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Extra Omnes: Il Conclave del 2025 alla luce del Diritto e della Teologia

Acquerello Conclave 2

TESI

Se si parte dal presupposto che Benedetto XVI non abbia mai rinunciato validamente al papato — secondo gli studi che ho presentato nell’omelia del 13 ottobre 2024 — allora ne consegue che Jorge Mario Bergoglio non è mai stato Papa, poiché non si può eleggere un nuovo Pontefice se la sede non è vacante.

In tale ottica, tutte le nomine Cardinalizie effettuate da Francesco risulterebbero nulle, e i Cardinali da lui creati — n. 108 su n. 135 — non sarebbero veri Cardinali. Di conseguenza, non avrebbero diritto di partecipare al prossimo Conclave, in quanto le norme speciali che regolano l’elezione papale (la Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis) al n. 33 stabiliscono che «il diritto di eleggere il Romano Pontefice spetta unicamente ai Cardinali di Santa Romana Chiesa».

La partecipazione di soggetti non aventi diritto di voto renderebbe nulla l’elezione ai sensi del can. 169 CIC[1].

Come potrebbe dunque darsi un valido Conclave?

Abbiamo detto che il can. 169 rende invalida qualsiasi elezione nella quale entrino a far parte soggetti privi del diritto.

Pertanto, secondo i requisiti definiti da n. 33 UDG[2], dovrebbero entrare in Conclave solo i Cardinali nominati da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che non avevano compiuto ancora 80 anni alla data della sede vacante. La sede vacante si colloca alla morte di Benedetto XVI, avvenuta il 31 dicembre 2022.

Si tratta, in tutto, di n. 44 Cardinali. N. 27 di loro non hanno ancora compiuto 80 anni e quindi sono già stati chiamati a votare nel presente Conclave, i restanti 17 non sarebbero ammessi al voto. Tuttavia n. 35 UDG[3] vieta che si escludano dal voto alcuni Cardinali, pertanto, se questi Cardinali non venissero chiamati a votare si avrebbe un’invalidità dell’elezione per esclusione di più della terza parte degli aventi diritto (17/44) ai sensi del can. 166, §3[4].

L’applicazione della lettera della legge, nella circostanza straordinaria in cui ci troviamo (una sede vacante pluriennale, evidentemente non prevista dalla mens del legislatore) entra, a dire il vero, in conflitto con le ragioni della norma stessa, bene esplicitate da Giovanni Paolo II nel preambolo di Universi Dominici Gregis:

«La ragione di tale disposizione infatti è da cercare nella volontà di non aggiungere al peso di così veneranda età l’ulteriore gravame costituito dalla responsabilità della scelta di colui che dovrà guidare il gregge di Cristo in modo adeguato alle esigenze dei tempi»[5].

Non è, tuttavia, possibile derogare alle norme.

Riassumo ancora una volta la mia posizione sulla validità del prossimo Conclave:

Perché l’elezione sia valida, il Conclave deve ammettere tutti e soltanto i Cardinali creati da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI che erano ancora sotto gli 80 anni al 31 dicembre 2022.

Se prendessero parte individui che non sono veri Cardinali, il loro numero sarebbe talmente eccedente quello dei veri Cardinali da rendere nulla l’elezione.

Allo stesso modo, escludere oggi i Cardinali che hanno superato gli 80 anni — ma che erano sotto il limite di età al momento della morte di Benedetto XVI — violerebbe le disposizioni della Universi Dominici Gregis e invaliderebbe ugualmente l’elezione[6].

CONFUTAZIONE DELLE POSSIBILI OBIEZIONI

UNA PREMESSA DI METODO

Prima di iniziare il discorso che sto per fare è importante chiarire che l’interpretazione dei testi legislativi non si fa prendendo frasi qua e là, in maniera opportunistica, estrapolandole dal loro contesto e interpretandole senza tener conto del significato che le parole hanno nel linguaggio specifico del diritto canonico.

Il Codice di Diritto Canonico ci dice come devono essere interpretate le leggi. Analizziamo il Can. 17:

Can. 17 – Le leggi ecclesiastiche sono da intendersi secondo il significato proprio delle parole considerato nel testo e nel contesto; che se rimanessero dubbie e oscure, si deve ricorrere ai luoghi paralleli, se ce ne sono, al fine e alle circostanze della legge e all’intendimento del legislatore.

Quindi ci vengono proposti una serie di criteri, da applicare in maniera gerarchica, dal primo all’ultimo, in caso di dubbio sul criterio precedente. Analizziamo il canone 17 percorrendo ciascuno di questi criteri:

Le leggi ecclesiastiche sono da intendersi secondo il significato proprio delle parole…

Significa che bisogna dare alle parole il loro significato usuale e oggettivo, come usato nel linguaggio giuridico o nel linguaggio comune, facendo attenzione che parole di uso quotidiano possono avere un significato tecnico nel diritto. Non si possono dare interpretazioni soggettive o personali.

Vi faccio un esempio che può aiutarvi. Avrete probabilmente sentito qualche volta ai telegiornali dire: «Tizio è stato condannato in contumacia». Nel diritto processuale penale italiano, vuol dire che Tizio non si è presentato a processo. Nel diritto canonico, invece la parola «contumacia» ha tutt’altro significato! Vuol dire «Disobbedienza ostinata, ribellione». Vedete come occorre sapere il significato dei termini per comprendere il diritto?

…considerato nel testo e nel contesto…

Significa che non si possono isolare le parole o le frasi. Vanno letti insieme tutto l’articolo e i canoni collegati, anche quelli precedenti e successivi. Il contesto include: l’intero titolo o sezione del Codice, la materia trattata, e lo scopo generale della norma.

…che se rimanessero dubbie e oscure, si deve ricorrere ai luoghi paralleli, se ce ne sono…

Se, dopo aver applicato i primi due criteri, il significato non è ancora chiaro, bisogna confrontare la legge con altre norme simili o analoghe all’interno del Codice o in altri documenti legislativi della Chiesa.

…al fine e alle circostanze della legge…

Per comprendere il senso del testo bisogna chiedersi: qual è lo scopo della legge? Cosa vuole ottenere il legislatore? Il fine può essere pastorale, disciplinare, protettivo, penale, ecc.

Le circostanze storiche o sociali possono aiutare a capire perché la legge è stata formulata in quel modo.

…e all’intendimento del legislatore.

Bisogna, infine, guardare alla volontà del legislatore, cioè cosa intendeva davvero il Papa o il dicastero che ha emanato la legge. Questo si può dedurre dagli atti preparatori, dalle interpretazioni ufficiali, o da altri documenti del Magistero.

Questo sarà molto importante nel discorso che sto per fare.

SI APPLICA IL PRINCIPIO DI SUPPLENZA?

In un articolo pubblicato ieri da Aldo Maria Valli l’avv. Guido Ferro Canale invoca il «principio di supplenza» per salvaguardare la validità del prossimo Conclave.

Non mi dilungo qui nella spiegazione del principio di supplenza e dei casi nei quali interviene. Dirò solo, brevemente, che si tratta del principio per il quale, in determinati casi e per il bene dei fedeli, la Chiesa supplisce (Ecclesia supplet) rendendo validi alcuni atti di chi non ha la facoltà di compierli.

La norma di riferimento è il can. 144, §1 del Codice di Diritto Canonico, dalla formulazione piuttosto ostica per i non addetti ai lavori:

«Can. 144 – §1. Nell’errore comune di fatto o di diritto, e parimenti nel dubbio positivo e probabile sia di diritto sia di fatto, la Chiesa supplisce, tanto nel foro esterno quanto interno, la potestà di governo esecutiva».

Il canone prevede due situazioni in cui si applica il principio: errore comune e dubbio positivo e probabile.

L’errore comune non è ignoranza sulla legge o sulla dottrina della Chiesa ma un errore indotto dalle circostanze. Accade quando la maggior parte delle persone di una comunità, con i dati che ha disposizione, ritiene erroneamente una cosa (errore comune di fatto) o la riterrebbe se avesse a disposizione gli stessi dati (errore comune di diritto)[7].

Il dubbio di fatto è un po’ più complesso da capire ma diciamo, brevemente, che si ha quando esistono elementi tanto a favore quanto a sfavore di una data interpretazione[8].

In entrambi i casi è importante comprendere che la Chiesa si limita a supplire il potere esecutivo di governo, vale a dire la facoltà giuridica necessaria a compiere certi atti (non la potestà legislativa o quella giudiziaria), e la supplisce per i singoli atti, ma non conferisce la facoltà a chi non l’ha.

Tipico è il caso in cui un sacerdote che ascolta delle confessioni senza averne la facoltà. I penitenti, che non hanno elementi per sapere che il sacerdote è privo della facoltà di confessare, sono validamente assolti. La Chiesa supplisce rendendo valide le singole confessioni, ma non conferisce al sacerdote la facoltà di confessare.

Per quanto riguarda la composizione del Collegio Cardinalizio che prenderà parte al prossimo Conclave, l’avv. Ferro Canale propone tre possibili “vie d’uscita” per risolvere il problema della validità dell’elezione partendo dal presupposto che Papa Francesco detenesse illegittimamente l’ufficio:

  1. L’errore comune sulla validità del pontificato di Francesco – Dato che la maggior parte dei fedeli lo ha ritenuto veramente Papa, ci troviamo in un caso di errore comune e pertanto la Chiesa supplisce alla potestà di creare Cardinali (un atto che ricade sotto la potestà esecutiva del Romano Pontefice) e i Cardinali creati da Bergoglio sono effettivamente Cardinali.
  2. L’errore comune sulla validità delle nomine Cardinalizie di Francesco – Se anche non si applicasse il principio di supplenza al Papa, esso si applicherebbe ai Cardinali. Quindi, pur non essendo veramente Cardinali, la Chiesa supplirebbe alla loro mancanza di facoltà di eleggere il Papa, e il Papa sarebbe validamente eletto.
  3. Il terzo caso è simile ai precedenti, ma si fonda sul dubbio positivo e probabile circa la legittimità di Francesco per la presenza di opinioni contrastanti sulla sua validità, ciascuna con buone argomentazioni, tanto che non si può aderire all’una o all’altra senza timore di sbagliare. Anche in questo caso opererebbe la supplenza, se non sul Papa stesso, almeno sulla facoltà dei Cardinali di eleggere un nuovo Pontefice.

Circa l’applicabilità del principio di supplenza al Papa, esistono in dottrina opinioni contrastanti. L’avv. Ferro Canale cita, a favore, S. Alfonso[9] che però trattava del caso di elezione simoniaca. Un caso che, tra l’altro, secondo la normativa vigente, non invaliderebbe l’elezione (cfr. n. 78 UDG). Sono contrari Wernz e Vidal[10], che motivano con un’interessante considerazione teologica: dato che la potestà al Papa è data da Dio, e non dalla Chiesa, la Chiesa non può supplire a una potestà che non conferisce lei stessa. Ritengo che sia questa l’opinione corretta ed escludo la possibilità di supplenza alla giurisdizione del Papa invalidamente eletto.

Circa la supplenza dei Cardinali, l’argomento è giuridicamente robusto, purché si concordi con gli argomenti che Ferro Canale porta a sostegno del fatto che l’elezione del Papa è un atto di potestà esecutiva dei Cardinali e non un atto elettivo sui generis.

Ci si potrebbe anche chiedere:

  1. Se la legge stabilisce che solo chi ha il titolo di Cardinale può eleggere il Papa (n. 33 UDG), allora l’assenza di tale titolo potrebbe essere vista non come mancanza di potestà di governo, ma mancanza di legittimazione soggettiva assoluta all’elezione, che la supplenza non può coprire.
  2. L’argomento della dimostrazione si basa sul fatto che l’elezione sia un atto di governo esecutivo, ma la facoltà di votare in un’elezione papale è equiparabile a un esercizio di potestà amministrativa delegabile e supplibile?
  3. Occorre notare che nella storia della Chiesa non si conoscono casi di conclavi viziati dall’invalidità canonica degli elettori tali da rendere nulla l’elezione, né tale ipotesi è stata oggetto di una trattazione sistematica nei principali autori. Pertanto, non disponiamo di una prassi o di un’opinione comune dei dottori a sostegno dell’applicazione del principio di supplenza all’elezione del Papa.

UN DISCORSO TEOLOGICO

Preso atto delle posizioni conseguenti dal Diritto, sento di dover intervenire con la competenza del teologo a integrare le riflessioni puramente canonistiche dell’avv. Ferro Canale, che peraltro stimo e del quale ammiro la competenza in diritto canonico e la profonda conoscenza della storia della Chiesa.

Il diritto canonico, infatti, deve essere al servizio della teologia, e con essa in armonia. Del resto le leggi della Chiesa, anche quando sono di diritto positivo, non possono mai contraddire né la dottrina, né il diritto divino.

Non posso qui astenermi dal considerare il particolare contesto che ha prodotto la Declaratio di Benedetto XVI e l’esito del successivo Conclave.

Nella mia Omelia del 13 ottobre ne ho parlato ampiamente, e a essa rimando per una trattazione estesa, che qui non posso ripetere.  Ci sono numerosi indizi che convergono a far ritenere che una frangia gnostico-massonica si sia infiltrata fino nei vertici della Chiesa e abbia condizionato i fatti del 2013, allo scopo di operare un sovvertimento all’interno della Chiesa. Negli ultimi dodici anni anche coloro che non hanno mai messo in dubbio la validità dell’elezione di Francesco hanno spesso contestato il suo operato. Cito solo il caso forse più eclatante: il rifiuto, da parte di circa venti Conferenze episcopali e altrettanti Vescovi diocesani o gruppi di sacerdoti di applicare la Dichiarazione Fiducia Supplicans sulle benedizioni alle coppie irregolari. Un fatto inaudito, soprattutto se si pensa che in una successiva nota, il Dicastero per la Dottrina della Fede ha detto trattarsi di magistero autentico, vale a dire il tipo di magistero che obbliga al religioso ossequio dell’intelletto e della volontà[11].

Ci siamo trovati in una situazione senza precedenti.

Non si può parlare, semplicemente di invalida elezione papale. Un’invalida elezione papale sarebbe potuta scaturire da un errore nelle procedure di elezione, con la perfetta buona fede tanto dell’eletto quanto degli elettori, e scoperto solo in seguito.

La situazione odierna, che vede un Collegio Cardinalizio composto per la stragrande maggioranza da Cardinali nominati da Francesco è viziato non tanto da un’irregolarità procedurale di segno neutro nell’elezione del 2013, quanto da atti dolosi perpetrati da uomini di curia in malafede, secondo un programma di distruzione ben congegnato, come ho argomentato nella mia Omelia del 13 ottobre.

Se si vuole parlare di errore comune (Francesco è ritenuto Papa) o di dubbio probabile (c’è il dubbio che Francesco non sia Papa, ma non la certezza), occorre chiedersi se questo errore o questo dubbio non siano stati prodotti con il dolo e se, in questo caso, la supplenza si applichi comunque.

Dobbiamo sempre tenere davanti agli occhi il principio guida che ispira tutto il Codice di Diritto Canonico e, nello specifico, il principio di supplenza: la salvezza delle anime e il bene della Chiesa. Il principio di supplenza non potrebbe mai produrre il male. Esso riflette la sollecitudine della Chiesa, quale società visibilmente ordinata, per il bene comune ecclesiale: in presenza di errore comune o di dubbio positivo e probabile, essa supplisce con la propria potestà di governo alla giurisdizione mancante, affinché non venga compromessa la validità degli atti giuridici e la certezza del diritto. In tal modo, la Chiesa garantisce la stabilità dell’ordine canonico e tutela la pace delle coscienze. Lo scopo della supplenza non è permettere azioni fraudolente ai danni dei fedeli. Non si può invocare la supplenza in tal caso, poiché si contraddirebbe la stessa ratio pastorale del can. 144. La Chiesa non supplisce per legittimare abusi.

Secondo il commento al CIC di Mons. Luigi Chiappetta è lecito provocare deliberatamente l’errore comune «purché ci sia una causa grave e proporzionata[12] in rapporto al bene di una comunità ecclesiale o di un gruppo di fedeli» e cita l’esempio del sacerdote che, pur sapendo di non avere la facoltà di confessare in un dato luogo, si mette a confessare comunque perché c’è un gran numero di fedeli che ne ha la necessità. Il caso è limite, e comunque riferito all’ottenimento di un bene, mai di un male.

Alberto Blat, commentando il can. 103 CIC/1917, scriveva:

«Dobbiamo attenerci a quanto già insegnato da Ulpiano, poiché la definizione da lui approvata ha trovato accoglienza tra i Dottori. Egli scrisse infatti: “Così Labeone definì: il dolo cattivo è ogni astuzia, inganno, macchinazione impiegata per raggirare, trarre in errore, o ingannare un altro». La definizione di Labeone è vera. Tuttavia, Labeone non si limitò a parlare di dolo, ma il Pretore (come riportato sopra nella stessa legge) vi aggiunse l’aggettivo cattivo: poiché gli antichi parlavano anche di dolo buono, e con questo termine intendevano l’abilità o l’ingegno, soprattutto se impiegato contro un nemico o un brigante. È dunque evidente, da questa definizione, che nel Codice la parola dolo va intesa come dolo cattivo, perché è propriamente questo il significato attribuito, e l’autore del canone intende offrire un aiuto efficace alle persone che agiscono in buona fede contro coloro che usano l’astuzia per estorcere ingannevolmente un atto”»[13].

In merito al risultato di una elezione viziata, è molto interessante quanto riferisce Mons. Chiappetta commentando il can. 125 (che tratta dell’atto di un singolo viziato da dolo, errore, violenza, ecc.). Spiega che, durante i lavori che diedero origine al Codice di Diritto Canonico, fu proposto di inserire un analogo canone relativo anche agli atti collegiali:

«L’atto di un collegio è considerato invalido se la maggior parte dei suoi membri ha espresso il proprio voto sotto l’influsso di violenza o timore oppure per dolo, oppure per ignoranza o errore. Se invece uno o più membri del collegio hanno espresso il proprio voto sotto l’influsso di violenza o timore, oppure per dolo, o per ignoranza o errore, l’atto è valido, ma dà luogo all’azione rescissoria, secondo le norme del diritto, da parte di coloro che vi hanno interesse»[14].

Il testo normativo proposto mirava a regolare la validità degli atti collegiali (cioè le decisioni prese da un collegio, come ad esempio un’elezione) in caso di vizi del consenso dovuti a violenza o timore, dolo (cioè inganno intenzionale), ignoranza o errore e si distingueva tra:

  • maggioranza viziata → atto invalido
  • minoranza viziata → atto valido, ma impugnabile con azione rescissoria

(il criterio che discrimina l’invalidità o la possibilità di azione rescissoria è analogo a quello che si applica ad altri canoni riferiti agli atti collegiali, come ad es. il can. 171).

La proposta non fu accolta perché avrebbe potuto minacciare la certezza del diritto, rendendo le decisioni collegiali più esposte a contestazioni basate su elementi interni e soggettivi, difficili da accertare (sarebbe molto difficile provare in modo attendibile che una maggioranza ha agito sotto dolo, paura, ecc.) ma questo ci illumina circa lo spirito della legge.

Tornando al caso in esame, si può dire che la maggior parte dei fedeli abbia ritenuto che Francesco fosse Papa a causa degli atti concludenti dei Cardinali a valle della Declaratio di Benedetto XVI (convocazione del Conclave, elezione di un Papa, riconoscimento di tale Papa), ma abbiamo ragione di dubitare che tutto il contesto nel quale sono stati compiuti tali atti sia stato viziato da una componente dolosa. Rimando nuovamente alla mia Omelia del 13 ottobre e alle fonti in essa citate.

Potrebbe forse valere la pena accennare al ricorso improprio al principio del “male minore”, talvolta invocato – anche se raramente in modo esplicito – come criterio etico nei cosiddetti casi perplessi. È possibile che alcuni Cardinali, o anche alcuni fedeli, giungano inconsciamente ad adottare tale logica: «meglio sostenere una scelta poco trasparente, pur di evitare uno scisma manifesto». Ma un tale ragionamento, pur comprensibile sul piano umano, è moralmente inammissibile. Non è mai lecito scegliere un male (come il riconoscimento di un’autorità illegittima) con il pretesto di evitarne uno maggiore. Per chi avesse reale contezza della situazione, riconoscere come Papa l’eletto da un Conclave viziato significherebbe aderire consapevolmente a una menzogna ecclesiale, pur sapendo che lo scisma è già stato causato – benché in forma silenziosa – da chi ha usurpato l’autorità petrina. Sant’Antonio di Padova ricorda che la verità va detta anche a costo dello scandalo e la stessa Universi Dominici Gregis (n. 5) vieta esplicitamente di lasciar cadere i diritti della Sede Apostolica, neppure con il pretesto di comporre dissidi o perseguire azioni perpetrate contro i medesimi diritti.

Secondo il testo giuridico del secolo XIV detto Liber Extra: «Ciò che è stato introdotto di nascosto [cioè con dolo], con la forza, o in altro modo illecito, non deve avere alcuna stabilità né può sussistere»[15].

SMENTITA ALLA TEORIA DELLA «SEDE VACANTE DIFFERITA»

LA DATA DI SEDE VACANTE

Facciamo il punto della situazione sulle posizioni che ci sono in merito:

1) Se la Declaratio non è un’abdicazione (questa è la conclusione alla quale sono giunto), la data di sede vacante è il 31 dicembre 22, data della morte di Benedetto XVI.

2) Se la Declaratio è un’abdicazione la sede è vacante dal 28 febbraio 2013, il Conclave del 2013 è stato convocato regolarmente e Francesco non era Papa per altri motivi (teorie che non ho mai sposato, ma che esistono: (a) era eretico da prima, (b) l’elezione ha subito irregolarità invalidanti, (c) è diventato eretico dopo).

3) Terzo caso, che non riflette il mio pensiero: la Declaratio è un’abdicazione, il Conclave del 2013 ha validamente eletto Papa Francesco e la sede è vacante dal 21 aprile 2025.

4) Esiste una quarta opinione, sostenuta dal Dott. Andrea Cionci, secondo la quale la Sede vacante iniziata il 21 aprile 2025 sarebbe conseguente non alla morte di Francesco, al tardivo riconoscimento ufficiale della morte di Benedetto XVI. Andrò ora a smentire questa ipotesi.

N. 37 UDG E IL LIMITE DEI 20 GIORNI

Da alcuni è stato sollevato il problema che UDG impone un termine massimo di 20 giorni dalla morte del Pontefice per eleggere il nuovo Papa e che se ciò non avviene, non è più possibile procedere con l’elezione e occorre ricorrere ad altri metodi di designazione del Pontefice.

Fin dagli inizi del suo lavoro il dott. Cionci dichiarò che un conclave comprendente i Cardinali «di nomina bergogliana» non avrebbe potuto validamente eleggere un Papa. Nel suo libro «Codice Ratzinger» elencava diverse possibilità per uscire dall’impasse, nessuna di queste auspicava la possibilità di una valida elezione con questi Cardinali.

Dopo la morte di Francesco ha però elaborato una nuova teoria — che chiamerò per sintesi della «Sede vacante differita» — che gli permetterebbe di asserire che il neoeletto Leone XIV potrebbe essere un vero Papa.

Il ragionamento del dott. Cionci parte da n. 37 UDG e dal limite massimo di 20 giorni sancito per l’avvio del Conclave dall’avvio della vacanza della Sede Apostolica.

Cosa dice n. 37 UDG?

«Ordino inoltre che, dal momento in cui la Sede Apostolica sia legittimamente vacante, si attendano per quindici giorni interi gli assenti prima di iniziare il Conclave; lascio peraltro al Collegio dei Cardinali la facoltà di anticipare l’inizio del Conclave se consta della presenza di tutti i Cardinali elettori, come pure la facoltà di protrarre, se ci sono motivi gravi, l’inizio dell’elezione per alcuni altri giorni. Trascorsi però, al massimo, venti giorni dall’inizio della Sede Vacante, tutti i Cardinali elettori presenti sono tenuti a procedere all’elezione».

Secondo il dott. Cionci, il termine dei 20 giorni posto in n. 37 UDG è un termine invalidante, pertanto, se venisse proclamata la Sede vacante e non si procedesse all’elezione entro 20 giorni, qualsiasi altra elezione dopo questo termine sarebbe nulla e invalida, vale a dire, non si potrebbe più eleggere nessun Papa. Una situazione che darebbe luogo a veri e propri paradossi.

In un articolo pubblicato nel gennaio 2023[16], l’avv. Ferro Canale aveva già smentito questa tesi. Spiegava che il termine dei 20 giorni è un termine detto «acceleratorio» che era stato introdotto con lo spirito di fornire alla Chiesa un pastore nel più breve tempo possibile e non con lo scopo di rendere impossibile l’elezione del Papa. Un termine acceleratorio è presente per tutte le elezioni, con l’evidente scopo di coprire velocemente gli uffici vacanti  e la sua trasgressione non è mai a pena di nullità[17].

Utilizzando i criteri interpretativi per le leggi canoniche forniti dal Diritto stesso[18], l’avv. Ferro Canale li applica uno per uno al caso in questione e dimostra che la clausola di invalidità prevista da n. 76 UDG non si applica al termine dei 20 giorni.

Tuttavia, il dott. Cionci fa leva su questo elemento per dire che, alla morte di Benedetto XVI, sarebbe entrato in azione un «reggente», che avrebbe evitato di proclamare la Sede Vacante per impedire che, trascorso il termine dei 20 giorni divenisse impossibile convocare un valido Conclave.

Questa figura (ripeto, inesistente nel diritto) avrebbe dunque iniziato il «progressivo disvelamento» dell’inganno di Bergoglio per poi arrivare alla Sede vacante del 21 aprile 2025 che sarebbe, secondo Cionci, la tardiva proclamazione della morte di Benedetto XVI. Si sarebbe dunque avuta una Sede vacante «differita» di oltre due anni.

NON C’È DISTINZIONE TRA MORTE DEL PAPA E INIZIO DELLA SEDE VACANTE

Per giustificare il differimento dell’inizio della Sede vacante rispetto alla morte di Benedetto XVI, il dott. Cionci invoca un’inesistente distinzione canonica tra la morte fisica del Papa e una presunta dichiarazione ufficiale di Sede vacante.

Per esemplificare il concetto, il dott. Cionci ricorre al caso ipotetico di un Papa morto in un incidente aereo nella foresta amazzonica: l’accesso al relitto richiederebbe tempo, e l’accertamento del decesso non potrebbe avvenire immediatamente. Secondo lui, ciò dimostrerebbe che la dichiarazione della Sede vacante non coincide necessariamente con la morte fisica del Papa. Ma si tratta di una fallacia di falsa analogia[19]: in quel caso, il ritardo è motivato dall’incertezza sulla morte, mentre nel caso di Benedetto XVI la morte è stata pubblicamente accertata il 31 dicembre 2022 a Roma, con certificato, funerali e tumulazione. Parlare in tal caso di «dichiarazione tardiva» è illogico: non c’è nulla da accertare a posteriori.

Il dott. Cionci tenta di fondare la sua tesi su una rilettura arbitraria del n. 33 della Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis:

«Il diritto di eleggere il Romano Pontefice spetta unicamente ai Cardinali di Santa Romana Chiesa, ad eccezione di quelli che, prima del giorno della morte del Sommo Pontefice o del giorno in cui la Sede Apostolica resti vacante, abbiano già compiuto l’80° anno di età. […]».

Il dott. Cionci interpreta in modo creativo la congiunzione «o» per suggerire che alla morte non debba seguire necessariamente la vacanza della Sede, introducendo una «proclamazione» disgiunta dalla morte. Ma tale lettura contrasta con l’intera struttura della UDG, che contempla due soli casi di vacanza della Sede: la morte e la rinuncia del Pontefice.

Il n. 3 UDG afferma:

«Inoltre stabilisco che il Collegio Cardinalizio non possa in alcun modo disporre circa i diritti della Sede Apostolica e della Chiesa Romana, ed ancor meno lasciar cadere, direttamente o indirettamente, alcunché di essi, sia pure al fine di comporre dissidi o di perseguire azioni perpetrate contro i medesimi diritti dopo la morte o la valida rinuncia del Pontefice».

Il n. 77 UDG conferma che le norme relative alla vacanza della Sede valgono per entrambe le ipotesi:

«Stabilisco che le disposizioni concernenti tutto ciò che precede l’elezione del Romano Pontefice e lo svolgimento della medesima, debbano essere osservate integralmente, anche se la vacanza della Sede Apostolica dovesse avvenire per rinuncia del Sommo Pontefice, […]».

La UDG dettaglia con precisione i passaggi da compiere dall’accertamento della morte all’annuncio pubblico (cfr. ad es n. 17 UDG), senza mai menzionare una distinta dichiarazione di Sede vacante. Per esempio:

«Appena ricevuta la notizia della morte del Sommo Pontefice, il Camerlengo […] deve accertare ufficialmente la morte […] comunicarne la morte al Cardinale Vicario per l’Urbe, il quale ne darà notizia al Popolo Romano con speciale notificazione»[20].

«Il Decano del Collegio dei Cardinali, invece, appena il Cardinale Camerlengo o il Prefetto della Casa Pontificia lo avrà informato della morte del Pontefice, ha il compito di darne notizia a tutti i Cardinali, convocando costoro per le Congregazioni del Collegio. Parimenti, egli comunicherà la morte del Pontefice al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede ed ai Capi supremi delle rispettive Nazioni»[21].

Se davvero fosse necessaria una «dichiarazione di Sede vacante», sarebbe inspiegabile la sua assenza da un elenco così scrupoloso. Considerando che la data della vacanza è determinante per stabilire chi siano i Cardinali elettori (cfr. n. 33 UDG), questa omissione sarebbe sconcertante. È dunque evidente che la vacanza inizia con l’accertamento e l’annuncio della morte.

L’elemento giuridico essenziale è la certezza pubblica della morte o della rinuncia. Pertanto, l’idea che il Conclave debba attendere una specifica formula rituale per essere valido o per computare l’età dei Cardinali ammessi e le date delle procedure è del tutto infondata.

Nel caso della morte di Benedetto XVI, come testimoniato dai bollettini ufficiali della Santa Sede del 31 dicembre 2022 e dei giorni seguenti, il decesso è stato accertato, la notizia della morte è stata pubblicamente annunciata utilizzando il titolo “Papa emerito” e si sono celebrate le esequie pubbliche alla presenza dei capi di stato, dei Patriarchi, Cardinali, Vescovi e clero.

Non vi sono dunque dubbi sul fatto che Benedetto XVI sia deceduto il 31 dicembre 2022, diversamene dall’esempio dell’aereo.

Sostenere che la Sede vacante iniziata il 21 aprile 2025 si riferisca a Benedetto XVI è giuridicamente infondato. In un video, il dott. Cionci tenta di avvalorare questa tesi citando due elementi:

  1. Uno screenshot del sito vaticano che, nella mattina del 21 aprile, riportava lo stemma della Sede vacante (dopo la morte di Papa Francesco, avvenuta nelle prime ore e annunciata alle 9:47), interpretato da lui come «proclamazione ufficiale».
  2. Il fatto che il rito della constatazione della morte e della deposizione della salma nella bara sia avvenuto dopo la pubblicazione dello stemma, come comunicato dall’Ufficio delle celebrazioni liturgiche.

Per rafforzare il significato di questo rito, Cionci cita today.it, secondo cui: «la constatazione della morte di Francesco non è soltanto un atto formale: è un momento di passaggio che sancisce, in modo ufficiale e rituale, la fine del pontificato». Ma questa è una opinione giornalistica, senza valore normativo né autorevolezza canonistica.

La legge della Chiesa è chiarissima: la morte del Romano Pontefice rende ipso facto vacante la Sede Apostolica. Non serve che qualcuno se ne accorga, né che venga fatta una dichiarazione formale. Con la morte, l’ufficio cessa immediatamente.

Sostenere che la vacanza inizi solo quando qualcuno se ne accorge porta all’assurdo: significherebbe che un defunto potrebbe essere ancora Papa.

Proprio per questo, il canone 184 CIC[22], che elenca le cause di perdita degli uffici ecclesiastici, non menziona la morte: perché non si tratta di una cessazione dell’incarico, ma dell’ufficio rimasto senza titolare.

Il Cardinale Pompedda[23], nel suo commento a Universi Dominici Gregis, conferma incidentalmente che la vacanza della Sede coincide con la morte o la rinuncia del Papa[24].

Per avere un’ulteriore prova possiamo consultare i bollettini della Sala stampa vaticana dell’aprile 2005 — redatti in lingua italiana — dopo la morte di Giovanni Paolo II. L’inizio della vacanza della sede fu semplicemente annunciato con la notizia della morte di Giovanni Paolo II, comunicata dal direttore Navarro-Valls. Nessuna formula rituale specifica, come «vere Papa mortuus est», fu stata utilizzata. Venne semplicemente detto:

«Il Santo Padre è deceduto questa sera alle ore 21.37 nel Suo appartamento privato. Si sono messe in moto tutte le procedure previste nella Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis promulgata da Giovanni Paolo II il 22 febbraio del 1996»[25].

RISPOSTA AD UN’OBIEZIONE SULL’ESCLUSIONE DEI 17 CARDINALI ELETTORI

È stato sollevata l’ipotesi che il Conclave del 2025 possa essere valido anche nel caso in cui alcuni Cardinali aventi diritto all’elezione non abbiano partecipato. L’argomento si fonda principalmente su n. 40 UDG, secondo il quale l’elezione del Pontefice può essere validamente celebrata anche se uno o più Cardinali, pur aventi diritto, rifiutino di partecipare senza un motivo grave.

  1. Se, per caso, qualche Cardinale avente diritto al voto rifiutasse di entrare nella Città del Vaticano per attendere ai lavori dell’elezione o in seguito, dopo che essa è cominciata, si rifiutasse di rimanere per adempiere al suo ufficio, senza manifesta ragione di malattia riconosciuta con giuramento dai medici e comprovata dalla maggior parte degli elettori, gli altri procederanno liberamente alle operazioni dell’elezione, senza attenderlo, né riammetterlo nuovamente. Se, invece, un qualche Cardinale elettore è costretto ad uscire dalla Città del Vaticano per sopraggiunta infermità, si può procedere all’elezione anche senza chiedere il suo voto; ma se egli vuole rientrare nella suddetta sede dell’elezione, dopo la guarigione od anche prima, deve esservi riammesso[26].

Da ciò si deduce che la mancata presenza di alcuni elettori non invaliderebbe di per sé l’elezione.

Secondo la ricostruzione che viene proposta, l’obbligo di partecipare al Conclave sorge solo per i Cardinali effettivamente convocati dal Decano, come stabilito da n. 38 UDG.

  1. Tutti i Cardinali elettori, convocati dal Decano, o da altro Cardinale a suo nome, per l’elezione del nuovo Pontefice, sono tenuti, in virtù di santa obbedienza, ad ottemperare all’annuncio di convocazione e a recarsi al luogo designato allo scopo, a meno che siano trattenuti da infermità o da altro grave impedimento, che però dovrà essere riconosciuto dal Collegio dei Cardinali[27].

Di conseguenza, i Cardinali che non vengono convocati non sarebbero giuridicamente vincolati alla partecipazione, e la loro assenza non inciderebbe sulla validità dell’elezione.

A sostegno di tale posizione, si invoca n. 5 UDG[28], che attribuisce al Collegio dei Cardinali la facoltà di dirimere dubbi interpretativi riguardanti l’attuazione della Costituzione. In presenza di incertezze sull’applicazione di n. 33 UDG[29] – in particolare su quale data assumere come riferimento per stabilire la soglia degli ottant’anni – il Collegio avrebbe esercitato legittimamente tale facoltà deliberando di considerare come elettori solo coloro che non avevano compiuto gli ottant’anni alla data della presunta dichiarazione formale di sede vacante (21 aprile 2025)[30], anziché a quella della morte biologica del Pontefice (31 dicembre 2022).

Infine, si osserva che i Cardinali non convocati non hanno presentato alcun ricorso né manifestato opposizione. Questo silenzio viene interpretato come un rifiuto implicito a partecipare, ricondotto alla casistica prevista da n. 40 UDG, secondo cui l’elezione resta valida anche in caso di rifiuto ingiustificato da parte di uno o più Cardinali elettori.

Questa interpretazione, tuttavia, presenta una serie di errori sostanziali, sia nella lettura delle norme di Universi Dominici Gregis, sia nell’applicazione del diritto canonico.

  1. 40 UDG è applicabile solo nel caso in cui un Cardinale, dopo essere stato regolarmente convocato, rifiuti di entrare in conclave o decida di uscirne senza giustificato motivo. In assenza di convocazione, non si può parlare né di rifiuto, né di rinuncia volontaria: la convocazione è condizione necessaria affinché sorga il dovere di partecipazione. Ciò è chiaramente stabilito da n. 38 UDG, che parla dell’obbligo di ottemperare all’annuncio di convocazione solo per i Cardinali convocati dal Decano. L’elenco dei Cardinali convocati si desume dall’annuario pontificio nella sua ultima versione, reperibile anche sul sito del Vaticano.

L’assenza di ricorsi o proteste da parte dei Cardinali non convocati non ha alcuna rilevanza dal punto di vista della validità dell’elezione. In questo ambito, infatti, il diritto canonico è molto chiaro: la nullità ipso iurenon richiede un’impugnazione formale per produrre i suoi effetti. Secondo il can. 166, §3 CIC[31], se più di un terzo degli aventi diritto non viene convocato, l’elezione è nulla di per sé, a meno che tutti i non convocati abbiano partecipato comunque – circostanza che nel caso in esame non si è verificata.

  1. 5 UDG attribuisce al Collegio dei Cardinali la facoltà di dirimere i dubbi interpretativi in ordine all’attuazione pratica della Costituzione, ma non gli conferisce alcun potere di modificare o sospendere norme imperative. Le disposizioni che regolano chi ha diritto all’elezione non possono essere rideterminate da un voto interno del Collegio. L’identificazione degli aventi diritto non è materia opinabile, ma questione giuridicamente vincolata alla normativa vigente.
  2. 33 UDG stabilisce chiaramente che siano elettori coloro che non abbiano compiuto ottant’anni prima della morte del Papa o prima del giorno in cui la sede diventi vacante. Nel caso in esame, la sede si è resa vacante per morte del Pontefice (non per rinuncia), la data di riferimento non può che essere quella della morte biologica del Papa (31 dicembre 2022). Posticipare tale riferimento con interpretazioni soggettive – come una successiva “presa d’atto” amministrativa – violerebbe il principio di certezza del diritto e sarebbe un’introduzione arbitraria.

Il cuore del problema non è se i Cardinali assenti abbiano protestato o meno, né se il Collegio dei Cardinali abbia agito in buona fede, ma se sia stata rispettata la norma fondamentale che impone la convocazione di tutti gli aventi diritto. In caso contrario, come dispone il can. 166, §3, l’elezione è nulla per il diritto stesso, senza che sia necessario alcun intervento ulteriore. Universi Dominici Gregis non fornisce strumenti per derogare a questo principio generale, né ammette che il Collegio Cardinalizio possa derogare al diritto esistente con una decisione discrezionale.

In conclusione, la mancata convocazione di oltre un terzo degli elettori aventi diritto invalida radicalmente l’elezione secondo 166, §3 CIC e rende inapplicabili le disposizioni del n. 40 UDG. L’obiezione, dunque, non solo non annulla la mia posizione, ma ne rafforza la fondatezza giuridica.

OBIEZIONE: IN MANCANZA DI UNA CONVOCAZIONE PERSONALE, L’ASSENZA VALE COME RIFIUTO

Un altro punto focale della contestazione è quello riguardante l’ipotesi che la convocazione dei Cardinali elettori non sia personale, ma pubblica, tramite Bollettino della Santa Sede. Dato che il n. 35 UDG vieta l’esclusione dei Cardinali elettori, ma l’assenza volontaria è ammessa (cfr. n. 40 UDG), chi non è intervenuto lo avrebbe fatto propria spontanea volontà ed è da considerarsi rinunciatario volontario. Inoltre, la mancata contestazione della convocazione nei termini previsti implica la rinuncia implicita al diritto di opposizione.

Come ammesso anche da chi muove l’obiezione, non è certo se vi sia una convocazione particolare. Le norme di UDG non specificano questo dettaglio.

Specificano, tuttavia, che vi sono due distinte convocazioni, una per le Congregazioni generali:

  1. 19 UDG – «Il decano… ha il compito di darne notizia a tutti i Cardinali, convocando costoro per le congregazioni del collegio».

e una per il Conclave vero e proprio:

  1. 38 UDG – «Tutti i Cardinali elettori convocati dal Decano…. per l’elezione… sono tenuti… ad ottemperare all’annuncio di convocazione (convocationis nuntio)».

Non è specificato se tali convocazioni siano personali o se si ritengano espletate con la pubblicazione sul Bollettino della Santa Sede.

Alcune notizie giornalistiche sembrano indicare che vi sia, in effetti, una convocazione personale (mi riferisco al caso del Cardinale John Njue del Kenia[32]) e il buonsenso porterebbe a ritenere che, proprio per la sua importanza, è fondamentale in questa elezione la certezza che tutti gli elettori abbiano effettivamente ricevuto notizia della convocazione.

In mancanza di norme specifiche, comunque, attendo che chi ha mosso l’obiezione ci presenti fonti certe e documentate. L’ipotesi, infatti, non ha rilievo per quanto riguarda la mia tesi, ma solo per chi fa dipendere l’eventuale validità dell’elezione dall’esistenza di un «Conclave nel Conclave», per nulla documentabile.

Dirimente in questo senso è la collocazione temporale della data di inizio della sede vacante. Ho già provveduto a contestare l’ipotesi che riterrebbe il 21 aprile 2025 come data di inizio della “Sede vacante di Benedetto XVI”, pertanto escludo che i 17 Cardinali oggi ultraottantenni non avessero diritto di voto.

Motivare la loro assenza con un atto volontario è decisamente poco plausibile. Ben 17 Cardinali — e proprio quei 17 Cardinali — si sarebbero astenuti dall’intervenire per decisione consapevole. Ricordo che l’elezione del Papa è un diritto-dovere, vincolato dall’obbedienza: il n. 35 UDG afferma solennemente in latino:

  1. Omnes Cardinales electores, a Decano aut ab alio Cardinale illius nomine agente, ad novi Pontificis electionem advocati, obligatione tenentur, ex virtute sanctae oboedientiae, convocationis nuntio obtemperandi et ad locum sibi designatum pro electione se conferendi, nisi infirmitate vel alio gravi impedimento, a Cardinalium Collegio agnoscendo, detinentur.

Fornisco la traduzione ufficiale italiana:

  1. Tutti i Cardinali elettori, convocati dal Decano, o da altro Cardinale a suo nome, per l’elezione del nuovo Pontefice, sono tenuti [che nel linguaggio giuridico significa «sono obbligati»], in virtù di santa obbedienza, ad ottemperare all’annuncio di convocazione e a recarsi al luogo designato allo scopo, a meno che siano trattenuti da infermità o da altro grave impedimento, che però dovrà essere riconosciuto dal Collegio dei Cardinali.

Questo appello così forte all’obbedienza giustifica anche il fatto che non vi sia un’esplicita previsione di invalidità per una massiccia assenza degli elettori, tanto da arrivare fino a 1/3 degli aventi diritto. Lo rivela la formulazione dell’incipit di n. 40 UDG:

«40. Se, per caso, qualche Cardinale avente diritto al voto rifiutasse di entrare nella Città del Vaticano per attendere ai lavori dell’elezione…»

La norma parte dall’assunto che il caso sia un’eccezione. Il Card. Pompedda esprime bene la fiducia che Universi Dominici Gregis ripone nel senso di responsabilità dei Cardinali, quando commenta l’obbligo alla segretezza:

«Diverso trattamento riserva la norma verso i Cardinali elettori [rispetto al personale di servizio], nei confronti dei quali, in caso di violazione del segreto, sia nel Conclave che dopo l’avvenuta elezione, non è prevista alcuna pena specifica, facendo ovviamente leva sul loro senso di responsabilità e sullo spessore della loro coscienza, come porta ad indurre l’esplicito inciso graviter onerata ipsorum conscientia del n. 60»[33].

Fatta questa premessa, secondo la mia linea argomentativa, l’assenza dei Cardinali elettori oggi ultraottantenni e l’assenza di loro ricorsi, si giustifica con la loro mancanza dall’Annuario Pontificio. È del tutto possibile che nemmeno loro fossero consapevoli del loro diritto e, in mancanza di una esplicita convocazione, non sono intervenuti.

Viceversa, secondo la tesi di chi vuole legittimare il “Conclave nel Conclave”, vi sarebbe stata  una regia occulta da parte di un “Reggente” — la cui esistenza non è tuttora provata né evidente — il cui obiettivo era un graduale disvelamento della verità. Questa figura sarebbe stata pienamente consapevole del diritto degli elettori oggi ultraottantenni, e avrebbe dovuto esplicitamente informarli e convocarli. Perché non l’ha fatto?

In mancanza di ciò, si è trattato, di fatto, di un’esclusione di elettori dal Conclave, in contrasto con il n. 35 della Universi Dominici Gregis e, trattandosi di più di un terzo degli elettori, tale da invalidare l’elezione a norma del can. 166, § 3 del Codice di Diritto Canonico.

ULTERIORE OBIEZIONE: IL CAN. 166, §3 CIC NON SI PUÒ APPLICARE ALL’ELEZIONE DEL SOMMO PONTEFICE

Una seconda parte dell’obiezione è che il canone 166, §3 CIC non si applica all’elezione del Papa perché riguarda elezioni di uffici ecclesiastici ordinari, non l’elezione del Pontefice, che segue una legge speciale, cioè Universi Dominici Gregis, come ribadito anche dal can. 335 CIC:

Can. 335 – “Mentre la Sede romana è vacante o totalmente impedita, non si modifichi nulla nel governo della Chiesa universale; si osservino invece le leggi speciali emanate per tali circostanze”.

Inoltre, Applicare il can. 166, §3 sarebbe in contrasto con la ratio della UDG, che privilegia la validità dell’elezione (cioè la continuità della Chiesa) rispetto alla presenza di tutti i Cardinali.

Esaminiamo l’affermazione che il can. 166, §3 CIC non si applichi all’elezione del Sommo Pontefice. Per confutare questo assunto vediamo il canone del CIC che spiega come mettere in relazione le norme speciali e quelle generali:

Can. 20 – La legge posteriore abroga la precedente o deroga alla medesima, se lo indica espressamente, o è direttamente contraria a quella, oppure riordina integralmente tutta quanta la materia della legge precedente; la legge universale però non deroga affatto al diritto particolare o speciale, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto.

Nel diritto canonico, come in ogni ordinamento giuridico, la legge speciale prevale sulla legge generale quando entrambe si applicano a un medesimo caso perché la legge speciale è una norma che regola in modo specifico e particolare un certo fatto, mentre la legge generale regola un fatto in modo più ampio e astratto. In caso di conflitto, la legge speciale prevale perché è più mirata e specifica sulla situazione concreta, superando la portata più ampia della legge generale.

Chi muove l’obiezione interpreta questo canone riferendolo all’intero corpus di Universi Dominici Gregis e, pertanto, ritiene che le norme generali sulle elezioni non si applichino in toto all’elezione del Sommo Pontefice.

Tuttavia, una rapida scorsa al commento a UDG del Card. Pompedda — ricordo che si tratta del commento ufficiale — smentisce questo assunto. In molteplici luoghi il Cardinale cita espressamente i canoni del CIC in parallelo con i numeri di UDG, mettendoli in relazione.

Innanzi tutto, commentando il n. 33 UDG, scrive:

«Quanto al diritto che regge l’atto elettivo, cf. can. 164 ss. e il n. 62 di UDG»[34]

Vediamo, ad esempio, il commento a n. 40 UDG.

«Se, per caso, qualche Cardinale avente diritto al voto rifiutasse di entrare nella Città del Vaticano per attendere ai lavori dell’elezione o in seguito, dopo che essa è cominciata, si rifiutasse di rimanere per adempiere al suo ufficio, senza manifesta ragione di malattia riconosciuta con giuramento dai medici e comprovata dalla maggior parte degli elettori, gli altri procederanno liberamente alle operazioni dell’elezione, senza attenderlo, né riammetterlo nuovamente. […]»[35].

Il card. Pompedda esplicita:

«… questa norma intende solo assicurare in tutto la legittimità di eventuali assenze di Cardinali elettori, che, comunque, non inciderebbe sulla validità dell’elezione. Si applica infatti anche a questa elezione il prescritto generale del can. 167, § 1 CIC (cf. can. 949, § 1 CCEO), che recita: “convocatione legittime facta, suffragium ferendi jus habent presentes die et loco in eadem convocatione determinatis” (“Fatta legittimamente la convocazione, hanno il diritto di dare il voto i presenti nel giorno e nel luogo determinati nella stessa convocazione, […]”)»[36].

Questo cosa ci dice?

1) in linea generale ci rassicura sulla possibilità di usare le norme generali del CIC come criterio interpretativo e per colmare il silenzio di UDG su alcuni dettagli.

2) che il n. 40 UDG, seguendo lo stesso criterio del can. 167 CIC, si riferisce solo agli elettori “legittimamente convocati”.

Ma la cosa si fa ancora più interessante se si considera il commento del card. Pompedda a n. 69 UDG. Qui infatti Pompedda scrive:

«I numeri 68-69 applicano indirettamente, sia per i requisiti della validità del voto sia per quelli riguardanti la validità dell’elezione, i canoni 166, §3, 169, 170, 171, §2, 172, §3 CIC…»[37]

Si riconferma, dunque, esplicitamente che le previsioni del can. 166, §3 sono congruenti con UDG e tutt’altro che annullate.

Con lo stesso criterio vorrei giustificare l’applicabilità del can. 169 — che fa parte delle norme generali per la provvista degli uffici — all’elezione del Papa.

Il n. 33 di Universi Dominici Gregis afferma:

«È assolutamente escluso il diritto attivo di elezione da parte di qualsiasi altra dignità ecclesiastica o l’intervento di qualsiasi potere laico, di qualunque grado o ordine» ma non dice esplicitamente (né qui, né altrove) cosa accadrebbe se votassero soggetti non aventi diritto».

Pertanto, possiamo ricorrere al can. 17 CIC[38] per motivare l’utilizzo delle norme generali, e nel caso specifico il can. 169[39].

IL LIMITE DEI 120 CARDINALI NON INVALIDA IL CONCLAVE

È stato sollevato da alcuni il dubbio sulla validità del Conclave, a causa del fatto che i Cardinali elettori attualmente sono 135, a fronte del numero massimo di 120 stabilito dalla costituzione Universi Dominici Gregis.

Se ci si colloca nella prospettiva sostenuta lungo tutto questo documento, tale problema non si pone, poiché dei 135 Cardinali elettori ben n. 108 sono stati creati da papa Francesco, e quindi – secondo tale impostazione – non sarebbero veri Cardinali.

Mettiamoci tuttavia nella prospettiva di chi considera validamente creati questi Cardinali.

Anche Giovanni Paolo II superò la soglia stabilita. Con il concistoro del 21 febbraio 2001, il Collegio Cardinalizio arrivò a comprendere n. 135 elettori. Il Papa non morì in prossimità di quella data, e quindi il Conclave che elesse Benedetto XVI due anni dopo non superò la soglia dei 120 Cardinali elettori. Tuttavia, se Giovanni Paolo II — già gravemente malato nel 2001 — fosse morto poco dopo, anche quel Conclave si sarebbe svolto con un numero di elettori superiore a quanto previsto.

Poiché il concistoro non è un evento frequente, è ragionevole ritenere che un Papa «si porti avanti» con le nomine. Considerando la composizione attuale del Collegio Cardinalizio, nel giro di un anno ben 15 Cardinali raggiungeranno il limite degli 80 anni. Se Francesco fosse morto un anno più tardi, il numero degli elettori sarebbe sceso esattamente a 120.

Poiché i Cardinali sono nominati dal Papa, e poiché si presume che un Papa conosca l’aritmetica di base, è corretto ritenere che, qualora egli proceda a nomine che fanno superare la soglia dei 120, stia consapevolmente derogando alla norma, esercitando una potestà che effettivamente gli compete. Il Papa, infatti, è il supremo legislatore della Chiesa.

Ci conforta, in questo senso, l’autorevolissimo commento del card. Pompedda a n. 33 UDG:

«Il numero massimo di 120 elettori deve naturalmente tenere conto di quei Cardinali nominati in deroga a tale numero, ai quali non potrebbe, certo, essere vietato il diritto di eleggere, se il Pontefice morisse oltrepassando in quel momento il numero di 120. Se infatti il Papa superasse il numero 120 derogando al principio sul numero degli elettori, con ciò si deve intendere che egli abbia derogato alla norma espressa in questo articolo»[40].

E spero, con questo, di aver risposto a ogni possibile obiezione in merito. Ricordo che il card. Pompedda partecipò alla stesura di UDG e che il suo commento risale al 2003, epoca assolutamente non sospetta.

Ammettere tutti i Cardinali elettori al Conclave non costituisce un arbitrio, ma significa accogliere ciò che il precedente Pontefice ha stabilito. Al contrario, sarebbe contrario a Universi Dominici Gregis n. 35 escludere qualcuno: «Nessun Cardinale elettore potrà essere escluso dall’elezione sia attiva che passiva per nessun motivo o pretesto».

CONFUTAZIONE PUNTUALE DI ALCUNI ARGOMENTI DEL DOTT. CIONCI

LA FIGURA DEL REGGENTE

Uno dei punti chiave delle posizioni assunte dal dott. Cionci negli ultimi mesi è la figura del «reggente». Una sorta di «eminenza grigia», un prelato al corrente di un piano che dovrebbe smascherare l’inganno dell’antipapa Bergoglio e riportare la Chiesa alla normalità.

ESISTE NEL DIRITTO CANONICO LA FIGURA DEL REGGENTE?

Le fonti di riferimento per la questione sono il Codice di Diritto Canonico (CDC) e Universi Dominici Gregis (UDG). Il CDC accenna alla possibilità che la Sede Romana sia «totalmente impedita». UDG si concentra in modo esteso sulla gestione della Chiesa e l’elezione del Romano Pontefice durante la Sede Apostolica vacante. Nessuno dei due testi normativi delinea la figura di un «reggente» o di chi governerebbe la Chiesa universale nel caso in cui la Sede Apostolica fosse «totalmente impedita».

SEDE APOSTOLICA VACANTE

Questo periodo si verifica quando il Romano Pontefice muore o rinuncia validamente al suo ufficio. Il diritto descrive una specie di Chiesa «in ibernazione», il cui unico scopo è eleggere al più presto il Pontefice. Si possono sbrigare solo gli affari più urgenti e indifferibili e, questo è detto e ripetuto in più modi, non si possono assolutamente modificare le procedure di elezione del Papa[41]. Tali atti sarebbero nulli e invalidi (teniamo bene a mente questo punto, perché ci servirà dopo). Non è prevista l’esistenza o l’azione di un «reggente».

SEDE APOSTOLICA IMPEDITA

Il concetto di «Sede Apostolica totalmente impedita» esiste nel diritto canonico ma le leggi che dovrebbero regolarla non sono mai state emanate:

«Il Codex Iuris Canonici richiama una sola volta la sede romana del tutto impedita nel can. 335: “Sede romana vacante aut prorsus impedita, nihil innovetur in Ecclesiae regimine: serventur autem leges speciales pro iisdem adiunctis latae”. Tuttavia, non solo non vengono forniti ulteriori elementi che possano chiarire meglio a cosa si alluda esattamente con tale espressione, circoscrivendola partitamente: ma nessuna legge speciale, pure talora annunciata (e forse qualche progetto è stato commissionato, pur con non troppa risonanza), è mai stata emanata riguardo alla sedes romana prorsus impeditaœ»[42].

Il caso della sede vescovile (cioè diocesana) impedita è trattato nel CDC ed è espressamente distinto da quello della Sede Apostolica[43]. Sarebbe del tutto arbitrario e grossolano pensare di estendere la normativa che la regola al governo della Chiesa universale, vista la natura del tutto eccezionale del ruolo del Papa. Lo testimonia il fatto che nel 2021 un gruppo di lavoro guidato dalla prof.ssa Geraldina Boni tematizzò la necessità di elaborare una legge specifica per il caso di sede apostolica totalmente impedita, al fine di colmare la lacuna di legge. Da allora, tuttavia, tale legge non è mai stata promulgata.

LA TEORIA DEL «CONCLAVETTO»

Secondo il dott. Cionci il conclave del 2025 avrebbe avuto due piani: un «finto» conclave pubblico apparentemente convocato in seguito alla morte di Francesco e un «Conclavetto» nascosto (riservato ai Cardinali «validi» pre-2013) che avrebbe eletto Leone XIV, il «vero» Papa.

Nessun documento del Magistero né alcuna norma canonica prevede la possibilità di un conclave «segreto» che si svolga all’interno di uno legittimo. Tutta la narrazione si basa su suggestioni, illazioni e fantasie.

Il conclave del 2025 è avvenuto in modo pubblico, con convocazione da parte della Sede Apostolica vacante dopo la morte di Francesco, e con partecipazione dei Cardinali considerati elettori secondo l’annuario pontificio del 2025. Il loro ingresso in Conclave è stato filmato e trasmesso pubblicamente.

Non esiste alcuna possibilità di conoscere quanto accade all’interno di un Conclave, pertanto, non ci potrebbe essere alcuna prova dell’esistenza del «Conclavetto». Lo stesso argomento che il dott. Cionci utilizza per attaccare chi gli dice che nella Cappella Sistina sono entrati tutti e 133 i Cardinali, si ritorce contro lui stesso. Come gli altri non possono provare che abbiano votato tutti, altrettanto lui non può mostrare che NON abbiano votato.

Ricordo qui quanto vi ho detto prima circa Popper e le teorie costruite in modo da non poter essere né provate, né smentite.

A questo si aggiunge il fatto che le norme dell’elezione sono rigidamente prescritte da UDG e sono certamente da rispettare, pena l’invalidità dell’elezione stessa. UDG contiene precise disposizioni che impediscono a qualsiasi soggetto, incluso il Collegio Cardinalizio, di modificare le leggi durante il periodo di Sede Apostolica vacante, con particolare enfasi sulle norme relative all’elezione del Sommo Pontefice. La celebrazione di un «Conclavetto» avrebbe richiesto la variazione delle norme che regolano l’elezione del Pontefice, un atto di per sé nullo e invalido[44], ed è del tutto impensabile che una elezione fatta in modalità diverse da quelle previste da UDG possa essere valida[45].

Così recita il commento del Card. Pompedda a n. 34 UDG:

«La questione infatti dell’elezione del Romano Pontefice è di competenza esclusiva della suprema autorità della Chiesa, che è il Pontefice da solo o nel e col Collegio dei Vescovi. Lo stesso Collegio Cardinalizio, pena la nullità, non può, a tenore dei nn. 2 e 4 Universi Dominici Gregis, modificare le norme stabilite dal Pontefice sull’elezione del successore. Tale Collegio, infatti, è un Organo giuridico deputato dalla legge canonica (cf. can. 349 CIC; n. 33 UDG) all’elezione del Papa, con tassativa esclusione di ogni capacità legislativa. Infine si deve notare che la solenne comminazione della nullità degli atti, eventualmente posti dal Concilio o dal Sinodo dei Vescovi, nell’intento temerario di modificare le norme circa l’elezione o il Collegio degli elettori, è una manifestazione evidente dell’esercizio esclusivo, in questa materia, del primato petrino, al quale spetta unicamente la conferma o approvazione e promulgazione di atti del Collegio episcopale, dentro o fuori del Concilio Ecumenico»[46].

Il commento ci fa comprendere che non è possibile alcuna deviazione dal rigido protocollo del Conclave, e il «Conclavetto» lo sarebbe.

Cito nuovamente il Card. Pompedda, nel suo commento a n. 54 UDG, riguardo a ciò che accade all’inizio del Conclave:

«All’uscita del Maestro delle Celebrazioni e dell’ecclesiastico che dettò la seconda meditazione, ai Cardinali rimasti soli nella Sistina si presentano due opzioni: la discussione circa eventuali dubbi sulle norme relative alle procedure di elezione, stabilite in questa Costituzione, vietata, sotto pena di nullità, in modo assoluto ogni loro pur minima modificazione o sostituzione; oppure l’immediato inizio delle operazioni di elezione […]»[47].

Non è prevista alcuna altra opzione.

UDG stabilisce in modo molto preciso chi, oltre ai Cardinali elettori, è autorizzato a entrare e a permanere nei luoghi dove si svolge il Conclave, e quali obblighi queste persone devono osservare[48]. Tutte queste persone devono ricevere la previa approvazione del Cardinale Camerlengo e dei tre Cardinali Assistenti, prima dell’inizio delle operazioni elettorali devono prestare giuramento secondo modalità e formula specifiche e non possono avvicinare o conversare con i Cardinali se non per lo stretto necessario allo svolgimento del loro ufficio. La violazione dell’obbligo di segretezza comporta la pena della scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica.

C’è nuovamente da chiedersi dove trovi spazio, in questo rigido apparato normativo, la presenza di un centinaio di persone (i Cardinali di nomina bergogliana) estranee al voto.

La tesi del dott. Cionci è una costruzione arbitraria, che ignora i fatti noti, distorce il diritto canonico e si contraddice internamente. Nessun teologo o canonista serio può accettare l’idea che:

  • un Papa dichiarato morto nel 2022 con tanto di comunicato ufficiale ed esequie pubbliche a bara aperta sia «morto ufficialmente» nel 2025,
  • si possa celebrare un «conclave nel conclave» legittimo: la procedura dell’elezione norma rigidamente l’esclusione nella Cappella Sistina di altri Cardinali che non siano gli elettori effettivi.
  • il n. 33 giustifichi una dichiarazione tardiva di Sede vacante dopo più di due anni.

Aggiungo un ultimo elemento di confutazione: dato che la data di inizio della Sede vacante va collocata alla morte di Benedetto XVI, cambia completamente il computo delle età per determinare chi fossero i validi Cardinali elettori. Come ho già spiegato nei miei interventi del 6 e dell’8 maggio, sono comunque mancati 17 Cardinali che nel dicembre 2022 non avevano ancora compiuto 80 anni. Se anche avessero votato solamente i n. 25 Cardinali di cui parla il dott. Cionci, sarebbero comunque mancati n. 17 elettori, vale a dire più di 1/3 degli aventi diritto e questo sarebbe sufficiente ad invalidare l’elezione secondo le norme generali che regolano la provvista degli uffici ecclesiastici, al can. 166, §3[49].

Infine, questa teoria si mostra in contraddizione con le tesi precedenti. Il dott. Cionci ha sempre sostenuto che un vero conclave si potesse fare solo con Cardinali pre-Bergoglio (cioè nominati da Benedetto o predecessori), ora accetta un conclave avvenuto nel 2025, pur non essendo stato convocato secondo nessun canone ecclesiastico noto e quindi contraddice sé stesso, indebolendo la coerenza interna del suo sistema narrativo.

LE TESTIMONIANZE DEI CARDINALI ELETTORI

La teoria del “Conclavetto” viene smentita dalle affermazioni di alcuni Cardinali dopo il Conclave.

CARD. DÉSIRÉ TSARAHAZANA, MADAGASCAR – TGCOM, 10 MAGGIO 2025

https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/Cardinali-conclave-papa-prevost-100-voti_97925318-202502k.shtml

«”L’incontro di questa mattina è andato molto bene. Abbiamo parlato anche della necessità di rendere la chiesa più collegiale. È un ottimo Papa e ha avuto molto più di 100 voti“. Lo ha detto il Cardinale del Madagascar Désiré Tsarahazana, arcivescovo metropolita di Toamasina, all’uscita dal primo incontro del nuovo Pontefice con i Cardinali convenuti a Roma per il Conclave».

DIVERSI CARDINALI INTERVISTATI DAL NEW YORK TIMES, 11 MAGGIO 2025

https://www.nytimes.com/2025/05/11/world/europe/conclave-vote-pope-leo-robert-prevost.html

«Nel tardo pomeriggio hanno votato di nuovo, poi hanno contato le schede una per una. Quando il Cardinale Prevost ha raggiunto 89 voti, cioè la maggioranza dei due terzi necessaria per diventare papa, la sala è esplosa in una standing ovation. “E lui è rimasto seduto!” ha detto il Cardinale David [(David Pablo Virgilio Siongco, Filippine)]. “Qualcuno ha dovuto tirarlo su. Eravamo tutti con le lacrime agli occhi”. Man mano che il conteggio proseguiva e i voti per il Cardinale Prevost si sono avvicinati al centinaio, il Cardinale Parolin ha dovuto chiedere a tutti di sedersi per poter concludere».

CARD. FERNANDO FILONI – TG1, 12 MAGGIO 2025 ORE 20.00

«Io ero uno scrutatore, anzi ero lo scrutatore, quindi che contava i numeri e all’89 ci siamo, io mi sono fermato, tutti ci siamo alzati in piedi e c’è stato un lungo applauso molto affettuoso, molto carico anche di emozione».

CARD. KIKUCHI, ARCIVESCOVO DI TOKYO – AGENSIR, 17 MAGGIO 2025

Leone XIV. Il card. Kikuchi racconta il Conclave

«Descrivendo nel post il contesto e l’efficiente organizzazione vaticana, il card. Kikuchi non si è fatto sfuggire l’occasione di replicare alle voci di presunte interferenze e di accordi per la scelta del nome del nuovo Papa, circolate su qualche mezzo di informazione. “La realtà è solo una – ha scritto il Cardinale, evidenziando la frase in grassetto -:il gruppo dei 133 Cardinali si è riunito in preghiera nella Cappella Sistina, ha votato ed ha continuato a votare per individuare il successore di Pietro, che il Signore Gesù stesso aveva già scelto. Il card. Robert Francis Prevost che ha ottenuto più dei due terzi dei voti è stato eletto Papa. Questo è tutto“».

I CARDINALI CHE HANNO RIVELATO QUESTE NOTIZIE SONO SCOMUNICATI?

La Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis dedica un intero Capitolo, il numero IV alla “Osservanza del segreto su tutto ciò che attiene l’elezione”. Viene affermato il dovere di osservare il “più rigoroso segreto” riguardo a tutto ciò che concerne, direttamente o indirettamente, le operazioni dell’elezione.

I Cardinali, prima dell’inizio del Conclave, prestano un solenne giuramento. La formula specifica per i Cardinali elettori, da pronunciare nella Cappella Sistina, include l’impegno a “osservare fedelmente e scrupolosamente tutte le prescrizioni contenute nella Costituzione apostolica del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, Universi Dominici Gregis“.

Promettono inoltre di “osservare con la massima fedeltà… il segreto su tutto ciò che in qualsiasi modo riguarda l’elezione del Romano Pontefice e su ciò che avviene nel luogo dell’elezione, concernente direttamente o indirettamente lo scrutinio”.

Questo giuramento include l’impegno “di non violare in alcun modo questo segreto sia durante sia dopo l’elezione del nuovo Pontefice, a meno che non ne sia stata concessa esplicita autorizzazione dallo stesso Pontefice”.

Specificamente per quanto riguarda le informazioni sulle votazioni, la Costituzione proibisce espressamente ai Cardinali elettori “di rivelare a qualunque altra persona notizie, che direttamente o indirettamente riguardino le votazioni, come pure ciò che è stato trattato o deciso circa l’elezione del Pontefice nelle riunioni dei Cardinali, sia prima che durante il tempo dell’elezione”.

Questo obbligo al segreto vincola anche i Cardinali non elettori che partecipano alle Congregazioni generali. Il testo sottolinea che i Cardinali elettori sono “graviter onerata ipsorum conscientia” (gravemente onerati nella loro coscienza) a conservare il segreto su queste cose anche dopo l’avvenuta elezione del nuovo Pontefice, a meno di una speciale ed esplicita facoltà concessa dallo stesso Pontefice.

Per garantire ulteriormente il segreto, è richiesto ai Cardinali elettori di consegnare al Cardinale Camerlengo o agli Assistenti “gli scritti di qualunque genere, che abbiano presso di sé, relativi all’esito di ciascuno scrutinio, affinché siano bruciati con le schede”.

Il Cardinale Camerlengo redige una relazione “nella quale dichiari l’esito delle votazioni di ciascuna sessione”, che viene consegnata al Papa e conservata in un archivio sigillato, non apribile “se il Sommo Pontefice non l’avrà permesso esplicitamente”. Questo protocollo rafforza l’idea che i dettagli specifici delle votazioni per ogni scrutinio non debbano essere di pubblico dominio senza l’autorizzazione del Papa.

Alla luce di queste disposizioni, rivelare in un’intervista dettagli specifici sull’andamento delle votazioni, come il numero di voti ottenuti da un candidato (“oltre 100 voti”) o il raggiungimento di una certa soglia (“al raggiungimento di 89 voti”), sembra essere una violazione del dovere di segreto sul “ciò che avviene nel luogo dell’elezione, concernente direttamente o indirettamente lo scrutinio” e delle “notizie, che direttamente o indirettamente riguardino le votazioni”. D’altro canto si tratta di informazioni del tutto irrilevanti, dato che è ovvio che se il Papa è stato eletto deve necessariamente aver raggiunto i 2/3 dei voti (quindi ha raggiunto e superato gli 89 voti).

Per quanto riguarda la scomunica:

  • La Costituzione Universi Dominici Gregisprevede la pena della scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica per coloro che violano la norma n. 55 UDG, che coinvolge il Camerlengo e i Cardinali Assistenti, e coloro che dovessero introdurre o usare strumenti di registrazione per violare il segreto
  1. 55 UDG – «Il Cardinale Camerlengo ed i tre Cardinali Assistenti pro tempore sono obbligati a vigilare con diligenza, perché non sia in alcun modo violata la riservatezza di quanto avviene nella Cappella Sistina, dove si svolgono le operazioni di votazione, e dei locali contigui, tanto prima quanto durante e dopo tali operazioni. In modo particolare, anche ricorrendo alla perizia di due tecnici di fiducia, cercheranno di tutelare tale segretezza, accertando che nessun mezzo di ripresa o di trasmissione audiovisiva sia immesso da chiunque nei locali indicati, particolarmente nella predetta Cappella, dove si svolgono gli atti dell’elezione. Se una qualsiasi infrazione a questa norma venisse compiuta, sappiano gli autori di essa che incorreranno nella pena della scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica».
  • La scomunica latae sententiaeè esplicitamente comminata al personale di servizio che violasse il segreto (cfr. n. 58 UDG e la specifica formula di giuramento per queste figure n. 48 UDG, diversa da quello dei Cardinali).
  1. 58 UDG – «Coloro che, in qualsiasi modo, secondo quanto previsto al n. 46 della presente Costituzione, prestano la loro opera di servizio per le incombenze inerenti all’elezione, e che direttamente o indirettamente potrebbero comunque violare il segreto – riguardi esso parole o scritti, o segni, o qualsiasi altra cosa – dovranno assolutamente evitarlo, perché altrimenti incorrerebbero nella pena della scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica».
  • La Costituzione nonprevede la scomunica latae sententiae per la rivelazione di dettagli sulle votazioni da parte di un Cardinale elettore. Tuttavia, tale rivelazione è una violazione di un obbligo di segreto rafforzato da giuramento. (cfr. nn. 59, 60, 61 UDG). Dal Commento del Card. Pompedda ai nn. 59, 60, 61 UDG:

«Diverso trattamento riserva la norma verso i Cardinali elettori, nei confronti dei quali, in caso di violazione del segreto, sia nel Conclave che dopo l’avvenuta elezione, non è prevista alcuna pena specifica, facendo ovviamente leva sul loro senso di responsabilità e sullo spessore della loro coscienza, come porta ad indurre l’esplicito inciso graviter onerata ipsorum conscientia del n. 60. UDG unisce nell’obbligo del segreto anche i Cardinali esclusi dal Conclave ma che parteciparono alle Congregazioni precedenti l’elezione».

Rivelare dettagli specifici sull’andamento delle votazioni del Conclave è in violazione del rigoroso segreto imposto ai Cardinali dalla Universi Dominici Gregis e dell’esplicito giuramento che hanno prestato ma non comporta la scomunica.

L’unico soggetto che, secondo la Universi Dominici Gregis, può eventualmente rendere pubblica la relazione finale sull’andamento delle votazioni è il Papa stesso, non i singoli Cardinali. Rivelazioni private da parte dei Cardinali contravvengono al dovere di segreto “sia durante sia dopo l’elezione del nuovo Pontefice, a meno che non ne sia stata concessa esplicita autorizzazione dallo stesso Pontefice”.

MUTAMENTO DI POSIZIONE DEL DOTT. CIONCI: UN’ANALISI CRITICA

Dopo la conclusione del Conclave si è reso ormai necessario fare chiarezza e analizzare il cambiamento della posizione del dott. Andrea Cionci. Questo intervento intende offrire una riflessione critica, senza intenti polemici né denigratori. Quello che si evidenzia esaminando i contenuti da lui stesso pubblicati, è un graduale passaggio da una posizione incentrata sul diritto canonico verso ipotesi via via meno fondate sul piano dimostrativo.

ANALISI DEL CAMBIAMENTO DI POSIZIONE DEL DOTT. ANDREA CIONCI

FASE INIZIALE: RIGORE CANONICO

Fino a pochi mesi fa, il dott. Cionci aveva sostenuto una posizione coerente e radicale, fondata su argomentazioni di carattere prevalentemente canonistico. La sua tesi originaria affermava la nullità delle dimissioni di Benedetto XVI e la conseguente invalidità a priori di qualsiasi Conclave convocato con Cardinali creati da Papa Francesco, in quanto antipapa. Solo un Conclave indetto da Cardinali nominati prima del 2013, o da un’autorità legittima dopo la fine effettiva della sede impedita, avrebbe potuto dirsi valido.

INTRODUZIONE DELLA FIGURA DEL «REGGENTE»

Successivamente, il dott. Cionci ha iniziato a ipotizzare la presenza di una sorta di «Chiesa dell’amministrazione», impegnata ad arginare il potere e la figura dell’antipapa. Tali ipotesi si sono progressivamente coagulate nella teoria di un ipotetico «amministratore apostolico», poi denominato «reggente»: una figura occulta che avrebbe agito dietro le quinte per attuare un piano interno alla Chiesa, finalizzato a garantire un futuro ritorno alla legittimità nella successione papale.

Anticipo qui un punto fondamentale, che verrà ripreso in seguito: la figura del «reggente», così come proposta, non risulta compatibile con l’ordinamento canonico.

Questo cambiamento di prospettiva ha segnato un passaggio dall’approccio canonistico a uno segnato dalla fiducia in un disegno non rivelato. L’attenzione del dott. Cionci si è così spostata dall’analisi giuridica alla ricerca e decodifica dei segnali lanciati da questo reggente — entità ipotetica e mai dimostrata — tramite elementi simbolici, gesti ambigui o circostanze marginali.

Ecco alcuni esempi di segnali interpretati nei video YouTube degli ultimi due mesi:

  • Il reggente avrebbe impedito a Bergoglio di indossare la mozzetta rossa, le scarpe rosse, le calze bianche, i pantaloni bianchi e il simbolo papale sulla fascia.
  • Il reggente avrebbe impedito a Bergoglio di abitare nell’appartamento papale e di ricevere lo stipendio papale di 2.500 euro.
  • Dal 2022 sarebbe stato impedito a Bergoglio di celebrare la Messa.
  • Bergoglio non avrebbe impartito la benedizione Urbi et Orbi, ma una generica, a causa dell’intervento del reggente.
  • Il reggente avrebbe tolto a Bergoglio la possibilità di usare la targa «SCV1» sulla papamobile, perché sarebbe la targa «da Papa».
  • Da una certa data, il reggente avrebbe impedito a Bergoglio di usare i sette candelabri pontificali durante la Messa.
  • Il reggente avrebbe impedito a Bergoglio di usare la berlina blu appartenuta a Papa Benedetto.
  • Il reggente avrebbe impedito a Bergoglio di predicare (munus docendi) nelle ultime settimane di vita.
  • Durante le ultime settimane di vita di Bergoglio, il reggente gli avrebbe impedito di indossare in un caso l’abito bianco, in altri casi la fascia e il colletto sacerdotale.
  • Il reggente avrebbe spogliato Bergoglio dei simboli pontificali anche al suo funerale, come il pallio papale e la ferula papale.
  • Il reggente avrebbe impedito che sulla lapide di Bergoglio fossero messe le iniziali PP.
  • Le critiche e le accuse rivolte al Cardinale Parolin nell’imminenza del Conclave sarebbero state parte di una strategia per minare la sua elezione, in quanto avrebbe potuto essere il reggente.

ADESIONE ALLA TESI DEL «REGGENTE» COME CARDINE INTERPRETATIVO E PROGRESSIVO CAMBIO DI LINEA RISPETTO AL «CONCLAVE INCIUCIO»

La teoria del reggente è divenuta per il dott. Cionci il criterio ermeneutico rispetto al quale rileggere ogni fatto. Su di essa si fonda anche il mutamento di prospettiva circa il Conclave che sarebbe seguito alla morte di Francesco, con l’introduzione di un cosiddetto «Conclave inciucio». Con questo termine si fa riferimento a un Conclave apparentemente canonico, che vedrebbe la partecipazione anche di Cardinali invalidi (quelli creati da Jorge Mario Bergoglio), il cui risultato sarebbe però «validato» da una qualche manovra interna.

Inizialmente, il dott. Cionci sembrava rifiutare tale ipotesi, considerandola una forma di compromesso clericale che avrebbe celato la verità e non avrebbe prodotto lo scandalo ritenuto necessario per una purificazione della Chiesa. Tuttavia, a partire dalla primavera del 2025, si è notato un progressivo cambio di linea: una maggiore apertura, seppur con riserve, verso la possibilità di questo «Conclave inciucio», giustificato talvolta in nome della prudenza, della strategia ecclesiale o di un presunto piano provvidenziale.

Dopo la morte di Francesco è iniziata l’interpretazione di alcuni eventi come possibili segnali positivi verso una valida elezione, anche all’interno di un Conclave canonicamente viziato. Ad esempio, la pubblicazione da parte di Vatican News di un video che mostrava una mozzetta rossa tra i paramenti preparati per il neo eletto nella «stanza delle lacrime» è stata letta come un segno favorevole, così pure la presenza degli addobbi rossi alle colonne del Palazzo Apostolico.

Con l’elezione di Leone XIV la narrativa sul Conclave è stata aggiornata, introducendo l’ipotesi del «Conclavetto» – una variante riformulata del precedente concetto di «Conclave inciucio». Secondo questa nuova versione, non si escluderebbe che all’interno del Conclave canonico vi sia stata una votazione separata e riservata dei soli Cardinali validi, ovvero quelli creati prima del 2013.

VALUTAZIONE CRITICA DEL PERCORSO

SLITTAMENTO METODOLOGICO

L’aspetto più evidente è il progressivo slittamento da un’argomentazione basata su norme canoniche e fatti noti a un’interpretazione di segni, simboli ed eventi spesso ambigui. È avvenuto un passaggio da un approccio giuridico a uno ermeneutico-simbolico, che si fonda su congetture circa l’esistenza e l’operato di una Chiesa dell’amministrazione e di un «reggente» non altrimenti identificato. Il cambiamento risalta ancor più se si considera che il dott. Cionci ha sempre presentato il carattere razionale della sua tesi come uno dei principali punti di forza e motivo di orgoglio.

Tuttavia, occorre notare che la forza di un’argomentazione giuridica risiede nella sua capacità di riferirsi a norme e fatti verificabili; quando si passa all’interpretazione di «segni» lasciati da un presunto attore nascosto, il terreno diventa molto più incerto.

Secondo Karl Popper, una teoria è scientifica solo se ammette la possibilità di essere smentita dai fatti: deve cioè esporsi al rischio della confutazione. Dove non vi è rischio, non può esservi prova autentica. Alcune visioni del mondo — come l’astrologia o il marxismo dialettico, secondo Popper — sono costruite in modo da risultare sempre confermate, quale che sia l’esito dell’osservazione. In quanto inconfutabili, esse si sottraggono al criterio della scientificità.

La figura del reggente costituisce una costruzione narrativa priva di verificabilità e, nel senso tecnico del termine, di falsificabilità[50]: non si può dimostrare la sua esistenza, ma nemmeno la sua inesistenza. In assenza di riscontri normativi o documentali, il discorso si sposta dal terreno del diritto a quello della pura congettura.

Si tratta di un meccanismo tipico delle teorie chiuse, immuni a ogni confutazione perché capaci di assorbire in sé ogni obiezione. Una teoria che non rischia mai di cadere, osservava Popper, non è più una teoria: è un racconto.

Le teorie del dott. Andrea Cionci sul «reggente» nascosto e sul «Conclavetto» purtroppo si collocano nello stesso ambito: ogni evento, anche contraddittorio, viene piegato a sostegno della tesi. La presenza di un dato simbolo può essere letta come frutto dell’intervento del reggente, la sua assenza come indizio di una prudente attesa nel «disvelamento» del piano. Nessun fatto è mai tale da smentire la narrazione, perché tutto è suscettibile di reinterpretazione.

LA FIGURA DEL «REGGENTE» COME «DEUS EX MACHINA»

L’introduzione del «reggente» sembra funzionare come una sorta di «deus ex machina» narrativo. Di fronte a una situazione canonica che, secondo la lettura iniziale, apparirebbe irrisolvibile senza un atto di rottura (es. un intervento dei Cardinali pre-2013 ), il «reggente» offre una via d’uscita «interna» e meno dirompente, ma al contempo molto più intricata. Le azioni attribuite a questo reggente (dalla privazione dei simboli papali, alla presunta preparazione di un Conclave valido «dietro le quinte») non sono supportate da prove dirette, ma da interpretazioni di eventi che potrebbero avere spiegazioni alternative e più semplici.

COERENZA E PROFEZIE AUTOAVVERANTI

Il cambio di linea innescato con l’ipotesi del «Conclave inciucio» e l’interpretazione di ogni piccolo segnale come conferma delle proprie tesi possono essere letti come un tentativo di mantenere coerenza narrativa di fronte a eventi che non si conformano pienamente alle aspettative iniziali. C’è il rischio che, una volta investito molto credito su una certa linea, si tenda a «vedere» conferme ovunque, anche a costo di forzare le interpretazioni, pur di non smentire la propria narrazione. Potrebbe esserne una spia questa risposta a un commento sul suo canale YouTube. Un utente domanda:

«Scusi dott. Cionci. Ma lei non aveva detto che bisogna basarsi sul Diritto Canonico? Per il Diritto Canonico il fatto che i falsi Cardinali siano entrati dentro annulla in automatico il Conclave!! Grazie per il suo impegno».

Risposta del dott. Cionci:

«e lei che ne sa che il secondo giorno sono entrati tutti?».

La risposta sembra proprio voler «salvare il salvabile»: nonostante le rigide norme che regolano lo svolgimento del Conclave, il dott. Cionci si appiglia alla possibilità che la formazione del Collegio degli elettori possa essere mutata il secondo giorno, quello in cui è avvenuta l’elezione.

REAZIONI E PERDITA DI CREDIBILITÀ

Questo mutamento ha provocato reazioni contrastanti tra coloro che inizialmente sostenevano le sue tesi. Molti si interrogano sulla coerenza e sulla direzione del discorso.

Basta leggere i commenti sotto ai nuovi video del dott. Cionci per verificare, nel suo uditorio, una reazione sempre più critica. Molti commenti lo accusano di sconfinare nella fantasia o nella fantascienza. Alcuni definiscono le nuove tesi semplicemente inaccettabili o deragliate. Leggo ad esempio alcuni commenti sotto al video del 10 maggio 2025 dal titolo: «Legittimo il conclave con i soli 25 cardinali autentici per eleggere Leone XIV? SI’, ecco perché»:[51]

@francesconesti3121: Cionci mi pare proprio che in queste ore tutto il suo castelletto si stia sciogliendo come neve al sole. Delle due l’una. O Prevost è un altro antipapa, o non c’era nessun reggente e nessuna sede impedita. Scelga: o la coerenza o la decenza

@guglano: La sua lettura secondo me é veramente forzata, tirata per le orecchie. E la prima volta che mi succede di vederla in difficolta.  Comprendo che son passati solo due giorni, ma, immaginare che solo i 25 abbiano votato, sa di ipotesi vana.  Rimane il suo lavoro enorme, e per questo la ringrazio. Ma se Leone é Papa a questo punto lo era anche Bergoglio.  Un caro saluto.

@paolocampanini858: Cionci mettiamoci il cuore in pace é stato eletto un altro Antipapa, non serve aspettare (108 like)

@abcf1234: Inaccettabile, mi dispiace sta deragliando nel campo della fantasia… Torni ai fatti alla legge e il diritto

@Avatarnashan: E stato minacciato sig. Cionci? Magari quel giorno in cui e stato convocato…

@alessandravenzo2661: Ne ho il dubbio anch’io…

@robertobenso7769: Tutte chiacchiere. Ipotizzare che non abbiano votato i 133 Cardinali perché sono stati esclusi quelli di nomina “bergogliana” é una sciocchezza, per usare un termine controllato.

@EnricoRusso-r2c: Caro Cionci, avrebbe dovuto chiudere la sua inchiesta ad ottobre 2024. Da quando si è inventato il reggente e tutto il resto ha perso completamente la retta via, ed anche ora sta giustificando l‘ingiustificabile. Ma non é che all’udienza l‘hanno minacciata?

@arnaldotrentuno683: dott. Cionci, ora non deve sconfinare nella fantascienza altrimenti compromette tutto il suo lavoro.

@antonellabellini5977: Mi dispiace ma queste ipotesi mi sembrano fantascienza. Noto molta decadenza (71 like)

@italiantogoofficial1405: Appunto non c’era neanche Lei. E Lei “suppone” come  ha ammesso. Ma dato che Lei ha già deciso che è valido, niente e nessuno Le farà cambiare idea… quindi non si scaldi. Tanto a Lei stanno bene solo i Suoi “ragionamenti” e guai a contraddirLa con ipotesi più fondate delle Sue

@gabriellacontri5755: Caro dott. Cionci lo, da sua fan, devo dirle che ora non riesco più a condividere le sue ipotesi poco realistiche. Non ci diranno mai chi ha votato, come non hanno risposto alle petizioni e avremo Papa Leone che ci piaccia o no. (88 like)

@hmb4280: I Cardinali elettori validi sono tutti coloro che avevano meno di 80 anni al 31 dicembre 2022. Cioè circa 44 Cardinali ancora in vita ad oggi. NON 25. Se hanno votato solo in 25, anche quel mini-Conclave sarebbe INVALIDO, poiché la Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis afferma che, se non può votare un terzo dei Cardinali, quel Conclave non è valido.

@valerioorsini1340: Cionci ma non é che ripetendo una “stupidaggine” in loop questa, per magia, diventa realtà.  Gli altri 108 Cardinali hanno fatto un torneo di Texas hold’em nell’attesa?

@EMILIXify: Che c’è, desso il Conclave è valido ? Hai sempre detto che sarebbe bastato un solo partecipante bergogliano per invalidare l’elezione del Papa. Te la aggiusti secondo convenienza ?

@valerioorsini1340: IL MISTERO DEL CONCLAVETTO. Il nuovo grande thriller di Andrea Cionci

[1] Can. 169 CIC/1983 – «Perché l’elezione sia valida, non può essere ammesso al voto nessuno, che non appartenga al collegio o al gruppo». Ove non ulteriormente specificato si farà sempre riferimento al Codice del 1983, attualmente vigente, abbreviandolo con CIC.

[2] UDG, n. 33: «Il diritto di eleggere il Romano Pontefice spetta unicamente ai Cardinali di Santa Romana Chiesa, ad eccezione di quelli che, prima del giorno della morte del Sommo Pontefice o del giorno in cui la Sede Apostolica resti vacante, abbiano già compiuto l’80° anno di età. […]».

[3] UDG, n. 35: « Nessun Cardinale elettore potrà essere escluso dall’elezione sia attiva che passiva per nessun motivo o pretesto, […]».

[4] Can. 166 – «§1. Il presidente del collegio o del gruppo convochi tutti gli appartenenti al collegio o al gruppo; la convocazione poi, quando deve essere personale, ha valore, se viene fatta nel luogo del domicilio o del quasi-domicilio oppure nel luogo di dimora., §2. Se qualcuno di quelli che devono essere chiamati fu trascurato e perciò è stato assente, l’elezione vale; purtuttavia su istanza del medesimo, una volta provata l’omissione e l’assenza, l’elezione, anche se fu confermata, deve essere rescissa dall’autorità competente, purché consti giuridicamente che il ricorso è stato trasmesso almeno entro tre giorni dalla ricezione della notizia dell’elezione., §3. Che se fosse stata trascurata più della terza parte degli elettori, l’elezione è nulla per il diritto stesso, a meno che tutti i non convocati non siano effettivamente intervenuti» (CIC).

[5] UDG, proemio.

[6] Questo paragrafo è stato scritto prima del Conclave 2025. Il resto del testo è stato redatto in momenti diversi, anche a valle del Conclave.

[7] Prendiamo un esempio dal sito della canonista Cathy Caridi: immaginiamo che una famiglia abbia un anziano parente molto malato, il medico dice che sta per morire, e la famiglia chiama il parroco per dargli gli ultimi sacramenti. Il parroco arriva, scopre che l’anziano non è mai stato cresimato e, poiché il can. 883, §3 concede automaticamente a un sacerdote la facoltà di amministrare la cresima in pericolo di morte (facoltà che ordinariamente è data solo ai Vescovi), gliela conferisce. Supponiamo ora che il malato non muoia, ma viva altri 23 anni. Questo è un tipico caso di “errore comune di fatto”, quando è stato amministrato il sacramento i dati a disposizione dei presenti lasciavano credere effettivamente che l’uomo sarebbe morto, e in tal caso Ecclesia supplet si applica davvero.

Facciamo un altro esempio: un nuovo parroco arriva in un paese. Tutti lo accolgono come parroco e questi inizia a celebrare matrimoni. Successivamente si scopre che, per qualche motivo, la sua nomina a parroco è invalida. Dato che solo un parroco (o un sacerdote da lui delegato) può celebrare matrimoni, tutti i matrimoni che ha celebrato sono invalidi? No, anche in questo caso la Chiesa supplisce, per il bene delle anime dei fedeli.

Viceversa, supponiamo che una famiglia chiami la parrocchia perché un parente anziano sta morendo. Arriva un diacono permanente che si mette ad amministrare l’unzione degli infermi. Tutti sanno che è un diacono, quindi non c’è alcun errore su chi egli sia; ma magari i familiari non sanno che solo un sacerdote ordinato può celebrare validamente questo sacramento (cfr. can. 1003, §1). Si tratta di “errore comune”? No, perché milioni di persone potrebbero dire subito che un diacono non può amministrare l’unzione. Dunque, se un diacono tenta di celebrarla, il sacramento è invalido e il can. 144, §1 non si applica.

[8] Prendiamo un esempio dal sito della canonista Cathy Caridi: un parroco parte per le vacanze il 16 agosto e delega un altro sacerdote a celebrare matrimoni fino al suo ritorno, ma nella lettera scrive che la delega vale “per un paio di settimane”. Così, non è chiaro se la delega valga anche per un matrimonio celebrato il 31 agosto. Siccome l’intenzione era chiara, ma la forma scritta no, si tratta di un dubbio positivo e probabile di fatto. In questo caso, Ecclesia supplet si applica, e un matrimonio celebrato il 31 agosto sarebbe valido.

[9] S. Alfonso Maria de’ Liguori, Theologia Moralis, Lib. III, Tract. I, Cap. II, Dubium III – De simonia, Art. III – Quae sint poenae simoniae, Qu. IV – An electio Pontificis simoniaca sit nulla (ed. Parigi 1835, vol. I, pagg. 312-3).

[10] Franciscus Xaverius Wernz – Petrus Vidal – Philippus Aguirre, Ius Canonicum ad normam Codicis exactum, vol. II, Roma 1943, pagg. 480-2, nt. 56.

[11] Can. 752 – «Non proprio un assenso di fede, ma un religioso ossequio dell’intelletto e della volontà deve essere prestato alla dottrina, che sia il Sommo Pontefice sia il Collegio dei Vescovi enunciano circa la fede e i costumi, esercitando il magistero autentico, anche se non intendono proclamarla con atto definitivo; i fedeli perciò procurino di evitare quello che con essa non concorda» (CIC). Per ulteriore approfondimento: «Il Romano Pontefice e il Collegio dei Vescovi. Il magistero del Romano Pontefice e del Collegio dei Vescovi in materia di fede o di costumi o di verità intimamente connesse, anche se non intende enunziare una dottrina con atto definitivo, obbliga i fedeli a prestare a tale dottrina un religioso ossequio, evitando con cura quello che con essa non sia concorde. Non basta una semplice adesione esterna: è necessaria anche e soprattutto quella interna, dell’intelletto e della volontà. Questo non impedisce che la verità enunziata venga opportunamente approfondita, ai sensi dei cann. 218 e 386, § 2. L’approfondimento comprende anche lo “sviluppo”, ma eodem sensu eademque sententia» (Luigi Chiappetta, Il Codice di Diritto Canonico, Commento giuridico-pastorale,  vol. II, Dehoniane, Roma 19962, n. 3117).

[12] Cfr. Luigi Chiappetta, Il Codice di Diritto Canonico, Commento giuridico-pastorale,  vol. II, Dehoniane, Roma 19962, n. 1021.

[13] Alberto Blat, Commentarium Textus Codicis Iuris Canonici, p. 43.

[14] Cfr. Luigi Chiappetta, op. cit., n. 885.

[15] «Quod latenter, aut per vim, vel alias illicite introductum est, nulla debet stabilitate subsistere» (Gregorius IX, X 5.41.5).

[16] https://www.radiospada.org/2023/01/su-unipotesi-di-anti-conclave/

[17] Can. 165 – «Qualora non sia stato disposto altro dal diritto oppure dai legittimi statuti del collegio o del gruppo, se un collegio o un gruppo di persone avesse il diritto di eleggere a un ufficio, l’elezione non sia differita oltre il trimestre utile da computarsi dalla ricezione della notizia della vacanza dell’ufficio; trascorso inutilmente questo termine, l’autorità ecclesiastica, cui compete il diritto di confermare l’elezione o il diritto di provvedere successivamente, provveda liberamente all’ufficio vacante».

[18] Can. 17 – «Le leggi ecclesiastiche sono da intendersi secondo il significato proprio delle parole considerato nel testo e nel contesto; che se rimanessero dubbie e oscure, si deve ricorrere ai luoghi paralleli, se ce ne sono, al fine e alle circostanze della legge e all’intendimento del legislatore». Can. 18 – «Le leggi che stabiliscono una pena, o che restringono il libero esercizio dei diritti, o che contengono un’eccezione alla legge, sono sottoposte a interpretazione stretta».

[19] La fallacia di falsa analogia consiste nell’assumere che due situazioni o concetti siano logicamente equivalenti sulla base di somiglianze irrilevanti o superficiali, trascurando invece le differenze sostanziali che invalidano il confronto.

[20] UDG, n. 17.

[21] UDG, n. 19

[22] Can. 184, §1 – «L’ufficio ecclesiastico si perde con lo scadere del tempo prestabilito, raggiunti i limiti d’età definiti dal diritto, per rinuncia, trasferimento, rimozione e anche per privazione».

[23] Il Cardinale Mario Francesco Pompedda (1929–2006) è stato uno dei massimi giuristi della Chiesa cattolica contemporanea, scelto da Giovanni Paolo II per incarichi di altissimo rilievo nel governo della Chiesa e dello Stato della Città del Vaticano. Ha ricevuto la sua formazione nei più prestigiosi centri accademici della Santa Sede: è stato alunno dell’Almo Collegio Capranica, rinomato seminario romano riservato a vocazioni d’eccellenza; ha conseguito la laurea in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, centro di riferimento mondiale per la formazione teologica; la licenza in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico, massimo ateneo per gli studi biblici; e la laurea in utroque iure (diritto canonico e civile) presso la Pontificia Università Lateranense, l’università del Papa, punto di riferimento per la scienza giuridica ecclesiastica. Entrato nel 1955 al servizio della Santa Sede presso il Tribunale della Rota Romana, vi ha percorso tutta la carriera fino a diventarne decano nel 1993, e successivamente Presidente della Corte d’Appello dello Stato della Città del Vaticano. È stato consultore di numerosi dicasteri della Curia e ha partecipato alla revisione del Codice di Diritto Canonico promulgato nel 1983. La sua autorevolezza è particolarmente rilevante in materia di elezione pontificia, in quanto ha contribuito in modo determinante, collaborando con la Segreteria di Stato, alla redazione della Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis, che regola la Sede Vacante e il Conclave. Il suo commento a questo testo, redatto con piena cognizione dei lavori preparatori, è riconosciuto come una delle interpretazioni più qualificate e autorevoli disponibili.

[24] «Con l’inizio infatti della vacanza della Sede Apostolica (morte o rinuncia del Pontefice), il Collegio dei Cardinali è intoccabile riguardo al numero e al diritto dei Cardinali elettori» (Mario Francesco Pompedda, «Commento alla Constitutio Apostolica de Sede Apostolica vacante deque Romani Pontificis electione», in Pio Vito Pinto, ed. Commento alla Pastor Bonus e alle norme sussidiarie della Curia Romana, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2003, pag. 332).

[25] La Costituzione Universi Dominici Gregis era alla sua prima applicazione, in questo senso pare opportuno che ne sia stato esplicitato l’utilizzo.

[26] Giovanni Paolo II, Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis. Circa la vacanza della Sede Apostolica e l’elezione del Romano Pontefice, 22 febbraio 1996, aggiornata secondo le modifiche apportate dal sommo pontefice Benedetto XVI con la Lettera apostolica motu proprio data Normas nonnullas del 22 febbraio 2013.

[27] Ibidem.

[28] UDG, n. 5: «Qualora sorgessero dubbi circa le prescrizioni contenute in questa Costituzione, o circa il modo di attuarle, dispongo formalmente che ogni potere di emettere un giudizio al riguardo spetti al Collegio dei Cardinali, cui pertanto attribuisco la facoltà di interpretarne i punti dubbi o controversi, stabilendo che quando occorra deliberare su queste ed altre simili questioni, eccetto l’atto dell’elezione, sia sufficiente che la maggioranza dei Cardinali congregati convenga sulla stessa opinione».

[29] UDG, n. 33: «Il diritto di eleggere il Romano Pontefice spetta unicamente ai Cardinali di Santa Romana Chiesa, ad eccezione di quelli che, prima del giorno della morte del Sommo Pontefice o del giorno in cui la Sede Apostolica resti vacante, abbiano già compiuto l’80° anno di età. Il numero massimo di Cardinali elettori non deve superare i centoventi. È assolutamente escluso il diritto di elezione attiva da parte di qualsiasi altra dignità ecclesiastica o l’intervento di potestà laica di qualsivoglia grado o ordine».

[30] Secondo i sostenitori dell’obiezione, la sede vacante dichiarata il 21 aprile 2025 andrebbe riferita a un tardivo riconoscimento della morte giuridica di Benedetto XVI, piuttosto che alla morte di Francesco.

[31] Can. 166 – “§1. Il presidente del collegio o del gruppo convochi tutti gli appartenenti al collegio o al gruppo; la convocazione poi, quando deve essere personale, ha valore, se viene fatta nel luogo del domicilio o del quasi-domicilio oppure nel luogo di dimora., §2. Se qualcuno di quelli che devono essere chiamati fu trascurato e perciò è stato assente, l’elezione vale; purtuttavia su istanza del medesimo, una volta provata l’omissione e l’assenza, l’elezione, anche se fu confermata, deve essere rescissa dall’autorità competente, purché consti giuridicamente che il ricorso è stato trasmesso almeno entro tre giorni dalla ricezione della notizia dell’elezione.

, §3. Che se fosse stata trascurata più della terza parte degli elettori, l’elezione è nulla per il diritto stesso, a meno che tutti i non convocati non siano effettivamente intervenuti».

[32] Il Cardinale keniano John Njue, nell’imminenza del Conclave, ha rilasciato un’intervista al quotidiano Daily Nation in cui ha detto di essere stato escluso dal conclave. «Njue ha precisato: “Coloro che si recano lì per l’elezione ricevono solitamente inviti ufficiali e questo non è avvenuto nel mio caso” […] L’arcivescovo di Nairobi Philip Anyolo, in un comunicato trasmesso ai media nazionali e ripreso dallo stesso Daily Nation, ha spiegato che Njue sarebbe eleggibile a partecipare ed è stato ufficialmente invitato tramite la Nunziatura Apostolica in Kenya» (ANSA, 6 maggio 2025). «Njue era finito al centro dell’attenzione insieme al suo confratello burkinabé Philippe Nakellentuba Ouédraogo perché aveva modificato la sua data di nascita: fino all’Annuario pontificio del 2023 risultava essere nato nel 1944, da quello dell’anno successivo invece la data segnata era il 1 gennaio 1946. Uno slittamento che gli avrebbe consentito di partecipare al conclave se non fossero intervenute motivazioni legate alla salute che però lui stesso nega. In effetti nei giorni scorsi Njue era apparso in pubblico per celebrare la messa nella chiesa cattolica di Santa Teresa di Calcutta-Tena ed aveva tenuto anche un’omelia» (Il Tempo, 6 maggio 2025).

[33] Mario Francesco Pompedda, «Commento alla Constitutio Apostolica de Sede Apostolica vacante deque Romani Pontificis electione», in Pio Vito Pinto, ed. Commento alla Pastor Bonus e alle norme sussidiarie della Curia Romana, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2003, pag. 348.

[34] Mario Francesco Pompedda, op. cit., pag. 329.

[35] Mario Francesco Pompedda, op. cit., pag. 334.

[36] Mario Francesco Pompedda, op. cit., pag. 333.

[37] Mario Francesco Pompedda, op. cit., pag. 354.

[38] Can. 17 – «Le leggi ecclesiastiche sono da intendersi secondo il significato proprio delle parole considerato nel testo e nel contesto; che se rimanessero dubbie e oscure, si deve ricorrere ai luoghi paralleli, se ce ne sono, al fine e alle circostanze della legge e all’intendimento del legislatore».

[39] In un mio primo intervento  sul Conclave avevo detto che il canone di riferimento era il 171, §2[39]. Tuttavia, mi sbagliavo. I due canoni (169 e 171) differiscono per il diverso tipo di soggetti che vengono coinvolti. Nel caso del 169 si parla di soggetti non appartenenti al collegio, nel caso del 171 soggetti appartenenti al collegio ma inabili al voto. In assenza di norme esplicite in UDG, applicavo il 171, §2 solo come criterio interpretativo. Invece, nell’ipotesi che i Cardinali di nomina bergogliana non siano veri Cardinali, il canone più corretto da applicare è il 169.

[40] Mario Francesco Pompedda, op. cit., pag. 329.

[41] UDG, nn. 64-70.

[42] Geraldina Boni, «Una proposta di legge, frutto della collaborazione della scienza canonistica, sulla sede romana totalmente impedita e la rinuncia del Papa» in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (https://www.statoechiese.it), fascicolo n. 14 del 2021, pagg. 8-9.

[43] «Come noto, il termine plane è usato in riferimento all’episcopus dioecesanus totalmente impedito nell’esercizio del munus pastorale nel can. 412 del vigente Codex Iuris Canonici per la Chiesa latina, mentre prorsus è usato in riferimento alla sede romana impedita nel can. 335. Si è notato come si debba tenere in considerazione che nel Codice il regime speciale è previsto per la sede romana totalmente, appunto prorsus, impedita: si tratta dell’espressa indicazione, oltre che dell’eccezionalità assoluta della situazione, di un ‘grado’ di impedimento che parrebbe superiore a quello previsto per la sede episcopale. Su altre differenze presenti nel dettato codiciale tra la previsione relativa alla sede episcopale impedita e quella relativa alla sede apostolica impedita cfr. A. Codeluppi, Sede impedita. Studio in particolare riferimento alla Sede Romana, Angelicum University Press, Romae, 2016, p. 144 ss.» (Geraldina Boni, op. cit., pag. 2, nota 2).

[44] n. 1 UDG stabilisce un principio generale sulla limitazione dei poteri del Collegio Cardinalizio durante la Sede vacante. Afferma che il Collegio non ha la potestà piena che spetta al Pontefice regnante: «Durante la vacanza della Sede Apostolica, il Collegio dei Cardinali non ha nessuna potestà o giurisdizione sulle questioni spettanti al Sommo Pontefice, mentre era in vita o nell’esercizio delle funzioni del suo ufficio; tali questioni dovranno essere tutte ed esclusivamente riservate al futuro Pontefice. Dichiaro, pertanto, invalido e nullo qualsiasi atto di potestà o di giurisdizione spettante al Romano Pontefice mentre è in vita od è nell’esercizio delle funzioni del suo ufficio, che il Collegio stesso dei Cardinali giudicasse di esercitare, se non entro i limiti espressamente consentiti in questa Costituzione». n. 4 UDG è ancora più esplicito riguardo all’impossibilità di modificare le leggi pontificie durante la Sede vacante, focalizzandosi in modo particolare sulle norme per l’elezione: «Durante la vacanza della Sede Apostolica, le leggi emanate dai Romani Pontefici in nessun modo possono essere corrette o modificate, né si può aggiungere o detrarre qualche cosa o dispensare sia pure da una parte di esse, soprattutto per quanto riguarda l’ordinamento dell’elezione del Sommo Pontefice. Anzi, se accadesse eventualmente che sia fatto o tentato qualcosa contro questa prescrizione, con la mia suprema autorità lo dichiaro nullo e invalido». n. 5 UDG Attribuisce al Collegio dei Cardinali il potere di interpretare dubbi sulla UDG, ma non di modificarla.

[45] Cfr. n. 76 UDG.

[46] Mario Francesco Pompedda, op. cit., pag. 333.

[47] Mario Francesco Pompedda, op. cit., pag. 344-345.

[48] Ad esempio elenca: otto Cerimonieri, due Religiosi addetti alla Sagrestia Pontificia, due medici per eventuali emergenze, alcuni religiosi di varie lingue per le confessioni, un congruo numero di persone addette ai servizi della mensa e delle pulizie.

[49] Can. 166 – “§1 Il presidente del collegio o del gruppo convochi tutti gli appartenenti al collegio o al gruppo; la convocazione poi, quando deve essere personale, ha valore, se viene fatta nel luogo del domicilio o del quasi-domicilio oppure nel luogo di dimora., §2. Se qualcuno di quelli che devono essere chiamati fu trascurato e perciò è stato assente, l’elezione vale; purtuttavia su istanza del medesimo, una volta provata l’omissione e l’assenza, l’elezione, anche se fu confermata, deve essere rescissa dall’autorità competente, purché consti giuridicamente che il ricorso è stato trasmesso almeno entro tre giorni dalla ricezione della notizia dell’elezione., §3. Che se fosse stata trascurata più della terza parte degli elettori, l’elezione è nulla per il diritto stesso, a meno che tutti i non convocati non siano effettivamente intervenuti».

[50] In questo contesto «falsificabile» significa «del quale è possibile provare la falsità», in analogia col termine «verificabile», che significa la possibilità di provare che qualcosa è vero.

[51] https://www.youtube.com/watch?v=x9mjD4BxzZo&t=580s