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“Comunione spirituale e comunione psichica” da “Vita comune” di D. Bonhoeffer. Parte 35

Comunione spirituale e comunione psichica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Sabato 18 febbraio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mc 9, 2-13)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elìa con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».
E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
E lo interrogavano: «Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?». Egli rispose loro: «Sì, prima viene Elìa e ristabilisce ogni cosa; ma, come sta scritto del Figlio dell’uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato. Io però vi dico che Elìa è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto, come sta scritto di lui».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a sabato 18 febbraio 2023. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo nono del Vangelo di San Marco, versetti 2-13.

Continuiamo la nostra lettura del libro di Bonhoeffer, Vita Comune.

Tacere non è lo stesso che esser muti, così come la parola non equivale alla loquacità, il mutismo non procura la solitudine, né l’esser loquaci la comunione. 

Non dimentichiamo questa cosa: tacere è una cosa, essere muti è un’altra; parlare è una cosa, essere logorroici un’altra. Come chi è muto, chi assume il comportamento del mutismo non vive per nulla la solitudine, così chi è logorroico non è una persona che sa vivere la comunione. Quindi teniamo ben divise le cose.

Adesso Bonhoeffer fa una citazione da Ernest Hello che è uno scrittore religioso: 

 «Il silenzio è l’eccesso, l’ebbrezza, il sacrificio della parola. E il mutismo è insano, come se si mutilasse qualcosa senza sacrificarlo… Zaccaria era muto, anziché silenzioso. Se avesse accettato la rivelazione, forse all’uscita dal tempio non sarebbe stato muto, ma silenzioso» (Ernest Hello). 

Beh, molto bella questa breve riflessone e anche molto vera. Il silenzio veramente è il sacrificio della parola; il mutismo non è sacrificio di niente, spesse volte nasce dal risentimento, dall’invidia, dalla gelosia, da un brutto e malsano senso di percepirsi nel mondo, nelle relazioni con gli altri; il mutismo spesso nasce dall’amor proprio, dalla paura, dalla vergogna. Non nasce mai da cose buone. Può nascere anche dall’impreparazione nello studente che non ha studiato e quindi “fa scena muta”.

Al contrario, il silenzio è una parola offerta. 

Ricordate il Vangelo: Zaccaria esce muto, non silenzioso! Ricordate anche che, quando Gesù compie esorcismi, si parla di “spirito muto” che possiede e da cui Gesù poi libera. Il mutismo è sempre una cosa brutta, quello stare lì, quel mettersi lì in mezzo alle persone:

“Che cos’hai da dire?”

“Eh, io non ho niente da dire ”. 

Questo è un problema; tutti noi abbiamo sempre qualcosa da dire. Bisognerà scegliere il modo, il tempo, lo spazio per dirla, ma tutti abbiamo sempre qualcosa da dire: avere nulla da dire non è un bel segno!

La parola in grado di ricostituire e di rafforzare la comunione si accompagna al silenzio. 

Le due cose vanno sempre insieme: chi sa parlare, sa anche tacere e chi sa tacere sa anche parlare.

«C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare» (Qo 3,7). Come nella giornata del cristiano ci sono ore determinate per la parola, in particolare quelle della meditazione e della preghiera in comune, così è bene che ci siano anche tempi stabiliti per il silenzio, che vanno trascorsi sotto il segno della Parola, e che sono richiesti da essa. 

sotto il segno della Parola” certo, ma io aggiungo anche “alla presenza di Gesù Eucarestia”, per esempio; “davanti al Crocifisso”, per esempio.

Si tratterà soprattutto dei momenti che precedono e seguono l’ascolto della Parola. Essa non giunge alle persone chiassose, ma a chi è raccolto in silenzio. Il silenzio del tempio è il segno della presenza santa di Dio nella sua Parola.

E, aggiungiamo, nell’Eucarestia: quando entriamo nella casa di Dio, troviamo la presenza vera, reale sostanziale di Gesù. Dove? Nel Tabernacolo! Punto! Il Messale e il Lezionario sono chiusi e riposti in Sagrestia ma l’Eucarestia è lì.

L’Eucarestia e il silenzio nella casa di Dio, al quale vi ho sempre richiamati, sono segno della presenza Santa di Dio. Chi manca di silenzio nella casa di Dio manca contro la presenza di Dio: chi chiacchiera, chi vocia, chi non fa silenzio, chi urla, chi parla al cellulare, chi si comporta come se fosse in camera sua sta mancando contro Dio. Non dimentichiamolo mai! Infatti, quando ascoltiamo o viviamo queste situazioni percepiamo che chi sta facendo così non è alla presenza di Dio, perché alla Sua presenza non ci si può comportare così.

Solo da un atteggiamento di indifferenza, o addirittura di rifiuto, il silenzio può venir giudicato come disprezzo della rivelazione di Dio nella Parola. Qui il silenzio è frainteso, come se fosse un contegno ieratico, un misticismo che pretenda di trascendere la Parola. Nel tacere non si riconosce più il rapporto essenziale alla Parola, semplicemente l’ammutolire in presenza della Parola di Dio. Stiamo in silenzio prima dell’ascolto della Parola, perché i nostri pensieri sono già rivolti alla Parola, ci mettiamo in silenzio come il bambino, quando entra nella stanza del padre. Stiamo in silenzio dopo aver udito la Parola, perché la Parola ci parla ancora, vive e si sta insediando in noi. Stiamo in silenzio di primo mattino, perché è Dio che deve avere la prima parola; stiamo in silenzio prima di addormentarci, perché anche l’ultima parola spetta a Dio. Stiamo in silenzio solo per amore della Parola, non dunque perché la disprezziamo, ma perché vogliamo rendere ad essa il giusto onore ed accoglierla. 

Ecco, tutte le volte che io leggo: “La Parola, la Parola di Dio”, aggiungete sempre: “l’Eucarestia”, perché per noi cattolici la presenza vera, reale, sostanziale di Gesù nella Eucarestia è il fulcro, il centro di tutto: tutto gira attorno a lì, quello è il cuore pulsante della Chiesa. Quindi, il nostro stare in silenzio, certo, è una preparazione, un accoglimento, un custodire la Parola di Dio che viene seminata in noi e un prepararci a ricevere l’Eucarestia o un custodire l’Eucarestia che abbiamo appena ricevuto. 

Infine tacere non significa altro che aspettare la Parola di Dio e raccoglierne la benedizione, quando sia venuta. 

Davanti all’Eucarestia noi taciamo per accogliere questa presenza.

Ma è necessario imparare a farlo, in un tempo in cui, come ognuno sa per esperienza, la loquacità prende la mano a tutti; in ultima analisi solo come conseguenza rigorosa del silenzio spirituale si giungerà veramente al silenzio, al raccoglimento, a frenare la lingua.

Purtroppo ci sono persone che non sanno fare silenzio, non sono capaci, non sanno vivere un vero raccoglimento interiore e, soprattutto e peggio di tutto, non sanno frenare la lingua, hanno sempre da dire su tutto e su tutti. È un parlare in continuazione 

Vi ricordate le tante volte che vi ho detto: “Vi raccomando: imparate a essere sintetici”, quindi quando vi dicevo: “Non scrivete messaggi su messaggi, su messaggi. Imparate a scrivere solo per vera e reale necessità; lasciate perdere tutto il resto, non rovinate il silenzio interiore, non usate gli strumenti senza un briciolo di contegno solo perché li abbiamo in mano!”. 

Quando ero in Università l’e-mail era un dono di Dio: pensare di scrivere un elaborato o la tesi non con la macchina per scrivere, ma con un computer era un dono di Dio. Pensare che quando si sbagliava a scrivere una riga, la si poteva cancellare e riscrivere velocemente era un dono di Dio, una grazia grande come non so che cosa. Pensare che tutto quello che tu avevi scritto lo potevi inviare per e-mail e che nel giro di un minuto/due minuti tutto quel materiale arrivava dall’altra parte del mondo!

Ad esempio: sono in vacanza in Giappone e mando un mio lavoro, un mio elaborato, la mia tesi al professore che sta a Milano e in brevissimo tutto arriva sul suo computer: è una cosa veramente rivoluzionaria, incredibile, un dono incredibile di fronte al quale uno si domanda come sia possibile. Prima si doveva stampare tutto, fotocopiare, fare il pacco, andare in posta per spedire, aspettare poi dieci o quindici giorni che arrivasse al destinatario… per avere la risposta occorrevano tre mesi! Invece, oggi: due minuti! Tu sei in camera tua: nevica, piove, grandina, -3°C, -10°C, -20°C e tu fai “click”. Parte, va, arriva, il destinatario legge, corregge, “click”, parte e ritorna. 

Non parliamo poi delle video-chiamate o di tutte quelle piattaforme che ultimamente hanno conosciuto un grande utilizzo: tu sei lì e parli senza problema con uno che è in Giappone, in Cina, in Australia e che sembra sia dietro alla tua porta, anzi davanti a te. 

Tutto questo non ci basta più! Adesso abbiamo l’istantaneità, non siamo più nell’“accorciamo il tempo”, nel “facciamo più velocemente”. No! Adesso siamo sull’istante; tutto si deve consumare all’istante. 

“Ti è arrivata l’e-mail?”

“No, non ancora!”

“Oh, come mai? Come è lenta questa mail!”

No, un momento: da quanto l’hai spedita? Dalle il tempo di arrivare! Non ho mai visto una lettera arrivare in due secondi! Capita anche a me di dire: “Come è lenta questa mail!”, ma poi mi dico: “Sì, ma Giorgio, è passato un minuto! Magari c’è un file che è grande come non so che cosa: dalle il tempo di uscire e di arrivare!”.

Oggi tutto si consuma all’istante e, siccome abbiamo tanti mezzi, non ci sembra vero di poterli usare tutti tutte le volte che vogliamo, in qualunque ora del giorno e della notte!

Quindi WhatsApp a non finire, messaggi inutili… poi quei messaggi: “Buongiorno, Buona Domenica” inoltrati cento volte! Come si fa a mandare i messaggi di Buon Natale che riportano in altro la dicitura “Inoltrato”? Io non rispondo mai! Non puoi impiegare almeno tre secondi del tuo tempo e scrivere tu: “Tanti Auguri!”? Che cosa vuol dire “Inoltrato”?

E che cosa vuol dire disturbare le persone per cose stupide? A parte i sacerdoti, ma, in generale, che cosa significa mandare i messaggi inutili? Tutto quello che mi passa per la testa lo devo spedire… ma stiamo scherzando? Questo non è vivere il silenzio! 

Quando vivo il silenzio, devo pensare che il mio modo di vivere, innanzi tutto, non deve mai essere un disturbo per il silenzio altrui, quindi, se devo dire una cosa a una persona ci vuole sensatezza.

Dobbiamo fare come quando mi hanno spedito in Irlanda e in Inghilterra per studiare l’inglese. Ci assegnavano delle “Composition” e ci dicevano: “Voi avete da fare una composizione di quattrocentocinquanta parole (non una di più) su questo tema”. Ci davano il tema: “La mia giornata a Oxford”, ad esempio. Una composizione di quattrocentocinquanta parole, punto! “E se ne scrivo quattrocentocinquantatre?”. “Niente: non vengono lette!”. Quattrocentocinquanta parole, punto! Uno dice: “Sono tantissime!”, no, sono pochissime, ma non di più!

Noi, invece, cominciamo a scrivere e scriviamo fiumi di parole e non ci fermiamo più, così costringiamo l’altra persona a leggere tutta la nostra logorrea, la nostra incapacità di essere sintetici. Impariamo, invece, a dire i concetti, vi prego! Soggetto, verbo, complemento oggetto. Dovremmo averlo imparato alle elementari, ma forse qualcuno non lo ha imparato: “Io mangio la mela”. Soggetto, verbo, complemento oggetto. Da qui si parte! Uno legge certe frasi e: “Ma qui dov’è il soggetto? Di che cosa sta parlando? Si capisce niente!”.

Poi sono simpatici quelli che, dopo una mail o un messaggio lunghi non so quanto, scrivono: “Padre, scusi, so che lei ci tiene tanto alla sinteticità, ma più breve di così non si può!”. E io rido, rido: “Gesù, tutta questa marea di parole avrebbe potuto essere detta in tre righe!”. 

Questo ci dice che non c’è silenzio, non c’è raccoglimento perché altrimenti uno viene educato dal silenzio stesso a essere estremamente sintetico, breve, snello; educato all’uso puntuale della parola!

E il silenzio in presenza della Parola (e della Eucarestia) avrà un effetto su tutta la giornata. Se abbiamo imparato a tacere in presenza della Parola (e della Eucarestia), impareremo anche a dosare giustamente silenzio e parole durante la giornata. 

Ecco, avete visto? Lo abbiamo appena detto!

inopportuno, presuntuoso, un silenzio superbo, offensivo. Si vede dunque subito che non sarà mai questione del silenzio genericamente inteso. 

Stiamo attenti, ve l’ho detto prima: c’è un essere muti che è segno di superbia che è segno di presunzione, di superbia, di orgoglio, di paura brutto ed è offensivo perché ti disturba.

Il silenzio del cristiano è un silenzio in ascolto, un silenzio umile, che per umiltà è anche disponibile a lasciarsi interrompere in ogni momento. E il silenzio che si mantiene legato alla Parola.

È difficile lasciarsi interrompere quando si parla; io, ad esempio, faccio una fatica enorme perché mi dà proprio fastidio, nel senso che, quando una persona parla, bisogna lasciarla parlare e quando finisce si dice il proprio pensiero. Essere interrotti, non avere la possibilità di dire il proprio pensiero è brutto, ma è vero che nella misura in cui si è umili, si accetta anche questo. È come se accettassimo di rinunciare a noi stessi, al nostro pensiero, alla nostra affermazione e anche di rinunciare alla chiarezza, come dire: “Forse all’altra persona non interessa che io sia chiaro, che io mi spieghi ”. E l’umiltà non è facile! 

È bello il pensiero di san Tommaso da Kempis che viene ora riportato da Bonhoeffer:

 «Nessuno si esprime con maggior sicurezza di colui che preferisce tacere». 

Verissimo! “Nessuno si esprime con maggior sicurezza di colui che preferisce tacere“: quando io imparo a stare zitto, nel momento in cui parlo, si sente che quella parola ha un peso enorme. Il peso della sicurezza è una parola certa: ne dirò poche, ma quelle che dirò  saranno ben pesate.

Nel raccoglimento silenzioso c’è una straordinaria forza di chiarificazione, di purificazione, di concentrazione sull’essenziale. Questo è vero già in campo profano. E il tacere prima della Parola porta, giunto il momento, ad ascoltare nel modo giusto la Parola di Dio e permette, quindi, che anch’essa ci parli nel modo giusto. Si tacciono molte cose inutili, in poche parole si è capaci di dire ciò che è utile ed essenziale.

Lo abbiamo appena detto! Vedete che, quando una cosa è vera, è vera! E non conta che lo dica Tizio, Caio o Sempronio: se è vera, è vera! E noi dobbiamo sempre essere aperti, come ci ha detto san Tommaso, come vi ho detto il 29 di gennaio: dobbiamo sempre essere aperti alla verità.

Quindi tacere porta la purificazione, la concentrazione, la chiarificazione sull’essenziale: insegna ad essere essenziale, ad ascoltare, a tacere l’inutilità, insegna la sintesi, così in poche parole hai detto tutto.

Se una comunità di persone che vivono insieme ha a disposizione solo spazi ristretti, e non può dare ad ognuno le condizioni esteriori necessarie per il raccoglimento, è assolutamente necessario stabilire dei momenti precisi di silenzio. Dopo un periodo di silenzio, l’incontro con l’altro si presenta diverso e rinnovato. Parecchie comunità riescono a garantire ad ognuno dei momenti di solitudine solo con un ordinamento rigido dei tempi, e in tal modo riescono a salvare la comunione stessa.

Il silenzio è fondamentale, è fondamentale! Per esempio, da noi frati c’è un tempo chiamato “silenzio rigoroso”. Da dopo Compieta fino al mattino, basta! Si fa silenzio.

Ricordo che, quando ero postulante, alla sera, dopo Compieta, il nostro maestro ci raccoglieva e a ognuno faceva dire “la sentenza” (così la chiamava), cioè un passo della Scrittura, un versetto di un Salmo, una frase da un testo di spiritualità che lo avesse particolarmente colpito: una cosa brevissima – cinque secondi – ognuno la diceva, magari poi lui faceva un commento, ci dava la benedizione e poi ognuno nella sua camera e tutti in silenzio fino al giorno dopo.

Quei sei mesi di Postulandato sono stati sicuramente il più bel periodo della mia vita: ricordo un raccoglimento, un silenzio, una custodia, un essere dedicato interamente a Dio bellissimi! Ed è vero che, dopo il silenzio, si incontra l’altra persona in modo diverso.

Voi fate tre giorni di ritiro e, quando tornate a casa, siete in un mondo diverso, in un altro mondo, in un’altra dimensione: incontrerete gli altri in un’altra maniera. Voi state un po’ in chiesa o un po’ in casa e fare il vostro silenzio: quando uscite, se avete fatto veramente un bel silenzio, voi siete diversi avete una pace, una disponibilità interiore che non avreste avuto se vi foste messi a chiacchierare!

Per esempio: Primo Giovedì, Primo Venerdì, Primo Sabato del mese, impariamo a custodire il silenzio perché spesso il nostro nemico ci fa lo sgambetto e, proprio in quei giorni o poco prima fa succedere tanti fraintendimenti, discussioni, litigate.

Che cosa dice la Scrittura? “Nel molto parlare non manca il peccato”. Verissimo! Verissimo!

Quando mi capita di stare in mezzo alla gente, al chiasso, io mi metto le mie cuffiette e faccio partire il mio Salterio di Gesù e di Maria: guardo tutti e dico: “Marameo! Voi dite tutto quello che volete e io, intanto, non vi sento. Sto in mezzo a voi, passeggio in mezzo a voi tranquillo e beato”. Anche sul treno è bello l’essere lì raccolti nella preghiera, soprattutto se uno lo prende la mattina presto: vede tutte le persone che sono in silenzio e sono addormentate… dormono che è un piacere vederle e quello, secondo me, è un momento bello per poter pregare, perché è un essere ancora più raccolti. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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