Il trigramma di S. Bernardino da Siena
Affinché la sua predicazione non fosse dimenticata facilmente, Bernardino con profondo intuito psicologico, la riassumeva nella devozione al Nome di Gesù e per questo inventò un simbolo dai colori vivaci che veniva posto in tutti i locali pubblici e privati, sostituendo blasoni e stemmi delle famiglie e delle varie corporazioni spesso in lotta tra loro.
Il trigramma del nome di Gesù, divenne un emblema celebre e diffuso in ogni luogo, sulla facciata del Palazzo Pubblico di Siena campeggia enorme e solenne, opera dell’orafo senese Tuccio di Sano e di suo figlio Pietro, ma lo si ritrova in ogni posto dove Bernardino e i suoi discepoli abbiano predicato o soggiornato.
Qualche volta il trigramma figurava sugli stendardi che precedevano Bernardino, quando arrivava in una nuova città per predicare e sulle tavolette di legno che il santo francescano poggiava sull’altare, dove celebrava la Messa prima dell’attesa omelia, e con la tavoletta al termine benediceva i fedeli.
Il trigramma fu disegnato da Bernardino stesso; il simbolo consiste in un sole raggiante in campo azzurro, sopra vi sono le lettere IHS. La sigla IHS (o in alfabeto greco ΙΗΣ) compare per la prima volta nel III secolo fra le abbreviazioni utilizzate nei manoscritti greci del Nuovo Testamento, abbreviazioni chiamate oggi Nomina sacra. Essa indica il nome ΙΗΣΟΥΣ (cioè “Iesous”, Gesù, in lingua greca antica e caratteri maiuscoli).
Alla sigla IHS si sono date anche altre spiegazioni, come l’abbreviazione di “In Hoc Signo (vinces)”, il motto costantiniano, oppure di “Iesus Hominum Salvator”.
Ad ogni elemento del simbolo, Bernardino applicò un significato; il sole centrale è chiara allusione a Cristo che dà la vita come fa il sole, e suggerisce l’idea dell’irradiarsi della Carità.
Il calore del sole è diffuso dai raggi, ed ecco allora i dodici raggi serpeggianti cioè i dodici Apostoli e poi da otto raggi diretti che rappresentano le beatitudini; la fascia che circonda il sole rappresenta la felicità dei beati che non ha termine, il celeste dello sfondo è simbolo della fede; l’oro dell’amore.
Bernardino allungò anche l’asta sinistra dell’H, tagliandola in alto per farne una croce, in alcuni casi la croce è poggiata sulla linea mediana dell’H.
Il significato mistico dei raggi serpeggianti era espresso in una litania: 1° rifugio dei penitenti; 2° vessillo dei combattenti; 3° rimedio degli infermi; 4° conforto dei sofferenti; 5° onore dei credenti; 6° gioia dei predicanti; 7° merito degli operanti; 8° aiuto dei deficienti; 9° sospiro dei meditanti; 10° suffragio degli oranti; 11° gusto dei contemplanti; 12° gloria dei trionfanti.
Tutto il simbolo è circondato da una cerchia esterna con le parole in latino tratte dalla Lettera ai Filippesi di San Paolo: “Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, sia degli esseri celesti, che dei terrestri e degli inferi”.
Il trigramma bernardiniano ebbe un gran successo, diffondendosi in tutta Europa, anche s. Giovanna d’Arco volle ricamarlo sul suo stendardo e più tardi fu adottato anche dai Gesuiti.
Diceva s. Bernardino: “Questa è mia intenzione, di rinnovare e chiarificare il nome di Gesù, come fu nella primitiva Chiesa”, spiegando che, mentre la croce evocava la Passione di Cristo, il suo nome rammentava ogni aspetto della sua vita, la povertà del presepio, la modesta bottega di falegname, la penitenza nel deserto, i miracoli della carità divina, la sofferenza sul Calvario, il trionfo della Resurrezione e dell’Ascensione.
In effetti ribadiva la devozione già presente in san Paolo e durante il Medioevo in alcuni Dottori della Chiesa e in s. Francesco d’Assisi, inoltre tale devozione era praticata in tutto il Senese, pochi decenni prima dai Gesuati, congregazione religiosa fondata nel 1360 dal senese beato Giovanni Colombini, dedita all’assistenza degli infermi e così detti per il loro ripetere frequente del nome di Gesù.
Quindi la novità di s. Bernardino fu di offrire come oggetto di devozione le iniziali del nome di Gesù, attorniato da efficaci simbolismi, secondo il gusto dell’epoca, amante di stemmi, armi, simboli.
L’uso del trigramma, comunque gli procurò accuse di eresie e idolatria, specie dagli Agostiniani e Domenicani, e Bernardino da Siena subì ben tre processi, nel 1426, 1431, e 1438, dove il francescano poté dimostrare la sua limpida ortodossia, venendo ogni volta assolto con il favore speciale di papa Eugenio IV, che lo definì “il più illustre predicatore e il più irreprensibile maestro, fra tutti quelli che al presente evangelizzano i popoli in Italia e fuori”.
La “freccia d’oro” – Rivelata da Gesù alla serva di Dio Suor Marie de Saint-Pierre, carmelitana di Tours (1816-1848)
Dagli scritti della Suor Marie de Saint-Pierre:
“Ecco la formula di lode che nostro Signore, malgrado la mia grande indegnità, mi dettò per la riparazione delle bestemmie, contro il Suo Santissimo Nome.
Lui me l’ha data come una freccia d’oro assicurandomi che ogni volta che io la dirò, io ferirò il Suo Cuore di una ferita d’amore.”
“Nostro Signore avendomi consegnato questa freccia d’oro aggiunse: “Fate attenzione a questo favore perché ve ne chiederò conto”.”
La freccia d’oro di Gesù:
Sempre sia Lodato, Benedetto, Amato, Adorato, Glorificato, il Santissimo, l’Adoratissimo eppure Incomprensibile NOME DI DIO, in terra o negli inferi, da tutte le creature uscite dalle Mani di Dio.
Per il Sacro Cuore, il nostro Signore Gesù Cristo, nel Santissimo Sacramento dell’Altare. Amen”
“Lui mi ha fatto capire quanto questo peccato tremendo della bestemmia feriva dolorosamente e più di tutti gli altri il Suo Cuore divino.
Attraverso la bestemmia, il peccatore Lo maledice in faccia, Lo attacca apertamente, distrugge la redenzione e pronuncia lui stesso la sua condanna e il suo giudizio.
La bestemmia è una freccia avvelenata che in continuazione ferisce il Suo Cuore. Lui mi dice di volermi dare una freccia d’oro per ferirLo in modo delizioso e cicatrizzare le ferite (offese) di malizia (malvagità) che gli fanno i peccatori.”
Le parole dei Santi circa il gravissimo peccato di bestemmia
La bestemmia attira la maledizione di Dio sulla tua casa ed è la via più sicura per andare all’inferno.”
(S. Pio da Pietrelcina, Epistolario)
Per la bestemmia vengono sulla Terra le guerre, le carestie, i terremoti, le pestilenze. Il bestemmiatore attira il castigo di Dio su se stesso, sulla sua famiglia e sulla società: Dio, per la bestemmia, spesso punisce gli uomini in generale, ma a volte punisce anche il singolo in particolare. Pur se nel corso della vita ci sono dei bestemmiatori che non vengono puniti dalla giustizia di Dio, alla fine della vita nessuno sfuggirà alla sua sentenza.”
(S. Giovanni Crisostomo, Annali)
Qualunque altro peccato è leggero in confronto della bestemmia.”
(S. Girolamo)
1. Se confrontiamo l’omicidio e la bestemmia secondo i loro oggetti, è chiaro che la bestemmia, offendendo direttamente Dio, è più grave dell’omicidio, che è un peccato contro il prossimo. Invece in rapporto al danno che arrecano, è più grave l’omicidio: infatti è più dannoso al prossimo l’omicidio, di quanto non sia dannosa a Dio la bestemmia. Ma nel considerare la gravità della colpa si deve badare più all’intenzione della volontà perversa, che agli effetti dell’atto che viene compiuto, come sopra abbiamo detto. Perciò assolutamente parlando chi bestemmia pecca più gravemente di chi uccide, poiché intende menomare l’onore di Dio. Tuttavia l’omicidio è il primo tra i peccati contro il prossimo.”
(S. Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, IIª-IIae q. 13 a. 3)
Nei suoi confronti [del secondo Comandamento] purtroppo si registra spesso un atteggiamento di leggerezza, sconfinante talvolta nell’aperto disprezzo: dalla bestemmia, a spettacoli dissacranti, dallo scherno a pubblicazioni altamente offensive del sentimento religioso.”
(S. Giovanni Paolo II, Angelus del 21 marzo 1993 sul secondo comandamento)
Ascolta un’omelia su questo argomento
Domenica 3 gennaio 2016, II domenica dopo Natale e Festa del Santissimo Nome di Gesù
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD