«Dai loro frutti li riconoscerete»
(Matteo 7,16)
Poteva forse Gesù Cristo, fratelli miei, darci delle prove più chiare e più certe, per farci distinguere i buoni cristiani dai cattivi, che dicendoci che li riconosceremo, non dalle loro parole, ma dalle loro opere?
«Un albero buono, ci dice, non può produrre frutti cattivi, come un albero cattivo non può produrre frutti buoni».
Sì, fratelli miei, un cristiano che abbia solo una falsa devozione, una virtù affettata, che è soltanto esteriore, malgrado tutte le precauzioni che prenderà per contraffare se stesso, non tarderà a far emergere, di tanto in tanto, le sregolatezze del suo cuore, sia nelle sue parole, che nelle sue azioni.
No, fratelli miei, non vi è niente di più comune, di queste virtù apparenti, cioè di questa ipocrisia.
La cosa tanto più deplorevole, è il fatto che quasi nessuno lo voglia riconoscere. Si dovrà allora, fratelli miei, lasciare costoro in uno stato così sciagurato, che sicuramente li condurrebbe all’inferno?
No, fratelli miei, no, cerchiamo almeno di farne percepire loro qualcosa. Ma, mio Dio! chi di loro vorrà riconoscersi colpevole?
Ahimè! quasi nessuno! Dunque, questa istruzione (si riferisce all’omelia; n.d.a.), servirà solo ad accecarli maggiormente?
Tuttavia, malgrado ciò, fratelli miei, io ve ne parlerò come se tutti voi ne dovreste approfittare.
Per farvi conoscere meglio lo stato sciagurato di questi poveri cristiani, che, forse, si dannano, proprio mentre fanno del bene, ma non conoscendo il modo giusto di farlo, vi mostrerò:
1°- quali sono le condizioni per possedere una vera virtù;
2°- quali sono i difetti di quella che ha solo l’apparenza di virtù.
Ascoltate bene questa istruzione, che può molto servirvi in tutto ciò che farete, in relazione a Dio (il termine “istruzione”, usata dal curato già due volte, ci illumina sulla sua concezione dell’”omelia”, e ci fa capire perchè le sue omelie fossero così lunghe: esse sopperivano alla mancanza di altre forme di catechesi per gli adulti, e diventavano, perciò, dei piccoli trattati di vita spirituale; n.d.a.).
Se mi domandaste, fratelli miei: «perchè ci sono così pochi cristiani che agiscono unicamente con l’intenzione di piacere a Dio?», eccovi la ragione pura e semplice: è perchè la maggior parte dei cristiani sono sepolti nell’ignoranza più spaventosa, per cui tutto quello che fanno, lo fanno solo da un punto di vista umano.
In modo tale che, se voi paragonaste le loro intenzioni con quelle dei pagani, non vi trovereste alcuna differenza (pura filantropia o il peggiore egoismo: quello che si camuffa da altruismo; n.d.a.).
Eh! mio Dio! quante buone opere perdute per il Cielo!
Altri poi, che hanno qualche luce in più, non cercano altro che la stima degli uomini, e cercano di “contraffarsi” il meglio che possono: il loro esterno sembra essere buono, mentre «il loro interno è pieno di lordure e di doppiezza».
Sì, fratelli miei, arriveremo al giorno del Giudizio così combinati, che la maggior parte dei cristiani non avranno avuto altro che una religione di capriccio e di umore, e cioè, basata sull’inclinazione naturale, e che soltanto molto pochi hanno cercato Dio solo, in tutto ciò che hanno fatto.
Diciamo anzitutto, che un cristiano che voglia lavorare sinceramente alla sua salvezza, non deve accontentarsi di fare delle buone opere, ma occorre anche che sappia per chi le compie e come le debba compiere.
In secondo luogo, diciamo che non è abbastanza apparire virtuosi agli occhi del mondo, ma che bisogna esserlo nel cuore.
Se ora mi domandaste, fratelli miei, come potremo conoscere se una virtù è sincera e ci condurrà in Cielo, fratelli miei, ecco: ascoltate bene, imprimetevelo bene nel vostro cuore, affinchè per ogni azione che farete, possiate conoscere se essa sarà ricompensata per il Cielo.
Io dico che, affinchè una azione possa piacere a Dio, deve avere tre condizioni:
la prima, che essa sia interiore e perfetta;
la seconda, che sia umile e senza alcuna ricaduta su se stessi;
la terza, che sia costante e perseverante.
Se in tutto ciò che voi fate, ritrovate queste condizioni, siate sicuri che state lavorando per il Cielo.
Abbiamo detto che, per piacere a Dio, un’azione deve essere anzitutto interiore: quindi, non è sufficiente che essa appaia al di fuori.
No, senza dubbio, fratelli miei, bisogna che essa nasca dal cuore, e che soltanto la carità ne sia l’anima e il principio, poichè san Gregorio ci dice che tutto quello che Dio domanda da noi, deve essere fondato sull’amore che gli dobbiamo; il nostro esteriore, quindi, deve essere solo uno strumento per manifestare ciò che passa all’interno di noi.
E così, fratelli miei, tutte le volte che le nostre parole e le nostre azioni non sono prodotte da un movimento del nostro cuore, noi non siamo altro che degli ipocriti, agli occhi di Dio.
In seguito, abbiamo detto che la nostra virtù deve essere anche perfetta: cioè che non è affatto sufficiente che ci attacchiamo alla pratica di qualche virtù, solo perchè la nostra inclinazione naturale ci spinge, ma dobbiamo abbracciarle tutte, cioè tutte quelle che sono compatibili col nostro stato.
San Paolo ci dice che dobbiamo fare un’abbondante provvista di ogni sorta di buone opere, per poterci santificare.
Andiamo oltre, fratelli miei, e vedremo come le persone si sbaglino pensando di fare il bene, e invece camminano presso il baratro dell’inferno.
Ci sono di quelli che si rassicurano per qualche virtù che essi praticano, perchè la loro inclinazione naturale ve li spinge, come, ad esempio, una madre si fiderà del fatto che fa qualche elemosina, che è assidua nel fare le sue preghiere, nel frequentare i sacramenti, o nel fare delle letture spirituali, ma poi, vede i suoi figli allontanarsi dai sacramenti, che i suoi figli non fanno il precetto pasquale; ma quella madre dà loro, di tanto in tanto il permesso per recarsi nei luoghi di piacere, alle danze, ai matrimoni, e, qualche volta, ai veglioni.
Ella ama far apparire le figlie, crede che se esse non frequentano questi luoghi di traviamento, resteranno sconosciute, e non troveranno una sistemazione.
Sì, è vero, senza alcun dubbio, che esse saranno sconosciute, ma solo ai libertini; sì, fratelli miei, esse non troveranno da sistemarsi con persone che le maltratteranno come delle vili schiave (sottile sarcasmo del curato; n.d.a.).
Eppure, questa madre ha piacere nel vederle ben abbigliate; questa madre ama vederle in compagnia di qualche giovane che sia più ricco di loro.
Dopo qualche preghiera e qualche buona opera che faranno, esse crederanno di trovarsi sul cammino del Cielo.
Ma vai via, madre mia, tu sei solo una cieca e un’ipocrita, tu possiedi solo un’apparenza di virtù.
Tu ti rassicuri, perchè fai qualche visita al Santo Sacramento, e, senza dubbio, questa è cosa buona; ma intanto tua figlia è alla danza; ma tua figlia è al cabaret con i libertini, e non c’è nessuna specie di sporcizia che essi non volmitino; ma tua figlia, di notte, è nei posti in cui non dovrebbe trovarsi.
Vai via, madre cieca e riprovata, esci e lascia la tua preghiera; non vedi che ti comporti come i Giudei, che piegavano le ginocchia davanti a Gesù Cristo, per fare finta di adorarlo?
E che! tu vieni ad adorare il buon Dio, mentre i tuoi figli lo stanno crociffiggendo?
Povera cieca, non sai quello che dici, nè quello che fai; la tua preghiera non è altro che un’ingiuria che fai al buon Dio.
Comincia ad andare a cercare tua figlia, che sta perdendo la sua anima; poi ritorna per chiedere a Dio la tua conversione.
Un padre crede che sia abbastanza mantenere il buon ordine nella casa, non vuole che si giuri, nè che si pronuncino parole sporche: questo è molto buono.
Ma poi non si fa scrupolo di lasciare i suoi ragazzi nei giochi, nelle fiere e nei piaceri.
Questo stesso padre lascia lavorare i suoi operai la domenica, con il minimo pretesto, oppure per non contrariare i suoi mietitori o i suoi battitori.
Tuttavia, lo vedrete in chiesa ad adorare il buon Dio, anche ben prostrato, e che si sforza di scacciare le minime distrazioni.
Dimmi, amico mio, con quale occhio pensi che il buon Dio possa guardare queste persone?
Vai via, amico mio, tu sei cieco; vai a istruirti sui tuoi doveri, e poi torna a presentare a Dio le tue preghiere (la Volontà di Dio, in tutte le azioni e non solo in alcune sì e in altre no, prevale anche sulla preghiera: insegnamento sublime ed essenziale; n.d.a.).
Non vedi che ti comporti come Pilato, che, al tempo stesso, riconosce Gesù Cristo, ma poi lo condanna?
Vedrete, poi, quel vicino, che è caritatevole, che fa le elemosine, che è toccato dalla miseria del suo prossimo: e questo va molto bene; ma lascia vivere i suoi figli nella più grande ignoranza; forse essi non sanno nemmeno che cosa occorra fare per salvarsi.
Ma vai, amico mio, tu sei cieco; le tue elemosine e la tua insensibilità ti condurranno a grandi passi verso l’inferno.
Quell’altro ha delle buone qualità, ama rendere servizi a tutti; ma non può più sopportare la sua povera moglie nè i suoi poveri figli, che copre d’ingiurie e forse anche di cattivi trattamenti.
Ma vai, amico mio, la tua religione non vale un bel nulla.
Quell’altro si ritiene alquanto saggio, perchè non è un bestemmiatore, un ladro, e nemmeno un impudico; ma poi non si prende la briga di correggere i suoi pensieri di odio, di vendetta, di invidia e di gelosia, che lo agitano quasi ogni giorno.
Amico mio, la tua religione non può che farti perdere.
Vedremo altri che praticano ogni esercizio di pietà, che si fanno grande scrupolo di non omettere qualche preghiera di quelle che sono soliti recitare; si credono perduti se non fanno la Comunione in determinati giorni, in cui hanno l’abitudine di farla; ma poi, un nonnulla gli fa perdere la pazienza, li fa mormorare; una parola che non sia stata detta come essi vorrebbero, li riempie di freddezza verso gli altri; essi non sopportano il loro prossimo, non vogliono avere nulla a che fare con voi, e sotto diversi pretesti, evitano la vostra compagnia, perchè ritengono che agite male nei loro confronti.
Ma via, poveri ipocriti, andate a convertirvi; dopo farete ricorso ai sacramenti, che, senza saperlo, nel vostro stato, non fate altro che profanare, con questa vostra devozione malintesa.
Un padre è senza dubbio lodevole se corregge i propri figli allorchè offendono il buon Dio; ma lo si può lodare, se poi non corregge se stesso da quei vizi che riprende nei suoi figli?
No, senza dubbio: questo padre possiede una religione falsa, che lo getta nell’accecamento!
Non si può che lodare un padrone che corregge i suoi domestici dai loro vizi; ma lo si può lodare se lo si sente giurare e bestemmiare egli stesso, per qualche cosa fastidiosa che gli succede?
No, fratelli miei, questo è un uomo che non ha mai conosciuto la sua religione nè i suoi doveri.
Quell’altro si atteggerà a uomo saggio, istruito, riprenderà i difetti che scorgerà nel suo vicino: e questo va bene; ma che cosa pensereste di lui, vedendo che ha molti più difetti di colui che sta riprendendo?
«Da dove viene questa condotta, ci dice sant’Agostino, se non dal fatto che è un ipocrita, che non conosce affatto la sua religione?».
Ma vai, amico mio, tu non sei altro che un fariseo, tutte le tue virtù non sono altro che false virtù; tutto quello che fai, e che tu ritieni buono, non serve ad altro che ad ingannarti.
Vedremo anche quel giovane frequentare le preghiere comuni, e forse anche i sacramenti; ma poi lo vedremo anche frequentare i cabarets e i giochi.
Questa giovane comparirà, di tanto in tanto, alla santa Tavola; ma poi comparirà anche alle danze, o nelle compagnie dove i buoni cristiani non si dovrebbero mai vedere.
Ma vai, povero ipocrita, vai cristiano “fantasma”, verrà un giorno in cui ti accorgerai che hai lavorato solo per perderti.
Un cristiano, fratelli miei, che voglia salvarsi, non si accontenta di osservare un comandamento, di adempire uno o due dei suoi obblighi, ma osserva tutti i comandamenti di Dio, e poi adempie a tutti gli oblighi del suo stato
(è questa la morale finale di tutti gli esempi fatti prima: non si può essere cristiani a metà, o in altra percentuale, ma, o lo si è in tutto e per tutto, o non lo si è per nulla;
è l’antico assioma filosofico: “Bonum, ex integra causa, malum, ex quocumque defectu”, che sarebbe come dire che una sola mancanza, volontaria e abituale, guasta tutto il resto, per quanto sembri buono o perfetto; cfr. Lettera di Giacomo 2,10-11!: «Chiunque osservi tutta la Legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto»; n.d.a.).
In secondo luogo, abbiamo detto che bisogna che la nostra virtù sia umile, senza un tornaconto personale.
Gesù Cristo ci dice di «non compiere mai le nostre azioni, con l’intenzione di essere lodati dagli uomini»: se vogliamo riceverne la ricompensa, dobbiamo nascondere, più che possiamo, il bene che Egli ha posto in noi, per timore che il demonio dell’orgoglio, ci rapisca il merito del bene che facciamo.
«Ma, forse pensate voi, il bene che facciamo, lo facciamo per il buon Dio, e non per il mondo».
Amico mio, io non lo so: ci sono molti che si sbagliano su questo argomento; io credo che sarebbe facile dimostrarvi che avete una religiosità solo esteriore, e non radicata dentro l’anima.
Ditemi: non è forse vero che provereste una pena minore se gli altri sapessero che digiunate nei giorni prescritti dalla Chiesa, piuttosto che se sapessero che voi non digiunate? (un “test” molto sottile, ma efficace, sull’importanza che si attribuisce al giudizio altrui, e che, di conseguenza, secondo il curato, rende ipocrita la religiosità; n.d.a.).
Non è forse vero che provereste meno dispiacere se vi vedessero fare l’elemosina, piuttosto che se vi vedessero sottrarre qualcosa al vostro vicino?
Lasciando da parte lo scandalo, non è forse vero che vi piacerebbe di più che gli altri vi vedessero pregare, piuttosto che se vi vedessero giurare, supposto che facciate una cosa e l’altra?
Non è forse vero che preferireste che vi vedessero far fare la preghiera, e dare dei buoni consigli ai vostri figli, piuttosto che se vi sentissero consigliare loro di vendicarsi dei loro nemici?
Sì, senza dubbio, mi rispondereste, perchè questo non ci darebbe pena.
E perchè succede ciò, se non perchè non abbiamo che una religiosità falsa, e siamo solo degli ipocriti, e nulla di più?
Tuttavia, noi vediamo che i santi facevano tutto il contrario; e perchè, se non perchè essi conoscevano la loro religione, e non cercavano altro che umiliarsi, per attirare su du sè le misericordie del Signore?
Ahimè! che poveri cristiani, siamo noi, che non abbiamo altro che una religiosità frutto di inclinazione naturale, di capriccio e di abitudine, e nulla più!
«Ma, mi direte voi, quello che stai dicendo è troppo forte».
Sì, senza dubbio, è un po’ forte, ma purtroppo è la verità.
Per incutervi un orrore infinito per questo maledetto peccato dell’ipocrisia, vi mostrerò fino a che punto questo peccato ci conduca, con un esempio che è ben degno di rimanere impresso nei vostri cuori.
Leggiamo nella storia che san Polemone e san Pacomio vivevano in grande santità.
Una notte che vegliavano e avevano acceso il fuoco, sopraggiunse un solitario che voleva sostare insieme a loro.
Avendolo ricevuto presso di loro per unirsi insieme nella preghiera al buon Dio, quello disse: «Se avete fede, venite avanti audacemente, e restate ritti in piedi su questi carboni ardenti, e pronunciate lentamente l’Orazione domenicale (il Padre nostro)».
Quei buoni santi, vedendo che quel solitario faceva loro una tale proposta, e ritenendo che solo un orgoglioso o un ipocrita poteva comportarsi così: «Fratello mio, gli disse san Polemone, è meglio che preghi Dio; tu sei tentato, stai bene attento a non compiere questa follia, e non proporci mai più nulla di simile.
Il Nostro Salvatore non ci ha forse detto che non bisogna mai tentare Dio, ed è veramente tentarlo, se tu gli domandi un tale miracolo».
Quel povero cieco e quel povero ipocrita, invece di approfittare di questo buon consiglio, il suo spirito (preferiamo lasciare intatti gli “anacoluti” numerosissimi, del santo curato; n.d.a.) si esalta ancora di più per la vanità delle sue pretese buone opere; egli avanza arditamente e si ferma sul fuoco senza che nessuno glielo avesse chiesto, mentre il demonio era suo complice, essendo il nemico degli uomini…
Il buon Dio, che il suo orgoglio aveva fatto allontanare da lui, permise al demonio, per un giudizio segreto e spaventoso, che egli fosse risparmiato dal fuoco, e questo lo accecò ancora di più, credendo di essere ormai perfetto e un gran santo.
L’indomani mattina, lasciò i due solitari, e rimproverando loro la poca fede dimostrata: «Avete visto, diceva loro, che cosa può fare colui che ha fede?».
Ma, ahimè! poco tempo dopo, il demonio, vedendo che quell’uomo gli apparteneva, e temendo di poterlo perdere, volle assicurarsi la sua vittima, e fargli mettere il sigillo alla sua riprovazione.
Prese l’aspetto di una donna riccamente abbigliata, bussò alla porta della sua cella, dicendo che era inseguita dai suoi creditori, che temeva di cadere in qualche disgrazia, non avendo di che pagarli, e che era ricorsa a lui, perchè lo riteneva molto caritatevole.
«Ti supplico, gli disse, di accogliermi nella tua cella, per sfuggire a questo pericolo».
Poichè quest’uomo aveva ormai abbandonato il buon Dio, e il demonio gli aveva cavati gli occhi dell’anima, egli non vedeva più il pericolo al quale si esponeva, e la ricevette nella sua cella.
Un momento dopo, si sentì terribilmente tentato contro la santa virtù della purezza, e indugiò sui suoi pensieri.
Si accostò a questa pretesa donna, che in realtà non era altro che lo stesso demonio, per parlarle più familiarmente, e perfino la toccò.
Il demonio, allora, gli piomba addosso, lo prende, e lo trascina sulla strada, e poi lo percuote con tanta forza, che il suo corpo ne fu tutto fracassato. Poi lo lasciò sul pavimento, dove rimase a lungo come morto.
Qualche giorno dopo, avendo ripreso un po di forze, e pentendosi della sua colpa, ritornò a trovare i due santi, per renderli partecipi della disgrazia che gli era successa.
Dopo aver raccontato loro tutto ciò, fra molte lacrime, disse loro: «Ah! padri miei, io confesso che tutto ciò mi è accaduto per mia colpa; sono io la causa della mia perdita, perchè non ero altro che un orgoglioso e un ipocrita, che voleva sembrare più saggio di quanto non fosse.
Vi prego, per favore, di assistermi con le vostre preghiere, perchè temo che se il demonio mi riprende, mi faccia a pezzi».
Mentre piangevano tutti e tre insieme, all’improvviso, ecco che il demonio s’impadronisce di lui, e lo trasporta con una velocità spaventosa, attraverso le foreste, fino alla città di Panople (?) dove c’era un forno.
Lo precipitò dentro, dove venne bruciato all’istante.
Ebbene! fratelli miei, da dove gli derivò questo castigo così orribile?
Ahimè! fu perchè il suo cuore mancava di umiltà, questo è vero, ma soprattutto perchè era un ipocrita, e non conosceva affatto la sua religione.
Ahimè! quante persone che fanno tante buone opere, ma che non cessano di essere perdute, perchè non conoscono la loro religione.
Un gran numero di esse fanno le loro preghiere, perfino frequentano spesso i sacramenti, ma conservano sempre le stesse abitudini, e finiscono per familiarizzare sia col buon Dio che col peccato.
Ahimè! com’è grande il loro numero!
Guardate quell’uomo, che sembra essere un buon cristiano, fategli notare che ha fatto torto a qualcuno, fategli notare i suoi difetti o qualche ingiustizia di cui si è reso colpevole nel suo cuore: subito si inalbera e non può più vedervi.
Poi seguono l’odio e il rancore…
Guardate quell’altro: se voi non lo giudicaste degno di accostarsi alla santa Tavola, vi risponderà sgarbatamente e conserverà dell’odio verso di voi, come se foste la causa del suo cattivo agire.
Altri poi, se gli sopravviene qualche dispiacere, subito abbandonano i sacramenti e gli esercizi di pietà.
Se un abitante ha qualche difficoltà col suo pastore, che gli abbia detto qualcosa per il bene della sua anima, subito subentra l’odio, ne parlerà male, avrà piacere di sentirne parlare male, e volgerà in male ciò che gli verrà detto.
Da dove può mai derivare tutto ciò, fratelli miei?
Ahimè! dal fatto che questa persona ha solo una falsa devozione, e nulla più.
Un’altra volta sarà una persona alla quale avete rifiutato l’assoluzione o la santa Comunione; ella si rivolta contro il suo confessore; voi sarete ai suoi occhi, peggio del demonio.
Tuttavia, in tempo di pace, lo vedrete servire Dio con fervore; egli vi parlerà di Dio come un angelo rivestito di un corpo umano.
E perchè dunque, fratelli miei, questa incostanza? Ahimè! è perchè non è altro che un ipocrita, che non lo riconosce, e che forse non lo riconoscerà mai, e che non accetta che lo si ritenga tale.
Si possono vedere altri che, sotto il pretesto di qualche parvenza di virtù, se ci si raccomanda alle loro preghiere per ottenere qualche grazia, dal momento in cui iniziano a fare qualche preghiera, vi domanderanno se avete ottenuto ciò che desideravate.
Se sono state esaudite, le vedrete raddoppiare le loro preghiere, perchè pensano che forse riusciranno a fare anche miracoli.
Ma, se non hanno ottenuto ciò che domandavano, le vedrete scoraggiarsi e perdere il gusto della preghiera (sottilissimo meccanismo di una delle peggiori e più recondite forme di ipocrisia, che non sfugge all’acume soprannaturale del curato; n.d.a.).
Ma vai via, povero cieco, tu non hai mai conosciuto chi sei veramente, tu sei solo un ipocrita.
Un’altra parlerà del buon Dio con premura; se la applaudite, le lacrime, perfino, scenderanno dai suoi occhi, ma se dite una parola che la pizzica un po’, le vedrete dalire il sangue alla testa; ella ha paura di mostrarsi com’è veramente (ossia ipocrita), e vi conserverà l’odio nel suo cuore , per parecchio tempo.
Perchè ciò, se non perchè la sua religiosità non è altro che una religiosità di capriccio e di semplice inclinazione naturale?
Voi ingannate il mondo, e ingannate voi stessi; ma non ingannerete il buon Dio, il quale, un giorno, vi farà vedere molto bene che non eravate altro che degli ipocriti.
Volete conoscere che cos’è una falsa virtù? eccovi un bell’esempio.
Leggiamo nella storia, che un solitario, essendo venuto a trovare san Serapione, per raccomandarsi alle sue preghiere, san Serapione gli disse di pregare per lui, ma l’altro gli rispose, con parole che dimostravano la più profonda umiltà, che egli non meritava quest’onore, perchè era troppo peccatore.
Il santo lo invitò a sedersi accanto a lui, ma l’altro rispose che non ne era degno.
Il santo allora, per vedere se veramente quel solitario fosse ciò che voleva far credere, gli disse: «Amico mio, io credo che tu faresti molto meglio a restare nella tua solitudine, piuttosto che girare attraverso il deserto».
Queste parole lo misero in uno stato di collera spaventoso.
«Amico mio, gli disse il santo, tu mi hai detto poco fa, che sei un così grande peccatore, da non volere nemmeno sederti accanto a me, e ora, perchè ti ho rivolto una parola piena di carità, tu monti in collera.
Vai via, amico mio, tu hai solo una falsa virtù, o, piuttosto non ne possiedi affatto».
Ahimè! fratelli miei, quanti ce n’è che appartengono a questo numero! che, dalle loro parole, sembrano essere dei santi, e che, alla minima parola che non piace loro, si arrabbiano e si fanno conoscere così come sono realmente nella loro anima.
Se vediamo tutti che questo peccato (l’ipocrisia), è così cattivo, vediamo anche che il buon Dio lo punisce rigorosamente, come vi mostrerò con un esempio.
Leggiamo nella Sacra Scrittura che il re Geroboamo inviò sua moglie presso il profeta Achia, per consultarlo sulla malattia di suo figlio, avendola fatta travestire, con l’aspetto perfetto di una persona di pietà. Aveva usato questo artificio, per paura che il popolo si accorgesse che consultava il profeta del vero Dio, e si notasse così la poca fiducia che riponeva nei suoi idoli (Geroboamo aveva provocato lo scisma del regno del nord, piazzando i suoi due vitelli d’oro nei templi di Betel e di Dan; n.d.a.).
E’ vero che, qualche volta, noi possiamo ingannare gli uomini, ma mai il buon Dio.
Quando questa donna entrò nella dimora del profeta, senza nemmeno averla vista, quello gridò: «Moglie di Geroboamo, perchè fingi di essere quello che non sei? Vieni, ipocrita, ti annuncerò una cattiva notizia da parte del Signore.
Sì, proprio una brutta notizia, ascoltala: il Signore mi ha ordinato di dirti che egli ha fatto cadere sulla casa di Geroboamo ogni sorta di mali; farà perire perfino gli animali; quelli della sua casa che morranno nelle campagne, saranno divorati dagli uccelli, quelli che moriranno nella città saranno divorati dai cani.
Vai via, moglie di Geroboamo, vai ad annunciare tutto questo a tuo marito; e nel momento stesso in cui metterai piede nella città, tuo figlio morirà».
Tutto accadde come il profeta aveva detto: nemmeno uno solo scampò alla vendetta del Signore.
Avete visto, fratelli miei, come il Signore punisce questo maledetto peccato dell’ipocrisia?
Ahimè! quante povere persone il demonio inganna a questo riguardo, le quali, non solo perdono tutto il merito del bene che fanno, ma le loro stesse azioni diventano un motivo di condanna (anche se esternamente sembravano buone, giuste, sante e sacre; n.d.a.).
Perciò vi dirò, fratelli miei, che non è la grandezza delle azioni che conferisce ad esse il merito, ma la purezza d’intenzione con cui le facciamo.
Il Vangelo ce ne offre un bell’esempio.
San Marco racconta che Gesù Cristo, essendo entrato nel tempio, sedette di fronte al luogo dove venivano deposte le elemosine per i poveri.
Egli osservava il modo in cui il popolo gettava le monete; vide che parecchi ricchi vi gettavano molto, ma vide anche una povera donna, vedova, che si avvicinò umilmente alla cassa, e vi depose soltanto due monetine.
Allora Gesù Cristo chiamò i suoi apostoli, e disse loro: «Molta gente ha messo elemosine considerevoli in quella cassa, mentre una povera vedova vi ha deposto solo due monetine; che ne pensate di questa differenza? A giudicare dalle apparenze, voi pensereste che quei ricchi hanno acquistato maggior merito; ma io vi dico che questa vedova ha donato più di loro, perchè quei ricchi, dalla loro abbondanza, hanno dato solo il loro superfluo, mentre questa vedova ha dato perfino il necessario; la maggior parte dei ricchi hanno cercato soltanto la stima degli uomini, per farsi ritenere migliori di quelli che sono, mentre questa vedova ha donato unicamente per piacere a Dio».
Bell’esempio, fratelli miei, che ci insegna con quale purezza d’intenzione e con quale umiltà dobbiamo compiere tutte le nostre azioni, se vogliamo riceverne la ricompensa.
E’ vero che il buon Dio non ci proibisce di compiere le nostre azioni davanti agli uomini, ma egli vuole che il mondo non c’entri nulla e che Dio solo ne sia il motivo.
D’altronde, fratelli miei, perchè dovremmo voler apparire migliori di come siamo, volendo compiere un bene che non è in noi?
Ahimè! fratelli miei, è perchè ci piace essere applauditi in ciò che facciamo; siamo gelosi di questa forma di orgoglio, e siamo disposti a sacrificare tutto per procurarcela: e cioè siamo disposti a sacrificare il nostro Dio, la nostra anima e la nostra eterna felicità!
O mio Dio, quale accecamento!
Ah! maledetto peccato dell’ipocrisia, quante anime trascini all’inferno, a causa di certe azioni che, se fossero compiute nel modo giusto, le condurrebbero dritte in Cielo!
Ahimè! una buona parte dei cristiani non si conosce affatto e nemmeno cercano di conoscersi; seguono solo una “routine”, le loro abitudini, e non si vuole ascoltare ragione; si è ciechi e si cammina da ciechi.
Se un sacerdote volesse far conoscer ad essi il loro vero stato, essi non vi ascolterebbero neppure, o, anche se facessero finta di ascoltarvi, alla fine non se ne fa nulla.
Ecco, fratelli miei, lo stato più disgraziato che si possa immaginare, e, forse il più pericoloso.
Abbiamo detto che la terza condizione necessaria perchè una virtù sia autentica, è la perseveranza nel bene.
Non ci si può, dunque, accontentare di fare il bene per qualche tempo, ossia, di pregare, di mortificarsi, di rinunciare alla propria volontà, di sopportare i difetti di quelli che ci circondano, di combattere le tentazioni del demonio, di soffrire il disprezzo, le calunnie, di vegliare su ogni movimento del nostro cuore, solo per qualche tempo.
No, fratelli miei, no, bisogna continuare fino alla morte, se vogliamo salvarci.
San Paolo dice che dobbiamo essere fermi e irremovibili nel servizio di Dio, e che dobbiamo lavorare tutti i giorni della nostra vita alla santificazione delle nostre anime, sapendo molto bene che il nostro lavoro non sarà ricompensato, se non perseveriamo sino alla fine.
Bisogna, ci dice, che nè le ricchezze, nè la povertà, nè la salute, nè la malttia, siano capaci di farci abbandonare la salvezza della nostra anima, e di separarci da Dio; poichè dobbiamo essere certi che il buon Dio non coronerà se non le virtù che saranno rimaste fino alla morte.
E’ ciò che vediamo in una maniera ammirevole nell’Apocalisse, e nella persona di un vescovo, che sembrava così santo, che Dio stesso ne fa l’elogio.
«Conosco, gli dice, tutte le buone opere che hai compiute, tutte le pene che hai sperimentato, la pazienza che hai avuto; sì, Io so che non puoi soffrire i malvagi, e che hai sopportato tutto questo per la Gloria del mio Nome; sì, conosco tutto ciò, tuttavia ho un rimprovero da farti: e cioè, che invece di perseverare in tutte le tue buone opere, in tutte le tue virtù, ti sei rilassato, hai abbandonato il tuo fervore di una volta, non sei più quello di prima.
Ricordati da dove sei caduto, recupera il tuo primitivo fervore per mezzo di una pronta penitenza, altrimenti Io ti rigetterò e ti punirò».
Ditemi, fratelli miei, da quale timore non dovremmo essere colti, vedendo le minacce che Dio stesso rivolge a questo vescovo, solo perchè si era un pochino rilassato?
Ahimè! fratelli miei, che cosa ne è stato di noi, perfino dopo la nostra conversione?
Invece di crescere continuamente, ahimè! quale rilassatezza e quale indifferenza!
No, il buon Dio non può soffrire questa continua incostanza, per cui passiamo dalla virtù al vizio, e dal vizio alla virtù.
Ditemi, fratelli miei, non è questa la vostra condotta o il vostro stile di vita?
La vostra povera vita, è forse qualcosa di diverso da un susseguirsi di peccati e di virtù?
Non è forse vero che vi confessate, e che, l’indomani, vi ricadete o, forse, nello stesso giorno?
Non è forse vero che avete promesso di non tornare più a frequentare certe persone che vi hanno condotto al male, ma che poi, alla prima occasione, le accogliete di nuovo?
Non è forse vero che vi siete confessati di aver lavorato di domenica, ma poi lo avete rifatto?
Non è forse vero che avete promesso al buon Dio di non ritornare più alle danze, ai giochi, ai cabarets, ma poi siete ricaduti in tutte queste colpe? (il curato, come farà poi, e anche di più, padre Pio, insiste molto sulla peccaminosità delle danze e dei balli, e non senza ragione, considerati i “veri motivi” per cui si svolgono certe attività ludiche; cosa ne direbbe se avesse visto 1200 vescovi, alla GMG brasiliana, danzare e gesticolare come – sia detto col massimo rispetto – tanti adolescenti parecchio imbranati? oppure se vedesse tanti frati e suore “alla moda”, che vogliono evangelizzare sventolando impudicamente le loro tonache al vento, in balli sfrenati, come tanti…?; n.d.a.).
Perchè tutto questo, fratelli miei (la risposta del curato non si fa attendere; n.d.a.), se non perchè non avete altro che una falsa religiosità, una religiosità frutto di abitudine e di inclinazione naturale, e non una religione del cuore.
Vattene, amico mio, tu sei solo un incostante.
Vai via, fratello mio, tu hai solo una falsa devozione; in tutto ciò che fai sei solo un ipocrita e nulla più; il buon Dio non ha affatto il primo posto nel tuo cuore, ma quel posto ce l’hanno piuttosto il mondo e il demonio!
Ahimè! fratelli miei, quante persone che, per un certo tempo, sembrano amare il buon Dio per un istante, ma poi lo abbandonano.
Che cosa trovate dunque di duro e di penoso nel servizio di Dio, che vi ha così fortemente disgustati, e vi ha fatto ritornare dalla parte del mondo?
Però poi, quando Dio vi ha fatto conoscere il vostro stato, avete cominciato a gemere, e avete riconosciuto come vi eravate sbagliati!
Ahimè! se avete perseverato poco, il motivo di questa disgrazia è stato il fatto che il demonio era molto dispiaciuto per avervi persi; tanto ha fatto che vi ha riguadagnati, e ora spera di custodirvi fino alla fine.
Ahimè! quanti apostati, che hanno rinunciato alla loro religione, e che sono rimasti cristiani solo di nome!
«Ma, mi direte voi, come si può riconoscere se possediamo la religione del cuore, quella religione che non viene mai meno?».
Fratelli miei, ecco: ascoltate bene, e capirete se ce l’avete così come Dio la vuole, per condurvi in Cielo.
Una persona che abbia una vera virtù, non vi è nulla che la possa far cambiare, ella è come una roccia in mezzo al mare, battuta dalla tempesta.
Sia che vi disprezzino, sia che vi calunnino, o che si prendano gioco di voi, che vi trattino da ipocriti, o da falsi devoti: tutto questo non vi toglierà minimamente la pace dell’anima; continuerete ad amarli, così come li amavate quando parlavano bene di voi; non smetterete di far loro del bene, e di sostenerli, anche se dicessero male di voi; fareste le vostre preghiere, le vostre confessioni, le vostre comunioni, andreste alla santa Messa, tutto secondo il vostro agire ordinario.
Per farvelo meglio comprendere, eccovi un esempio.
Si racconta che in una parrocchia vi era un giovane, che era un modello di virtù.
Andava quasi tutti i giorni a Messa, e si comunicava spesso.
Accadde che un altro, geloso della stima di cui godeva questo giovane, un giorno che si trovavano insieme tutti e due, in una compagnia dove c’era un vicino che aveva una bella tabacchiera d’oro, il giovane geloso, la prese dalla tasca del vicino e la mise in quella del giovane, senza che l’altro se ne accorgesse.
Dopo aver portato a termine il colpo, senza farsi notare, quello chiede al vicino di fargli vedere la sua tabacchiera; l’altro, credendo di trovarla nella sua tasca, resta stupito di non trovarla più.
Allora non lascia uscire nessuno dalla camera, senza aver perquisito tutti; poi la trova nella tasca del giovane che era un modello di saggezza.
Ecco che tutti cominciano a gridare “al ladro”, irridendo la sua religiosità, e trattandolo da ipocrita e da falso devoto.
Quel giovane non poteva difendersi, visto che avevano trovato nella sua tasca il corpo del reato; non rispose nulla, soffrì tutto questo, come se provenisse dalla mano di Dio.
Quando passava per strada, venendo dalla chiesa, dalla Messa, o dalla Comunione, tutti coloro che lo vedevano passare lo deridevano, chiamandolo ipocrita, falso devoto e ladro.
Ciò durò per lungo tempo. Malgrado tutto ciò, quello continuava sempre i suoi esercizi religiosi, le sue confessioni, le sue comunioni, e tutte le sue preghiere, come se tutti gli portassero il più grande rispetto.
Dopo qualche anno, colui che era stato la causa di tutto ciò, essendo caduto malato, confessò davanti a tutti coloro che erano presenti, che era stato proprio lui la causa di tutto il male che si era detto su quel giovane, che era un santo, e che, per gelosia, e per fare in modo che lo disprezzassero, aveva messo quella tabacchiera nella sua tasca.
Ebbene! fratelli miei, ecco una religiosità che è una vera religiosità, che ha messo radici nell’anima.
Ditemi, se tutti quei poveri cristiani che fanno professione della loro religione, fossero posti nelle stesse prove, imiterebbero il comportamento di quel giovane?
Ahimè! fratelli miei, quante mormorazioni, quanti rancori, quanti pensieri di vendetta, e poi la maldicenza, la calunnia, e, forse, anche la citazione in giudizio…
Poi ci si scatenerebbe contro la religione, la si deriderebbe, la si disprezzerebbe, se ne parlerebbe male, non si riuscirebbe più a pregare il buon Dio, non si potrebbe più ascoltare la santa Messa, non si saprebbe più che cosa fare, se ne parlerebbe in continuazione, si cercherebbe di trovare tutto ciò che potrebbe giustificarci, si raccoglierebbe tutto il male che l’altra persona avesse fatto, lo si racconterebbe agli altri, lo si ripeterebbe a tutti coloro che si conoscono, per farlo passare per un mentitore e un calunniatore.
Perchè seguiremmo questa condotta, fratelli miei, se non perchè noi non abbiamo altro che una religione di capriccio, di inclinazione naturale e di “routine”, o, per meglio dire, perchè non siamo altro che degli ipocriti, che servono il buon Dio solo quando tutto va secondo i nostri capricci.
Ahimè! fratelli miei, tutte quelle virtù che vediamo apparire nella maggior parte dei cristiani, non sono altro che fiori di primavera, che un solo colpo si vento caldo brucia.
Diciamo ancora che la nostra virtù, per essere autentica, deve essere costante: cioè, bisogna che siamo così attaccati a Dio e così ferventi, nelle croci e nei disprezzi, come lo siamo quando nulla di spiacevole ci accade.
E’ ciò che hanno fatto i santi; guardate tutte quelle folle di martiri che hanno sopportato tutto quello che la rabbia dei tiranni poteva inventarsi, e che, ben lungi dal rilassarsi, al contrario, si univano sempre di più a Dio.
Nè i tormenti, nè il disprezzo che si rivolgeva loro, poteva farli cambiare.
Credo che il più bel modello che io possa donarvi sia il santo uomo Giobbe, nelle prove che il buon Dio gli inviò.
Il Signore disse un giorno a satana:
«Da dove vieni?».
«Vengo, rispose il demonio, dall’aver fatto il giro del mondo».
«Hai visto il mio buon uomo Giobbe, che è senza uguali sulla terra, per la sua semplicità e la rettitudine del suo cuore?».
Il demonio gli rispose: «Non è poi tanto difficile che egli ti serva e ti ami: tu lo ricolmi di ogni sorta di benedizioni; ma provalo un po’, e vedrai se ti sarà sempre fedele».
Il Signore gli disse: «Ti do ogni potere su di lui, tranne quello di togliergli la vita».
Il demonio, pieno di gioia, nella speranza di portarlo a mormorare contro Dio, comincia col fargli perdere tutti i suoi beni, che erano immensi.
Guardate la maniera in cui il demonio si adoperò per provarlo.
Nella speranza di tirargli fuori qualche bestemmia, o almeno qualche lamentela, gli procurò, colpo su colpo, ogni sorta di fastidio, di disgrazie e di sfortune, tanto che quello non aveva nemmeno il tempo di respirare.
Un giorno che era nella sua casa, tutto tranquillo, all’improvviso arriva uno dei suoi domestici, tutto terrorizzato.
«Signore, gli disse, devo annunciarti una grande disgrazia: tutte le tue bestie da carico e gli animali che impieghi per i lavori, sono stati appena rubati dai briganti, che hanno ucciso tutti i tuoi giovani guardiani; sono scampato solo io per venirtelo ad annunciare».
Mentre ancora parlava, ecco un nuovo messaggero più terrorizzato del primo: «Ahimè! Signore, un temporale spaventoso si è abbattuto su di noi, e il fuoco dal cielo ha divorato tutti i tuoi armenti, e ha bruciato tutti i tuoi pastori; solo io sono stato risparmiato, per venirtelo ad annunciare».
Non aveva neppure finito, che un terzo servo arriva, perchè il demonio non voleva dargli il tempo di respirare e di prendere consapevolezza.
Questo terzo gli disse, con un’aria tutta costernata: «Siamo stati attaccati dai briganti, che hanno rubato tutti i tuoi cammelli, e tutti i tuoi schiavi; solo io sono scampato, per venirtelo a raccontare».
A queste parole, un quarto entra piangendo:
«Ah! signore, gli dice, tu non hai più figli!…;
mentre mangiavano tutti insieme, ad un tratto una furiosa tempesta ha travolto la casa, e li ha schiacciati tutti sotto le rovine, e con loro anche tutti i tuoi domestici; solo io mi sono salvato, per miracolo».
Durante il racconto di tanti mali, secondo il mondo, non si può certo dubitare che la sua anima non fosse mossa da compassione, per la morte dei suoi figli.
Ad un tratto, tutti gli voltano le spalle e lo abbandonano: tutti fuggono, ed egli resta solo col demonio che sperava che tanti mali lo avrebbero portato alla disperazione, o, almeno, a qualche lamentela, a qualche impazienza; perchè occorre pur credere che la virtù, per quanto solida possa essere, non rende insensibili ai mali che si provano, perchè i santi, non diversamente da noi, non hanno un cuore di marmo.
Quel santo riceve, in un solo istante, i colpi più dolorosi per un grande del mondo, per un ricco, e per un buon padre.
In un solo giorno, da principe, e da persona più felice del mondo, diviene il più disgraziato, sommerso dagli infortuni, privato di tutto ciò che aveva di più caro al mondo.
Scioltosi in lacrime, si prostra con la faccia a terra; ma cosa fa, forse che si lamenta, o che mormora? No, fratelli miei, no. La Sacra Scrittura ci dice che egli adora e rispetta la mano che lo colpisce; egli offre al Signore il sacrificio delle sue ricchezze, della sua famiglia; e lo fa con la rassegnazione più generosa, la più perfetta e la più completa, dicendo: «Il Signore è il padrone di tutti i miei beni, così come ne è l’autore; tutto ciò mi è successo nel modo che Lui ha voluto; che il suo Nome sia benedetto in ogni cosa!».
Che ne pensate, fratelli miei, di quest’esempio?
Non è questa una virtù solida, costante, e perseverante?
Crediamo, fratelli miei, di avere qualche virtù, se alla prima prova mormoriamo, e spesso, abbandoniamo il servizio di Dio?
Ma non è ancora tutto; il demonio, vedendo che non ci aveva guadagnato nulla, lo attaccò lui stesso; il suo corpo fu ridotto a una piaga, la sua carne si staccava a pezzi.
Guardate ancora, se volete, sant’Eustachio, come fu costante in tutto ciò che il buon Dio gli inviò per provarlo!
Ahimè! fratelli miei, quanto pochi cristiani ci sarebbero che non si lascerebbero andare alla tristezza, alla mormorazione, e forse alla disperazione, e maledirebbero la loro sorte, e conserverebbero dell’odio verso Dio, pensando: «Che cosa abbiamo fatto, per essere tratttati in questo modo?».
Ahimè! fratelli miei, quante virtù, che sono tali solo in apparenza, che sono solo esteriori, e che, alla minima prova si dileguano!
Con cludiamo, fartelli miei, dicendo che bisogna che la nostra virtù, per essere solida e gradita a Dio, sia radicata nel cuore, riferisca tutto a Dio, e nasconda le sue buone opere quanto meglio possa.
Occorre stare molto attenti a non rilassarsi nel servizio di Dio, ma, al contrario, dobbiamo crescere sempre più; è così che i santi si sono assicurati la loro felicità eterna.
E’ ciò che vi auguro…