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Lasciare tutti – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.26

L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati - San Manuel Gonzales Garcia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Lasciare tutti – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.26
Lunedì 15 aprile 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 6, 22-29)

Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie.
Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 15 aprile 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal sesto capitolo del Vangelo di san Giovanni, versetti 22-29.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di san Manuel González, L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati. Siamo arrivati a pagina trentaquattro.

La situazione politica e sociale si fece sempre più ostile nei confronti della Chiesa cattolica a partire dal 1931, quando il 14 aprile venne proclamata la Repubblica e quelle che fino ad allora erano state solo minacce e calunnie si trasformarono in azioni di odio concrete. Nelle elezioni dell’aprile 1931 i repubblicani ottennero difatti un vasto successo. Il re lasciò il Paese e il 14 aprile venne proclamata la Repubblica. Nel giugno successivo, una coalizione di repubblicani e socialisti ottenne un ampio risultato positivo alle elezioni per le Cortes, e in ottobre venne formato un governo di coalizione guidato da Manuel Azana y Diaz (1880-1940), che dette vita a un programma di riforme. Tra queste: quella agraria e la relativa redistribuzione delle terre, la separazione tra Stato e Chiesa, la laicizzazione dell’insegnamento, l’introduzione del divorzio. Alcune di queste riforme non vennero accolte dalla popolazione e incontrarono la netta opposizione dei conservatori. Con la proclamazione della seconda Repubblica spagnola, il 14 aprile 1931, la situazione nei confronti della Chiesa peggiorò ulteriormente, perché i partiti al potere erano pervasi da anticlericalismo e propugnavano la laicità assoluta, considerando normale la persecuzione religiosa pur di raggiungere l’obiettivo. L’ideologia si trasformò in pratica e l’11 maggio 1931 ebbe luogo l’incendio di più di un centinaio di chiese e conventi a Madrid, Siviglia, Cordova, Cadice, Murcia, Saragozza, Valenza e Malaga, senza che il governo si opponesse, o consegnasse alla giustizia i responsabili. A quel tempo vescovo di Malaga era il nostro santo. Già dai giorni precedenti l’avvento della Repubblica, don Manuel aveva chiesto ai suoi collaboratori di pregare molto, perché la situazione a Malaga stava degenerando. Cercò di mettere in salvo gli oggetti sacri più preziosi dell’episcopio e incoraggiò i suoi sacerdoti ad affrontare la prova che li attendeva. Nella notte dell’11 maggio i timori si rivelarono fondati. La folla inferocita prese d’assalto chiese e conventi, dandoli alle fiamme. In breve tempo, si diresse verso il palazzo episcopale e lo circondò cercando di sfondarne le porte. Don Manuel con sua sorella, i suoi collaboratori e le Sorelle della Croce, che aveva chiamato da Huelva per aiutarlo e accudirlo nelle faccende quotidiane, iniziarono a recitare il Rosario. Momenti di grande paura e di concitazione per quanti erano rimasti nel palazzo. Il pericolo di venire trucidati era concreto.

«Il santo, racconta il biografo, non perse la serenità. Impartì l’assoluzione generale a tutti i presenti, li comunicò, e per non lasciare il Santissimo Sacramento in balia dei facinorosi, inghiottì tutte le ostie consacrate rimaste. Si rivolse poi a quanti lo circondavano e chiese loro di offrire quei momenti di sofferenza per l’avvento del Regno del Cuore di Gesù in Spagna e nella diocesi di Malaga. Attraverso una porta segreta si rifugiarono nell’attiguo collegio dei religiosi maristi. Questo espediente però non fermò la folla che irruppe sia nell’episcopio, sia nel collegio al grido di “muoia, muoia”».

Don Manuel con grande coraggio si presentò davanti a quei facinorosi. Qualcuno aveva portato addirittura una corda per impiccarlo. Il santo cominciò a camminare verso l’uscita del collegio e si fece strada in mezzo alla folla urlante. Il palazzo vescovile era stato dato completamente alle fiamme. Il Vescovo passò tra la gente che lo strattonava da ogni parte e qualcuno cercò anche di togliergli lo zucchetto.

Un uomo si mise davanti a lui e gli puntò perfino la pistola. 

Don Federico Locci, nella sua tesi su S. Manuel di cui vi ho parlato, aggiunge alcuni particolari:

“Il Santo vescovo si presenta di persona ai rivoltosi che chiedevano di lui aprendo la porta, e rispondendo loro con le parole di Gesù nell’orto degli ulivi “Chi cercate? Eccomi”. Poi lascia il palazzo insieme alle sette suore, sorelle della croce, ai suoi familiari, alla servitù e ai due uomini civili volontari che erano di guardia al palazzo. Viene portato nella notte per le strade della città al grido di “a morte il vescovo”, ma gli viene risparmiata la vita per il bene fatto ai piccoli e ai poveri.”

Prosegue la biografia del libro “L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati”:

Superato il momento critico, l’indomani all’alba si presentò un capo dei repubblicani che impose al santo di andarsene. Don Manuel rispose di non aver commesso nessun crimine e che il suo unico desiderio era di rimanere a Malaga per guidare la diocesi a lui affidata. Ma la pace sarebbe durata molto poco, infatti, il 13 maggio 1931, i contadini inferociti circondarono l’abitazione, dove don Manuel aveva trovato ricetto, dando un’ora di tempo al vescovo per andarsene. Se non avesse rispettato l’ultimatum avrebbero incendiato tutto. Decise così di abbandonare quell’alloggio e, alle cinque del pomeriggio, si diresse verso una famiglia che abitava in campagna. Si pensò allora di far rifugiare il vescovo a Gibilterra, in territorio britannico, dove nessuno avrebbe potuto toccarlo. I marchesi di Larios si impegnarono a cercargli un albergo, mentre veniva preparato il passaporto e avvisato il vescovo di Gibilterra. A mezzanotte, don Manuel riuscì a passare la frontiera, dove lo attendeva monsignor Richard Joseph Fitzgerald (1881-1956), al quale consegnò l’ostia consacrata che conservava in una teca.

Il suo esilio forzato durò sette mesi, nei quali riuscì ad ordinare sette sacerdoti del suo seminario che si erano spostati sul suolo inglese appositamente per ricevere il sacerdozio dalle mani del loro vescovo. Il clima politico e sociale gli impediva di rientrare perché sia il governo, sia le autorità locali non gradivano la sua presenza a Malaga. Anche la nunziatura lo invitò ad avere pazienza e a rimanere a Gibilterra. Nell’impossibilità di tornare a Malaga passò i successivi mesi in apostolato tra Ronda, cittadina che si trovava nella diocesi di Malaga, e a Madrid nel corso del 1932, mentre il 4 ottobre 1932 partì per Roma, dove venne ricevuto in udienza da Pio XI. Poco tempo dopo, ricevette una lettera del cardinale Eugenio Pacelli (1876-1958), all’epoca segretario di Stato, che gli spiegò i motivi per i quali non poteva rientrare in diocesi: le minacce nei suoi confronti e l’impossibilità delle autorità locali di poter garantire la sua sicurezza. Lo invitò pertanto a rimanere a Madrid nonostante i disagi. Il 31 marzo 1935, il nunzio apostolico scrisse al nostro per ricordagli che durante la visita a Roma dell’aprile 1934, in occasione della canonizzazione di san Giovanni Bosco, incontrando Pio XI, aveva dato al Papa la sua disponibilità a guidare un’altra diocesi. D’altronde la situazione che si era creata a Malaga era ormai irreversibile. Così il 4 luglio successivo, monsignor Tedeschini lo informò che per volontà del Pontefice era definitivamente sollevato dal governo pastorale della diocesi di Malaga e che gli era lasciata la possibilità di indicare un’alternativa a sua scelta. Il giorno seguente, dopo aver riflettuto e pregato, domandò al nunzio apostolico la possibilità di recarsi a Palencia, che considerava una diocesi piccola e ben disposta nei confronti della Chiesa, — nomina che il 5 agosto 1935 Pio XI rese pubblica. Terminati gli esercizi spirituali ad ottobre, il 12 successivo fece il suo ingresso a Palencia.

«La situazione — spiega Gori — che trovò non fu certamente semplice. Le tracce della Guerra civile erano ancora vive in quella città della Castiglia. Palencia restava in quel momento sotto il controllo repubblicano e la Chiesa non era comunque vista di buon occhio. Bisognava fare attenzione a come muoversi», tanto che nel giugno 1936 vennero proibite le processioni pubbliche, così quella nella solennità del Corpus Domini si svolse all’interno della cattedrale. Il clima sociale dunque si manteneva sempre teso. 

Ho voluto leggere di seguito tutte queste pagine, perché spiegano bene la situazione che il vescovo è costretto ad affrontare; una situazione di grande persecuzione, di grande sofferenza — potremmo dire di grandissima sofferenza — che è chiamato a vivere. 

La sofferenza più grande credo che sia stata quella di aver dovuto lasciare la sua diocesi, i suoi sacerdoti e i suoi fedeli, tutte le persone care che il Signore gli aveva dato; aver dovuto lasciare la cura pastorale di tutta quella diocesi; ma evidentemente il Signore lo chiamava altrove.

Ecco, quello che mi sembra dobbiamo imparare dai santi, da san Manuel, è questa disponibilità interiore ad essere dove Dio ci chiama: oggi qui, domani altrove. E non possiamo sapere il perché; magari lo capiremo già in vita, magari dopo qualche anno ci rendiamo conto, e magari arriviamo a dire: “Grazie Signore che mi hai spostato da questa diocesi all’altra, adesso capisco il perché”; oppure non lo capiamo, lo capiremo dopo morte, però ci dobbiamo fidare. Quando il Signore opera dei cambiamenti nella nostra vita, è sempre per un bene maggiore: sia nostro, sia delle persone a noi care, sia delle persone a cui siamo mandati.

Allora credo che quest’oggi potremmo proprio soffermarci a meditare un po’ sulla nostra vita, a vedere cosa il Signore ci chiede, e dove il Signore ci chiama; e anche se, magari, non risponde ai nostri desideri, fidiamoci, siamo sempre chiamati a fidarci di Dio.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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