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Il re Davide e l’accecamento della coscienza – La lussuria e l’omicidio

Il re Davide consegna la lettera a Uria l'Ittita

Omelia

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di venerdì 29 gennaio 2016.

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

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Testo della meditazione

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Il re Davide e l’accecamento della coscienza – La lussuria e l’omicidio

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

Nella prima lettura, tratta dal capitolo 11 del II Libro di Samuele, che è un libro dell’Antico Testamento, molto bello, è narrata la disgrazia terribile, compiuta da Davide, il grande Re Davide, il santo Re Davide, che di santo in questo momento non ha proprio niente, anzi.

Che cosa combina il grande Davide, colui che ha ricevuto da Dio i più grandi benefici, i più grandi doni, colui che è stato unto Re al posto di Saul, colui che ha vinto Golia, colui che distruggeva i Filistei, che liberava Israele, insomma, che portava a casa vittorie su vittorie, l’uomo che ha vinto contro l’orso, l’uomo che ha vinto contro il leone, un grandissimo giovane, un grandissimo uomo, che ha saputo vivere con pienezza, con dedizione, la sua appartenenza a Dio? Cosa succede?

Succede che viene accecato dalla lussuria.

Non c’è amore, uno non è che si innamora di una donna, perché si alza dal letto, fa due passi, guarda fuori dalla finestra e vede una bella donna…questo non è amore!

Non è che uno dice: «Mi sono innamorato», no, non ci si innamora così!

Questa è lussuria pura, questa è pura impurità, semplicemente è pulsione, pulsione animalesca, che tutti portiamo dentro, tutti la sentiamo, chi più e chi meno.

La lussuria è un vizio capitale terribile, perché, in un modo o nell’altro, ci prende dentro, ci prende dentro tutti, e ha preso il grande Re Davide.

Non dimentichiamo che fu poi il grandissimo peccato anche di suo figlio Salomone, il grande e saggio Salomone, colui che costruirà il tempio di Gerusalemme, che aveva un discernimento, che non ebbe nessuno prima di lui e nessuno dopo di lui, che ottenne la grazia della sapienza da Dio. Lui, a causa delle donne (non perché le donne fossero colpevoli, ma perché lui era lussurioso), a causa della lussuria, uguale a suo padre, introduce gli idoli degli stranieri nel popolo di Israele. Questo è il gravissimo peccato di Salomone, che comporta la distruzione del tempio.

Allora, la prima osservazione che viene da fare è questa: nessuno è al riparo e si senta al riparo da questo vizio tremendo della lussuria, nessuno!

Nessuno, per quanto bravo, santo e saggio possa essere, è al riparo da questo demonio della lussuria, perché è veramente un demonio che prende e possiede, che veramente stravolge la testa.

Se voi rileggerete il passo, a casa vostra, di questo II Libro di Samuele, capitolo 11, vedrete veramente l’abominio compiuto da Davide. Davide ha compiuto non un abominio, non un peccato mortale, ma più peccati gravissimi.

Il primo, il peccato di adulterio: Betsabea era moglie di Urìa, l’Ittita, lei era già sposata, il marito era in guerra su incarico del Re Davide, per difendere gli interessi del Re, non era a ballare, non era a giocare, non era in vacanza, era in guerra e combatteva per difendere Israele, combatteva sotto il dominio del Re Davide.

A lui non interessa, se è moglie di Tizio o moglie di Caio, dice: «Io mi sono alzato, l’ho vista, mi piace, la faccio chiamare. Qual è il problema? C’è un matrimonio di mezzo? Vabbè…sono dettagli. Ci piacciamo, ci sentiamo, andiamo avanti…», ma l’adulterio non è un dettaglio.

L’adulterio è un peccato gravissimo contro il Sesto Comandamento, l’adulterio è quel peccato per il quale San Giovanni Battista ha perso la testa, perché ha ripetuto fino alla nausea ad Erode che quella donna, Erodiade, non era la sua legittima sposa, perché era la moglie di suo fratello Filippo.

Ha perso la testa per questa cosa, quindi non è un dettaglio!

Invece per noi, oggi, l’adulterio, andare con una persona già sposata, è una cosa di tutti i giorni, va benissimo, anzi, abbiamo addirittura l’assurda pretesa di pensare di ricevere la Comunione, incredibile!

Dentro un peccato siffatto, pensiamo pure di dire: «Dobbiamo trovare il modo anche di ricevere l’Eucarestia», ma siamo impazziti?!

Proviamo a ragionare: il Sesto Comandamento l’abbiamo annullato?!

Persone sono morte per la fedeltà, e arriviamo noi, belli, belli, a cambiare la regola!

Se c’è un Comandamento, questo Comandamento ha il suo senso, e va rispettato e bisogna ubbidire ai Comandamenti di Dio!

«Ma io come faccio? Ma io di qui, ma io di là…»

Cambi! Ti converti!

Abbandoni il tuo male, per darti alla verità di Dio!

Primo questo, ma siccome il peccato non va mai da solo ma va sempre in coppia, al peccato di lussuria si unisce il peccato di omicidio, nel modo più bieco possibile…pazzesco!

Urìa l’Ittita, era un servo fedelissimo di Davide, era uno dei suoi migliori amici, ma ci rendiamo conto?

Non so se avete fatto attenzione, magari eravamo un po’ distratti, non so se avete fatto bene attenzione a quello che abbiamo letto: lui non va a dormire a casa sua, ma dorme fuori dalla reggia come un cane, per terra, perché dice: «Non è giusto che i miei compagni, che sono in guerra, non hanno niente, hanno solo il cielo come copertura, mentre io vado a dormire accanto a mia moglie nella mia casa, non è giusto. Rimango anche io, anche se siamo lontani, anche se sono venuto qua alla reggia del Re, rimango qua fuori dalla reggia, come i miei compagni soldati, che dormono sotto il cielo».

Quello lo fa ubriacare…

Qual era il progetto diabolico di Davide?

Lei era rimasta incinta e, siccome a quel tempo non c’era l’esame del DNA, ha pensato: «Lei è rimasta incinta, io lo faccio tornare dalla guerra, lo mando a casa, lo faccio stare a casa con sua moglie, qualcosa succederà di sicuro, quindi, quando nascerà il bambino, non sarà mio, ma suo, perché è venuto a casa…»

Questo è il progetto diabolico di Davide!

Ma il progetto diabolico di Davide si scontra contro lo scoglio della onestà interiore, della rettitudine interiore, di Urìa l’Ittita, il quale, ignaro di tutto, dice: «No, io questa cosa non la posso fare, non posso andare a casa, perché i miei compagni, così e cosi…»

Allora lo fa ubriacare addirittura, perché dice: «Così, questo, ebbro, fuori di testa, sicuramente adesso mollerà la sua onestà e andrà a casa…»

No, neanche ubriaco perde la sua rettitudine, anche da ubriaco, rimane lì!

Quando uno è retto dentro, guardate, è retto sempre!

Sono delle grandi storie false che noi ci raccontiamo, che ci diciamo: «Ah…ma io ho bestemmiato perché ero arrabbiato… Ah…ma io ho fatto questo perché ero ubriaco, ero fuori di me, non ero veramente cosciente…»

La verità è che ognuno di noi è quello che è nel suo cuore!

Ubriaco o non ubriaco, se tu sei retto, retto sei e retto resti; se tu sei disonesto, disonesto sei e disonesto resti. Questa è la verità!

Urìa, nonostante fosse ubriaco, è rimasto fedele alla sua rettitudine, è rimasto fedele alla sua fedeltà al Re, è rimasto fedele alla sua fedeltà ai compagni, e ha rinunciato al piacere, agli agi, al calore della casa, a farsi un bagno, a lavarsi, pur di non venir meno a questo.

Il Re Davide, che retto non era per niente, perché oramai era ubriaco di lussuria, cosa fa?

Dà in mano a lui la lettera del suo omicidio, pazzesco!

Guardate uno fino a dove può arrivare!

Gli scrive la lettera della sua condanna a morte e la dà in mano al suo amico, e gli dice: «Vai a consegnare questa lettera chiusa a Ioab», dove c’era scritta la sua condanna a morte. Quello, terza volta ancora più retto, mica la apre per curiosità, per vedere cosa c’è scritto, no, innocente come un agnello, va e la consegna, e consegna la sua condanna a morte, e viene ammazzato.

Poi vedrete come va a finire questa storia orrenda e tristissima, finisce nel modo peggiore possibile.

Questo ci fa dire che, tutti noi, qui presenti, siamo capaci di questo e molto di più!

Non è che noi leggiamo questa storia e diciamo: «Oh…che snaturato Davide, io no!»

No, no, noi siamo capaci di questo e di molto peggio!

Nel momento in cui si abbandona Dio, siamo capaci di questo e di molto peggio!

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori scrive che, su 100 anime dannate, 99 sono all’Inferno per i peccati di impurità, e quell’una, è all’inferno non senza averli commessi.

La Madonna a Fatima, nella prima apparizione che fece, quando consegnò il primo segreto e fece vedere l’Inferno ai ragazzi, Lei disse che quelle anime erano dannate a causa dei peccati della carne, ma oggi non si parla più di queste cose.

Oggi è tutto lecito, la televisione ci fa vedere qualunque porcata e noi la guardiamo, perché diciamo: “Omnia munda mundis”, tutto è puro per chi è puro.

Peccato che, uno che è puro, quelle schifezze non le guarda!

E neanche vegliamo su quello che guardano i nostri ragazzi, perché li sbattiamo davanti alla televisione, accendiamo, e avanti…qualunque cosa va bene, senza porci minimamente la questione!

«Sì, vabbè, ho visto qualche scena, però vabbè…»

Come “vabbè”? Cosa vuol dire “vabbè”?

Se adesso io prendo un barattolo così di inchiostro e in mezzo all’assemblea ve lo lancio in faccia, e vi macchio le vostre pellicce, i vostri bei cappotti, i vostri bei capelli, tutti dorati, stupendi, voi cosa mi dite?

E io vi dico: «Oh…vabbè, per un po’ di inchiostro? Che problema c’è?»

Se a Natale io fossi sceso, con tutte queste belle signore cotonate e impellicciate, col mio barattolo di inchiostro, avessi preso l’inchiostro e lo avessi lanciato sopra i loro visoni e i loro ermellini?

Avrei detto: «Cosa c’è? Per un po’ di inchiostro? Oh…quante scene! Vai a casa e ti lavi».

La stessa cosa è per la nostra anima, molto di più, col peccato…e noi diciamo: «Cosa c’è?»

Come cosa c’è?!

La tua anima è immortale!

È costata il Sangue di Cristo!

Come cosa c’è?!

Tu la sporchi così, la imbratti così, visto che poi ti confessi una volta all’anno, quando va bene?

Dobbiamo stare molto attenti a queste cose, perché, vedete, le letture bibliche che noi ascoltiamo, che noi leggiamo, non sono poste a caso, sono degli ammonimenti, degli avvertimenti che Dio, lungo la nostra vita, ci dà.

Non è un caso che oggi io sia qui a celebrare la Messa e non è un caso che oggi voi siate qui ad ascoltare questa Messa, non è un caso, niente di tutto quello che accade è un caso, ma è frutto della Provvidenza di Dio.

È frutto della Provvidenza di Dio che abbiamo letto questa prima lettura e che io mi sono concentrato a fare l’omelia su questo.

Perché l’ho fatto?

Non lo so, lo sa Dio, è venuta così…ma certamente questo frutto della Provvidenza è per tutti noi, per avvisarci e per dirci: «Attento alla tua rettitudine, alla qualità della tua coscienza, fai in modo che questa coscienza sia sempre netta e pia».

Non so se lo ricordate, l’avrete studiato a scuola, io l’ho imparato a memoria perché mi piace tanto questo bellissimo passo di Dante, che dice: “O dignitosa coscienza, netta e pia, quanto ti è amaro morso ogni picciol fallo!”

O dignitosa coscienza, netta, pulita, e pia, devota, quanto ti è amaro morso, cioè quanto ti è dolore atroce, ogni picciol fallo, ogni piccola cosuccia, che non è scrupolo questa cosa, ma è delicatezza di coscienza…è un’altra cosa.

Purtroppo, dobbiamo chiederci se la nostra coscienza è netta e pia, e se noi non avvertiamo il morso amaro per il picciol fallo, è perché la nostra coscienza non è più né netta né pia, perché, se fosse netta e pia, veramente sentiremmo il morso amaro di tutte le volte che noi diciamo anche il più piccolo no a Dio.

La Misericordia di Dio si esercita così, dentro a questa realtà di coscienza, di coscienza profonda di sé, del proprio peccato, del proprio no e della propria richiesta di perdono.

Che il Prezioso Sangue di Gesù, di cui oggi facciamo la Messa votiva, ci scuota e ci faccia dire: «Quid venisti?», come dice Gesù a Giuda.

Mentre adesso celebriamo la Messa, sentiamo questa domanda: «Quid venisti? Enrico, Luigi, Giorgio Maria… Quid venisti?»

Perché sei venuto qui?

Per amarmi o per tradirmi?

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!

 

 

 

Letture del giorno

Venerdì della III settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Prima lettura

2Sam 11,1-4.5-10.13-17 – Mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Urìa l’Ittita.

All’inizio dell’anno successivo, al tempo in cui i re sono soliti andare in guerra, Davide mandò Ioab con i suoi servitori e con tutto Israele a compiere devastazioni contro gli Ammoniti; posero l’assedio a Rabbà, mentre Davide rimaneva a Gerusalemme.
Un tardo pomeriggio Davide, alzatosi dal letto, si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. Dalla terrazza vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella d’aspetto. Davide mandò a informarsi sulla donna. Gli fu detto: «È Betsabea, figlia di Eliàm, moglie di Urìa l’Ittita». Allora Davide mandò messaggeri a prenderla.
La donna concepì e mandò ad annunciare a Davide: «Sono incinta». Allora Davide mandò a dire a Ioab: «Mandami Urìa l’Ittita». Ioab mandò Urìa da Davide. Arrivato Urìa, Davide gli chiese come stessero Ioab e la truppa e come andasse la guerra. Poi Davide disse a Urìa: «Scendi a casa tua e làvati i piedi». Urìa uscì dalla reggia e gli fu mandata dietro una porzione delle vivande del re. Ma Urìa dormì alla porta della reggia con tutti i servi del suo signore e non scese a casa sua. La cosa fu riferita a Davide: «Urìa non è sceso a casa sua».
Davide lo invitò a mangiare e a bere con sé e lo fece ubriacare; la sera Urìa uscì per andarsene a dormire sul suo giaciglio con i servi del suo signore e non scese a casa sua.
La mattina dopo Davide scrisse una lettera a Ioab e gliela mandò per mano di Urìa. Nella lettera aveva scritto così: «Ponete Urìa sul fronte della battaglia più dura; poi ritiratevi da lui perché resti colpito e muoia». Allora Ioab, che assediava la città, pose Urìa nel luogo dove sapeva che c’erano uomini valorosi. Gli uomini della città fecero una sortita e attaccarono Ioab; caddero parecchi della truppa e dei servi di Davide e perì anche Urìa l’Ittita.

Salmo responsoriale

Sal 50

Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto.

Così sei giusto nella tua sentenza,
sei retto nel tuo giudizio.
Ecco, nella colpa io sono nato,
nel peccato mi ha concepito mia madre.

Fammi sentire gioia e letizia:
esulteranno le ossa che hai spezzato.
Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe.

Canto al Vangelo

Mt 11,25

Alleluia, alleluia.
Ti rendo lode, Padre,
Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.
Alleluia.

Vangelo

Mc 4,26-34 – L’uomo getta il seme e dorme; il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa.

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

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