Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: Sono Tuo – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.27
Martedì 16 aprile 2024
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Gv 6, 30-35)
In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”».
Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a martedì 16 aprile 2024.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal sesto capitolo del Vangelo di san Giovanni, versetti 30-35.
Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di san Manuel González.
Oggi sospendiamo brevemente, e faccio un’altra piccola aggiunta, che però non trovate sul libro. Nel libro siamo arrivati a pagina 39, adesso faccio questa aggiunta e poi ricominceremo il libro da pagina 40.
Solo per tre anni e tre mesi sarebbe rimasto in terra di Castiglia, dove sua unica preoccupazione fu la gloria del Cuore Eucaristico di Gesù: «Mi offro come piccola ostia sorridente e voglio essere il vicario del Cuore di Gesù a Palencia». In questo ultimo triennio della sua vita si dedicò a favorire ad ogni livello i contatti con i suoi diocesani, diede nuovo impulso a tutte le opere eucaristiche, fondò la rivista eucaristica per i bambini, e rivolse le sue predilezioni al seminario e ai sacerdoti. Tutto il suo programma ascetico restò condensato in questa raccomandazione alle sue religiose: «La più grande fedeltà! Il più grande silenzio! E la più grande obbedienza!».
Fecondo scrittore, pubblicò più di 30 lavori letterari, in particolare di carattere eucaristico, sacerdotale e di insegnamento catechistico. Il suo capolavoro, «Lo que puede un cura hoy» («Ciò che può un parroco oggi»), fu adottato per molto tempo dai seminaristi spagnoli e latino-americani.
Tra i suoi libri ricordiamo: “Eucarestia”, “Fedeltà e abbandono”, “Preghiamo davanti al Tabernacolo come si pregava nel Vangelo”, “Arte per essere apostoli”, “La grazia dell’educazione”, “Arte e liturgia”, eccetera. Scritti che, a motivo della loro diffusione, si è voluto raccogliere nella recente edizione delle sue Opere complete.
Ecco, io questo ho voluto dirvelo, perché mi sembra molto bella questa sua offerta espressa in due righe: “Mi offro come piccola ostia”. Vi ho parlato in questi giorni della bellezza, dell’importanza, dell’atto di offerta scritto da don Tomaselli e questo mi sembra proprio che rispecchi esattamente quello stesso spirito:
«Mi offro come piccola ostia sorridente e voglio essere il vicario del Cuore di Gesù a Palencia».
Poi, molto bello anche il suo programma ascetico: «La più grande fedeltà! Il più grande silenzio! E la più grande obbedienza!».
Mi sembrano delle indicazioni brevi, molto sintetiche, ma estremamente proficue per ciascuno di noi.
Ecco, continuiamo da pagina 40:
Il 19 giugno 1936, scoppiarono tumulti e scontri tra repubblicani e militari e guardia civile. In quei giorni trovo la morte il governatore repubblicano, ma anche molti cattolici vennero trucidati. Il santo invito tutti i fedeli a supplicare la Vergine Maria attraverso la preghiera del Rosario, perché concedesse pace e riconciliazione alla Spagna. Il 24 gennaio 1937, nella festa di Nostra Signora della pace, invitò tutti i bambini a supplicare il Cuore di Gesù e di Maria per ottenere pace alla nazione.
Quando più gli uomini si accanivano, tanto più don Manuel aumentava la preghiera davanti al Santissimo Sacramento. A questo proposito, è quanto mai significativa una frase del novembre 1936: «La tua volontà, solo la tua volontà. Nel fare la volontà di Dio è la vostra santificazione». Quando la persecuzione imperversava in Spagna (1937) egli annotò: «Mi glorierò semplicemente nelle mie debolezze».
In quel periodo vennero compiuti alcuni furti sacrileghi in varie parrocchie della diocesi e a distanza poco tempo l’uno dall’altro. In risposta a questi atti, il santo promosse ovunque il culto eucaristico e la devozione al Cuore di Cristo. Organizzò le adorazioni notturne, le settimane eucaristiche, le preghiere di riparazione, invitò alla comunione frequente e dette impulso alla catechesi. «Cercò di riavvicinare i fedeli alla pratica dei Sacramenti. Iniziò la visita pastorale nelle varie parrocchie della diocesi, nonostante i pericoli e il momento di grande incertezza sociale e politica. Non si risparmiò fatiche e disagi per raggiungere quante più parrocchie possibile e inviò anche dei missionari a predicare nei villaggi più sperduti».
Nel settembre 1939, fece gli esercizi spirituali insieme con il clero. Sarebbero stati gli ultimi, perché la malattia stava minando definitivamente la sua salute. Riusciva ormai solo a celebrare la messa. Anche le visite al tabernacolo nella cappella gli costavano grandi sforzi.
«Fin da giovane aveva sofferto di colite acuta e cronica e, soprattutto di forti emicranie che talvolta lo obbligavano a interrompere anche quello che stava facendo. A volte doveva scrivere in ginocchio a causa dei forti dolori alla testa. Nell’età avanzata gli si presentò anche un’affezione alla vescica: una nefrite cronica e un’ipertrofia prostatica».
La situazione politica sociale è gravissima, precipitata; che cosa fa il Santo vescovo? La preghiera del Rosario. Bisogna pregare il Rosario e dà questo incarico soprattutto a tutti ai bambini, perché sapete che la preghiera dei bambini, essendo una preghiera innocente, ha ancora più effetto. Quindi, vedete, davanti ai problemi sociali, alla guerra, agli omicidi, a tutte le cose brutte: la preghiera del Rosario.
E poi la preghiera davanti al Santissimo Sacramento, innanzitutto fatta da lui, ma poi anche dalla gente, quindi: culto eucaristico, devozione al Cuore di Gesù, adorazioni notturne, settimane eucaristiche, preghiere di riparazione, comunione frequente, impulso alla catechesi. Vedete, si fa così! Anche poco prima di morire, lui continua a fare così; è da lì che si parte, di fronte alla guerra, di fronte ai problemi, si fa così.
Poi, cerca di riavvicinare i fedeli alla pratica dei sacramenti, inizia la visita pastorale; immaginatevi, in guerra, lui fa la visita pastorale… incredibile, i santi sanno fare queste cose.
E siamo arrivati alla fine della sua vita, praticamente, perché la salute ormai era andata, riusciva solo a celebrare la Messa; aveva una salute precaria, colite acuta, cronica, forti emicranie, doveva scrivere in ginocchio per il dolore di testa, e poi questo problema ai reni e alla prostata, questa nefrite cronica e questa ipertrofia prostatica che, insomma… È così, quando si è amici di Gesù si condivide la sua croce spiritualmente ma anche fisicamente. E quindi c’è una condivisione della sofferenza, però non mal sopportata, ma fatta proprio con questo spirito di portare la croce con Gesù.
Negli ultimi mesi della sua vita la sofferenza aumentò notevolmente. Don Manuel intensificò la preghiera, sostando in cappella più a lungo per adorare il Santissimo Sacramento e recitare il Rosario. Negli ultimi giorni, in cui le forze stavano diminuendo rapidamente, disse a chi lo circondava: «Sono stato più di là che di qua e ho visto che quello che importa, è la santità, perciò si deve sacrificare tutto alla volontà del Signore».
Questo tanti santi l’hanno detto; alla fine della loro vita, tanti sono arrivati a questa conclusione: ciò che importa è la santità, e per questo va sacrificato tutto.
Al termine della sua vita sentiva pressante l’invito di Cristo a donarsi interamente, a lasciare ogni minimo affetto o attaccamento. Davanti al Santissimo Sacramento prima di uscire per l’ultima volta dal palazzo episcopale esclamò: «Cuore di Gesù, ti rendo grazie per tanti dolori che mi dai; grazie per quello che mi hai fatto soffrire. Benedetto sia per tutto e perché ora vuoi che me ne vada». E poi, in un momento di grande abbandono e di sofferenza, aggiunse: «Sono tuo fai di me quello che vuoi».
Quindi, siamo arrivati alla fine della sua vita; le sofferenze aumentano — già non erano poche — lui intensifica la preghiera, l’adorazione, il Rosario.
Quando si capisce che si sta arrivando alla fine — e si capisce, se non si muore di morte improvvisa — non bisogna andare davanti alla televisione per passare il tempo, capite, non è quello il modo di prepararsi alla morte, con la televisione accesa, ma: intensificare la preghiera, stare di più davanti al Santissimo in adorazione e recitare il Rosario. Ti devi preparare; il vescovo sta facendo questo, si sta preparando all’incontro con Dio. E, alla fine della sua vita, comprende e dice che ha capito veramente che ciò che conta è solo la santità (non che la sua vita sia stata diversa, ma adesso diciamo che fa una sintesi verbale), e per questo bisogna essere disposti a sacrificare tutto alla volontà di Dio. Il resto cosa conta? Tanto lasciamo tutto qui!
Sente questo “invito pressante a donarsi interamente a Gesù, a lasciare ogni affetto e ogni attaccamento terreno”; che non vuol dire non voler bene alle persone, ma vuol dire che c’è questa unicità nel cuore, dell’amore per il Signore. E c’è questa bellissima preghiera di gratitudine, di benedizione al Signore, per i dolori, per ciò che l’ha fatto soffrire, e poi perché adesso ha capito che deve morire. Non so quanti, arrivati a questa situazione, sarebbero in grado di fare una preghiera così:
«Sono tuo, fai di me quello che vuoi»
Il 28 dicembre, ricevette il Sacramento degli infermi, la comunione e l’assoluzione generale. Ripresosi un poco, il 31 seguente, venne trasferito in ambulanza a Madrid per ricoverarlo nella clinica del Rosario. Nel viaggio verso la capitale, recitò il Rosario e volle che lo avvertissero quando l’ambulanza passava davanti a una chiesa. Così avrebbe potuto salutare e onorare Gesù presente nei tabernacoli. Giunto alla clinica, la prima cosa che chiese, fu quella di essere accompagnato in cappella. Dopo una prima visita, i medici capirono che non c’era più niente da fare e che non era possibile operarlo. Poco dopo ricevette la visita del nunzio apostolico. Poi celebrò la messa nella sua stanza e dopo aver recitato il Magnificat, mori serenamente il mezzogiorno del 4 gennaio 1940.
Una morte meravigliosa. Quindi, riceve il sacramento degli infermi — l’estrema unzione — riceve la Comunione e l’assoluzione generale. Lui morirà il 4 gennaio, riceve il tutto il 28 dicembre, è perfettamente cosciente. Non ha aspettato di ricevere tutti i sacramenti quando ormai era in coma. Ecco, impariamo anche noi da questo; anche con gli altri, non aspettiamo che vadano in coma, perché i sacramenti dei moribondi, i sacramenti di chi sta arrivando alla fine, sono dei sacramenti di grande conforto e vanno amministrati quando la persona è ancora perfettamente cosciente. Non sono i sacramenti della morte, sono i sacramenti della vita, perché ti aiutano ad entrare in Paradiso; non so perché non si riesca a capire questa cosa!
Bello che volle sapere quando passava con l’ambulanza davanti alle chiese, perché voleva salutare Gesù presente nel Tabernacolo; anche noi impariamo, quando passiamo con la macchina davanti a una chiesa, a fare un segno di croce, a dire una preghiera; o, quando passiamo a piedi davanti a una chiesa, magari fermiamoci un secondo, facciamo una genuflessione, diciamo una preghiera.
Quando arrivò in clinica, la prima cosa che fece fu di essere accompagnato in cappella, voleva andare in cappella. Le ultime cose che fece furono, al mattino, la Messa e il Magnificat. A mezzogiorno, morì.
Credo che tutti noi abbiamo da imparare tantissimo da questa esperienza di vita cristiana.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.