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Gesù gli rispose: “Va’, tuo figlio vive”. (Gv 4,50)

Guarigione del figlio del funzionario del re

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: «Gesù gli rispose: “Va’, tuo figlio vive”. (Gv 4,50)»
Lunedì 20 marzo 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 4, 43-54)

In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.
Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.
Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 20 marzo 2023.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo quarto di San Giovanni, versetti 43-54.

Tra le tante riflessioni possibili, mi permetto di sottoporvene almeno una.

La fede, avere fede, fidarsi, affidarsi, credere, ricordiamocelo molto bene, è un cammino, non è una lezione di matematica, che una volta imparata è imparata. La fede è un cammino. Potremmo dire che la fede si accresce o decresce in relazione al nostro cammino, c’è proprio un movimento che alle volte è anche fisico, che alle volte è simbolicamente espresso dal movimento fisico, alle volte no; ma di sicuro è un cammino.

 Che sia solo interiore, che sia interiore ed esteriore, è un cammino. E infatti se voi vedete questo incontro tra Gesù e questo funzionario del re, diciamo così, si esprime innanzitutto in questo scambio tra Gesù e il funzionario.

«Se non vedete segni e prodigi, voi non credete»

Questo è già un rimprovero di Gesù interessante che dobbiamo tenere lì, che adesso cerchiamo di approfondire.

E il funzionario gli dice:

«Signore, scendi prima che il mio bambino muoia»

Gesù non va, Gesù non dice “sì, vengo”, Gesù dice: vai tu.

«Va’, tuo figlio vive»

Cioè: vai tu con la mia parola e quindi con la tua fede. Vedremo la qualità della tua fede dalla prontezza del tuo cammino.

Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.

Vedete? Cosa poteva succedere? Poteva succedere che lui non riuscisse a credere, che decidesse di non credere, che cominciasse a fare domande: “Sì, però, ma aspetta, in che senso? no ma guarda, adesso te lo spiego meglio Gesù perché tu non hai capito bene che tipo di malattia ha, no ma tu devi venire, perché se non vieni non funziona, dai Gesù vieni, perché non vuoi venire con me, ma non mi vuoi bene?”

No! “Va’, tuo figlio vive”, punto.

Tu hai detto il problema: “Signore, scendi prima che il mio bambino muoia”. Dice il Vangelo:

“Gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio perché stava per morire”.

Gesù dice: “Va”.

Mi piace anche sottolineare questo movimento, fisico ma anche simbolico: “scendere”. Sicuramente era un movimento geografico, ma è bello vedere come di fatto la sofferenza, nostra o altrui, ci chiede di scendere da tante cose: dalla superbia, dall’orgoglio, dal non aver bisogno mai di niente e di nessuno. Ci chiede proprio di scendere e poi ci chiede questo cammino di umiltà, di ritorno in noi stessi. La sofferenza chiama l’uomo a scendere dai suoi piedistalli, dalle sue sicurezze e dalle sue certezze, da tutto ciò che ha costruito fin lì. E sale verso Dio, va da Gesù, sale verso Dio e poi con la parola di Gesù ritorna, scende nella sofferenza, sua o dell’altro. Ed è bella questa prontezza, vedete, un buon cammino di fede comincia con la prontezza: con i “sì”, i “ma”, i “però”, non si va da nessuna parte. Fine della discussione.

Questa è la fede: “Va, tuo figlio vive”. Lui era andato con un’idea, “Gesù vieni con me”, cioè scendi con me e Gesù dice: “No, torna tu con la mia parola”. Guardate che è un cambiamento potente, di prospettiva, è un cambiamento potente perché c’era un’idea, un’idea già ben chiara nella testa di quest’uomo: “Gesù deve venire con me”. Gesù si sottrae e cambia tutto, tutte le carte in tavola, dice: “No, io non vengo”. Chissà noi come avremmo reagito di fronte a questa frase di Gesù. Anche perché, vi ricordate che in Cana di Galilea Gesù era presente quando ha fatto il miracolo alla festa. Quindi uno avrebbe potuto pensare che per fare il miracolo doveva essere presente. Appunto, come dice Gesù: “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”.

Allora non pensiamo per forza con questi segni e prodigi a qualcosa di eclatante. Forse possiamo pensare ai riscontri, ad avere tutto chiaro e distinto e a capire bene tutto: è un prodigio per la nostra mente avere tutto chiaro. Se abbiamo tutto chiaro ci muoviamo, andiamo anche in capo al mondo, ma deve essere chiaro, deve essere corrispondente alle nostre attese, alla nostra testa, alle nostre logiche. Altrimenti è difficile. Noi crediamo quando abbiamo esaurito lo spazio del possibile dubbio. Noi non crediamo prima, non sappiamo abitare lo spazio con la nostra fede, non sappiamo abitare lo spazio del dubbio, non sappiamo cacciare fuori il dubbio e abitarlo con la fede. Noi il dubbio, lo spazio del dubbio, lo possiamo riempire, quindi cacciare fuori — il dubbio — solo con le certezze e le chiarezze.

Tutto chiaro e distinto, disse qualcuno. Le certezze, le chiarezze, le comprensioni, i perché, il per come, il per quando, e che tutto risponda ai canoni dei protocolli di sicurezza: allora quello spazio del dubbio viene abitato, da chi? Da me. Quando invece io vivo di fede, lo spazio del dubbio viene abitato, da chi? Da Dio. Non vuol dire rinnegamento dell’intelligenza, non vuol dire: “Ah sì vabbè allora prendo la mia intelligenza e la butto all’ammasso”. Avere fede — pensate anche nel rapporto interpersonale — in qualcuno, e avere fede in Dio ancora di più, non è prendere l’intelligenza e buttarla via, non è fare un atto irrazionale.

Come diciamo noi: “è un salto nel vuoto”. Ma voi pensate, se voi amate una persona, che brutta questa espressione… supponiamo che tu sia un papà, una mamma, a tuo figlio hai dato la vita, lo hai curato, nutrito, vestito, amato, hai dato la tua vita per lui, stai dando la tua vita per lui, lui ti guarda un bel giorno e ti dice: “Eh, avere fede in te è come prendere e fare un salto nel vuoto; avere fede in te è come lasciarmi cadere all’indietro”.

Io nella mia vita non ho mai sperimentato cosa voglia dire lasciarsi cadere all’indietro, una cosa che mi ha fatto sempre molta paura. Anche nell’acqua dove mi piace tanto andare, nel mare, è una cosa che non mi è mai piaciuta molto questa di buttarmi all’indietro, non mi dà un bel senso.

Ma io non mi sono neanche mai sognato — forse sbagliando, mah probabilmente sbagliando, non lo so — non mi sono mai neanche sognato che avere fede voglia dire un salto nel vuoto, un salto nel buio, lasciarmi cadere all’indietro, ma scusate un attimo! A me non è richiesto di avere fede in uno sconosciuto. In questo caso sto parlando del papà, della mamma: ma quanti anni è che li conosco? Un bambino di 5 anni non fa questi discorsi quindi chi potrebbe fare questo discorso deve essere una persona di 16, 18, 20 anni. Bene, sono vent’anni che conosco queste due persone, come faccio a dire che è un salto nel buio, nel vuoto, un lasciarmi cadere all’indietro? Più chiaro di così, cosa ci deve essere? Hanno dato e stanno dando la vita per me, ma che salto nel buio è questo qui?

Andiamo su Dio: è da quando sono vivo che mi cura, che ha cura di me, che mi riempie di grazie, che mi perdona con la confessione, che mi dà il suo Corpo e il suo Sangue, che è presente in ogni cosa. Io lo guardo e dico: “Gesù, avere fede in te è come fare un salto nel buio”. Gesù forse mi guarda e mi dice: “Ma io sarei il buio?!” — “Gesù, avere fede in te è come fare un salto nel vuoto” — “Ma io sono il vuoto?!” — “Gesù, avere fede in te è come lasciarmi cadere all’indietro?” — “Ma cosa sono io, io sono l’ignoto? Ma cosa sono io per te? Allora non ci siamo capiti”.

Avere fede — io credo, io così l’ho sempre intesa, ma ripeto, guardate, può darsi che sbagli — avere fede, per me, è gettarmi a occhi aperti in un abbraccio. Questo è avere fede.

Avere fede per me è scegliere di aprire le mie braccia; e quindi guardate il gesto: quando apro le braccia, apro anche il cuore. Quando uno è teso, quando uno è sulla difensiva incrocia le braccia, si protegge, si difende. Quando il bambino corre verso la mamma, che cosa fa? Apre le braccia, le corre incontro con le braccia aperte, proteso.

Io la intendo così, la fede. È gettarsi senza riserve in un abbraccio che sai assolutamente che ti prenderà. Ma nel modo più assoluto. Cioè sei certo, non hai il dubbio. Non è che dici: “Mah! Speriamo che mi vada bene”. La fede in Dio non è una roulette russa, per cui uno dice: “Vabbè, speriamo che non mi parta il colpo”. A me sembra una cosa strana!

Quindi non posso dire: “Voglio segni, voglio prodigi, voglio evidenze, voglio certezze”, no, io devo volere Gesù. Cioè, mi basta la tua parola. Vengo, ti espongo la mia questione, poi tu mi dici: “Guarda Giorgio, prendi e vai a mangiarti un carciofo crudo e tuo figlio guarirà”. Cosa mi interessa se mi ha detto di mangiare un carciofo crudo, piuttosto che venire con me e fare una liturgia di guarigione? Se mi fido… avrà i suoi motivi per dire così. Basta! Se no cosa sono andato a fare a chiedere a Gesù il suo intervento? Vado da Gesù a chiedere l’intervento di Gesù, però Gesù deve fare come voglio io. E allora non è più Gesù che opera. Siamo fantasiosi, noi.

Ecco, quindi dobbiamo proprio chiedere al Signore questa grazia di non voler vedere niente se non Gesù. “Gesù, mi basta vedere te, so che sei qua, so che con te sto parlando, so che ti sto chiedendo questa grande grazia per questo ragazzo, questo figlio. Vengo, te la presento. Dimmi quello che devo fare, se devo fare qualcosa, e qualunque cosa mi dirai la farò. Perché? Perché ho fede in te.”

Proprio mentre scendeva…

È tutto un cammino, tutto avviene in un cammino. Sta ritornando alla sofferenza, grazie a questa fede vera, incondizionata, proprio senza se, senza ma, senza però e senza “aspetta che ti spiego, aspetta che ti chiedo, aspetta di …”, no! “Credette” e “si mise in cammino”.

Proprio mentre scendeva…

“Mentre scendeva”, neanche è arrivato da suo figlio, capite? Questa è la sorpresa della fede: che mentre tu sei ancora in cammino, già, se ti fidi, incontri la vita e vinci la morte. Se ti fidi.

Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!».

Il miracolo, il prodigio, il segno arriva, se tu non lo chiedi, a seguito della fede. Il miracolo e il prodigio, ti dice Gesù, non può essere l’origine della fede. Ma è il coronamento della fede. Quindi: “Se voi non vedete segni e prodigi, non credete”. E quindi Gesù non vuole entrare in questa dinamica “da mago”. Ma se tu credi, il tuo credere ti porterà a vedere i segni, i prodigi, cioè la fede fa prodigi.

Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!».

Lui era andato da Gesù con la morte addosso per questo figlio e, dopo Gesù, torna a questo figlio, e incontra la vita. E, tra l’altro, neanche è il figlio a dirgliela. Questa vita, questo prodigio, è talmente prorompente, è talmente esondante, è talmente straripante, è talmente avvincente, è talmente tutto, che sono gli altri che glielo vengono a dire.

Immaginatevi questo papà; ecco, io penso che anche nella nostra vita ci sono stati questi momenti, queste esperienze bellissime. Dove abbiamo sperimentato, toccato con mano, quando ci siamo fidati veramente di Dio, ancora prima, in un batter d’occhio, abbiamo visto il prodigio. Abbiamo visto il segno. Però solo lì dove ci siamo fidati veramente: “Credette e si mise in cammino”.

Ricorda molto Abramo. Ricorda molto anche la chiamata dei discepoli. Li chiama, lasciano tutto e vanno. Gesù è così. Ma sapete, non è che Gesù è così perché è un po’ originale, ma no, ma perché o ti fidi o non ti fidi, o credi o non credi, o ami o non ami. Cioè, non è che è un po’ sì e un po’ no.

 “Sì, ma allora, padre, lei dove colloca le crisi di fede? Dove colloca quei momenti in cui magari sembra di perdere la fede? Dove colloca la fatica del credere?” Qui, la colloco qui, nel cammino.

Io penso che tutti abbiano fatto l’esperienza di andare qualche volta a fare una scampagnata in montagna. Una bella gita, di quelle belle gite che ti portano fino alle vette. Non è che tu parti e cammini ininterrottamente per tre ore, perché scoppia il cuore. Non è possibile. Non si riesce, stiamo camminando in montagna, non stiamo camminando in centro a Milano. Quindi, non puoi camminare per tre o quattro ore ininterrottamente, soprattutto se non sei allenato. Ma anche quelli allenati, se lo devono fare, devono fermarsi ogni tanto, bere un po’ d’acqua, asciugarsi il sudore, soffiarsi il naso.

Allora, se la fede è un cammino, si fa in un cammino, richiede un cammino, un cammino è fatto anche di soste. Un cammino è fatto anche di inciampi, di cadute. Sarà capitato a tutti: in montagna non vedi una radice e cadi per terra. Ma questo non interrompe il cammino.

Che cosa interrompe il cammino? La decisione che quella vetta non mi interessa più, che questa fatica non valga la pena di questa vetta. Questo interrompe il cammino. Invece cadere, inciampare, sbucciarsi, sedersi, aspettare, riposare, questo fa parte del cammino.

Il cammino — perdonatemi forse un po’ il gioco di parole — non è il camminare. Il cammino è un’espressione che è veramente polivalente. Quando noi ci mettiamo in macchina per andare da Milano a Reggio Calabria, siamo in macchina, in cammino. Ma poi ci fermiamo all’autogrill, poi beviamo il caffè, poi facciamo il riposino, poi ci fermiamo a dormire, poi ci fermiamo a mangiare, poi ci fermiamo a sgranchirci le gambe. Ma fa tutto parte del cammino. Cioè, è tutto conteggiato, è un pacchetto unico. Milano-Reggio Calabria è un cammino, ma mi richiederà dei momenti che sono delle soste. Magari la macchina ha dei problemi, deve cambiare l’olio, è tutto parte del cammino.

Quindi i momenti di debolezza e di fatica, di caduta, di incertezza, di tutto quello che volete, non sono un tradimento del cammino, ma sono il cammino. Fanno parte del cammino di fede. Essenziale è riprendere e andare avanti. Cioè, il problema è quando mi fermo e non mi muovo più. Il problema è quando torno indietro. Ma non tutte le varie cose che accadono, potremmo dire “le avventure del cammino”. Quelle non sono un problema, quelle sono parte del cammino. Ecco, allora chiediamo quest’oggi, proprio con tutto il cuore, questa grazia di avere questa fede bella, che non cerca segni e prodigi, che non vuole certezze e sicurezze, rassicurazioni pre-cammino.

È un po’ come quando proponi: “Vi porto a fare una gita” e le persone incominciano: “Dove andiamo? A che ora partiamo? Quando torniamo?” — “Ma dobbiamo ancora metterci lì a fare il panino con la mortadella e tu sei già qui che mi vieni a chiedere dove andiamo, quando partiamo, a che ora torniamo, quanti siamo, quanto ci fermiamo? Ma calma!”. Non so, possiamo pensare a una sorpresa? Nella vita esistono le sorprese, no? Insomma, pensare che tu vieni condotto a una sorpresa?

No! Praticamente uno è come se avesse già fatto il cammino prima ancora di farlo. Perché sa già tutto. Ma non funziona così.

Sappiamo che dobbiamo andare a fare questo cammino: prepariamoci al cammino! Basta. Con molta semplicità. Guardate i bambini come fanno. “Andiamo a fare la passeggiata”. Prendono e vengono, non è che si chiedono dove, come, quando, perché e con chi. La vivono con molta semplicità.

Ecco, allora anche per noi sia un po’ così. Questo non cercare segni e prodigi, questo metterci in cammino, e state sicuri — perché il Vangelo ce lo dice — state sicuri che il coronamento della fede, cioè la febbre guarita, la grazia ottenuta, quando avvengono? Ancora prima di iniziare il cammino.

Tuo figlio vive”, “Va, tuo figlio vive”.

Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive»”

Avete capito? A Gesù basta solo di vedere che abbiamo fede. Poi va bene, lo facciamo questo cammino, ma perché ci fa bene. Ma ci fa bene nel senso che così la nostra gratitudine, la nostra sorpresa sarà infinita, dopo. Ma la grazia, il coronamento, la risposta a questa fede, è già data. Dove? In Gesù. Gesù è la risposta a questa fede. Pensate quest’uomo, questo papà, che dice: “Oh mamma. Ancora prima che io partissi, era già guarito!” — “Esatto. Perché hai creduto”. Esattamente.

Gesù non ha avuto bisogno del tuo cammino. Noi abbiamo bisogno del nostro cammino. Gesù ha avuto bisogno del suo sì, della sua fede: “Credette… si mise in cammino”. Fine. Questo atto, proprio quest’atto puntuale; potremmo dire ancora di più: Gesù risponde a questa richiesta ancora prima — questo è veramente la grandezza dell’amore di Dio — della risposta dell’uomo.

Bellissimo.

Mi fermo perché sennò stiamo qua fino a domani, mi ero detto: “Oggi farò un omelia di un quarto d’ora”. Ecco, come al solito siamo arrivati invece a 30 minuti, va bene.

Vi auguro di cuore una Santa giornata e su tutti voi chiedo la benedizione del Signore, perché anche in noi si realizzi questa bella fede.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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