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Obbedire è meglio del sacrificio

Saul e Samuele

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di lunedì 17 gennaio 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Obbedire è meglio del sacrificio

Eccoci giunti a venerdì 17 gennaio 2022. Oggi festeggiamo Sant’Antonio Abate, Padre del monachesimo.

Abbiamo ascoltato la prima lettura della Santa Messa di oggi tratto dal Primo Libro di Samuele capitolo XV, versetti 16-23. 

Tutti noi dovremmo, credo, meditare ogni giorno questa Parola di Dio, perché, purtroppo, la tentazione di “confondere la nostra testa con il cielo”, come disse il Manzoni di donna Prassede, è una tentazione costante. Non ad ogni giorno ma ad ogni istante della nostra vita. Non è che non facciamo quello che dice il Signore, cioè non è una disubbidienza plateale, grossolana, no, è che noi facciamo un po’ quello che dice il Signore (ma non tutto), e quel po’ quello che piace a noi. È quello che noi chiamiamo: “Quello che ho capito io, quello che riesco io, quello che mi è sembrato giusto fare”. Ma questo non è obbedire al Signore!

Obbedire al Signore non vuol dire un pò sì (dove voglio io) e un po’ no (dove non mi piace). Qui è o bianco o nero, o sì o no, non ci sono sfumature. Bisogna chiarirla subito questa cosa, è molto chiara la dichiarazione di Samuele. Samuele fa una sintesi dell’ubbidienza data dal Signore. Precisiamo che Saul aveva già disubbidito poco prima. Samuele gli aveva detto: “Aspettatemi, non fate niente, non offrite nessuna preghiera”, cioè non fate, diciamo così, una liturgia al Signore. Perché avevano paura che stesse per scoppiare la guerra, quindi lui li previene e dice: “State fermi, aspettatemi. Quando arrivo faremo tutto quello che dovremo fare”. Invece, siccome Samuele tardava ad arrivare, Saul cosa fa? “Lui tarda, la facciamo noi!”. Samuele arriva quando praticamente loro l’avevano finita. E questa è stata la prima grande disubbidienza. 

Questa è la seconda dalla quale non ci sarà ritorno. Andate a vedere cosa ha voluto dire storicamente questa espressione:

“Il Signore ti ha rigettato come re”

Concretamente cos’è accaduto da lì in poi? Andate a leggere la storia di Saul da lì in poi, e poi andate a vedere come finisce. 

Perché accade questo?

Noi diciamo: “Ecco, vedi, il Signore dell’Antico Testamento è il Dio vendicativo, il Dio cattivo, il Dio senza pietà, il Dio sanguinario, il Dio…” 

Credo che bisogna proprio aver venduto la mente alle tenebre, al buio della razionalità per dire una roba del genere, perché è evidente anche a un bambino di prima elementare, che non è così la storia. 

“Il Signore ti ha rigettato come re”, è quello che accade come conseguenza del fatto che tu lo hai rigettato come Dio, è questo il punto. Noi mettiamo sempre l’accento, la sottolineatura rossa al comportamento di Dio. Scusate, mettiamo l’accento alla sottolineatura rossa al comportamento dell’uomo, anche. Perché il comportamento dell’uomo va sempre bene e quello di Dio va sempre male? Perché il comportamento di Dio ai nostri occhi è sempre sbagliato a meno che non rispecchi i canoni nostri corrotti di una bontà che non è bontà ma è “buonismo senza limitismo”?

Ma il “buonismo senza limitismo” non c’entra niente con la pietà, con la bontà, con la carità, con l’amore. È un mostro di quella che dovrebbe essere la bontà, è un po’ una cosa brutta, un orrido, non rappresenta niente di bello. Il “buonismo senza limitismo” è: “Ma, sì, va bene tutto”. Ma allora non va bene niente.

Impariamo a guardare il comportamento degli uomini. Prima di guardare il comportamento di Dio, guardiamo cosa hanno fatto gli uomini. 

Il vitello d’oro ai piedi del monte non è un dettaglio!

“Ecco, Dio manda i serpenti nel deserto e il popolo di Israele vedi che…”. Ma cosa ha fatto il popolo poco prima dei serpenti velenosi?

Se io quando racconto una storia non considero tutti i personaggi, è un problema, non capisco la storia. 

Samuele gli dice: “Tu eri piccolo, tu eri niente e Dio ti ha reso re.”

“Il Signore ti aveva mandato per una spedizione e aveva detto: “Va’, vota allo sterminio quei peccatori di Amaleciti, combattili finché non li avrai distrutti”

Questo era il comando del Signore. È chiaro, è cristallino. Se è: “Vota allo sterminio”, è “Vota allo sterminio”, non è “Mah, dunque, vediamo”. “Votare allo sterminio” vuol dire proprio: disintegrare, spazzare via, è come se si aprisse la terra e tutto venisse ingoiato, una roba del genere, è proprio distruggere tutto. 

Saul cosa fa?

Dice Samuele:

“Perché dunque non hai ascoltato la voce del Signore e ti sei attaccato al bottino e hai fatto il male agli occhi del Signore?”

Ti sei attaccato al bottino, non hai votato allo sterminio. Hai votato allo sterminio un po’… l’oro luccica, le pecore fanno “bee”, le mucche fanno “muu”, e quindi mi faccio due conti: Quante mucche ci sono? E quanta carne buona c’è? E quante pecore ci sono? Quanta lana c’è? E io se le vendo, quelle mucche? Se vendo quella lana? Cosa posso fare? Con quel bottino di Amalek, con tutti quei bei pezzi d’oro, d’argento, io cosa posso fare? 

Saul cosa fa? Invece di dire: “No! Che somaro che sono stato! Ho sbagliato un’altra volta!”, invece di riconoscere il suo peccato, invece di dire: “Sì proprio non ci siamo”, Saul insiste. Tipico nostro! Ma una volta che il re è nudo, è nudo! Sei stato smascherato, sei stato colto con le dita nella marmellata, per non dire con i gomiti! Basta! Ma dì: “Ho sbagliato, sì sono io quell’uomo lì, ho fatto una grande stupidaggine! Ho peccato!” Ma dillo! 

“Ma io ho obbedito alla parola del Signore…”

Il bello è che adesso lui, con le sue parole, fa la sua confessione. Adesso con quello che dirà tutti vedranno che non è vero, perché il Signore non ha detto quello che lui dice. La ribellione, la disubbidienza ci rende stupidi, ci rende completamente stupidi, completamente ciechi e da soli scriviamo la nostra condanna.

“Ma io ho obbedito alla parola del Signore: ho fatto la spedizione che il Signore mi ha ordinato”

Vero, questo è vero.

“Ho condotto Agag”

E chi ti ha detto di condurre Agag? Ma se ti ha detto:

“Va’, vota allo sterminio quei peccatori di Amaleciti, combattili finché non li avrai distrutti”

Agag da dove salta fuori? Il re di Amalek, perché lo stai conducendo? Se ti ha detto: “Vota allo sterminio”, cosa c’entra Agag? Perché è lì?

“E ho sterminato gli Amaleciti”

Ma non aveva detto: “Conduci Agag”, aveva detto:

“Va’, vota allo sterminio quei peccatori di Amaleciti”

Agag, che è re di Amalek, faceva parte del pacchetto. 

“Il popolo poi ha preso dal bottino…”

È sempre così, non sono colpevole io, sono colpevoli gli altri, “Io, poverino, devo tirare a campare, faccio il re dove mi interessa, poi dove è meglio che ci vadano di mezzo gli altri, allora è il popolo a decidere e io sono un poverino…”. Capite quanto è furbo?

“Il popolo poi ha preso dal bottino bestiame minuto e grosso”

Il popolo! E tu cosa facevi? Tu invece eri lì che piangevi, ti fustigavi, facevi penitenza, imploravi di non fare questa cosa? Il bello è che è cosciente!

“Il popolo poi ha preso dal bottino bestiame minuto e grosso primizie di ciò che è votato allo sterminio”

Ma allora lo sai proprio? Gli vai anche a dire che riconosci che quella è la primizia, doveva essere la prima cosa che tu votavi allo sterminio! 

“… primizie di ciò che è votato allo sterminio per sacrificare al Signore, tuo Dio, a Gàlgala”

Ma il Signore tuo Dio non ti ha chiesto di sacrificare a Galgala le primizie di ciò che è votato allo sterminio! Il Signore tuo Dio ti ho detto: “Vota allo sterminio tutto”. Lì, non a Galgala. Ma chi ti ha detto che tu devi prendere questa cosa e portarla a Galgala? Te lo sei sognato! 

A quel punto Samuele esclamò la sentenza. La sentenza che ha scritto Saul, non che ha scritto Dio. Quello che esce dalla bocca adesso di Samuele è esattamente il risultato di ciò che Saul con la sua bocca, suo malgrado, ha dovuto confessare. Dio non c’entra niente, come sempre! È dal capitolo 3 di Genesi che Dio non c’entra niente. Si trova tra le mani un fatto che fa dire: “Ma scusa un attimo, ma questa da dove viene fuori? Ma perché hai fatto così? Se ti avevo chiesto un’altra cosa perché hai fatto quello che volevi tu?”

E allora Samuele dice: 

“Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici…”

Che vuoi fare tu secondo il modo tuo, la voglia tua, il gusto tuo.

“… quanto l’obbedienza alla voce del Signore?”

Ho letto un po’ di giorni fa quell’omelia che feci il 14 dicembre su San Giovanni della Croce, sulla gola spirituale, e uno dei commenti diceva: “Padre, quante cose complicate! Non facciamo le cose così complicate, seguire Dio è una cosa più semplice! Ama Lui, amo io, ci amiamo insieme, tutto è amore! Viviamo nell’ammmmorrre” con quattro emme e tre erre.

 Scusate ma quando leggo queste cose, abbiate pietà di me, io non ho capito… Quando si tratta di trattare con le persone è tutto complicato: “Devi stare attento a questo, a quello, devi stare attento a come mi parli, a come mi guardi, a come ti muovi, ad ogni più piccola attenzione nei miei riguardi, devi stare attento a parlare come se tu stessi camminando sugli specchi spezzati con le punte in su. Devi essere super cortese, super gentile, devi pensare l’impensabile che ho pensato…” 

Potrei leggervi di quelle cose! Frutto di un egocentrismo, di un narcisismo, che uno quando le legge dice: “Fin dove può arrivare l’uomo?”

Quindi, quando c’è di mezzo l’uomo “Tu mi devi portare rispetto”, un rispetto non sommo, di più, che vada oltre, talmente oltre che quasi non è afferrabile.

Quando riguarda Dio, invece: “Non facciamo troppo i complicati”.

 Perché? Tutto ciò che riguarda Dio deve essere non semplice, ma banale e poi, soprattutto, Dio non deve avere pretese, a Dio deve andare bene tutto, tutto quello decido di dargli, poco o tanto che sia. “Ti devi accontentare, deve andarti bene così e non fare troppo il complicato, non venire più a fare troppo i versi. Questo è e così ti deve andare bene perché lo decido io, perché tu sei Dio, tu sei buono e quindi va bene tutto”. 

Quando riguarda me: “Attenzione, guanti di velluto, scarpine da ballerina, e se respiri per favore non fare rumore, anzi se smetti di respirare è meglio perché mi disturbi.”

Ma noi pensiamo di essere intelligenti a fare così? Pensiamo di essere brillanti? 

In quello che io vi ho detto di San Giovanni della Croce non c’è niente di complicato, è che noi siamo talmente banali, abbiamo talmente smesso di pensare e di riflettere che basta fare 1 + 1 = 2 che siamo già lì con i goccioloni che ci scendono sulla fronte, l’occhio strabuzzato, la faccia da triglia lessa che dice: “Aiuto!”Perché non siamo più capaci di pensare. Un ragionamento, per il fatto di essere un ragionamento, per noi è già complesso, perché noi più di 01 10 00 11 non siamo capaci. La nostra mente va davanti per un un codice binario, ma non metterci lo 05 03 perché se no va in cortocircuito il sistema. Ma il problema non è di chi pensa, il problema è di chi, poverino… non ci siamo! 

San Giovanni della Croce, Dottore della Chiesa, diciamo che ha tutto il diritto di dire quello che dice, e noi tutto il dovere di ascoltarlo, di commentarlo, di spiegarlo, di impararlo e di viverlo. Se non ci sta bene, come dico sempre, andiamo altrove. Non è che se apri YouTube esce per forza l’omelia, la meditazione di… e o ascolti quello o esplode il computer, o il cellulare. Vai altrove, ascolta altro, mettiti su non so quale gruppo musicale e ascoltati quello, fine della discussione, anzi ascolta te stesso… “ascolta” è già una parola grossa…

“Obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arieti”

Perché?

 Perché il sacrificio e il grasso degli arieti siamo capaci tutti di darelo. Basta prendere una bestiolina e si fa. Ma ubbidire è una roba che ti prende dentro, obbedire vuol dire sacrificare te stesso, vuol dire rinnegare se stesso, offrire te stesso come sacrificio, è il sacrificio di te che sta nell’obbedienza, è un’altra cosa. Vuol dire rinnego quello che per me è giusto, utile, doveroso, utile in questo momento e seguo quello che mi dice il Signore. Non è così facile. 

“Peccato di divinazione è la ribellione, e colpa e terafìm l’ostinazione”

Vi avevo già detto l’anno scorso che cos’era il terafìm, andate a rileggerlo su Internet così scoprite bene che cos’è terafìm. La ribellione e l’ostinazione. L’ostinazione è questa cosa qui che fa Saul. Saul insiste con Samuele e dice: “No, ma io…”, questa è ostinazione, il non riconoscere.

Mi ricorderò sempre di quando, nei primi anni di Sacerdozio, una persona entrò in confessionale. Dopo un pochino di tempo — a quel tempo avevo ancora tanta pazienza — chiesi: “Scusi ma, siccome c’è fuori una lunga coda, mi può dire che peccati ha fatto?” perché fino a del quel momento non avevo sentito niente se non le solite: “È successo quello… è successo questo… mi ha fatto qui… ha fatto là… la suocera e la nuora… la figlia…” 

— “Ma lei che peccati ha fatto?” 

— “Scusi, ma lei per cosa mi ha preso, per un peccatore?” 

— “Scusi, ma lei è venuta in confessionale per mangiare cappuccio e brioche?” 

Lo spirito di Elia un po’ si sveglia! Il Mattatia che c’è dentro di noi un po’ comincia a risorgere! 

“Scusi lei per chi mi ha scambiato? Per un peccatore?”

 Se vai in confessionale e ti metti in ginocchio per confessarti — a quel tempo ancora si faceva così — mi viene da pensare che hai fatto dei peccati e chi fa i peccati è un peccatore. No, non è così. 

— “Lei per chi mi ha scambiato, per un peccatore?”

No, evidentemente mi sono sbagliato. 

Capito fino a dove arriviamo? Vado in confessionale, non dico i peccati, dico quattro stupidaggini, perché non sono preparato. Ma perché facciamo perdere tempo al Sacerdote? Non siamo preparati, non andiamo. Uno va in confessionale a dire i peccati perché è un peccatore, se no, sta a casa sua. E li devi dire tutti questi peccati. Mi metto lì, in ginocchio, e dico: “Ho fatto questo, questo, questo e questo.” Questa è confessione, non andare lì a parlare della quintessenza della metafisica, non vado lì a parlare del libro Gamma di Aristotele, vado lì a dire i miei peccati, questa è la confessione. Perché devo portare via tempo a tante persone che stanno fuori che invece magari hanno bisogno di dire i loro peccati e non vedono l’ora di dirli perché hanno bisogno del perdono di Dio?

— “È un anno che non mi confesso”

— “Che peccati ha fatto?”

— “Peccati? Ammazzare, non ammazzo, rubare, non rubo, che peccati faccio? Boh! Mi aiuti lei”

Guarda che quando ti vai a confessare non è come quando vai al supermercato dalla commessa e dici: “Scusi, non trovo lo shampoo, mi può indicare il reparto?”. Non è questa cosa! Cosa vuol dire “Mi aiuti lei”? L’esame di coscienza, te lo devi fare tu. Non è come quando io, asino, andavo alle superiori, non capivo un tubo di matematica e dicevo alla mia compagna: “Senti, aiutami a fare le equazioni perché non ci riesco”. Non è quella roba lì. L’esame di coscienza te lo devi fare tu e se non sei capace devi imparare. Non è che il Sacerdote si può mettere in confessionale e fare gli esami di coscienza a ciascun penitente, altrimenti ci vogliono 25 ore per confessare cinque persone! Non va bene. Il Sacerdote ti potrà aiutare a formulare, ad essere preciso nel dire i tuoi peccati, nel cercare di capire meglio le cause, va bene, ma non a farti l’esame di coscienza. E se è un anno che non confessi i tuoi peccati non possono essere: “Booh, mah, qualche mancanza di carità”. Cioè, San Giuseppe a confronto sbiadisce, se in un anno non hai fatto peccati! San Carlo Borromeo si confessava una volta al giorno. Se tu in un anno non hai fatto peccati e ti confessi una volta in un anno, vedi un po’ tu. Va tutto bene? Tutto perfetto?

Stiamo attenti alla ribellione, stiamo attenti all’ostinazione, impariamo a riconoscerci peccatori, a dirci peccatori, ma non a parole, con i fatti. E quindi ci dobbiamo sentire peccatori. Se qualcuno ci dice: “Sei un peccatore”. “Eh sì, vero certo, sono un peccatore, si, se no non sarei qui e anche se non sono qui perché sto facendo la salsa, sono un peccatore lo stesso, ne sono cosciente, perché mi ricordo che tot giorni fa mi sono confessato, e tra tot giorni devo andarmi a confessare, perché non ci riesco, perché sono ancora duro, perché mi ribello”.

Spero che la meditazione di questa pagina della Scrittura bellissima, assolutamente reale e stupenda, per la sua verità, per il suo realismo, ci aiuti a diventare, a essere più onesti con noi stessi e con Dio.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

PRIMA LETTURA (1 Sam 15, 16-23)

In quei giorni, Samuèle disse a Saul: “Lascia che ti annunci ciò che il Signore mi ha detto questa notte”. E Saul gli disse: “Parla!”. Samuèle continuò: “Non sei tu capo delle tribù d’Israele, benché piccolo ai tuoi stessi occhi? Il Signore non ti ha forse unto re d’Israele? Il Signore ti aveva mandato per una spedizione e aveva detto: “Va’, vota allo sterminio quei peccatori di Amaleciti, combattili finché non li avrai distrutti”. Perché dunque non hai ascoltato la voce del Signore e ti sei attaccato al bottino e hai fatto il male agli occhi del Signore?”.
Saul insisté con Samuèle: “Ma io ho obbedito alla parola del Signore, ho fatto la spedizione che il Signore mi ha ordinato, ho condotto Agag, re di Amalèk, e ho sterminato gli Amaleciti. Il popolo poi ha preso dal bottino bestiame minuto e grosso, primizie di ciò che è votato allo sterminio, per sacrificare al Signore, tuo Dio, a Gàlgala”.
Samuèle esclamò:
“Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici
quanto l’obbedienza alla voce del Signore?
Ecco, obbedire è meglio del sacrificio,
essere docili è meglio del grasso degli arieti.
Sì, peccato di divinazione è la ribellione,
e colpa e terafìm l’ostinazione.
Poiché hai rigettato la parola del Signore,
egli ti ha rigettato come re”.

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