Scroll Top

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 28

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione sul testo “La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia” di S. Pietro Giuliano Eymard di mercoledì 29 giugno 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 16, 13-19)

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 28

Eccoci giunti a mercoledì 29 giugno 2022.

Festeggiamo oggi la Festa, bella, grande, dei Santi Pietro e Paolo. In questa bellissima Solennità, ricordiamoci di pregare per il Santo Padre.

Abbiamo letto il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo XVI di San Matteo, versetti 13-19.

Andiamo avanti con la nostra lettura e meditazione del libro degli Esercizi Spirituali di San Pietro Giuliano Eymard; siamo arrivati alla meditazione sull’Inferno.

“Oh come Dio fu buono nel non colpirmi subito dopo il mio fallo! Io l’avevo ben meritato; se mi avesse condannato io non aveva che dire: l’assassino non ha che rispondere quando è condannato a morte: è la pena del taglione; ora uno solo dei miei peccati mortali bastò per dar la morte a Gesù Cristo, io ne sono il carnefice e l’assassino!

Vi sono nell’inferno persone che erano tenute per sante in vita: vi sono dei sacerdoti, dei religiosi certamente: può accadere anche a me, giacché quelli erano migliori di me!

Come è dunque buono Dio che non mi ha abbandonato! D’altronde, persevererò io sino al fine? Ecco la gran questione. Certo io lo voglio; ma dirò sempre così?”

Vedete, i Santi fanno queste riflessioni, si pongono queste domande.

“Non abbiamo abbastanza orrore del peccato; e quando lo abbiamo commesso manchiamo di coraggio per espiarlo come bisogna. Rimandiamo ad altro tempo e diciamo: Mi confesserò, quando sarò ammalato; farò un buon atto di contrizione, e così assicurerò la mia salvezza. No, no; inganno! Nostro Signore ha detto che verrà a noi come un ladro e sconcerterà così tutti i nostri calcoli”.

Quindi, è vero che non abbiamo abbastanza orrore del peccato, questo è assolutamente vero, infatti, è altrettanto vero che, quando lo commettiamo, poi, non abbiamo il coraggio necessario per espirarlo come si deve espiare, ma rimandiamo, diciamo: «Farò, andrò, vedrò, dirò…», ma questo è sbagliato.

“E poi, in realtà, chi sa se non commetterò ancora qualche peccato mortale? Chi sa se, tradotto per la fede innanzi ad un tribunale, io non sarò apostata? Questo accade a chi si trascura poco a poco. Del resto il dubbio stesso è spaventevole. Le parole dello Spirito Santo: «L’uomo non sa se sia degno di amore o di odio» (Eccl., IX, 1), atterrivano anche S. Bernardo.

Mettiamo dunque mano ai mezzi più energici, e non fidiamoci dei nostri desiderii, delle nostre sole risoluzioni: nulla è di troppo quando si tratta dell’eternità.

Chi sa se io non sono già in discesa se non mi trovo sulla china del peccato mortale? Esaminatevi per saperlo, sulle vostre tentazioni più frequenti; — questo è un bel modo — sui vostri peccati veniali: — interessante… — sono le funicelle con cui Dalila legava Sansone prima di conoscerne il secreto. Alzavasi lui e le rompeva con facilità; ma un giorno si lasciò prendere totalmente; e noi conosciamo come finì miseramente.

Sonvi tentazioni, peccati veniali che portano quasi sempre al peccato mortale.

Innanzi tutto sono le tentazioni di impurità; S. Alfonso de’ Liguori dice non esservi forse dannato che non lo sia a causa dell’impurità o con peccati d’impurità”.

Quindi, stiamo attenti alle funicelle, eh… stiamo attenti! Stiamo attenti a queste cose piccole, che poi in realtà preparano alle grandi; tra le prime, ci sono le tentazioni impure.

“Poi vengono le tentazioni di orgoglio, sovratutto dell’orgoglio spirituale e satanico, il quale conduce sempre all’apostasia.  Vegliate e mirate in fondo l’inferno. Questo vi farà rientrare in voi stessi e forse vi convertirà”.

Lo scopo è questo, capite? Lo scopo di tutte queste meditazioni, che siano sull’Inferno, sul Paradiso o sul Purgatorio, che siano su una qualunque altra realtà, è sempre questo: rientrare in noi stessi.

“Se la vista dell’inferno da una parte e dell’amore infinito di Dio per noi dall’altra, non ci fanno più impressione, noi corriamo alla dannazione eterna! Si presenti un’occasione, e siamo perduti.

Ma io so quel che si dice per scusarsi: Io sono dedicato al Santissimo Sacramento, vivo con Gesù mio Salvatore, di che debbo temere?

— Anche Giuda viveva con Gesù.

— Ma io amo il buon Dio.

— Giuda pure da principio amava Nostro Signore, ma venne la tiepidezza e a poco a poco quell’amore si spense; ed egli diventò sacrilego ed il carnefice del suo Maestro.

Sul Calvario vi erano due ladroni crocifìssi accanto a Gesù: l’uno fu un santo, dichiarato tale dal Signore; l’altro un reprobo.

Vivere con Gesù Cristo, in presenza del suo gran Sacramento d’amore, è tutto per chi vuole ad ogni costo salvarsi; ma non fa che aggravare il castigo di colui che si danna: questi cade allora dal Cielo come gli angeli ribelli; e con essi precipita sino al fondo dell’abisso, ove sono per lui supplizi più crudeli, speciali torture: Potentes potenter tormenta patientur: I grandi soffriranno grandi tormenti”.

Quindi — dice San Pietro Giuliano Eymard — non ci consoli, cioè non ci faccia sentire a posto e salvati, il fatto di avere una vita con una grande frequenza di Gesù Eucarestia, di Gesù Crocifisso, perché il problema è sempre quello: la tiepidezza.

Se entra la tiepidezza, a poco a poco, non tutto insieme, a poco a poco l’amore si spegne.

Adesso vediamo il prossimo punto di questa meditazione di San Pietro Giuliano Eymard:

“Istruzione

L’amore principio del combattimento spirituale

Che cosa bisogna fare per essere tutto di Nostro Signore, per progredire nel suo servizio?

Rispondo con una parola: bisogna combattere, per amore di Lui e nella forza di questo amore, quanto si oppone al suo regno e alla sua vita in noi.

I – L’uomo si trova davanti a due leggi: l’amore di Dio e l’amore di sé; questi due amori si fanno una guerra incessante: bisogna sottostare all’uno dei due; scegliere l’uno o l’altro: starsene indifferenti è impossibile”.

Quindi, bisogna scegliere quale amore.

“L’abitudine di una vita virtuosa non pone fine al combattimento. Noi siamo una bilancia: più diveniamo santi e ci eleviamo verso Dio, più siamo combattuti dall’amor proprio e attirati al basso.

Voi avete scelto l’amore di Gesù Cristo: or bene, bisogna ch’Egli sia la vostra legge, il vostro modello, vostro centro e vostro fine. Chi vuol vivere per Lui, deve vivere di Lui e per mezzo di Lui. Perciò è necessario che ci mettiamo in guerra contro l’io umano, contro l’amor proprio; bisogna che ci rivestiamo della forza dell’amor divino, più forte che la morte, contro noi, contro tutti; ma bisogna pure regolare e dirigere questa forza. Si deve combattere con coraggio e sapere adoperare i migliori mezzi.

In qual modo avremo noi la forza? Per mezzo di Gesù Cristo: «Tutte le cose mi sono possibili in colui che è mio conforto», diceva S. Paolo (Fil., 4, 13).

È necessaria questa forza continua, di tutti gli istanti, non mai in riposo: perché il vecchio uomo non si uccide mai; si può incatenare in questa o quell’altra delle sue voglie, ma riappare nelle altre: siamo sempre da capo; ci vuole una sempre nuova vigilanza.

Quelli che non si attengono a questo principio sono già vinti in una falsa pace.

La forza consiste nell’amore di Dio: Fortis est ut mors dilectio; bisogna amare Gesù Cristo sovranamente, universalmente, assolutamente; niente mettere al disopra o a fianco di Lui. Perciò ci vuole il sacrificio totale del nostro amor proprio che sempre grida: «Io! per me!». Noi dobbiamo dire: Nostro Signore! Che vuole? che cosa non vuole Nostro Signore?». Ciò sapendo, altro non ci occorre per agire: la sua volontà, il suo beneplacito, la sua gloria, ecco la nostra legge, la nostra parola d’ordine; ben compresa, la parola d’ordine ci assicura la vittoria”.

Vedete come San Pietro Giuliano Eymard mette sempre al centro l’amore per il Signore, sempre e costantemente al centro l’amore per il Signore, e lo capite da queste parole, che neanche vi commento tanto, perché sono talmente chiare e belle, che uno, basta che se le rilegga e le riascolti, che poi deve solo meditarle.

“II – Il primo combattimento che si ha da sostenere con la forza che ci viene dall’amore di Gesù Cristo è nel nostro spirito: volere o non volere; determinarsi interiormente; mettere l’anima nel rifiuto o nell’adesione: tutto parte di là; il combattimento nell’azione non è che secondario e dipende dal risultato di questo primo combattimento interiore”.

Capite? Il primo combattimento è nello spirito: voglio o non voglio?

È qui il punto!

Poi, le cose pratiche vengono dopo, ma prima c’è questo: voglio o non voglio?

“Dio è spirito, e la nostra anima, fatta a sua immagine, è la parte principale in noi, il principio movente e sovrano: i suoi atti sono dunque i più importanti; essi sono coronati o puniti, giacché le buone opere, non accompagnate da un’intenzione pura, nulla sono dinanzi a Dio. Quello che Egli domanda sopra tutto è il dono e la sottomissione della nostra anima alla sua legge;…”

Ecco, questa è la cosa più importante: il dono e la sottomissione della nostra anima alla Sua Legge. Questo è quello che Egli domanda.

“… e per questo il demonio combatte costantemente la volontà interiore, cercando di acciecarla, indebolirla, se non può corromperla del tutto”.

Quindi, Dio vuole che noi ci sottomettiamo alla Sua Legge e il demonio è esattamente quello che non vuole.

“L’orgoglio e i sette vizi capitali sono soprattutto spirituali: e se noi non li respingiamo nel nostro spirito, siamo perduti. Lo spirito dirige la vita, ed è il punto di partenza delle sue azioni”.

Quindi, tutto si gioca lì.

“Vegliate dunque sui vostri pensieri, sull’immaginazione che li prepara: vegliate su tutti i vostri pensieri, anche su quelli che avendo uno scopo lodevole, vi lasciano tuttavia una non so quale inquietudine mal definita. Vegliate! perché nei combattimenti di spirito, in cui la sola morosità, il solo arresto volontario è la disfatta, presto si è presi: un istante basta come per vincere, così per essere vinti.

Sappiate dunque dire tosto sì o no; senza discussione, senza esitazione; non siate di quelli spiriti vaganti, nebbiosi, fangosi, che vogliono vedere fin dove andranno i loro cattivi pensieri; analizzare il male e non arrestarsi che là dove questo è grave: questi si svegliano solo quando sono feriti. Le anime delicate si accorgono del male a prima vista. Quando un pensiero giunge a camminare lentamente nel vostro spirito, voi siete già vinto. Si vuol sapere che cosa sarà: se ne vorrebbe gustare un poco; tutto il male, oh no! ma sino all’estremo limite: come una persona che non vorrebbe disonorarsi, ma che si lasciasse adulare e volesse sapere sino a qual punto è amata; questa è già perduta!”

Quindi, dobbiamo imparare a vegliare sui pensieri e sull’immaginazione, che, di fatto, se voi ci pensate (scusate la ripetizione), noi non confessiamo tanto spesso. Noi non stiamo molto a confessare i pensieri… e invece è proprio su questi che bisogna soffermarsi!

San Pietro Giuliano Eymard ci dice che dobbiamo stare attenti, perché ci sono pensieri che sembrano buoni, ma che poi ci lasciano inquieti… eh, c’è il suo perché…

Bisogna stare attenti, perché basta un pochino di poca vigilanza, di arresto della volontà e siamo proprio fritti. Stavo dicendo “fritti”, poi mi sono trattenuto perché mi sembrava che “fritti” non stesse bene, ma in realtà è giusto, siamo proprio fritti, come una patata, e poi è finita.

Invece, bisogna subito dire “Sì” o “No”, senza discussione e senza esitazione, e non dobbiamo dire: «Ma vediamo dove arrivo, vediamo questi pensieri dove mi conducono…», questo vuol dire, dice San Pietro Giuliano Eymard, essere “spiriti vaganti, nebbiosi e fangosi”.

Analizzare il male… no, no, no, non si può analizzare il male e dire: «Vado avanti finché non è grave». Assolutamente no… assolutamente no. Il male non si analizza, il male è male, e quando c’è il male, si dice “No”, punto. Non si comincia neanche a pensarci.

Le anime delicate si accorgono del male a prima vista, riconoscono subito che lì ci sono le sabbie mobili.

Stiamo attenti a questi pensieri, che camminano un po’ con questo passo felpato dentro di noi… il pensiero cammina, cammina, cammina, cammina lentamente… e poi ti prende! Ecco, questo è il pensiero felpato.

L’ho fatto apposta, spero che vi siate spaventati; ho fatto apposta a parlare lentamente, e poi ad alzare la voce, perché fa così eh, è proprio come un serpente che improvvisamente ti morsica. Tu dici: «Oh…», e oramai ti ha preso, perché gli hai permesso di avvicinarsi.

Sì, è come uno che si lascia adulare, no? Pensa: «Vediamo fin quanto sono amato…». Eh, sì… oramai…

Qui è importante quello che scrive San Pietro Giuliano Eymard:

“Noi ci trastulliamo col male con mezzi consensi, mezzi sguardi: è da stupire che la nostra coscienza sia sempre turbata? Ricordatevi dunque che i peccati più frequenti sono di spirito, d’immaginazione, di orgoglio, di vanità, d’impazienza o sensualità interiore: ché noi non abbiamo guari l’occasione di peccare materialmente; e poi non vorremmo arrivare fin là!”

Quindi, il peccato concreto materiale arriva dopo che abbiamo dato spazio a questi peccati, a queste tentazioni di immaginazione, di orgoglio, di impazienza, e via dicendo. Certo, dopo diciamo: «Ma io non avrei voluto…». Eh, ma oramai…

“Se le nostre adorazioni son fatte tanto male, se non vi abbiamo alcun buon sentimento, questo avviene perché la nostra povera mente è tutta ingombra di pensieri naturali, umani, frivoli o cattivi, che le lasciamo produrre abitualmente: essa non ha più forza per guardare verso il Cielo”.

Eh, sì… Quando ci lamentiamo che la nostra preghiera viene tanto male, quando diciamo che non riusciamo a fare delle buone adorazioni, è per questo, perché siamo ingombrati di pensieri naturali, umani, frivoli e cattivi, e quindi…

Domani vedremo il secondo combattimento.

Il secondo combattimento, ve lo anticipo, è il combattimento del cuore, e vedremo che cosa San Pietro Giuliano Eymard ci dirà proprio su questo tema del cuore.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Post Correlati