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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 8° parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 8 giugno 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 8° parte

Eccoci giunti a venerdì 8 giugno 2021. Abbiamo letto il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo V di San Matteo, versetti 13-16.

È un Vangelo quanto mai attuale per noi, il cristiano è il sale della terra, ha tutta la grazia dello Spirito Santo, ha tutta la testimonianza di Gesù, ha tutta la presenza della Vergine Maria, ha tutta la potenza della Santissima Eucarestia e di tutti gli altri Sacramenti per poter essere il sale della terra. Ma questo sale può diventare insipido, può perdere la sua natura. Un sale insipido è una contraddizione. Può perdere la sua natura, il senso del suo esistere, diventa senza sapore, cioè senza senso, e allora Gesù dice:

“A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.”

Nella misura in cui perdiamo Gesù, perdiamo il sapore, e nella misura in cui perdiamo il sapore, veniamo calpestati dal mondo. Calpestati vuol dire proprio disprezzati, ma non come i martiri che sono stati disprezzati ma in altro senso, nel senso che la loro vita è stata ritenuta dal mondo talmente fuori dal comune sentire che dovevano essere uccisi, ma non disprezzati nel senso che non avessero senso, questo disprezzo è il disprezzo di una vita inutile, di vederti davanti una persona che è vigliacca, che è incapace di mantenere fede alle sue scelte, di essere costante, di essere coraggiosa, audace, insomma un disertore. 

“Voi siete la luce del mondo”

Dobbiamo dare al mondo luce e sapore. È tutto, la nostra vita sta nella luce, vivi e con sapore. Se la nostra vita non ha sapore moriamo. Se non c’è gusto, quel gusto santo, bello, che viene dalla vita perché vissuta in Gesù, che senso ha vivere?

Questa luce deve essere vista, per rendere gloria al Padre. Non devo nascondere ciò che di più vero e bello vive nella mia esistenza.

Oggi ricorre anche il ricordo del dono delle stigmate a Santa Gemma Galgani. L’8 giugno del 1899, vigilia della festa del Sacratissimo Cuore di Gesù, vengono donate a Santa Gemma le stigmate. Un dono inestimabile, ovviamente, perché la Madonna dice: “Mio Figlio Gesù ti ama, ti ama tanto e vuole farti un dono eccelso che sono i segni della Passione.”

Chiediamo l’aiuto, l’intercessione, a Santa Gemma, questa Santa tanto cara, che già diverse volte abbiamo nominato — più avanti leggeremo qualcosa anche di lei — chiediamo l’aiuto a questa Santa perché ci conceda la grazia di essere persone tutte d’un pezzo, persone fedeli. Quante telefonate che ricevo in questo periodo, di persone che hanno iniziato bene e hanno finito male, cioè che hanno iniziato ad essere fedeli alla loro conoscenza in tutto ciò che sono coscienti, ma poi… “Per la pressione di Tizio, di Caio”, “Perché avevo bisogno di…”, “Perché mi hanno detto che sono disobbediente, che sono superbo, che voglio fare il diverso, che non devo più andare neanche a Messa, che ne so di più di tutti e di tutto… e insomma, poi, alla fine, Padre…”

Ma, tolta la nostra coscienza, a noi cosa rimane?

Vi rendete conto che noi renderemo conto a Dio esattamente di questo? Di quello che avremo fatto in coscienza o di quello che non avremo fatto in coscienza? Se la nostra coscienza ci dice di andare a sinistra, noi non possiamo andare a destra, non si può, che lo dica il mondo intero, chiunque esso sia, noi non possiamo andare contro la nostra conoscenza, perché vuol dire andare contro ciò che Dio ci sta dicendo in questo momento. Non si può. Certo, dovrò formare la coscienza, dovrò rendere la mia coscienza il più precisa e rigorosa possibile, la più illuminata e aderente possibile alla Volontà del Padre, ma contro la coscienza non si può andare. Fino a qualche tempo fa la coscienza era tutto, guai ad andare contro coscienza, adesso invece si può e si deve andare contro coscienza, perché ci sono delle cose che sono diventate più importanti della coscienza. 

“Oggi devi mangiare le more”. Ma la mia coscienza mi dice che io non le devo e non le posso mangiare.

“No, lo fanno tutti, per il bene di tutti tu devi mangiare le more, perché se non mangi le more, poi se succede qualcosa è colpa tua”.

Ma stiamo scherzando? Ma siamo impazziti? Ma dove è scritta questa cosa? Dov’è scritta la prova oggettiva di questa cosa? 

Da nessuna parte! Per questo dobbiamo essere il sale e la luce. 

Il sale non è che ha un po’ sapore e un po’ no, la luce non è che un po’ c’è e un po’ non c’è. O c’è, o non c’è. 

Noi dobbiamo formarla questa coscienza, dobbiamo avere una coscienza certa. Oltre che retta la coscienza deve essere certa, cioè devo sapere in cosa credo e perché credo e perché mi comporto in un certo modo e perché dico certe cose.  Non posso andarci contro, anche se tutti dovessero andare da un’altra parte, io non posso. 

Questo è quello che diceva San Tommaso Moro quando tutti sono andati contro il Papa e contro il Vangelo. Ricordate la questione dell’adulterio e del Re Enrico VIII che voleva andare a seconde nozze ma non poteva, quindi voleva farsi annullare il Sacramento? Insomma un pasticcio. E S. Tommaso Moro dice: “io non posso dire che va bene, perché questo è un adulterio”. Allora lo chiudono nella torre e poi lo uccidono. Va bene. Ricordate che vanno a dirgli: “Tu chi ti credi di essere? Tu che eri il gran cancelliere del Re, guarda il Re quanta fiducia ha messo su di te, quanta stima ti ha dato, ti ha ricoperto di doni, sei diventato l’uomo più importante del Regno, dopo il Re c’è il Gran Cancelliere che eri tu, guarda che traditore, che ingrato, che perfido che ti sei ribellato al Re, e lui che ti chiede solo una firma e tu che pandemonio tiri in piedi, ma chi credi di essere? Ma chi sei! Tu sei un infame! Sei uno che ha rinnegato il suo Re! Tu devi obbedienza al Re! L’hai rinnegato, con tutto quello che ha fatto per te, ma ti rendi conto?”

Dicono questo a San Tommaso Moro. Poi arrivano altri, sono due “falangi armate”: prima quella del dovere civico, poi quella del dovere religioso e qui il ricatto è ancora più potente perché dicono: “Ma tu chi sei? Non sei neanche un prete. Ti rendi conto che tutti i Vescovi e tutti i preti di Inghilterra hanno firmato? Tu vorresti dire che tu sei più santo, più vero, tu vedi di più di tutta la Chiesa d’Inghilterra? Tu vedi di più di tutti i Vescovi e di tutti i Cardinali di Inghilterra e di tutti i monaci e le suore di Inghilterra? Ma ti rendi conto che tu sei peggio di Lucifero per superbia? Tu sei oltre Lucifero! Tu devi obbedire a quello che il Vescovo e la Chiesa ti sta dicendo!”

Ma San Tommaso Moro risponde e dice: “È vero che io devo essere tanto riconoscente al Re per tutti i doni che mi ha fatto, è vero che devo obbedire, ma non posso obbedire contro la mia coscienza.”

E loro gli dicono: “Tu sei solo, ti rendi conto? Sei rimasto solo”

E lui risponde: “Io non sono solo, perché se anche tutti i Vescovi, tutti i Cardinali, tutti i Sacerdoti di Inghilterra hanno firmato, io comunque sono in compagnia di tutti i Santi Martiri del Cielo. Questa cosa è scritta nel Vangelo e io non posso andare contro il Vangelo. La mia coscienza mi dice che questa firma non la posso mettere.”

Andate a vedere, se non volete leggere tutte le sue memorie, il film bellissimo che c’è su San Tommaso Moro. 

Così come San Tommaso Becket, stessa cosa, stessa situazione, stesso problema: lui rifiuta di ritirare la scomunica al Re e per questo motivo viene ammazzano sull’altare mentre sta celebrando. Il Re lo vuole Arcivescovo e lui diventa Arcivescovo. Siccome poi S. Tommaso Becket prende sul serio questo impegno, quando viene ucciso un Sacerdote e non viene fatto un giusto processo perché il Re non vuole andare contro a un principotto, non viene fatta giustizia, l’Arcivescovo scomunica il Re. C’è un rito, si vede nel film, un rito molto simbolico quando l’Arcivescovo pronuncia la scomunica solenne in chiesa, con tutti i monaci. Si vede il gesto simbolico in cui le candele vengono capovolte e gettate per terra: una scena terribile che rende proprio il senso della morte, una cosa terrificante da vedere, fa venire la pelle d’oca. Nonostante l’amicizia che legava S. Tommaso e il re, S. Tommaso non fa un passo indietro e per questo lo ammazzano, lo trafiggono con una spada in Chiesa. 

Sono martiri della loro coscienza, non potevano fare diversamente. S. Tommaso Becket non può fare diversamente perché doveva fare giustizia a quel Sacerdote che è stato ucciso ingiustamente. “Se tu farai giustizia la ritiro, se no, no.” Il Re non lo fa e lui non la ritira.

Noi non possiamo diventare bandiere che girano dove gira il vento, non possiamo dire sì, quando è no, o viceversa. Non possiamo fare finta di non vedere come i vigliacchi e se dobbiamo morire, moriamo. Dovremo morire prima o poi, almeno moriamo in modo bello, moriamo per amore, per qualcuno che ha il nome Gesù. Quindi io le more non le mangio, tu puoi dire tutto quello che vuoi e puoi farmi tutti i ricatti che vuoi, non mi interessa. Io le more non le mangio! 

San Tommaso Moro è stato l’unico ad avere ragione di tutta quella porzione della Chiesa, perché lui non è andato contro il Papa, non ha potuto firmare contro il Papa e gli altri si sono tutti ingannati. 

La Verità non va a chili, i testimoni non si contano, si pesano, non dimenticatelo. Non ha importanza se qualcosa viene affermato da uno o da centomila. Quello che conta è ciò che è vero e la Verità non può essere relativizzata, contestualizzata: “È vera, ma poi questo assoluto della Verità va sciolto nella storicità”. Che vuol dire: facciamo quello che vogliamo. No, non si può. Questa cosa è vera ed è vera sempre, fine. E non posso andare contro la mia coscienza, non si può, quindi le more non le mangio, ma senza stare a fare polemiche, non serve a niente, lasciate che dicano tutto quello che hanno voglia. “Questa è la mia coscienza, e qui non ci entra nessuno se non Dio solo”. Solo Dio entra lì. 

 

Oggi andiamo avanti un pezzettino con questo testo di Mons. Fulton Sheen, che circa la verità non scherza, come avrete notato. Lui scrive libri fantastici, ha scritto delle opere meravigliose, tutte, una più bella dell’altra, ce n’è una sui personaggi della Passione che ti rivolta altro che come un calzino. Mi piacerebbe leggervela. Lui era un uomo di verità, stava davanti a Gesù Eucarestia, non si può essere che così, poi. Leggiamo dal testo “Il Sacerdote non si appartiene”, perché appartiene a Gesù.

“L’Ora di Adorazione ci dà saggezza. L’adorazione quotidiana dell’Eucaristia non era soltanto implicita nel tipo di prefigurazione costituito dalla manna, ma lo è anche nel modo in cui viene elargita la saggezza a chi rispetta le condizioni necessarie. Nostro Signore disse che chi avrebbe fatto la sua volontà avrebbe conosciuto la sua dottrina. Ciò significa che, dapprima, bisogna conoscere per amare, ma che in seguito è l’amore ad approfondire la conoscenza.”

Prima devo conoscere. Se io non conosco la mia fede, il motivo radicale vero, o i motivi radicali veri e profondi per cui decido di non mangiare le more, allora è inutile, facciamo la parte degli irretiti. Devo conoscere le ragioni della mia fede, devo conoscere le ragioni del perché dico sì e del perché dico no, devono essere fondate, non campate per aria, sul sentimento. E da lì non si viene indietro. Se decido di non mangiare le more, non mangio le more, fine della discussione: ho queste ragioni, porto le ragioni e poi è inutile stare lì a discutere, perché tanto non serve. Con l’ideologia non si discute.

Coloro i quali hanno deciso di non ricevere l’Eucarestia se non in bocca devono motivarlo, devono avere le loro ragioni, come le devono avere coloro che ricevono l’Eucarestia in mano. Tutti dobbiamo avere delle ragioni per cui facciamo dei gesti — non possono essere campate per aria — una volta che ho queste ragioni e che sono alla mia coscienza evidenti, da qui non si torna indietro, perché se no siamo delle banderuole. Bisogna essere fedeli alle proprie ragioni, ma queste ragioni devono essere fondate, quindi uno che dice: “Io non voglio ricevere la comunione in mano ma solo in bocca”, ha diritto di farlo perché la Chiesa gli riconosce questo diritto. Nessun Vescovo, nessun Papa e nessun Sacerdote, nessuno si è mai sognato — e, speriamo, si sognerà mai, perché sarebbe la follia pura — di imporre i Sacramenti. I Sacramenti non possono essere imposti contro la volontà, sarebbe una violenza inaudita, non posso costringere una persona a sposarsi, a diventare prete, a battezzarsi, a confessarsi e non posso costringere una persona a fare la Comunione Sacramentale. Non si può costringere nessuno a un Sacramento, quindi siccome nessuno può essere costretto, uno dice: “Io la Comunione la faccio solamente in bocca per queste ragioni”. Non è possibile? Faccio la Comunione Spirituale, e nessuno può dire niente, perché non sto disobbedendo a nessuno, perché nessuno ha mai detto: “Devi fare la Comunione e devi farla in bocca o in mano”.

È stato solamente detto che chi fa la Comunione, la faccia in mano, in Italia è così. Va bene, io non faccio la Comunione e non c’è nessun problema, faccio la Comunione Spirituale. Sono libero di farla? Sì. La Chiesa me lo permette? Sì. È un diritto che mi riconosce? Sì. Basta. Il discorso è concluso lì. Non ti piace? Mi dispiace, problema tuo, guarda altrove. 

E certamente uno che prende questa decisione così importante nella sua vita, secondo me, deve aver letto il libro di don Federico Bortoli, questo libro va letto, perché se non non sappiamo di cosa stiamo parlando. 

Vi prego, non usiamo l’espressione: “Perché a Gesù non piace”. O si procede in modo rigoroso e serio, citando le fonti e portando le prove, oppure per favore non facciamo i bambolotti. Prendete questo bellissimo libro, è un po’ grande, ci vuole un po’ di tempo, ma ne vale la pena, perché l’Eucarestia è il cuore della Chiesa. Uno lo prende, lo legge, se lo studia e alla fine dice: “Sì, ok, la mia decisione è confermata”, oppure “La mia decisione non è confermata”. Benissimo. 

La Chiesa mi permette di fare la Comunione in mano? Allora vado a fare la Comunione in mano, ma in un caso o nell’altro devo essere cosciente di quello che sto facendo. Io direi anche a chi fa la Comunione in mano di andare a leggersi il libro di don Federico. Per essere veramente consapevole di quello che fai, leggi il libro di don Federico Bortoli, perché così sai dove nasce questa cosa e sai che valore ha, perché anche chi fa la Comunione in mano non sa queste cose. A tutti direi di leggere questo libro  perché tutti dobbiamo conoscere come stanno le cose, come sono andati i fatti e cosa vogliono dire, in un modo o nell’altro. 

Poi uno prende le sue decisioni in coscienza e delle decisioni che prende lui e solo lui renderà conto a Dio. Nel giorno del Giudizio tu e solamente tu renderai conto a Dio delle decisioni che tu hai preso in coscienza e dei motivi che ti hanno spinto a prenderle. 

Non so quante volte ho detto queste cose, quante volte che le ho ripetute. 

Quindi, prima devo conoscere, conoscendo amo, dice Mons. Fulton Sheen, poi l’amore sarà colui che approfondirà la conoscenza. 

“La mente del Sacerdote che vive accanto alla porta del tabernacolo viene rischiarata in maniera particolare. L’intelletto e il cuore del Sacerdote sono meglio guidati quando cercano il Signore Eucaristico alla luce dell’alba. E viene rinsaldato anche il giovane Sacerdote che comincia la sua guardia alla porta del tabernacolo nei primi giorni del suo sacerdozio.”

Queste parole non potete immaginare quanto siano vere, fondamentali e importantissime, sono una più vera dell’altra, persino le virgole sono vere. Mi viene in mente il beato Duns Scoto che studiava in Chiesa davanti al Tabernacolo e infatti ha ricevuto il dono dell’intelligenza, ed è stato chiamato il “Dottore Sottile”. Proprio a lui, che faceva veramente fatica, che non capiva nulla, la Madonna ha ottenuto il dono dell’intelligenza ed è stato chiamato il “Dottore Sottile”, perché è colui che ha dimostrato, molto tempo prima che fosse proclamato, il dogma dell’Immacolata Concezione, dimostrandolo e argomentandolo contro i Domenicani che invece dicevano che non c’era. Non è come adesso che parliamo di tutto, in quel tempo ogni termine aveva un valore, ed era tutto in latino, tra l’altro.

“L’intelletto e il cuore del Sacerdote sono meglio guidati quando cercano il Signore Eucaristico alla luce dell’alba.”

Mi colpisce sempre la figura di don Dolindo Ruotolo, il quale dormiva per notte circa due-tre ore, si svegliava alle due di notte, faceva dalle due alle cinque la sua preghiera e poi iniziava a scrivere. Lo scrivere era il frutto della preghiera. Guardate che cosa ha scritto quell’uomo, quanto ha scritto e che cosa ha scritto! Ha scritto un’opera sul Sacerdozio, un volume enorme, è scritto talmente fine che quando la leggo mi vengono fuori gli occhi, credo che non riuscirò a leggerla tutta nella mia vita! E il commentario che ha fatto sulla Scrittura… Lui era tutto Eucaristico. Ovviamente la sera non stava fino a mezzanotte a fare i canti e balli, a bere e mangiare, no. 

Un giovane Sacerdote dovrebbe proprio cominciare i suoi primi giorni così, facendo la guardia alla porta del Tabernacolo. 

A questo punto vorrei leggervi, sempre all’interno di questo libro “Il Sacerdote non si appartiene”, una parte che riguarda proprio i seminaristi, scritta da Fulton Sheen:

Terza applicazione: vocazione e stato di vittima

“I seminaristi dicono: «Sto studiando da prete».”

Un giovane Sacerdote viene dal seminario o comunque dal convento, ma dopo un tempo di studentato. 

“Ma quale seminarista dice o soltanto pensa: «Sto studiando per diventare un Sacerdote-vittima»? Noi siamo pronti ad affermare la dignità del nostro sacerdozio con immediata reazione contro quanti si dimostrano irriverenti.”

Ci sono alcuni che basta che qualcuno gli tocchi un po’ il codino, si rivoltano dicendo: “Io sono Sacerdote!”

“Ma quando mai siamo pronti ad affermare l’indegnità del nostro stato di vittima? Noi proclamiamo con compiacenza che il nostro Sommo Sacerdote è, a un tempo, Offerente e Offerto, ma non diciamo spesso che offriamo la Messa, senza mai pensare che nella Messa noi siamo anche offerti?”

Vi domando: “Quando è stata l’ultima volta che avete sentito parlare di: “Sacerdote vittima”? 

“Nostro Signore non vuole più capri o vitelli. Egli vuole quelli che «…hanno crocifisso la loro carne con le passioni e le voglie» (Gal 5, 24). Sant’Agostino dice che non è necessario cercare al di fuori di sé una vittima da offrire a Dio. Ciascuno ha dentro di sé qualcosa che può crocifiggere.

Non potrebbe darsi che una delle ragioni della scarsità delle vocazioni vada ricercata nel non mettere noi, nel dovuto rilievo, il sacrificio nelle menti dei giovani?”

Sì, assolutamente sì.

 “Nei giovani vi è uno spirito d’abnegazione che noi sottovalutiamo. Essi vogliono un grande ideale, desiderano di essere provocati a una sfida.”

Figurati, noi gli presentiamo un Vangelo che è glassa e melassa, un Vangelo tutto “buonismo senza limitismo”! La mia vita da Sacerdote cos’è? L’immersione in un grande babà? È questo? È: “ma sì dai, tanto tutto va bene”?

Mi hanno mandato una lettera uscita su un blog importante di alcuni cristiani cattolici austriaci, mi pare. A leggere quella lettera lì c’è da rabbrividire. Se quello che loro raccontano è vero, se quella lettera è autentica, c’è da morire per quello che sta succedendo in Germania. Se è vera quella situazione che scrivono e se è vera quella lettera, è una situazione veramente drammatica. Quando ho finito di leggerla sudavo, è un grido disperato ma sembra di qualcuno che scrive dalla Cina non dalla Germania.

Sulla scarsità delle vocazioni anche io concordo con Mons. Fulton Sheen: viene dallo scarso rilievo che noi diamo al sacrificio nelle menti e nei cuori dei giovani, allo spirito di abnegazione che, siccome non l’abbiamo noi — perché facciamo tutto quello che vogliamo, quanto vogliamo, dove vogliamo e con chi vogliamo perché tanto c’è il “buonismo senza limitismo”, è tutto glassa e melassa — non possiamo andare a dirlo agli altri . Non ci viene fuori dalla bocca. Siamo noi i primi che non crediamo nell’abnegazione della mente e del cuore, siamo noi i primi che non abbiamo grandi sfide, grandi ideali da proporre. 

Che grandi ideali abbiamo da proporre? Quali sono i grandi ideali che noi proponiamo? “Tanto Gesù ha già pagato tutto sulla Croce, questo è il tempo della terra del Bengodi”, si dice. Vaglielo a dire a Santa Gemma Galgani.

“Quando ci adeguiamo al tipo di pubblicità che viene usato per vendere un dentifricio, quando impieghiamo la tecnica commerciale nella nostra propaganda delle vocazioni, i giovani in cuor loro disdegnano la nostra lontananza dalla Croce. Ed ecco allora che reclutiamo più i frutti della propaganda che i degni frutti di penitenza.”

Veramente è un Vescovo incredibile! In tre righe ha spazzato via tutto quello che si fa oggi. Certo, se noi proponiamo il Vangelo come proponiamo un dentifricio, è vero, se la linea commerciale che noi usiamo è quella che sostituisce la linea della penitenza, cosa raccogliamo? I frutti della linea commerciale, ovvio. Non ci sono frutti della penitenza perché non facciamo penitenza.

“Non potrebbe anche darsi che la nostra negligenza a essere vere vittime scoraggi coloro che entrano in seminario e li dissuada dal perseverare nella vocazione sacerdotale?”

Certo. Ma noi Sacerdoti quando ci svegliamo al mattino pensiamo che siamo vittime che camminano? Pensiamo che stiamo andando all’altare a celebrare il nostro essere vittima? Ma se appena finisce la Messa la prima cosa che facciamo è bere il caffè e metterci a parlare con la brioche tra i denti, questo è di un’anima vittima? Padre Pio non faceva così, non perché era un “devotone” ma perché se tu sull’altare hai partecipato al sacrificio in Croce di Cristo, tu non puoi dopo la Messa prenderti cappuccio, brioche, e mandarino e mangiarteli uno in fila all’altro. Non ti viene proprio perché sei lì che fai i singulti, perché stai contemplando un Mistero che ti sovrasta, sei in una pozza di lacrime, tutto sconvolto. Capite? Ma voi lo capite molto bene, lo so, siamo noi che non lo capiamo, purtroppo. 

 “Diciamo loro che non possono sperare di divenire buoni sacerdoti se ogni mattina, prima della Messa, non fanno la meditazione; ma poi non succede anche a noi, talvolta, di saltare direttamente dal letto all’altare? Forse che questo non scandalizza i seminaristi?”

Sapete che a leggere queste parole mi sento morire? Mi sento il fiato in gola che mi si smorza. Se avessi qui Mons. Fulton Sheen lo abbraccerei, gli direi “grazie”. Non si può essere buoni Sacerdoti se prima della Messa non si fa una degna meditazione, non si può saltare dal letto all’altare, non si può arrivare all’altare e dire: “Accidenti, ho dimenticato sul comodino gli occhiali!” Scusa ma fino ad ora come hai fatto a vederci? “E no, sono appena arrivato” Come sei appena arrivato? La Messa è alle 7.00, ti sei svegliato alle 6.45? Come è possibile?

Questo scandalizza i seminaristi, lui si chiede, io aggiungo che questo scandalizza tutti, perché la gente se ne accorge, perché non è normale che si vada ad aprire una Chiesa alle 7.00, ad esempio, perché la Messa è alle 7.30, e tu alle 7.25 non vedi ancora in Chiesa nessun prete a prepararsi. Ci sono i fedeli fuori che appena aprono la Chiesa, riempiono la Chiesa alle 7.00 e io Sacerdote arrivo alle 7.28.

“Ma io ho tanto da fare”

Guarda, stella, che ce l’hanno anche tutti gli altri tanto da fare. Ci sono le mamme che hanno i figli da portare a scuola, i papà che devono farsi 40 km per andare a lavorare, la mamma che poi deve andare a fare la spesa e poi pulire la casa, lavare, stirare… tutte cose che tu non devi fare.”

E loro come fanno? La mamma che è stata su fino alla sera a mezzanotte a lavare, pulire, stirare, mettere a posto la spesa, e pulire il gabinetto, cosa dovrebbe dire? Il papà che si è svegliato 6 volte in una notte, che ha dormito 1 ora forse, perché il suo bambino continuava a piangere, cosa deve dire? Eppure è li a Messa, è lì a Messa mezzo morto, ma è lì alle 8.00 per fare la meditazione. Lui c’è, ma io dove sono? Io dove sono? A fare cosa? Poi ovviamente dicono a me che Fulton Sheen non è più di moda e si dice che uno è rigido, che uno è bianco e nero, che uno è arrogante, fondamentalista. Io diversamente non riesco a ragionare, sarò sbagliato, io non ci riesco e non voglio perché queste parole che dice Mons. Fulton Sheen sono vere, e io, in coscienza, non posso dire che siano false, che siano retrograde, rigide, sbagliate, inattuali, fuori contesto e fuori tempo. No. Sono state scritte ieri queste cose, sono assolutamente contestuali ad oggi. 

 “Quanti, invece, rimangono edificati, nel vedere i loro professori prendere parte di buon mattino alla loro meditazione e ai loro esercizi spirituali! Senza un tale esempio possono facilmente giungere a concepire la spiritualità come qualcosa da mettersi in pratica soltanto fino al giorno dell’ordinazione.”

Certo il seminarista può pensare: “Io devo fare questa cosa ma gli altri, i grandi capi, non la fanno. Allora diventato prete non la faccio più, perché è un “di più” che tocca fare a me che sono in formazione, poi una volta che esco, non la devo fare più.”

Parole più attuali veramente non poteva assolutamente dirle.

Siamo arrivati un po’ alla conclusione di questa meditazione, domani è il 9, vi chiedo un ricordo speciale perché in quel giorno, la memoria di questo evento, di questa consacrazione [la mia ordinazione sacerdotale], l’avete capito…, non c’è bisogno che vi dica il perché, il perché lo affido a voi, va bene, così pregate per me. E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga 

 

 

Martedì della X settimana del Tempo Ordinario

VANGELO (Mt 5, 13-16)
Voi siete la luce del mondo.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

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