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L’esilio – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.25

L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati - San Manuel Gonzales Garcia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: L’esilio – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.25
Domenica 14 aprile 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Lc 24, 35-48)

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 14 aprile 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal ventiquattresimo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 35-48.

Continuiamo la nostra lettura del libro di san Manuel González, L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati. Siamo arrivati a pagina 32 del libro.

Dopo tanti contrasti, ostacoli, attentanti da parte dei nemici e generali tribolazioni, quando nel gennaio 1937, nel mezzo della più dura persecuzione contro la Chiesa, il santo si trovò ad affrontare una tragica situazione, non fu impreparato in quanto la sua unione con Cristo lo rese forte e pieno di speranza nell’intervento divino. In quel periodo annotava: «Povertà, abbandono, umiliazione, oscurità o occultamento e mortificazione sono i cinque compagni con i quali si presenta Gesù nel mondo, in Betlemme». Lo sostenne la certezza che l’amore mostrato da Gesù nell’istituire il Sacramento dell’Eucaristia era più forte di qualsiasi potenza.

«Così, — scrive il Gori — quando rimase isolato, lontano dalla diocesi che il Papa gli aveva affidato, impossibilitato a occuparsi dei suoi sacerdoti, delle sue parrocchie, dei suoi fedeli, seppe trovare coraggio e speranza ricorrendo a Gesù vivo nell’Eucaristia. Quando toccò a lui diventare abbandonato da tutti, vivendo l’umiliazione per l’esilio forzato deciso da quei poteri locali che temevano la sua presenza, non smise di sperare in Cristo che vedeva accanto a sé nell’Eucaristia. Le manovre di quanti volevano togliere il suo appoggio ai fedeli per far loro più facilmente abbracciare le nuove idee anarchiche e ostili alla Chiesa, riuscirono solo in parte. Infatti, in quel contesto di grande attrito sociale, il vescovo risultava un personaggio scomodo da gestire, perché avrebbe impedito il realizzarsi di tanti progetti di matrice laicista e apertamente anticlericale. Perciò, preferirono separare il pastore dal gregge per renderlo vulnerabile.

Le campagne di calunnie contro la Chiesa e i suoi pastori portarono a considerare i sacerdoti, i religiosi, le religiose come nemici del popolo, della nazione, del bene comune. Questa situazione si ripercosse nell’anima di don Manuel e lo portò a minare la sua non già perfetta salute. Fin da giovane soffriva infatti di fortissime emicranie.

Ci fermiamo un secondo. Siamo ancora dentro a questo tema dei contrasti, degli ostacoli, delle tribolazioni, scatenati dai nemici e lui, il vescovo, viene allontanato dalla sua diocesi. È proprio in questo momento che riflette sui cinque compagni con i quali Gesù si presenta nel mondo a Betlemme, che sono: povertà, abbandono, umiliazione, oscurità, occultamento e mortificazione. 

Che cosa sostiene il vescovo in questo periodo, in questa situazione? L’amore che Gesù ha mostrato nell’istituire l’Eucaristia. Il vescovo viene «isolato, lontano dalla diocesi che il Papa gli aveva affidato, impossibilitato a occuparsi dei suoi sacerdoti, delle sue parrocchie, dei suoi fedeli», cioè impossibilitato a fare il pastore. Lui era il vescovo, ma non poteva fare il vescovo; era vescovo ma, siccome l’hanno impedito nell’esercizio del suo ministero — perché l’hanno allontanato — non ha più potuto occuparsi della sua diocesi. Fu mandato in esilio forzato — dal potere laico, non da quello religioso — e visse questa esperienza dell’essere abbandonato da tutti, questa esperienza dell’umiliazione. Perché era temuto (e giustamente: era un santo vescovo, e un santo vescovo non si fa intimidire da nessuno) volevano isolarlo, allontanarlo dal popolo, in modo tale da riuscire a influenzare maggiormente il popolo per fargli abbracciare le idee anarchiche e ostili alla Chiesa.

Come ogni santo, anche San Manuel è ingestibile; non lo puoi prendere e mettere lì o mettere là a tuo piacimento e a tuo comodo, secondo il pensiero dominante, secondo il sentire del tempo, secondo le convenienze, secondo il politicamente corretto; no, non si può, i santi sono ingestibili. E lui — lo sapevano bene — «avrebbe impedito il realizzarsi di tanti progetti di matrice laicista e apertamente anticlericale», perciò lo separano, lo mandano in esilio, lo separano dal suo gregge, così da rendere il gregge vulnerabile.

Anche perché dovete considerare che, all’inizio del Novecento, non c’erano WhatsApp, internet, le e-mail, i cellulari; non andavano in giro con lo smartphone, l’iPad, l’iPhone e il computer. Non c’era niente, quindi le comunicazioni erano molto, molto più complesse, era più difficile parlarsi. 

Adesso, succede qualcosa, vado su Telegram, mando un messaggio, e raggiungo quattromila, cinquemila, seimila, settemila, diecimila persone in un secondo. Ma pensate il potere della tecnologia: tu vai su Telegram, se hai un canale con ventimila iscritti, tu mandi un messaggio e ventimila persone, all’istante, ricevono quel messaggio! Guardate che forse siamo abituati, ma, a pensarci, è una cosa incredibile. Tu vai su Facebook, vai su YouTube, carichi un audio, un video, e tutti coloro che si collegano a quel canale — ovunque sono sulla faccia della terra — lo possono sentire, e tu, in poche ore, puoi raggiungere diecimila, ventimila, trentamila, quarantamila e più visualizzazioni. Adesso addirittura l’e-mail è diventata vecchia, sembra quasi superata, non si “comunica” più per e-mail, perché adesso c’è WhatsApp, ci sono tutti questi strumenti immediati, istantanei, dove tu istantaneamente raggiungi l’altro. L’e-mail, ora che la invii e ti dà inviata, poi l’altro la deve ricevere, poi la deve scaricare, poi la deve leggere… Adesso tu prendi in mano il telefono, prendi WhatsApp, prendi Telegram, mandi il messaggio, fine, l’altra persona all’istante riceve il tuo messaggio.

Capite, a quel tempo, all’inizio del Novecento non c’era, quindi S. Manuel non poteva — dalla sua terra di esilio — scrivere su WhatsApp al gruppo “Diocesi di…”, non ha potuto fare un gruppo “Diocesi di…”, “Parrocchie di…”, “Sacerdoti di…”. Se l’avesse potuto fare, ovunque fosse stato mandato, in qualunque momento avrebbe potuto mandare le sue meditazioni, i suoi consigli, scrivere e rispondere a tutti i sacerdoti che gli scrivevano… E invece tutto questo non c’era, quindi è stata una separazione reale, non fittizia e quindi, chiaramente: via il pastore, il gregge diventa più vulnerabile.

Intanto, queste campagne di calunnie contro la Chiesa e i suoi pastori hanno portato dei frutti; frutti marci, ma li hanno portati, quindi: un po’ di persone ci hanno creduto. E questo va a gravare sulla salute di S. Manuel, perché questo è un dispiacere enorme.

Ecco, io, a questo proposito, mi permetto di dire una cosa: guardate che la storia si ripete sempre e, francamente, è vero che non c’erano tutti i mezzi che ci sono oggi, però non cambia molto. Ma come si può credere a delle calunnie contro un vescovo, contro questo sacerdote così santo, che fino a ieri ti ha condotto a Gesù? Ecco, è questo quello che io dico: ma perché ci credevano, come hanno fatto a crederci? Era evidente che fossero calunnie.

Io credo che, oggi come allora, c’è veramente tanta superficialità; alle volte mi viene proprio da pensare che siamo un po’ il popolo “bue”. Stiamo attenti a non essere il popolo “bue”, per il quale l’importante è ricevere da mangiare e basta, poi chi sia a darlo non ha importanza, l’importante è non scalfire la permalosità delle persone, che devono sentirsi vezzeggiate, corteggiate, trattate bene, viziate, “sempre avere, mai dare”… Ma questo non è crescere nella vita di fede! C’è anche una fedeltà! Se quella mano mi ha sempre sfamato, curato, guarito, accudito, come posso credere così, come posso essere messo in crisi da uno qualunque che viene a dirmi: “Ah, no, ma tu non sai che questo vescovo ha fatto… ha detto…” — “Ma lui lo conosco, so chi è, e tu? E tu cosa ci guadagni, nel dire queste cose?”

Come già vi ho detto in passato, le iene sono sempre pronte alla caccia, stiamo attenti a non essere un po’ stupidotti, a non essere il popolo bue, che: “Ma sì, va bene!”, che non vede, non guarda, non giudica, non discerne, non soppesa. Abbiamo tutti un’intelligenza, una capacità di giudizio, di criterio, santa pazienza, ma usiamola! Guardiamoci intorno! Non è che: “Così fan tutti e quindi devo farlo anch’io!”; ma guardati intorno, gira su te stesso a trecentosessanta gradi, renditi conto della situazione nella quale vivi, usa la tua intelligenza per superare le calunnie e quant’altro! Anche perché, se mi fido di una persona: mi fido di quella persona!

Io, se qualcuno mi venisse a parlare calunniando una persona cara, sapete cosa gli direi? Gli direi: “Aspetta un attimo”, prenderei il telefono, chiamerei la persona calunniata in vivavoce e direi: “Guarda, c’è qui il signor Z, che adesso deve dirti una cosa”; gli direi: “Dica quello che ha detto me, lo dica adesso qui, al telefono c’è questa persona di cui lei mi sta parlando e c’è il vivavoce, ripeta tutto quello che ha detto a me!”. Il novantanove per cento delle volte, io sono sicuro che quello lì si alzerebbe e scapperebbe via, sono sicuro, perché siamo tutti capaci di calunniare alle spalle, ma quando ci dobbiamo mettere a confronto…

Non facciamo i superbi, che dicono: “Ah, no, ma io so discernere quello che mi viene detto”; “No, ma io sto qui, ascolto, poi valuto, poi verifico, poi…”. Ma cosa vuoi valutare e verificare? 

Valutare e verificare, l’hanno fatto Adamo ed Eva col serpente, che gli ha inoculato il dubbio su Dio; e loro hanno verificato, hanno usato molto bene la loro intelligenza, e infatti si è visto… hanno fatto una grande opera di discernimento! Ma io mi domando: ma si può mettersi a discutere, a discernere, a valutare, ciò che viene da una lingua biforcuta? Ma c’è solo da svergognare! Già uno che ti viene a parlare senza la persona presente… basta; è come quando uno riceve una lettera anonima: fine, non c’è niente da dire. Ma non si può neanche prendere in considerazione; se proprio vogliamo fare qualcosa, svergogniamolo, prediamo il telefono, chiamiamo la persona, la mettiamo in vivavoce, e diciamo: “Adesso Tizio deve dirti una cosa” — “Ripeta tutto, forza, ripeta tutto qui, davanti a me, tutto quello che ha detto, lo ripeta, perché, se non lo dice, lo dico io, così diamo a questa persona — che non è morta (perché solitamente queste persone non sono già morte) ma è viva — la possibilità di rispondere. Perché non è andato a dirlo all’interessato? Perché è venuto da me? Non è morto e io non sono il suo interprete, non sono il suo ermeneuta, non sono il suo Aronne. Questa persona è in grado di intendere, di volere e di parlare, allora perché non è andato a parlare con lei? Così potevate risolvere! Lo viene a dire a me, che non c’entro niente, che non sono quella persona. Ma come volete che io possa essere interprete dei suoi pensieri, del suo cuore. Glielo dica, così ascolterà direttamente da questa persona la risposta, e sapremo che è la risposta giusta, senza star qui a fare discernimento, verifica, confronto, studio e non so quali intercettazioni strane. Lo dica e riceveremo la risposta subito: lei accusa Tizio di questo, questo e quest’altro; sentiamo Tizio cosa risponde”.

Sapete, certuni sono bravi (come hanno fatto con Gesù, come hanno fatto con san Manuel, come hanno fatto con Padre Pio) a distorcere, a violentare la verità, sono bravi a corromperla; prendono un frammento di verità — se riescono a trovarlo — e poi distruggono la verità, la corrompono, e quindi, in realtà, diventa solo unicamente menzogna, calunnia e falsità. Ma perché? Cosa ci guadagnano, perché parlar male di questo vescovo? È semplice: perché altrimenti, con lui presente, come faccio io a portare avanti le mie opere malvagie, le mie opere tenebrose, le mie opere con le quali voglio separarti da Dio? Non è così semplice!

Quindi: noi abbiamo un cervello, usiamolo, santa pazienza! Non crediamo al primo pagliaccio che ci viene a fare la sua saga con tutta la maschera sul viso; non facciamo questo errore, non diamo corda a queste persone maligne che vengono. 

Sapete che ci sono situazioni terribili, dove Tizio o Tizia, siccome puntano a voler sedurre e conquistare un uomo o una donna sposati siccome non riescono a farlo in modo “volgare” perché questa persona è fedele al suo matrimonio, innamorata, allora sapete cosa fanno? Cominciano — giorno dopo giorno, passo dopo passo, parola dopo parola, come il sibilo di un serpente — a inoculare nel marito o nella moglie il dubbio, il sospetto che il coniuge lo stia o la stia tradendo. E usano mille modi: “Ah, guarda, dovrei dirti una cosa, però non so come fare a dirtela, però poi magari ci rimani male…” — quindi solleticano la curiosità — “No, no, ma dimmela!” — “No, guarda, io però… non sono fatti miei, ma se io te lo dico, lo faccio solo per il tuo bene…” — è sempre così, eh, è per il tuo bene, certo … — “Però no, ma aspetta, ci penso ancora qualche giorno”, e intanto quello monta, dice: “Cosa è successo, cosa dovrà dirmi di così grave, perché non me l’ha detto subito?” Intanto quello la si sfrega le mani, perché intanto la preda è bella che cotta, la sta cuocendo, la sta mettendo dentro come la rana bollita. Fino a quando poi arriva: “No, sai, mi hanno detto… però non posso dirti chi, perché mi ha fatto promettere il segreto… che non è che vogliamo dire niente di male, però non sappiamo… mah, boh, non lo so, ma chi è quella persona lì, con la quale tua moglie/tuo marito, questa mia amica li ha visti andare in caffetteria a bere un caffè insieme, seduti al tavolo… Ma l’avranno fatto perché sono amici, ci mancherebbe, ma no, sicuramente, però sai, io, per il bene che ti voglio, ho preferito dirtelo, perché così, insomma, mi sembra giusto, perché magari ne puoi parlare con lei o con lui…”.

Basta, lì inizia la fine, perché poi a Tizio — o Caia — dentro comincia ad avere il sospetto, comincia a diventare indagatore, comincia a vedere falsità, menzogne e doppi sensi dove non ci sono — perché non gli è passato per l’anticamera del cervello che quell’altro si sia inventato tutto, oppure che quel fatto è vero ma ha una spiegazione semplicissima — e così, senza sapere perché, si trova la famiglia distrutta.

Guardate che non è un film, questa è la realtà — lo so che la realtà a volte supera la fantasia — questa è realtà e non è un caso, non è successo solo una volta su un milione; cose terribili! 

Ma io dico: l’hai sposata / o l’hai sposato — avete insieme messo al mondo delle creature, ma adesso ti arriva ‘sto spaventapasseri e tu devi così, come se niente fosse, prestare il fianco al dubbio? Io rimango basito, vuol dire che abbiamo perso il bene dell’intelletto, vuol dire che siamo diventati… non lo so, dite voi che cosa, preferisco non dirlo io. Perché invece non vai a casa e dici: “Senti, oggi, questa persona mi ha detto che ti ha visto fare questo, questo e quest’altro, è vero?” E io direi anche chi me l’ha detto, non stiamo a giocare a nascondino, a indovina chi, non stiamo qui a fare i mafiosetti: “una persona mi ha detto, ma non posso dire chi”, ma che cosa vuol dire? Se una persona ha detto qualcosa di male, ma certo che devi dire chi è, ognuno deve assumersi le sue responsabilità, ma stiamo scherzando? Se è vero, non ha niente da temere.

E magari il marito o la moglie dicono: “Si, è vero” — “E me lo puoi spiegare cosa vuol dire, che cosa è successo, che senso ha avuto?”. Basta, e magari avete una spiegazione che è la più banale, oppure la più bella, anche; potrebbe essere banale — che non c’è un bel niente — oppure potrebbe esserci invece sotto una ragione molto, molto importante, molto bella, che non c’entra niente con ciò che quella lingua di serpente è andata a metterti nella testa. 

Se il veleno trova posto in noi, è perché vuol dire che noi non abbiamo mai veramente amato quella persona, non abbiamo mai veramente creduto in quella persona, non ci siamo mai veramente esposti per quella persona.

E come sia possibile che in questo santo vescovo, o nella figura di Padre Pio o di non so quali altri santi, si possano essere sparse così gravi calunnie… Dico: “Ma lo vedevate celebrare la Messa, Padre Pio? Ma come fai a pensare…”.

Certo, perché siamo superficiali, siamo banali, non usiamo l’intelligenza per discernere, e quindi poi succedono queste cose.

Mi fermo qui.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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