Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: «”Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio” (Gv 5,14)»
Martedì 21 marzo 2023
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Gv 5,1-16)
Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a martedì 21 marzo 2023.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo quinto di San Giovanni, versetti 1-16.
Come sempre, cerchiamo di lasciarci guidare dalla parola di Dio, da quello che lo Spirito Santo vuole dirci attraverso il Vangelo della Santa Messa di oggi. E come sempre cerchiamo di seguire passo passo il cammino che ci fa compiere la parola di Dio.
Quindi: siamo in un tempo di festa, Gesù sale a Gerusalemme e lì c’è una piscina chiamata Betzatà, che ha cinque portici, e lì stavano in un gran numero di persone malate. Uno in particolare, erano 38 anni che era malato, che non stava bene. Gesù, quindi gli propone di guarire. E lui non dice sì o no, dice: “Io vorrei entrare nella piscina ma un altro entra prima di me e quindi… — perché l’angelo muoveva l’acqua della piscina e il primo che entrava era guarito, ma chi entrava per secondo no! Siccome nessuno sapeva quando l’acqua veniva mossa, lui non faceva mai in tempo.
Gesù gli dice:
«Prendi la tua barella e cammina».
È il solito problema: Gesù i miracoli li fa di sabato. E quindi siamo al problema dell’altro giorno: il cieco nato, di sabato. Quest’uomo malato — presumibilmente doveva essere un paralitico, perché Gesù gli dice: “Prendi la tua barella e cammina” —, anche questo di sabato.
Poi non solo fa il miracolo di sabato, che non si può assolutamente, ma in più gli dice pure: “Prendi la barella”. Che voglio dire proprio… Gesù è veramente incredibile. Mostra sempre una libertà, una libertà dalla quale dovremmo imparare noi. Proprio la libertà di spirito, da avere verso tutto e tutti. Una grande libertà di spirito. E poi è libero lui.
Perché a uno viene da dire: “Già il miracolo sarà una tragedia, perché poi lo verranno sapere, ti immagini? Già è successo col cieco, adesso lo fai col paralitico; ma almeno non dirgli di prendere la barella! Lo sai che non si può fare, perché gli dici di prendere la barella? Ma cosa ti interessa di prendere la barella? Ma lascia lì ‘sta barella. Guariscilo, che vada, e la barella la butti via”. No: “Prendi la tua barella e cammina”.
È un gesto simbolico, come a dire: “I tuoi 38 anni non fanno parte di una storia che non esiste più, portali con te. Non è che siccome sei guarito quei 38 anni passati sono evaporati. Quella barella che tu porti — prima era lei che ti portava adesso sei tu che la porti — quella barella che tu porti sia lì a ricordarti ciò che hai ricevuto, sia lì a ricordarti il male che hai vissuto, la sofferenza che hai patito”.
Quel giorno però era un sabato.
Ecco, immaginatevi, non appena sentiamo questa frase, già li vediamo arrivare.
Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella».
Eh, certo!
“Ci sono delle regole da rispettare e tu le devi rispettare” — “Ma io sono stato guarito!” — “Sì, vabbè, è più importante che tu rispetti queste regole che non vivere la gioia dell’essere guarito, che non il fare ciò che ti è stato detto da chi ti ha guarito” — “Visto che voi non siete capaci di guarire niente, forse è il caso che io obbedisca a chi mi ha guarito”.
Lui cosa risponde? “Ma io l’ho fatto perché chi mi ha guarito mi ha detto di farlo”.
«Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”».
E subito:
«Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina?”».
Notate, non gli chiedono: “Chi è l’uomo che ti ha guarito?”, che era la prima domanda più intelligente da fare, la più logica.
Ma qui è un problema di logica, ve lo dico sempre! I giudei, qui descritti, perdono la logica. Ma non è un problema solo loro, per cui uno sta tranquillo e dice: “È successo a loro”. No, questo è un problema di tutti coloro che condividono questo status interiore, che è quello che abbiamo spiegato pochi giorni fa sul cieco nato.
Quindi non: “Come è successo? Che bello! Sei guarito! Allora, raccontaci”. No: “Chi ti ha detto di prendere la barella?”.
Il bene fatto da Gesù, il bene incredibile — 38 anni di paralisi, non sono tre giorni — il miracolo compiuto da Gesù, 38 anni di malattia sanati in un soffio, quest’uomo che cammina: tutto completamente vaporizzato, non c’è più. C’è solamente il fatto della barella e lui che la porta.
A chi è ipocrita, a chi è colluso, a chi è corrotto dentro, colluso col male, a chi è entrato in compromesso col male, a chi conduce una vita mediocre, non interessa la realtà, non la vede, non interessa la verità, non la vede. Interessano le sue regole, cioè le sue sicurezze. Guardate, ognuno ha le sue. Anche la persona più sregolata che ci sia ha le sue regole: la sregolatezza è una regola, l’accidia diventa una regola, la mancanza di attenzioni, di cura, una regola, la superficialità, una regola, fare le cose male, è una regola. È tutto una regola, tranne che la realtà.
Che uno dice: “Scusami, va bene, è vero tutto, ma lo vedi che cammina, è 38 anni che non camminava, lo stai vedendo che cammina. Ma cosa ti interessa se c’è o no la barella, ma lascia perdere! Quello sta camminando, è 38 anni che era paralitico, ma concentriamoci su questo fatto!” — “No, ha in mano una barella ed è sabato. Punto. Questo la legge non lo permette”.
E voglio dire, neanche Gesù riesce… Se neanche Gesù può qualcosa contro l’ipocrisia, contro la collusione interiore, contro chi ha venduto la propria integrità al consenso, al potere, a tutto quello che volete… ricordiamoci San Tommaso Moro, con quello che ha vissuto, con il processo farsa che ha avuto. Guardate, ne abbiamo di esempi nella storia della Chiesa che sono fortissimi, santi e martiri che hanno vissuto esattamente questo.
Il paralitico però non sapeva chi fosse quello che l’aveva guarito. E uno dice: “Va bene, non sai chi è, ma visto il modo in cui te l’hanno chiesto e visto che questa cosa genera un problema, forse magari meglio lasciar perdere, perché questi qui non vogliono sapere chi è stato per andargli a regalare un mazzo di fiori, ma vogliono sapere chi è stato per altri motivi”.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio».
Attenzione: “Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio”. Questa frase di Gesù, vi prego, teniamola lì. Non affrettiamoci subito, come fanno gli scribi e i farisei, a doverla inscatolare e metterla via, a etichettarla e dire: “Ah sì, ma qui vabbè, voleva dire…, voleva…”, teniamola lì.
Perché questa frase di Gesù va messa insieme a quella di quella due, tre giorni fa, quando abbiamo letto nel Vangelo che gli chiedono: “Ma Signore, quest’uomo è cieco dalla nascita per colpa sua o per colpa dei suoi genitori?” e lui dice: “Né per l’uno né per l’altro, ma è perché in lui si manifestino le opere di Dio”.
Bene, qua stessa situazione di malattia, là era un cieco nato, qui un paralitico da 38 anni, ma la diagnosi di Gesù è completamente all’opposto. Se là la ragion d’essere di quella malattia era perché si manifestino in lui le opere di Dio, qui c’è un legame col peccato.
«Non peccare più»
Non l’ha detto al cieco nato, ma a questo paralitico sì.
Infatti, che qui ci sia qualcosa che non va e che qui ci sia dentro una radice di male, lo vediamo subito dopo.
Il cieco nato difende Gesù, che vuol dire difende la verità, difende i fatti, difende i dati di fatto e poi alla fine lo riconosce come il Signore, il Kyrios; quindi, alla fine si prostra e lo riconosce come tale e non fa niente di male a Gesù, anzi, lo difende. Ricordate il dialogo con i giudei?
Qua invece non è così. Si capisce che quello che sta dicendo Gesù, è proprio, esattamente così. Appena sente questa frase, lui che cosa fa? Se ne va e va a dire ai giudei che era stato Gesù a guarirlo.
Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
Siamo al capitolo quinto di San Giovanni, in Marco succede al capitolo terzo — siamo proprio all’inizio — perché guarisce quello della mano inaridita in mezzo all’assemblea.
Torniamo un attimo indietro. Ma allora che legame c’è? La malattia dipende dal peccato sì o no? Può essere. Noi non sappiamo quando è sì e quando è no. Lo sa Dio. Può essere sì, può essere no, non è sempre sì e non è sempre no. Ci può essere un legame con il peccato, ci può essere invece un legame con le opere di Dio.
E allora Gesù gli dice non peccare; in questo caso gli dice: “Non peccare più” perché già quello che ti è capitato, 38 anni paralitico, non è stato uno scherzo. Stai attento che non accada qualcosa di peggio; perché, mentre nel cieco nato quella malattia è servita alla manifestazione delle opere di Dio — che vuol dire tutto quello che abbiamo letto e meditato in quel Vangelo bellissimo del cieco nato — così qui il peccato è morte, il peccato è proprio malattia è la malattia dell’anima.
Non stiamo parlando del peccato “Ho mangiato il cioccolato un po’ di più di quello che dovevo”, non stiamo parlando di questa cosa. Stiamo parlando proprio di una struttura interiore, di un qualcosa che proprio profondamente non va bene, che non è secondo Dio. Sto parlando del peccato mortale, di quello che proprio ci separa dal Signore. Questo, in questo Vangelo che abbiamo ascoltato, è reso molto bene dalla sua paralisi.
C’è un legame misterioso che, per grazia del Signore, noi non possiamo sondare più di quel tanto, c’è un legame misterioso tra la malattia e le opere di Dio che si manifestano, tra la malattia e il peccato, c’è un legame.
Anche a Fatima, vi ricordate, si evidenzia la stessa cosa: quando Lucia chiede di guarire i malati, la Madonna dice: alcuni sì, alcuni no. E poi lo spiega: quelli che è no, è perché Gesù non è contento di loro, devono convertirsi. C’è un legame, però noi ci dobbiamo fermare sulla soglia, come si suol dire, arriviamo fin qui e basta, e poi non dobbiamo andare oltre. Quindi non dobbiamo mai metterci a dire di un altro: “Ah, questo è per castigo, questo per quell’altro” no, perché noi non lo sappiamo.
Il soggetto che vive questa situazione lo può sapere? Non lo so. Guardate, secondo me, io credo che se ci preghiamo sopra bene, possiamo avvicinarci un pochino. Se io sono in questa situazione credo che qualcosa la coscienza mi aiuti a capire. Credo che con un cammino di fede buono, con una preghiera vera e intensa, una meditazione costante, sincera, io credo che il Signore mi aiuti, mi possa aiutare a capire, a trovare la risposta a quella domanda: ma la mia malattia è dovuta ad “A” o a “B”? Qual è l’origine?
Anche un fatto estemporaneo che ci succede, una qualunque cosa non bella che ci accade: è legata ad “A” o “B”?
Ribadisco per la trecentesima volta: il castigo non è mai fine a sé stesso, veramente solo uno sciocco può pensare che il castigo di Dio sia fine a sé stesso, perché un padre non castiga mai per il gusto di castigare. Il castigo ha sempre, come ragion d’essere, il riportare l’uomo dentro di sé. Il fermarlo e riportare l’uomo nella propria interiorità, nel proprio auto conoscimento.
Ricordate la parabola del Figliol prodigo? Ecco, è quando non gli danno neanche le ghiande dei maiali che allora lui si ferma e comincia il ragionamento. Questo è lo scopo del castigo, che a noi oggi fa tanta impressione. In realtà ogni castigo, anche di quello del nostro padre, della nostra mamma sulla terra, funziona così. Devi riflettere sul male che hai fatto, questo è il senso del castigo. E allora che cosa succede? Una cosa molto brutta. Credo che sia proprio esattamente il peccato del peccato, il peccato dei peccati. Gli dice non peccare più e lui va a peccare immediatamente.
Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo.
Guardate, è una mia supposizione, datele il peso che ha, cioè 0,1, però io credo che l’abbia fatto perché si offeso. Il motivo di questa delazione è la permalosità: si è offeso, era superbo. Sentirsi dire “non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio”… l’ha presa male, l’ha presa molto male. E quindi, siccome lui sapeva come funzionava la legge e sapeva perché loro gli avevano detto: “È sabato, non ti è lecito di portare la tua barella” deve aver pensato: “Se io gli vado a dire che il suo nome è Gesù lo vado a vendere”, ma tant’è. Un miracolo finito in persecuzione di Gesù, come capita spesso; il dono di Dio usato contro Dio. Interessante.
riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo
Ma come? Ti ha guarito e tu lo vai a vendere? “Eh, sì, è vero che mi ha guarito, ma ha fatto anche verità dentro di me e io non la volevo”. Questo è il punto, dobbiamo stare molto attenti. Dobbiamo stare molto attenti a dire la verità. Che non vuol dire mentire, assolutamente, ma vuol dire che dobbiamo essere pronti: quando diciamo la verità, se la diciamo a una persona che non è disponibile, anche se abbiamo fatto un bene immenso, come liberarlo da una malattia di 38 anni, quella persona poi si vendica. Diventa un atto di odio, perché si sente offesa dalla verità.
La verità è una grande luce. Solo che bisogna vedere se io la voglio. Se io non la voglio e tu me la dai io ti consegno alla persecuzione. Guardate che la permalosità è una bruttissima bestia. Un mio professore ci diceva, lo diceva a tutta la classe, diceva sempre: “Due cose non dovete mai presumere negli altri: che abbiano l’intelligenza e l’autoironia”.
Aveva ragionissima. Soprattutto coloro che mormorano, che calunniano e che parlano nel segreto, dietro alle spalle delle persone, soprattutto quelli che abbiamo visto l’altro giorno, che non hanno il coraggio delle loro idee, che vivono nel bidone dell’umido e sguazzano dentro quel buio marcescente; sono i primi ad essere permalosi, sono i primi a non accettare assolutamente nessuna critica, anzi, anzi… Prova a dire anche solo mezza virgola e viene giù il mondo. Però, degli altri e sugli altri sono capaci di dire le cose più terrificanti possibili.
Quindi chiediamo al Signore, oggi questa bellissima grazia, di lasciarci raggiungere dalla verità sempre, di non essere permalosi, che è sintomo di stupidità, tra l’altro. Il permaloso è uno stupido, è proprio stupido, è proprio tonto. Quando lo vedi, sembra di vedere la faccia di un porcello. Il permaloso assomiglia proprio anche quasi fisionomicamente a un porcello. È la faccia del tordo, di quello che tu lo vedi con questi occhi un po’ “suini”…
Guardate il volto di Padre Pio, guardate il volto del Cardinal Schuster, guardate il volto di San Giovanni Bosco, di Santa Teresa, di Santa Teresina, di Edith Stein… Guardate il volto dei santi, di santa Gemma Galgani: bellissimo, guardate che occhi che ha. Ecco poi vedete certi volti che uno dice: “Mah!… Mah!… Mah!”. Ogni tanto ci farebbe bene guardarci un pochino di più allo specchio.
Ecco, lasciamoci raggiungere dalla verità, non facciamo i permalosi, se c’è qualcosa che non va in noi, ringraziamo Dio se qualcuno ce lo dice, e avanti, cambiamo e facciamo tesoro di queste luci che riceviamo.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.