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Riflessioni su un articolo di Avvenire

Lutero

di P. Giorgio Maria Faré

Venerdì 13 dicembre Avvenire pubblicava l’articolo Amoris laetitia e Lutero, quegli incroci sorprendenti a firma di Luciano Moia. Presentiamo ai lettori un commento di p. Giorgio Maria Faré. 

Il fatto che venga concesso senza riserve a un giornalista di paragonare un documento del Papa (Amoris laetitia) al pensiero di Martin Lutero – per di più sulla principale testata cattolica italiana (Avvenire) – è, di per sé, un chiaro segnale del punto a cui siamo giunti.

L’articolo in questione: Riscoperte. Amoris laetitia e Lutero, quegli incroci sorprendenti.

Autore: Luciano Moia (giornalista navigato, laureato in lettere e autore di decine di libri…)

Nell’articolo l’autore si propone di mettere in luce alcune somiglianze tra il pensiero di Lutero sul matrimonio (e sulla donna) e l’esortazione apostolica Amoris laetitia. Tuttavia, fin dall’inizio, l’argomentazione di Moia appare permeata da un ottimismo invincibile, un ecumenismo senza criterio (che cessa quindi di essere ecumenismo…), che si sforza di trovare a tutti i costi degli aspetti positivi nella figura del riformatore tedesco.

Il risultato finale è un testo che raggiunge il cattivo gusto, come quando esalta la “tenera” relazione amorosa tra Lutero e sua moglie Katharina von Bora, entrambi spogliatisi volontariamente dell’abito religioso, o quando ricorda con entusiasmo che l’anno prossimo, il 2025, ricorrerà il 500esimo anniversario del loro matrimonio.

Ma davvero, noi cattolici, dovremmo celebrare una simile ricorrenza? Il matrimonio tra due ex religiosi, di cui uno è stato il responsabile del più grave scisma nella storia della Chiesa? Se volessimo seguire lo stesso ottimismo invincibile di Moia, allora dovremmo forse festeggiare anche il “matrimonio” di Enrico VIII e Anna Bolena… perché no?

L’autore, però, desidera conferire un taglio teologico al suo articolo e per questo chiama in causa don Francesco Pesce, docente di teologia pastorale e direttore del Centro della Famiglia di Treviso, nonché esperto di questioni matrimoniali. Consideriamo insieme alcune parti dell’articolo.

Riporto testualmente: «Un esperto come don Pesce […] mette in evidenza i tanti punti comuni tra il documento di papa Francesco – distillato di due Sinodi sulla famiglia – e le parole di Lutero. Anche l’esortazione apostolica, fa notare il teologo, mette a tema il sacramento del matrimonio a partire dall’amore umano, “anzi invita esplicitamente a partire dall’amore per capire in cosa consista l’annuncio evangelico sul matrimonio e la famiglia”».

Cosa significhi esattamente “mettere a tema il sacramento del matrimonio a partire dall’amore umano”, l’autore lo spiega meglio più avanti.  Anche io preferisco commentarlo dopo perché mi sembra la questione più grave e delicata di tutto l’articolo.

Proseguendo nella lettura, Moia cita alcuni punti che, secondo don Pesce, Amoris laetitia ha in comune con il pensiero di Lutero. Noi, per ordine logico, dividiamo il ragionamento in due punti:

  1. Riporto: «Nell’esortazione postsinodale si legge che “l’amore convive con l’imperfezione, la scusa e sa stare in silenzio di fronte ai limiti della persona amata” (AL, 113). Cinque secoli prima, il padre della Riforma parlava nelle sue lettere di come l’azione di Dio, pur nella e attraverso la situazione di peccato in cui l’uomo si trova, sia in grado di “conservare il bene”».

Il salto logico tra le due affermazioni è evidente. Si parte dalla tolleranza verso le imperfezioni e i limiti della persona amata, come espresso in Amoris laetitia (dove non si fa riferimento al peccato), e si arriva a giustificare l’azione di Dio “nella e attraverso” una situazione di peccato. In altre parole, Dio sarebbe in grado di “conservare il bene di una coppia” – e qui AL parla di sposi – anche qualora questa vivesse in una situazione di peccato. Certo! Il ritornello è sempre lo stesso: “Dio è più grande del mio peccato, e quindi…!”.

Tuttavia, qui il problema non è la grandezza di Dio; è che lo Spirito Santo non può abitare dove la libertà umana sceglie deliberatamente il peccato.

Siamo di fronte alla tipica manipolazione del linguaggio di chiara matrice gnostica. Il peccato viene infatti identificato con il limite e con l’imperfezione cui si riferisce Amoris laetitia, come se si trattasse di una sorta di malattia autoimmune sulla quale l’uomo non ha alcuna possibilità di intervento. Questa visione rivela anche un’“antropologia debole”, tipica di Lutero, che difficilmente può andare d’accordo con la fede cattolica. È come se all’uomo, data la sua infermità strutturale, tutto fosse scusato senza che da lui si pretenda alcuno sforzo di cambiamento.  Probabilmente neanche lo si ritiene in grado di cambiare… povero! Ferito com’è dal peccato! E così si deresponsabilizza la persona… non solo, si depotenzia anche l’efficacia dei nostri sacramenti! Non a caso, per sostenere la sua visione, Lutero ne fa tabula rasa, risparmiando solo il battesimo e la Cena.

  1. Dopo aver ricordato l’anniversario della coppia Lutero-Von Bora, l’autore, parafrasando le parole del teologo, scrive: «”il fatto che Lutero non attribuisca al matrimonio valore sacramentale – pur considerandolo profondamente e totalmente opera di Dio, anzi di “diritto divino” – non impedisce di recuperare nelle sue parole altri importanti motivi per affermare che ciò che ci unisce è molto più significativo e più solido di quello che ci divide dalle altre confessioni cristiane»

E ancora, dice Don Pesce: «“è il sacramento che rende indissolubile l’amore umano tra un uomo e una donna”. E per questo motivo è sbagliato parlare di divorzio. Lutero invece “affermando che il matrimonio non può essere sciolto pur non essendo un sacramento, conferisce all’amore umano di per sé la qualifica dell’indissolubilità”. Spunti che sollecitano la teologia a indagare con un nuovo sguardo sia il concetto di indissolubilità legato soltanto all’aspetto sacramentale, sia il valore dell’amore umano. Del resto, già qualche anno fa, l’arcivescovo di Algeri, Jean Paul Vesco, da pochi giorni creato cardinale da papa Francesco, aveva scritto un testo dal titolo provocante, “Ogni vero amore è indissolubile”. E questo perché, per dirla con Lutero, Dio conserva nel matrimonio il bene della relazione»

L’intento implicito, a mio parere, emerge abbastanza chiaramente: supportare la tesi della grazia di Dio presente e operante anche nelle coppie irregolari o che vivono situazioni di peccato (grave, si intende, altrimenti non ci sarebbe bisogno di specificare nulla, perché tutti commettiamo peccati), in modo tale da aprire loro la strada ai sacramenti, Si ricordi l’interpretazione di Amoris laetitia dei vescovi argentini, approvata da Francesco.

Ma entriamo nel merito dello scritto. Il ragionamento si può riassumere così:

  • Siccome Lutero elimina il sacramento del matrimonio…
  • e ciononostante per Lutero il matrimonio rimane indissolubile (in realtà con molte eccezioni)
  • Allora ciò che viene esaltato, ciò che rende indissolubile il matrimonio, è l’amore umano!

Da questo dovremmo prendere esempio! Lutero fa trionfare l’amore umano sulla sacramentalità! Che gioia! L’autore riesce a trovare del bene anche in un atto esplicitamente scismatico com’è quello del rifiuto di un sacramento (cfr. can. 205). Ricordiamo che il sacramento del matrimonio  è diritto divino!

(Queste teorie al limite dell’ortodossia vengono ospitate su una primaria testata cattolica. Quale assurda disparità di trattamenti se pensiamo che ci si accanisce con pene canoniche verso chi, senza mettere in dubbio la dottrina, osa avanzare dubbi giuridici sulla validità della Declaratio di Benedetto XVI!)

Ma consideriamo una frase ben precisa, letta poc’anzi: Quando l’autore afferma: «ciò che ci unisce è molto più significativo e più solido di quello che ci divide»? Cosa sta dicendo?

Queste parole sono forse ancora più gravi delle precedenti, soprattutto perché non meglio precisate dall’autore. Ricordiamo infatti che stiamo leggendo un articolo apparso su un quotidiano nazionale.

Per sapere cosa intende l’autore usiamo la semplice logica e tentiamo un’ipotesi…

«ciò che ci unisce è molto più significativo e più solido di quello che ci divide»

Cosa ci unisce? Con Lutero, ci unisce la considerazione dell’amore tra i due coniugi all’interno del matrimonio

Cosa ci divide? La sacramentalità: per i protestanti il matrimonio non è un sacramento.

Ecco allora che:

Se ciò che ci unisce -> (amore umano)

è più importante di ciò che ci divide -> (sacramento)

allora l’amore umano è più importante del sacramento?

Pongo la questione in forma dubitativa perché potrei interpretare male, ma bisogna ammettere che la frase del giornalista è pericolosamente esposta all’interpretazione che abbiamo avanzato.

Un’ultima cosa. Parlo di “amore umano” perché anche l’autore – e giustamente! – lo definisce in questi termini. Il suo intento, infatti, è proprio quello di far risaltare nel matrimonio il valore dell’amore umano al posto del sacramento. Il che sembra tanto suonare come un revival del sessantottino «liberare l’amore!».

Tuttavia, se manca il sacramento, l’amore tra l’uomo e la donna non viene trasfigurato in quello di Cristo con la sua Chiesa (cfr. Ef 5,25), modello sacramentale di ogni teologia del matrimonio. Senza sacramento l’amore tra la donna e l’uomo rimane puramente umano. Ma il Signore Gesù ha istituito il sacramento proprio per elevare l’amore tra uomo e donna su un piano totalmente nuovo rispetto a Genesi, rispetto cioè al matrimonio naturale. Lo dice lo stesso CIC al can. 1055

  • 1 Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla generazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento.
  • 2. Pertanto, tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento.

Ottimo il cammino ecumenico e il riavvicinamento ai fratelli separati, come li chiama il Concilio (cfr. Unitatis Redintegratio), per carità, ma qui si è andati ben oltre! Qui, con la scusa del dialogo ecumenico, si è oltrepassato il limite della propria identità – cioè l’imprescindibile qualità sacramentale del matrimonio cattolico – e perciò stesso si è persa ogni possibilità di vero dialogo

Per concludere, chiamare in causa Lutero per compiere un esercizio di destrutturazione della dottrina cattolica, al fine di farci apprezzare un elemento che lo stesso Signore Gesù è venuto a trasformare, trasfigurandolo da umano a divino, mi sembra un’operazione quantomai temeraria!