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“Comunione spirituale e comunione psichica” da “Vita comune” di D. Bonhoeffer. Parte 34

Comunione spirituale e comunione psichica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Venerdì 17 febbraio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mc 8, 34-39)

In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro:
«Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?
Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».
Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a venerdì 17 febbraio 2023. Oggi ricordiamo e festeggiamo i sette fondatori dei Servi della Beata Vergine Maria. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo ottavo del Vangelo di San Marco, versetti 34-39.

È proprio assurdo vergognarsi di Gesù e delle sue parole davanti a questo mondo che ha molto da vergognarsi e di cui arrossire, anzi, di più che arrossire: da nascondersi proprio. E noi, che ci diciamo cristiani, abbiamo vergogna di manifestarlo con molta semplicità, di essere semplicemente quello che siamo! Abbiamo vergogna di fare un segno di croce, di fare una genuflessione, vergogna di dire che siamo diversi, nel senso che “siamo noi”.

Quello che ora vi dico lo sto mutuando da un grande filosofo, Emmanuel Mounier: da dove parte il fondamento di ogni comunità e a maggior ragione di una comunità cristiana? Parte dalla differenza. Noi siamo comunità tanto quanto abbiamo preventivamente riconosciuto che siamo diversi uno dall’altro perché ognuno è un “io” assolutamente unico per cui non possiamo essere uguali; è un atto di irrealtà pensare e cercare di essere uguali. Noi non siamo uguali, non lo saremo mai e non dobbiamo esserlo: ognuno deve essere unico, diverso dall’altro nella sua totale originalità perché lo è. Da qui, da questa differenziazione, da questa diversità si può partire per costruire una comunità.

Voi chiederete: “Va beh, un esempio concreto?”.

Fate questo esperimento, vi raccomando!

Andate dal fruttivendolo, il migliore che conoscete, e ditegli: “Buongiorno, sono venuto a comprare cinque finocchi; mi può dare cinque bei finocchi?”. (Cominciate da qui). 

Lui vi risponderà: “Oh, signora, sono bellissimi, ma venga, venga le do i più freschi!”.

“No, un momento: non mi chiede se io li voglia mangiare crudi o cotti?”.

E voi comincerete a vedergli il panico negli occhi!

“Io non ho detto se li voglio per mangiarli crudi o cotti: io ho detto solo che voglio cinque finocchi! Perché: i finocchi sono tutti uguali? Quindi mi vende il finocchio da mangiare crudo esattamente come quello da mangiare cotto? Sì, visto che non mi chiede come io li voglia mangiare!”

Che cosa voglio dire? Voglio dire che i finocchi non sono tutti uguali; non è che uno va con la benda sugli occhi, compra cinque finocchi e sono uguali sia che li voglia mangiare crudi sia che li voglia mangiare cotti! 

Allora direte al fruttivendolo: “Guardi, lei si sarà dimenticato di chiedermi come io intenda mangiarli e allora glielo dico io. Ne voglio tre da mangiare crudi e due da mangiare cotti. Grazie, me li può mettere in due sacchetti diversi?”.

A questo punto il fruttivendolo cadrà completamente in un panico irrisolvibile: “Va beh, sono tutti uguali!” 

No, assolutamente: la natura, che Dio ha creato, non fa niente di uguale, non esiste l’uguale! Esiste nella nostra testa, perché ci fa comodo uniformare la realtà: è più facile! 

E allora voi direte: “Guardi, il mio carissimo Padre Giorgio Maria, di cui adesso, per penitenza, lei dovrà ascoltare un’omelia, visto che lei non sa distinguere i finocchi da mangiare crudi da quelli da mangiare cotti, mi ha insegnato che i finocchi da mangiare crudi sono i finocchi maschi, mentre quelli da mangiare cotti sono le femmine”.

A questo punto il fruttivendolo vi lascia la licenza e cambia mestiere, perché la domanda successiva è: “Lei, come riconosce il finocchio maschio da quello femmina?”. E a questo punto il fruttivendolo avrà finito!

Allora ve lo dico io, visto che nessuno dei fruttivendoli lo saprà: garantito! Questo perché la distinzione non esiste più! Tutto insieme! E invece esiste! Certo che esiste e lo si sente dal sapore, cari!

Il finocchio maschio, da mangiare crudo, è quello più “cicciotto”, più bombato, più grosso: lo vedete prendendolo in mano, vedendo che è “ciccione”, grosso, bombato. Ecco, quello è il finocchio maschio e voi, soprattutto in questa stagione che è la sua, quando lo avete aperto, tagliato, vedrete che è buonissimo, sugoso, proprio gustoso con quel bel profumo e quel bel sapore che ha il finocchio!

La femmina, che è da mangiare cotta, invece è piatta, allungata voi li mettete vicini e vedete subito: uno è grosso, bombato, cicciotto, l’altro, il finocchio femmina, è molto più piatto, sembra che sia stato schiacciato e ha la forma allungata, questa è la femmina. 

Voi provate a mangiarla cruda: è esattamente come mangiare l’aria, non sa di niente, perché non è stata pensata per essere mangiata cruda, ma per essere mangiata cotta; allo stesso modo se mettete a cuocere un finocchio maschio fate un pasticcio, perché ne perdete tutta bontà e il succo. Se prendete il finocchio femmina da mangiare crudo, uno vi guarda e chiede: “Che cosa è questo schifo? Che cattivo! Non sa di niente!”. Certo: hai sbagliato il finocchio!

Vedete? Vedete come andare a fare la spesa richieda l’esercizio di quello che noi impariamo nella vita spirituale: chi non distingue, confonde. 

Quindi tutto parte da lì: dalla distinzione! Dobbiamo distinguere! Quindi io sarò testimone di Gesù ovunque, non perché devo ostentare la fede!

Il finocchio maschio non ostenta quello che lui è a dispetto del finocchio femmina! Lui è così, è fatto così ed è buono per essere mangiato crudo. Il finocchio femmina è fatto così: buono per essere mangiato cotto. 

E uno deve saper scegliere: voglio cinque finocchi, me ne dà tre maschi da mangiare crudi e due femmine da mangiare cotti. Voglio fare due cose diverse, posso? Sì: devo! Non è che posso, devo! Non posso metterli insieme.

Io sono un cristiano cattolico e affermo la mia fede in mezzo a questa “generazione adultera e perversa“. 

Il finocchio maschio non può rinnegare la sua identità, come il finocchio femmina non può rinnegare la sua: ognuno ha uno scopo, se no, succede quello che succede nella testa del fruttivendolo che dice: “Va beh! Uno vale l’altro: tutti buoni, belli freschi, tutti comprati questa mattina!”. Ma il tema non è la loro freschezza o la loro bellezza; il tema è che il finocchio maschio non è il finocchio femmina. Se io li voglio mangiare crudi, tu mi devi dare i finocchi maschi e non è che tutto vada bene. Oca del Campidoglio!

È difficile andare a fare la spesa con Padre Giorgio! Ve lo dico perché, a volte, qualcuno mi chiede: “Andiamo a fare la spesa insieme?” Parola di chi si è cimentato in questo! Ogni tanto faccio qualche battuta così ridete, se no divento troppo serio.

Comunque la vinco questa scommessa: nessuno di voi troverà un fruttivendolo che sappia distinguere uno dall’altro sono sicuro quasi al 99,9%!

Dopo questa lezione di spiritualità/ortofrutta, anzi solo orto, andiamo avanti con la nostra lettura. Scrive Bonhoeffer:

Chi non sa stare da solo, si guardi dal cercare la comunione. 

Questo dovremmo scrivercelo: dovremmo fare un bel ricamo colorato sul lenzuolo che usiamo nel letto con su scritto: “Chi non sa stare da solo, si guardi dal cercare la comunione”, punto. Buonanotte e buon risveglio!

Non farà altro che male a se stesso e alla comunione. Eri solo davanti a Dio, quando ti ha chiamato, eri solo quando hai dovuto seguire il suo appello, eri solo quando hai dovuto prendere la tua croce, quando hai dovuto pregare e combattere, da solo morirai e renderai conto a Dio.

Quante volte vi ho detto che moriremo soli? Quante? 

Non puoi sfuggire a te stesso, poiché Dio stesso ti ha messo da parte, scegliendoti. Se non vuoi stare da solo, respingi la chiamata di Cristo e non puoi partecipare alla comunione dei chiamati. «Tutti siamo posti di fronte alla morte e nessuno può morire per l’altro, ma spetta ad ognuno da solo l’affrontare il combattimento con la morte… Allora io non potrò aiutare te, né tu me» (Lutero).

È vero! Ognuno deve affrontare da solo la sua morte; certo, poi gli altri ti sostengono con la preghiera, con tutto quello che volete, ma quell’incontro è solo tra te e la morte! Poi, i più graziati avranno accanto qualcuno con un po’ di fede che dica una preghiera, ma per molti non così: pensate al Covid! Pensate al tempo del Covid, a quante persone sono morte non solo da sole, senza neanche la vicinanza dei loro cari, ma anche senza il contatto fisico di un essere umano perché c’erano barriere di plastica che separavano gli esseri umani! Pensate a quanto questa frase del Vangelo si sia realizzata per queste persone! Pensate alle persone che muoiono in guerra; a tutti i bambini che muoiono per fame o per abusi; pensate al commercio criminale degli organi; alle prigioni, a quanta gente nelle prigioni o nei posti più sperduti muoiono sole e devono affrontare da sole il combattimento della morte.

Chi non sa stare da solo, si guardi dal cercare la comunione.

Come vi ho già detto ieri, chi non sa stare da solo non è capace di stare con gli altri, non cerca la comunione, non la vuole: cerca semplicemente se stesso negli altri, cerca la compensazione, gli altri sono una fuga!

Quanti matrimoni in realtà sono stati solo delle fughe sacralizzate! Non sono dei veri matrimoni: i due sono semplicemente fuggiti da una vita che era pesante, che era difficile, che non volevano più, così hanno visto nel matrimonio una via di fuga. “Me ne vado di casa; da questa situazione; fuggo dal giudizio degli altri perché, se non ti sposi sei un fallito e non sei nessuno, quindi anche io ha la moglie/il marito e così sono a posto! Mi sposo perché non sopporto di vivere da solo, di morire da solo, di essere in questa casa da solo perché, se no, la mia vita che senso ha”. Come se la vita non avesse senso se non è in compagnia di qualcuno! Dunque san Bruno ha avuto una vita senza senso, per esempio! 

In realtà noi siamo costantemente soli; quando siamo davanti a Dio, noi siamo soli: siamo noi e Dio. Gli altri ci possono accompagnare, ma fino a un certo punto. Mosè deve andare da solo sulla cima del monte all’incontro con Dio e gli altri stanno a distanza! Gesù è accompagnato nel Getsemani dai discepoli, ma poi entra da solo in quel momento terribile che è la preghiera del Getsemani! 

Noi non possiamo sfuggire a noi stessi, fa parte della nostra chiamata: quando noi fuggiamo dallo stare soli, noi stiamo fuggendo dalla chiamata di Gesù che nella solitudine ci sceglie, ci mette da parte. Se non sappiamo stare soli, non sappiamo partecipare alla comunione dei Santi, non è possibile! La comunione dei santi è fatta da persone sole che, poiché sono state capaci di vivere in pienezza la loro solitudine, sono capaci di vivere in pienezza la comunione perché sono state purificate dall’egoismo, dal bisogno, dalla possessione, dal dominio, eccetera.

Ma viceversa è vero anche che chi non si trova in comunione, si guardi dallo star da solo (altra grande verità!). Nella comunità sei uno dei chiamati, e non il solo; tu porti la tua croce, combatti e preghi nella comunità dei chiamati. Non sei solo, e anche nella morte e nel giorno del giudizio sarai solo un membro della grande comunità di Gesù Cristo. Se disprezzi la comunione con i fratelli, rifiuti la chiamata di Gesù Cristo, e il tuo star da solo può essere per te solo perdizione. «Se anche devo morire, nella morte non sono però solo; nella sofferenza, essa (la comunità) soffre con me» (Lutero).

Sono due realtà che vanno insieme. La comunità non può essere la fuga dalla solitudine e la solitudine non può essere la fuga dalla comunità, capite? Non è che, siccome non so stare con gli altri, va benissimo star da solo. La solitudine è proprio uno status della persona che risponde alla chiamata di Dio di stare da solo con Lui, ma non può essere né una fuga dalla comunità.  Né può esserci una fuga dalla solitudine stessa per cadere nella comunità: in entrambi i casi la fuga è sbagliata.

Quindi è vero che io, come vi dicevo prima, affronto la morte da solo, ma è anche vero che la comunità, se io ne faccio parte veramente, mi accompagna, mi sostiene, prega per me. Le due cose devono andare insieme e bisogna sempre stare attenti ai due rischi: né fuggire dalla comunità per cadere nella solitudine, né fuggire dalla solitudine per cadere nella comunità. 

Sappiamo dunque che esclusivamente nella comunione riusciamo ad essere soli, ed esclusivamente chi è solo è in grado di vivere nella comunione. Sono due cose interdipendenti. Esclusivamente nella comunione impariamo ad essere soli nel modo giusto, ed esclusivamente nella solitudine impariamo ad essere nella comunione in modo giusto. Non si ha la precedenza di una condizione sull’altra, ma esse si determinano contemporaneamente, con la chiamata di Gesù Cristo.

Ricordate san Carlo? Quando sei in mezzo alla gente, pensa al Tabernacolo; quando sei davanti al Tabernacolo, pensa alla gente! Ci sono un’interdipendenza e una relazione profonde tra comunione e solitudine.

Ognuna delle due isolatamente presa presenta pericoli di cadute vertiginose. Chi vuole la comunione senza la solitudine, è risucchiato nel vuoto delle parole e dei sentimenti, chi cerca la solitudine senza la comunione, sprofonda nella vanità, nell’auto – infatuazione, nella disperazione.

Mi pare chiarissimo!

Chi non sa stare da solo, si guardi dalla comunione. Chi non si trova in comunione, si guardi dallo star da solo.

Vedete? È proprio un’uscita da se stessi. Il discorso che ci sta facendo parla di una uscita seria da se stessi. È il Vangelo di oggi: “Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso”. È questo!

La giornata vissuta nella comunità dei cristiani che vivono insieme si accompagna alla giornata che ogni individuo vive da solo. Deve essere così. È sterile per la comunione e per il singolo la giornata vissuta in comune senza la giornata da soli.

Nella mia giornata devono esserci dei momenti di solitudine e dei momenti di comunione, tutti e due! Non dobbiamo fare gli eremiti e neanche i “mercatari”: tutti e due, dobbiamo fare l’uno e l’altro. Non c’è un “di più” o “un meglio”: è importante che ci siano l’uno e l’altro che si aiutano a vicenda.

Il carattere distintivo della solitudine è il tacere, mentre quello della comunione è la parola. Silenzio e parola sono intimamente legati e distinti, come la solitudine e la comunione. Non c’è l’uno senza l’altro. La parola giusta viene dal silenzio, e il giusto silenzio dalla parola.

Vero? Certo che è vero, è esperienza di tutti!

Dunque, quando sono in solitudine, imparare a tacere e, quando sono in comunione, imparare a parlare! Invece ci sono quelli che nella solitudine parlano in continuazione e quelli che, quando sono in mezzo agli altri, stanno zitti e muti come muri. Non va bene! Che senso ha stare muti in mezzo agli altri così che uno dica: “Va beh tra questo e un gatto persiano non c’è alcuna differenza!”. Star lì fermi e muti che senso ha? Stare come dei soprammobili, che senso ha? Ce ne sono già abbastanza di soprammobili in una casa! 

Invece, se io custodisco bene la solitudine e il silenzio nella solitudine, vedrete che il silenzio mi suggerirà la parola giusta, così come la parola mi suggerirà il giusto silenzio! Vedete quanto sia importante l’equilibrio nella vita cristiana? Bonhoeffer ci sta richiamando costantemente all’importanza dell’equilibrio: non vuole psicopatici dissociati che non sanno vivere in mezzo alla gente, che sono asociali incapaci di relazioni, che stanno lì come degli ebeti, che non sanno relazionarsi. Noi dobbiamo relazionarci con le persone!

Tacere non è lo stesso che esser muti 

Vediamo che ore sono… mi fermo perché questo passaggio è importante, troppo delicato. Mi devo fermare, altrimenti non riesco ad affrontarlo bene in una manciata di minuti. Domani vedremo questa bellissima parete sul tacere e l’essere muti; sulla parola e la loquacità.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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