici farisei ed erodiani. Sulla decisione di far uccidere Gesù, stranamente, i nemici diventano amici, amici si fa per dire, ma si ritrovano; ci si può ritrovare ad abbassare tutte le antipatie e le ostilità quando c’è da condannare la Verità che ci dà fastidio. Ci si riscopre simpatici quando dobbiamo combattere la Verità che ci inchioda alla responsabilità della nostra coscienza.

 Cosa ci insegna di fatto questo brano del Vangelo di San Marco? Che con i duri di cuore non ci può essere dialogo, non è possibile.  “Come faccio a sapere quando ho davanti la durezza del cuore?” 

«È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?»

 Domanda Gesù. Risposta:

“Ma essi tacevano.”

 È la durezza di cuore che impedisce una risposta sincera. Quando siamo alla presenza di un duro di cuore non ci sarà mai una risposta alla domanda centrale e se anche ci fosse una risposta, sarà una risposta falsa. 

Dobbiamo stare molto attenti, perché vedete che tra Gesù e i farisei non c’è proprio dialogo. Loro non rispondono e Gesù, dopo la domanda, se ne guarda bene dall’intavolare un dialogo successivo. Gesù non ha ricatti affettivi da dover soddisfare, ma neanche ricatti morali, come invece abbiamo noi.

“No ma poi, scusi, se faccio così commetto peccato contro la carità. No ma io devo comunque sempre cercare di…” 

Invece il Signore ci insegna che non è così. 

“E guardandoli tutt’intorno con indignazione..”

Gesù è indignato, Gesù è disgustato da questa durezza di cuore. “Tu in giorno di sabato non devi guarire nessuno, perché la vita vale meno della legge”. Questo è il legalismo, prima viene la legge, poi viene la persona. Invece la persona dovrebbe essere sempre inserita all’interno della legge, solo così la legge non diventa disumana. In giorno di sabato bisognava rispettare il riposo, va bene, ma qui non si sta lavorando, qui si sta salvando una vita, ridando gioia e speranza a una persona.

Come può la legge essere contraria a tutto questo? 

C’è un’intelligenza della legge che dobbiamo sempre tenere presente, la legge fine a se stessa non serve a niente, perde ogni sua finalità, ogni suo senso. Quando noi viviamo secondo lo spirito della legge, quindi secondo la razionalità della legge, inevitabilmente incontreremo problemi grossi, perché i legalisti, ovviamente, non accetteranno questa cosa, reagiranno male di fronte a questa cosa. Qui il potere politico e il potere religioso, farisei ed erodiani, si uniscono, tengono consiglio e decidono di uccidere Gesù. Li ha contro tutti al capitolo terzo e non è che non avessero responsabilità perché tacevano. No, perché non si risponde solo con la parola, anche il silenzio è una risposta. Quando io sono chiamato a parlare e non parlo, quella è una risposta, quella è già l’assunzione di responsabilità in un determinato senso. 

Loro perché non parlano? Perché non c’era niente da dire, non potevano dire: “No, non è lecito, non è lecito salvare una vita ,deve morire”. Non potevano dirlo perché c’era tutta la gente, tutto il popolo. Ma del resto non volevano dire neanche il contrario, perché se no bisognava imparare il fatto che Dio cerca adoratori in spirito e verità, e questo è difficile. Non basta aver fatto determinate cose per essere in pace con Dio. Bisogna essere in un certo modo per essere in pace con Dio.

E quindi cosa vuol dire? Vuol dire che tutto il tema dell’ipocrisia, della falsità, della doppiezza, delle vite parallele crolla, deve crollare. 

Ma io voglio che crolli? Sono disponibile a farlo crollare? 

Le persone che non sono dure di cuore cosa cercano?

Cercano la Verità e chi dice la Verità, perché noi sappiamo, tutti lo sappiamo, noi sappiamo che abbiamo bisogno della Verità. Quindi cento volte meglio uno che ci dice la Verità nuda e cruda, che ci dice le cose come stanno. Noi abbiamo bisogno nella nostra vita di avere qualcuno da cui andare e dire: “Senti, ma dimmi esattamente come stanno le cose, perché io ho bisogno di saperlo, non voglio essere immersa come un babà nel rum, nella melassa, in quella indeterminatezza, in quel buonismo, che alla fine uno non si sente in pace, non è tranquillo. La Verità, invece, per quanto dura possa essere, ci fa sempre stare tranquilli. La Verità veramente è libert, e noi quando sentiamo qualcosa che è vero, noi lo sentiamo dentro, noi percepiamo che quella cosa è vera e respiriamo tutta la potenza di libertà che quella cosa ha. 

Quando qualcuno ci dice una cosa falsa solitamente non si capisce mai niente, quando una cosa non è vera, è complessa, non riesci a capirla. Vuol dire questo, ma vuol dire anche quell’altro.  Non si capisce, è qualcosa di un complicato incredibile. 

Le cose di Dio sono le realtà più semplici in assoluto.

Quando mi capita di rispondere a qualcuna delle vostre domande, soprattutto se succede per telefono, di norma voi impiegate qualcosa come cinque minuti a formulare una domanda. Solitamente la risposta che poi io vi dò dura circa, esagerando, diciamo le più lunghe, con i respiri e sospiri, circa 30 secondi. La contro risposta, cioè quello che voi dite dopo, è: “Ah ma è tutto così semplice?” . “È sì esatto”. “Ma io non credevo che fosse così facile”. “È facilissimo, il punto è che adesso lo devi vivere”.

È facile da capire, è semplice da capire, non c’è niente di complesso. Lo dice Gesù: “Se non diventerete come bambini…”. È facilissimo. 

“L’hai capito?”

“Sì”

“Adesso devi viverlo”

Il difficile viene lì, perché devi andare contro te stesso, perché ti devi rinnegare, perché non è la cosa più ovvia che ci sia… e via di seguito. Ma in sé è semplicissimo. 

Cerchiamo davvero di avere accanto chi ci dice la Verità, preghiamo per gli annunciatori della Verità, preghiamo di avere nella nostra vita qualcuno che chiami le cose col suo nome, che non chiami il peccato virtù e viceversa. 

Purtroppo è esperienza di tutti che non è proprio così facile incontrare qualcuno che ci sappia condurre alla Verità, che ce la sappia far vedere, fare apprezzare e amare e buttarci dentro anima e corpo. Ed è quello che ha fatto Gesù. 

Gesù, come vedete, per ciò che è giusto, per ciò che è vero, non ha paura di correre rischi e diciamo che già al capitolo terzo non è messo molto bene, cominciano già qui i problemi.

 Domandiamo al Signore, in questa giornata, la grazia di saper fare Verità dentro di noi, perché è bello andare a confessarci e dire bene tutti i peccati, è bello, io lo dicevo sempre ai carcerati, è bello, secondo me è l’esperienza più bella della vita dopo la Comunione con Gesù. Ma senza questa realtà della confessione non ci può essere una vera comunione, è veramente bello. Sì, va bene, abbiamo le nostre vergogne, i nostri timori. Perché noi di che cosa abbiamo paura? Noi abbiamo paura che il Sacerdote ci sgridi, come quando andavamo all’asilo, una cosa del genere. Noi abbiamo paura che a dire i nostri peccati, chiamandoli con il loro nome e il loro numero, dicendo chiaramente: “Io ho fatto questo”. Se no il Sacerdote può anche rispondervi: “Scusi ma non ho capito niente”, sono frasi talmente piene di anacoluti, di restrizioni mentali, dove manca il soggetto, il verbo non sai più dov’è, il complemento lasciamolo perdere, che non si capisce niente. Di cosa stiamo parlando? “Dica esattamente cosa ha fatto, soggetto, predicato, complemento”. 

“Io ho rubato una mela.” 

Non è difficile, non c’è bisogno di tirare fuori la storia di Adamo ed Eva, non è che devi parlare di tua suocera, di tuo figlio, di tua nuora, di quando vent’anni fa tu andavi… diciamo le cose con il loro nome, diciamo le cose in modo sintetico. San Giovanni Maria Vianney diceva che per confessare un peccatore incallito che non si confessava da trent’anni, ci vogliono tre minuti. Tre minuti.

 “E la rana e la fava… e ho detto… e ho fatto… e sono andato… e ho visto…” 

La confessione è la confessione, lo dice la parola stessa. Vai e dici i tuoi peccati. 

Il dramma è che non siamo più capaci di dire i peccati. Di farli siamo bravissimi ma di dirli non siamo capaci. Certo che se mi confesso una volta all’anno, voglio vedere come sono capace di dire i peccati, a parte che non li vedo neanche, ma poi come faccio a dirli?

Quindi, chiediamo al Signore la grazia della Verità, e la prima Verità che dobbiamo fare è su di noi, quella è la prima Verità, chiamando i peccati con il loro nome, senza inutili, sciocche vergogne. Seno proprio cose sciocche. E se proprio ho vergogna, come ormai dico da una vita, prenditi un foglio, scrivi con la penna sul foglio i tuoi peccati e poi quando vai dal Sacerdote, o li fai leggere a lui o li leggi tu, così sei sicuro di non andare fuori riga, e li chiami con il loro nome, non girando intorno. 

“No… sa… io ho rubato”. E poi non vanno avanti. Ho rubato che cosa? Cos’è che hai rubato? 

“C’era una signora anziana con le stampelle che ha ritirato la pensione in posta, io sono passato, ho rubato la borsa, l’ho fatta cadere per terra e me ne sono andato.”

Cosa? Non hai mica rubato una mela, non hai mica rubato il fico della pianta del vicino, ma stiamo scherzando? 

“Io ho rubato”? 

Ma chi pensi di prendere in giro? Noi quando andiamo in confessionale andiamo davanti a Dio. Noi pensiamo di prendere in giro Dio? 

“Io ho rubato”

In quell’atto che tu hai fatto c’è dentro il mondo e la responsabilità che tu hai addosso è enorme. 

È una cosa seria la confessione, è una cosa seria, perché se no non è pentirsi dei propri peccati, non è vero questo pentimento e se non c’è vero pentimento non ci può essere vera assoluzione, perché non è che mi vado a confessare tanto per scaricare la coscienza, no, mi vado a confessare perché sono amaramente pentito dei miei peccati, chiedo perdono a Dio e sono disposto a qualunque penitenza per riparare il mio male. Questo vuol dire andarsi a confessare. Non è: “Ma sì, vabbè, prima di andare al Cotton Club io vado a confessarmi”. No. Ti vai a confessare quando ti senti pronto di dire: “Io sono questo peccatore. Io ho fatto questo, questo, questo, e questo. L’ho fatto tot volte, più o meno, 3, 4, 5, tantissime, e ho fatto esattamente questo”. Differenza specifica, e differenza numerica.

“Io ho rubato una mela, io ho rubato 100 mele. Io ho rubato una pera. Io ho derubato una signora anziana della sua pensione facendola cadere per terra”.

Sempre di furto parliamo ma le circostanze, la differenza specifica e la differenza numerica, non sono robe per moralisti un po’ retrogradi, no, è che ti fanno capire il peccato, perché siccome nessuno di noi è Padre Pio — mi sembra che nessuno sia Padre Pio  che legge nel cuore delle persone — quindi le cose le dobbiamo chiamare con il loro nome, altrimenti stiamo a casa nostra a mangiare la cioccolata con la panna e i bignè ripieni di crema, che sicuramente facciamo meglio, piuttosto che andare a prendere in giro il Signore. 

E quando avete un dubbio: “Ma questa cosa è peccato o non è peccato?” Oppure: “Ma come si fa ad uscire veramente da questo peccato?” Cercatevi qualcuno che chiami le cose con il loro nome: pane al pane e vino al vino, andate e gli chiedere, basta, così siete sicuri che la risposta che arriverà è la risposta vera, l’unica che mette in pace la nostra coscienza. 

Negli anni passati feci un ciclo di catechesi di un anno, ogni settimana un’ora, proprio sul tema della coscienza, della coscienza credente e sul tema della confessione. Sul sito www.veritatemincaritate.com voi trovate questo ciclo di catechesi di un anno tutto sul tema della coscienza credente e della confessione. Sicuramente su Internet c’è molto di più e molto meglio, ma nel caso in cui non troviate, lì c’è, così uno, con calma si può ascoltare le catechesi e può riguardare un po’ la sua vita in relazione a questo.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

VANGELO (Mc 3, 1-6)

In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo.
Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: “Àlzati, vieni qui in mezzo!”. Poi domandò loro: “È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?”. Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: “Tendi la mano!”. Egli la tese e la sua mano fu guarita.
E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

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