Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: Sacrosanctum Concilium – Capitolo I, § 10: “la liturgia culmine e fonte”
Giovedì 10 ottobre 2024
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Lc 11, 5-13)
In quel tempo, Gesù disse ai discepoli:
«Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a giovedì 10 ottobre 2024.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dall’undicesimo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 5-13.
Continuiamo la nostra lettura della Sacrosanctum Concilium, siamo arrivati al numero dieci.
10. Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia. Il lavoro apostolico, infatti, è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore. A sua volta, la liturgia spinge i fedeli, nutriti dei «sacramenti pasquali», a vivere «in perfetta unione»; prega affinché «esprimano nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede»; la rinnovazione poi dell’alleanza di Dio con gli uomini nell’eucaristia introduce i fedeli nella pressante carità di Cristo e li infiamma con essa. Dalla liturgia, dunque, e particolarmente dall’eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene con la massima efficacia quella santificazione degli uomini nel Cristo e quella glorificazione di Dio, alla quale tendono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa.
Vediamo bene cosa ci dice il testo. La liturgia è il culmine, da una parte, e la fonte, dall’altra, di tutta l’azione della Chiesa; culmine verso cui la Chiesa tende, fonte dalla quale la Chiesa riceve tutta la sua energia. Quindi capite l’importanza della liturgia.
Il lavoro apostolico che compito ha? Il documento ci dice che è ordinato affinché tutti, nessuno escluso, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, «si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore».
Noi diventiamo figli di Dio mediante il battesimo; è il battesimo che ci rende figli di Dio (non dimentichiamolo mai!). E “mediante la fede”, certo, perché voi capite che, se io non credo, crolla tutto l’impianto, quindi è necessaria la fede. Infatti, quando facciamo il battesimo dei bimbi, è la fede dei genitori quella sulla quale ci si appoggia, è la fede dei padrini e delle madrine che diventa proprio questa roccia fondamentale sulla quale ci si va a poggiare. Ed è importante che ci sia, perché questo sacramento, che ci rende figli di Dio — dice il Concilio — poi chiede che questa fede venga curata, accresciuta, nutrita, purificata, eccetera eccetera. Quindi è molto importante che il padrino del battesimo faccia veramente il padrino; cioè, aiuti, collabori con i genitori per la crescita nella fede di questo bambino o di questa bambina, è fondamentale.
Il battesimo, così come la cresima, così come il giorno della prima comunione, non è il giorno del mega pranzo nel mega castello, dove si fa di tutto di più di ciò che non si dovrebbe fare e che va a infangare la bellezza, la purezza e il significato dei sacramenti che abbiamo appena ricevuto. Spesse volte, questi pranzi, diventano più importanti della celebrazione stessa, perché tu puoi non andare alla Messa, puoi non andare a partecipare al sacramento e non c’è neanche bisogno che ti giustifichi troppo; basta che uno dica: no, io alla Messa non ci vengo, perché c’ho le mie ragioni — perché non ci credo, perché qui, perché là, perché su — e va bene, non fa una grinza nessuno sul fatto che tu dica: no, io alla Messa non vengo, io alla celebrazione non vengo, io al battesimo non vengo, io alla funzione in chiesa non vengo; nessuno dice una parola, guai! “Eh … la mia libertà!” Ma se tu fai il contrario e dici: no, io vengo alla Messa, vengo alla celebrazione in chiesa, vengo al sacramento, ma non vengo al pranzo… ahaaa, caro mio, si salvi chi può. Qui si scatenano faide familiari terrificanti! “E perché non vieni; come mai non vieni; cosa ti abbiamo fatto di male; no, ma tu devi venire, è importantissimo”.
Ma, scusa un momento, ci troviamo per celebrare il sacramento o per “magnà e beve?” Cosa andiamo a fare? Fammi capire bene. Qual è il centro? Il centro è andare tutti insieme a partecipare in chiesa alla liturgia, dove verrà amministrato il battesimo — la comunione, la cresima — oppure è che c’è la liturgia della sagra dopo? Perché anche quella è una liturgia, non sacra, ovviamente.
Ecco, questo mondo non permette uguaglianza, c’è discriminazione. Quindi, se il fedele dice: io, per le mie ragioni, non voglio venire dopo (uno può avere mille ragioni per cui non vuole andare), non va bene, gli altri poi se la prendono e se la legano al dito; guai. Il contrario sì, però; quindi abbiamo quelle cose, veramente tristissime, dove c’è il bambino, o ragazzo, che riceve il sacramento, oppure anche gli sposi (lì è peggio ancora) e una parte di amici, di persone e conoscenti in chiesa, l’altra parte fuori che fuma le sigarette. Poi dicono: “No, sai, io sono allergico al fumo delle candele”; queste sono frasi anni ‘80, che uno quando le sente dice: no, ti prego, queste no, eh! Questa no, perché sa proprio di stantio. Questa frase anni ‘80 la possiamo anche cancellare, cambiare.
Ma, in realtà, il centro è la celebrazione, non il resto. Ma se uno dice no al resto, si strappano i capelli. Ci sono le mamme che vanno in depressione, le nonne che sembra che gli è caduto il mondo addosso, e allora ti dicono: “Tu sei divisivo, tu rompi la famiglia”; Eh, calma! Oh, cielo! Non facciamo tragedie! Se non fossi venuto in chiesa e non fossi venuto a Messa, sarebbe andato bene; perché non vengo a “magnà e beve”, invece, cade il mondo? Calma, calma, non facciamo diventare dei dogmi ciò che dogma non è! Siamo tanto allergici ai dogmi e poi diventa tutto un dogma, tutto ciò che non deve esserlo?
Quindi:
… tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo …
E la fede è fondamentale. È per questo che un padrino, una madrina, un papà e la mamma, in teoria e in pratica, dovrebbero essere persone di fede. Per cui, capite, il momento del rinfresco post celebrazione ci sta, ma dovrebbe essere un momento molto sobrio. Il matrimonio è un discorso a parte, ma ci sono dei battesimi, delle comunioni, che sembrano dei piccoli matrimoni! Durano pomeriggi interi, pranzi infiniti, dove veramente poi si scade anche nella volgarità, si scade in quel parlare brutto. E invece, dovrebbe essere tutto conservato dentro a una grande bellezza, innocenza, essenzialità. Perché il centro è il sacramento, non è la festa dopo! C’è una priorità, e questa priorità va sottolineata.
Sono proprio cose storte, che, se uno ci pensa dice: mah, che stranezze! Uno per mangiare a casa sua, un primo, un secondo, un contorno, la frutta e al massimo il dolce, quanto ci impiega? Mezz’ora? Quanto impiegate voi a cenare, a pranzare? Mezz’ora? Un’ora? — non lo so, noi siamo lenti come tartarughe! — Mettiamo un’ora; e cosa devo fare, in sette ore di pranzo? Cosa devo mangiare, una balena? Cosa mangio? Tre primi, quattro secondi, cinque contorni, otto dolci.
Avete mai visto uno stomaco? Lo stomaco è una sacca; quanto cibo ci posso mettere dentro, in una sacca? Anche se lo spingi dentro coi piedi, arrivo a un certo punto che o divento un’oca da paté, mi inchiodate i piedi al pavimento e col tubo mi infilate dentro il mangiare… Ma in sette ore… voi vi immaginate a mangiare: tre primi, quattro secondi, cinque contorni? Dove li metti? Umanamente, dove li metti? “Ah, no vabbè, ma poi passiamo al sorbetto!”. Eh, ho capito, mica mi posso mangiare un bidone di sorbetto! Devo digerire! Lo stomaco ha dei tempi tecnici, non posso buttare dentro il Niagara e tutto il cibo si scioglie! C’è un tempo tecnico per la digestione. Ma tu ti immagini a fare andare lo stomaco per otto ore ininterrottamente? Ma è da impazzire! Uno arriva a casa e dice: vabbè, adesso non mangio più per un mese!
E questo, cosa c’entra con la festa? Voi provate proprio a ragionare sul senso delle cose. Non c’entra niente, niente! Perché la festa è un’altra cosa, è tutta un’altra cosa: è lo stare insieme, è il godere della presenza dell’altro. Non prevede spese di soldi incredibili e dodici portate di cibo; non è questo. Che poi, tra l’altro, molto cibo si butta, perché poi, ovviamente, la gente non ce la fa. E poi, peraltro, sono tutti a dieta! Questa è una cosa interessante: questi medesimi che poi vanno a ordinare quattro primi, cinque secondi, otto contorni, dodici dolci, spumante e champagne, sono le stesse persone che però sono a dieta.
Quindi al pranzo ci sono quelli a dieta fissa, vanno e mangiano la carotina, l’insalatina, il sedanino e ci si chiede: perché è venuto a questo pranzo di dodici ore? Gli altri, invece, ragionano nella logica del “no vabbè, ma tanto è un’eccezione”. Quindi, tu stai il resto del tempo a mangiarti il grissino, e lo stomaco diventa piccolo, piccolo — perché sapete che lo stomaco si rimpicciolisce — poi arriva quel giorno… cibo dentro come un treno! Poi sto male. Eh, certo! Ma vi rendete conto di quanta follia c’è in tutto questo? Rendiamoci conto: è veramente una follia.
Quindi:
…tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea…
quindi speriamo che da lì in poi vadano a Messa, ci auguriamo che vadano alla Messa costantemente.
… lodino Dio nella Chiesa…
Speriamo che lodino Dio nella Chiesa!
… prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore.
Ecco, appunto: la Santa Messa.
Quindi, questi bambini dovrebbero crescere in case dove il papà e la mamma vanno alla Messa insieme alla loro famiglia. Non con genitori che dicono: “Vai a Messa” — “E tu?” — “No, io no perché sono grande”. Quindi il ragionamento che poi uno si fa — perché poi si va per logica — è: alla Messa si va finché si è piccoli, quando divento grande alla Messa non ci vado più. La Messa è roba per bambini, la Messa appartiene al regno dell’infanzia, da cui voglio uscire il prima possibile. Perché poi, quando sono adulto, come il mio papà, la domenica dormo, perdo il tempo, guardo la partita e muoio sul divano.
Perché poi, la domenica, diventa questa cosa qui; proprio, una cosa brutta. E dovrebbe essere il giorno del Signore…
Ma sono tanti i bambini che vanno a Messa da soli; o bambini che dicono: “Io vorrei venire alla Messa, ma il mio papà e la mia mamma non mi portano. E non ho nessuno che mi porta”. Eh… e tu cosa rispondi? Oppure genitori che portano i bambini in ritardo, al Vangelo, dicendo: “Ah, perché sa, abbiamo avuto tante cose da fare stamattina!”, ma è domenica! Durante la settimana c’è da lavorare, ma la domenica perché? “No, perché dovevo scendere il cane”; ma come dovevo scendere il cane, ma cosa vuol dire? E allora? Allora scendilo prima, scendilo direttamente dalla finestra, così facciamo anche prima! Vabbè, adesso arriveranno gli animalisti….
Va bene, comunque questo è per rendere l’idea. Perché, sapete, ho visto delle scene — forse ve l’ho già detto — che mi hanno impressionato in un modo pazzesco. Una mamma, carrozzina e bambino: bambino legato — che per me è una roba inguardabile; anche questo pensavo fosse anni ‘80, invece c’è ancora adesso — con una sorta di quello che io chiamo “guinzaglio” (poi non so com’è che si chiami nella neolingua) questa roba brutta, questa sorta di guinzaglio colorato legato ad una pettorina che mettono al bambino, che così corre con le braccia che sembra un ragno, poverino, perché è lì che si muove nel vuoto. Un bambino, che per antonomasia deve essere libero, è chiuso dentro questa gabbia, che gli ingabbia tutto il torace perché gli mettono la pettorina con il guinzaglio lungo tenuto dalla mamma…
Allora, io passo e vedo questo bambino al “guinzaglio” — poi se sapete come si chiama, me lo mettete nei commenti — bello, rosso, molto carino; e il bambino, come al solito, con le braccia “così”, che si muove da tutte le parti e un po’ frigna, un po’ urla perché, poverino, vuole essere libero (e ha ragione). Quindi, io passo e vedo il bambino al guinzaglio e il passeggino, e penso tra me: chissà, deve avere un fratellino piccolo nel passeggino. Un passeggino bello, una sorta di culla, protetto, con la copertura in alto blu, un po’ vellutata, e all’interno tutto bianco in cotone, in raso. E siccome mi sono incuriosito, sono passato vicino e ho visto che c’era dentro il cane. C’era il cane, nel passeggino! Io ho detto: no, non è possibile. Il cane nel passeggino, con la copertina, e il bambino al guinzaglio! No, no, no, no, no.
No, scusatemi, io queste cose… proprio non ce la faccio. Perdonatemi, ma io non ce la faccio. Non lo so, abiterò in un altro pianeta, anzi in un’altra galassia, ma io queste cose proprio non ce la faccio. Voglio bene agli animali, ho avuto un cane per diciassette anni, al quale ho voluto un grandissimo bene e l’ho trattata benissimo; però un cane è un cane, un bambino è un bambino, e nel passeggino ci sta il bambino, non il contrario. Il bambino al guinzaglio, il cane nel passeggino con la copertina, il velluto e le cose di raso; no! Perché poi, da queste cose, nasce tutto il resto. Se cominciamo a invertire i soggetti e gli oggetti, è finita! Se invertiamo i soggetti e i complementi oggetti, è finita.
A sua volta, la liturgia spinge i fedeli, nutriti dei «sacramenti pasquali», a vivere «in perfetta unione» …
Ecco, speriamo che si viva in perfetta unione, soprattutto, anche tra di noi. Che non ci siano queste rivalse: parrocchiani contro preti; preti contro confratelli; preti che parlano male dei preti; vescovi che parlano male dei vescovi; quelli del coro che parlano male di quelli che leggono; quelli che leggono che parlano male di quelli che raccolgono le offerte; quelli che raccolgono le offerte che parlano male di quelli della Caritas. Dov’è questa perfetta unione? Non so…
Poi c’è anche questa abitudine di usare i social per parlar male di Tizio e di Caio, ma che brutto! Fare il nome e il cognome della persona di cui si parla male… Magari uno ha anche ragione, ma dire il nome e il cognome… Mah, secondo me, non serve. Se proprio si deve dire perché c’è motivo di scandalo, uno dice la res, non serve il nome e cognome. Uno dice: “C’è questa cosa che è successa; questa cosa mi ha dato motivo di riflettere su questa questione, l’ho approfondita, l’ho studiata, questa è la mia risposta”. Poi, se quello parla male, vabbè, ma la spazzatura se la tenga addosso lui, perché la devo prendere io? Perché mi devo riempire della spazzatura dell’altro, dell’odio dell’altro, del rancore, della frustrazione, dell’incapacità del poverino (perché uno che fa queste cose è un poverino) ed entrare nello stesso meccanismo? Ma stiamo lontani da queste cose. E poi, è come se i social diventano il confessionale o il pulpito sul quale e dal quale si decidono le sorti dell’umanità; ma un social è un social! Una meditazione è una meditazione, un’omelia è un’omelia, una riflessione è una riflessione, una conferenza è una conferenza, non è un tribunale. Non tutto deve essere discusso sui social e non tutti hanno diritto di sapere tutto. Ma stiamo scherzando? Ci sono cose che sono personali, ci sono cose che riguardano, a tu per tu, due persone, ci sono cose che sono riservate, ci sono cose sulle quali non è giusto entrare e devono rimanere riservate. Ma cos’è questa curiosità morbosa? Non siamo mica al Grande Fratello! Per l’amor del cielo!
“Lei deve spiegare…”, no, io non devo spiegare, io non devo nulla. Io devo a Gesù Cristo, alla legge della Chiesa e alla legge dello Stato, punto, fine, non alla legge scritta nei social o alla legge di non so chi. Questo deve essere chiaro; attenzione a non entrare in certi meccanismi che impongono dei doveri che non sono scritti da nessuna parte.
E poi molto bella questa espressione:
la rinnovazione poi dell’alleanza di Dio con gli uomini nell’eucaristia introduce i fedeli nella pressante carità di Cristo e li infiamma con essa.
Quindi noi con la Messa — l’abbiamo già visto tante volte — siamo infiammati dall’Eucarestia e siamo introdotti nella pressante carità di Cristo. Sì, perché, dice S. Paolo: “Caritas Christi Urget Nos!”, la carità di Cristo urge, pressa dentro di noi (dovrebbe).
Poi:
particolarmente dall’eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, — la grazia la riceviamo dall’eucarestia — e si ottiene con la massima efficacia quella santificazione degli uomini.
Vedete come è importante la santità? Lo dice il Concilio! Grazia e santità: ecco il cammino di perfezione. Siamo chiamati alla santità. E questa santità e la glorificazione di Dio sono il fine a cui tendono tutte le altre attività della Chiesa. Quindi tutte le attività della Chiesa devono tendere alla santità e alla glorificazione di Dio, se non tendono alla santità e alla glorificazione di Dio, non sono della Chiesa, non sono cristiane, cattoliche. Non sono utili!
Quindi noi dovremmo fare proprio un check e dire: questa attività, che “si dice” della Chiesa, come faccio a sapere se è della Chiesa? Punto uno: tende alla mia santità e alla santità di tutti noi? Punto due: tende alla glorificazione di Dio? Se la risposta è sì, allora va bene, se è no, non è un’attività ecclesiale, non viene assolutamente da Dio, non viene dall’Eucaristia, quindi basta, non interessa, fine, uno lascia perdere.
Perché, sapete, potrebbero magari tendere ad altro; invece che alla santità e alla glorificazione di Dio, potrebbero tendere al nostro interesse, potrebbero tendere a tante cose che non c’entrano niente. Quindi attenzione!
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.