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L’Ictus Eucaristico: degnati Signore di donarmi il tuo divinissimo Amore – S.Carlo da Sezze

S.Carlo da Sezze

Omelia

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di giovedì 19 ottobre 2017.

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Approfondimenti

Testo letto durante l’omelia

Introducendo una recente biografia di san Carlo da Sezze il cardinale José Saraiva Martins, Prefetto emerito della Congregazione delle cause dei santi, ha affermato: «Raccomanderei la lettura di questo libro già solo per una constatazione: si tratta di san Carlo da Sezze (1613-1670), a tutt’oggi l’unico santo canonizzato dalla Chiesa che ha ricevuto a 35 anni, direttamente dal Pane eucaristico appena consacrato, una stimmata al cuore, rimarginatasi poi, ma scoperta di nuovo subito dopo la sua morte… e pensare che il povero frate di Sezze aveva appena chiesto al Signore che, “per intercessione del glorioso san Giuseppe, si degnasse di dargli il suo divinissimo amore”.

Ma ecco come lo stesso san Carlo – canonizzato da S. Giovanni XXIII – narra nella sua autobiografia appena pubblicata (San Carlo da Sezze, La mia vita, Edizioni Porziuncola, Assisi 2011) tale “stimmatizzazione eucaristica”:

Quando andavo per Roma accatando elemosina, che mi incontravo a passare avanti a qualche chiesa, portando a mano il somarello, m’inginocchiavo avanti la porta e, rivolto al Santissimo Sacramento, pregavo nostro Signore che mi desse il suo amore. Avendo perseverato molti giorni in questo affettuoso esercizio, un dì, fra gli altri, si recava in Capo le Case. Giunti alla chiesa del glorioso San Giuseppe, dove è un monastero delle monache di Santa Teresa, mi ordinò il compagno che ivi mi fermassi e avessi cura del somarello attaccato lì vicino, andando lui di lì intorno a pigliare delle elemosine. Mi posi in ginocchio a fare orazione, essendo uscita la santa Messa all’altare maggiore.

Pregavo nostro Signore che invisibilmente risiede nel santo tabernacolo che, per intercessione del glorioso San Giuseppe, si degnasse darmi il suo divinissimo amore, continuando in questa orazione fino alla consacrazione.

Nell’alzare il sacerdote l’Ostia consacrata, vidi da quella con gli occhi dell’anima, uscire come un raggio di luce e venire a ferirmi nel cuore. Fu con tanta prestessa, che non gli saprei assegnar tempo. L’effetto poi che mi fece nel cuore fu una cosa sensibile fatta da un ferro materiale, e fece quel modo appunto che si vede fare ad un ferro, quando, posto nella fucina, che si è convertito tutto in cuore, così arrossito si pone in un vaso d’acqua e fa quella sorta di mormorio. Sia benedetto San Giuseppe! Per sua intercessione restai ferito dalla mano del Signore con il dardo del suo amore.

Quel che di dolore intesi, e come restai, non saprei immaginarmelo per poterlo descrivere. Fu così spirituale e penetrante, che le forze umane, senza quella di Dio, sarebbe impossibile a sopportarsi. Sebbene il dolore fosse grande era da una dolcezza estrema contemperato, che penetrava fino all’intimo dell’anima, in così grande amore la trasformava, che pareva che, frammezzo alle due estremità, cioè del dolore e della soavità, volesse uscire dal corpo. Molto dolce allora mi sarebbe stato il morire, essendo che il morir d’amore non porta pena, cagionando travaglio amoroso il non poter morire per l’assenza dell’amato, il quale l’anima vorrebbe godere in sicuro stato di gloria.

Non facevo altro per molti giorni, se non che dire: «Sia benedetto Dio! Sia benedetto Dio” Sia benedetto Dio!». Ed era tanto l’amore che sentivo dentro il mio cuore, che non capivo dentro di me medesimo. Avrei, per la gran dolcezza, lambito la terra, l’erbe e i sassi, e sopportato qualsivoglia tormento e ogni travaglio e martirio che hanno patito i santi, con le pene che si sentono nel purgatorio e nell’inferno: mi sarebbero parse poche tali pene in comparazione dell’amor grande che provavo, né tutta le acque torrenti l’avrebbero potuto estinguere!

Quando nostro Signore si degnò, per la sua liberalità, di farmi questo favore, penso che fosse il mese di ottobre nel 1648. Benedetto sia in eterno il Signore Dio! Benedetto il sia il glorioso San Giuseppe, sposo della Santissima Vergine! E benedette sia le mortificazioni, ché per esse si riceve un tanto bene dalla larga mano di Dio.

[vc_cta h2=”Tratti biografici” color=”orange” add_button=”bottom” btn_title=”Vai alla pagina” btn_color=”danger” btn_link=”url:http%3A%2F%2Fwww.santiebeati.it%2Fdettaglio%2F36500||target:%20_blank|”]Leggi alcuni tratti della vita di S.Carlo da Sezze su www.santiebeati.it[/vc_cta]

Letture del giorno

Giovedì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

PRIMA LETTURA (Rm 3,21-30)
L’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge.

Fratelli, ora, indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla Legge e dai Profeti: giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. Infatti non c’è differenza, perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù.
È lui che Dio ha stabilito apertamente come strumento di espiazione, per mezzo della fede, nel suo sangue, a manifestazione della sua giustizia per la remissione dei peccati passati mediante la clemenza di Dio, al fine di manifestare la sua giustizia nel tempo presente, così da risultare lui giusto e rendere giusto colui che si basa sulla fede in Gesù.
Dove dunque sta il vanto? È stato escluso! Da quale legge? Da quella delle opere? No, ma dalla legge della fede. Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge.
Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche delle genti? Certo, anche delle genti! Poiché unico è Dio.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 129)
Rit: Con il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione.

Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica.

Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore.

Io spero, Signore.
Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora.

Canto al Vangelo (Gv 14,6)
Alleluia, alleluia.
Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Alleluia.

VANGELO (Lc 11,47-54)
Sarà chiesto conto del sangue di tutti i profeti: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa.

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.

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