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Le Passiflore Eucaristiche: Beata Anna Katharina Emmerick, parte 4

Le Passiflore Eucaristiche: Beata Anna Katharina Emmerick

Meditazione

Pubblichiamo l’audio del ciclo di meditazioni dal titolo: “Le Passiflore Eucaristiche: Beata Alexandrina Maria da Costa, Serva di Dio Teresa Neumann, Beata Anna Caterina Emmerick, Venerabile Marta Robin” di domenica 6 novembre 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Lc 20, 27-38)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 6 novembre 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo ventesimo del Vangelo di san Luca, versetti 27-28.

Continuiamo la nostra lettura sulla esperienza della Passiflora Eucaristica beata Katharina Emmerick.

Fin dall’inizio del digiuno prodigioso le persone che si occupavano della Beata non lo intesero come opera di Dio, e quindi le facevano ingurgitare cibi e intrugli vari, soprattutto durante le estasi, ovvero in quei momenti in cui lei era incapace di opporvisi. 

Riportiamo uno dei primi esempi di questo tipo di sofferenze che la Beata dovette sopportare, raccolti nel diario del suo medico. Di avvenimenti simili se ne contano a decine, e molto spesso gravissimi, a causa dei quali la Beata rischiò di morire molte volte, soffrendo moltissimo in attesa, anche per giorni, di rimettere il cibo che le avevano somministrato a forza o con l’inganno.

Ricordate che anche la beata Alexandrina Maria da Costa dovette sopportare torture di uguale crudeltà, anche se non simili.

Vol. 1 p. 282:

“Anna Caterina si preparò alla Comunione Pasquale del Giovedì santo con una ardente aspirazione e desiderio del Ss. Sacramento, che le riempì il cuore, come sempre avveniva, già da molti giorni innanzi. Ella che sino dal momento in cui ricevette gli esterni segni delle Stimmate, aveva affatto perduta la capacità di prendere alcun nutrimento terreno, provò nel prepararsi alla santissima Comunione il senso d’una fame corporea verso il Pane della vita. Ed anche in quei momenti esclamò ad alta voce e ripetutamente più volte, mentre trovavasi affatto immersa nella contemplazione di sì alta grazia: «Ho fame, ho fame!». Coloro che la circondavano intesero coteste parole in senso letterale, e la propria sorella le versò in bocca, mentre Anna Caterina compresa dalla visione nulla sentiva di esterno, due cucchiaiate di acetosella, che ella tosto e con gran patimento dovette vomitare. Anna Caterina ne soffrì tanto che lo stesso medico fece tosto chiamare l’abate Lambert, affinché con la sacerdotale sua benedizione le rendesse lena e vigore. Tutti quanti la circondavano sapevano, è ben vero, che ogni cibo da lei preso sempre produceva simili conseguenze; ma ciò malgrado, né i medici, né il confessore, né la stessa sorella risparmiavano alla povera paziente infiniti tentativi per farle inghiottire cose nutrienti.”

Che cosa ci insegna questo racconto? Ci insegna qualcosa che abbiamo già detto: siccome non conoscevano le vie di Dio e probabilmente non conoscevano Dio, nel senso che non avevano esperienza di tale intimità divina, medici, confessore e sorella che, a titoli diversi, volevano bene alla Beata, leggevano la vita soprannaturale con gli strumenti della vita naturale.

 È come dire che con gli strumenti ‘spazio-tempo’ che caratterizzano la nostra vita terrena, io volessi comprendere e spiegare l’eternità dove spazio e tempo non esistono più… è impossibile!

“Ma io ho solo questi!” Bene: non è detto che si debba dire sempre qualcosa; si può anche dire che non sappiamo che cosa dire; che non abbiamo gli strumenti per dire; che diciamo in modo approssimativo e non bene; che forse c’è un limite che non possiamo valicare; che non dobbiamo maltrattare tutto ciò che non capiamo. Non dobbiamo maltrattare le persone che vivono una esperienza di Dio migliore o, comunque, diversa dalla nostra solo perché non la conosciamo, non la capiamo…no… lasciamo vivere le persone! 

La beata Katharina si nutriva di sola Eucarestia e loro avrebbero dovuto riconoscere che loro non ne erano capaci, che non avrebbero nemmeno potuto vivere cinque giorni così, mentre lei sì. Noi non siamo il criterio di discernimento dell’Universo: la nostra piccola testolina non è il contenitore del presente, del passato e del futuro, del tempo e dell’eternità perché noi siamo polvere e a fatica capiamo le quattro cose che abbiamo sotto gli occhi.

Impariamo a stare al nostro posto, a non diventare gli aguzzini del nostro prossimo, a non tormentare la vita degli altri perché non li capiamo, perché non stanno nelle regole che noi abbiamo in testa; perché non rispondono ai dettami che noi abbiamo in testa; perché ‘si è sempre fatto così’… e allora? Dio può fare diversamente? Sì! Dio può fare quello che vuole: Dio è Dio e non ha necessità, mentre noi sì! Dio che ha creato tutto non è libero di far vivere qualcuno di sola Eucarestia?

“Ma io non ci riesco!” Tu… ma tu non sei Dio! 

Non mettiamoci al posto di Dio; primo, perché è un tentativo imbarazzante e fallimentare; secondo, perché non abbiamo la struttura per ‘fare Dio’ essendo strutturalmente creature… e va bene così! 

Loro avrebbero dovuto rispettare quanto stava avvenendo nella vita della Beata e poi: mai usare l’inganno! Neppure per fare del bene! Non si fanno queste cose: attendere che lei andasse in estasi per aprirle la bocca e riempirla di cibo perché lei non reagiva… no! Questo è gravemente disonesto. Preti, medici e sorella hanno compiuto un abuso! La libertà non può essere mai violata! Non si può andare contro la volontà di una persona! È difficile stare la mostro posto, ma è l’unico possibile.

Sì, lei ha detto: “Ho fame, ho fame!”, ma avrebbero dovuto chiederle: “Di che cosa?”

Quando noi diciamo alla mamma di avere fame, lei che cosa fa? Ci apre la bocca e ce la riempie o ci chiede che cosa desideriamo? E perché alla beata non è stato chiesto? Semplicemente le aprono la bocca per riempirla di acetosella… 

Ripeto: prevaricare la volontà dell’altro e, per di più, con l’inganno, è una cosa molto grave. Dio non lo fa mai!

Ora riporto il breve racconto di un esempio luminoso di umiltà dato dalla Beata, dal quale traspare la sua attenzione costante verso l’Eucarestia.

Vol. 1 p. 386:

“Il Wesener riporta un altro fatto sotto la data del venerdì 9 agosto 1816: «Ella si lagna sempre (così dice il Wesener) per le troppe visite. “Io mi affliggo sin quasi a morirne (così ella oggi con me si querelava) per l’importunità delle persone, e per dover vedere che ben molti dimostrano una ben più grande riverenza per tutto ciò che Iddio ha fatto sopra di me, suo povero strumento, di quella che dimostrano innanzi al santissimo Sacramento. Oh sì, proprio mi sento una vergogna mortale, quando certi vecchi e degni sacerdoti vogliono vedermi, mentre essi sono dieci volte migliori di me.

Noi andiamo a cercare il miracoloso, l’evento stupefacente, ma non cerchiamo l’Unico necessario, Gesù Eucarestia, l’origine di tutto. Perciò le chiese sono vuote, la nostra vita di fede langue e ci facciamo millecinquecento chilometri per andare non so dove… C’è qualcosa che non torna e la beata Katharina dice ‘più grande riverenza per me che per il Santissimo Sacramento’!

Vol. 1 p. 396:

“Mi rammentai in quel momento che l’abate Lambert aveva nella mattina alla Messa consacrato due ostie, onde conservarne una per la Comunione degli ammalati nel giorno seguente. Pensavo dentro di me: credo che mi sia permesso di sottoporre di nuovo la inferma ad una prova, giacché ciò non deriva da cieca curiosità o da cattivo disegno. Ed ecco che me ne andai a pigliare l’Ostia consacrata, la deposi in un corporale, intorno al quale avvolsi una stola, e la portai all’ammalata. Allorché giunsi alla soglia della stanza, ella giaceva ancora in orazione nella positura antecedente; ma io non avevo ancora posto il piede oltre quella soglia che ella colla maggior fretta ed i maggiori sforzi, sollevandosi, aprì le braccia e cadde genuflessa adorando. Cosa vuole ella? Domandai; ma essa esclamò: “Ah! ecco; il mio Signor Gesù viene a me col suo Tabernacolo.” La lasciai per alcun tempo restare così in orazione e quindi riportai di nuovo il Santissimo in chiesa.”

Che Amore e che fede! 

Ora abbiamo due dei tantissimi resoconti del medico Wesener che testimoniano la necessità fisica della Beata di essere nutrita con la Santa Eucarestia.

“Appena ella ebbe la S. Ostia sulla lingua, subito il di lei volto, già pallido di un pallore mortale, incominciò ad arrossire ed anche il polso si riebbe; così è rimasta per più di un’ora immersa nella più profonda adorazione. Ho quindi dovuto chiaramente riconoscere che quella straordinaria debolezza era provenuta dall’averla io privata per due giorni della santissima Comunione, in castigo per non aver voluto lasciarsi lavare il dorso dalla sorella con acquavite riscaldata.”

E poi:

“Appena ritornato il P. Limberg ella si confessò ed ebbe ricevuto il corpo del Signore, ne fu talmente ristorata che il Wesener la trovò nel giorno susseguente in stato di benessere e di serenità.”

Nello stralcio che segue è riassunto un elemento ricorrente della vita di immolazione della Beata. Il Signore la chiamava molto spesso a soffrire per la salvezza dei moribondi non solo in modo generale e indiretto, ma anche in modo particolare, facendola partecipare direttamente, con diverse modalità misteriose, alla veglia presso il capezzale del moribondo e riparando in modo specifico per i suoi peccati non confessati. Sono infatti frequenti nelle fonti dirette i racconti della Beata nei quali descrive visioni o sogni in cui era incaricata di queste opere di misericordia vicaria, e spesso si è potuto poi verificare che effettivamente i suoi racconti erano veritieri, grazie alla dovizia di particolari che la mistica forniva. Ci sono capitoli interi, nei volumi dai quali attingiamo, dedicati a riportare questi fatti prodigiosi e le relative verifiche compiute. In particolare, nel brano che segue, è descritta la sofferenza vicaria che la Beata soffriva per riparare ai peccati di intemperanza. E come vedremo molto spesso fu la sorella di Anna Caterina a provocarle tali sofferenze.

Vol. 1 p. 409:

“Una pena di un genere affatto speciale fu inoltre cagionata dalla sorella ad Anna Caterina col forzarla a prender cibo. Ogni qual volta l’inferma era destinata a patire in favore di qualche moribondo, che erasi caricato di grave colpa col cadere nella intemperanza, senza averla poi mai espiata, avveniva tosto che i di lei patimenti espiatori si manifestavano coll’apparire in lei le conseguenze molteplici tanto corporali quanto spirituali di cotesto vizio; conseguenze che ella doveva combattere con la pazienza e con vittorie continue riportate contro le proprie nausee e disgusti, onde procurare a cotesti infelici peccatori d’abitudine, sostituendosi a patire in loro vece, la possibilità di ottenere una buona morte. Talora sentivasi perseguitata da un sì forte odore di cibi e di ricercate vivande, che non sapeva come scampare dalla nausea; talora sentivasi tormentata da sì irresistibile smania di cibo, che provava gran pena e fatica nel soggiogarla; talora sentivasi oppressa dal malumore e dall’acerba irritabilità di un ghiottone che non riesce a contentare l’irresistibile sua cupidigia di certe leccornìe”.

È vero: la smania del cibo, la cupidigia del cibo e delle leccornìe producono il malumore e l’irritabilità, come se uno stesse per morire.

Dobbiamo stare molto attenti all’intemperanza: tra poco arriva Natale e un conto è fare festa, un conto è assaggiare cose buone e un conto sono la cupidigia, la bramosia, l’attaccamento, la gola, l’eccesso per il gusto dell’eccesso come se un cibo non bastasse mai. 

Abbiamo povere mamme e nonne che si sfiancano per preparare da mangiare e uno non è mai contento! Se si tratta di una ragione di salute, va bene, ma alle volte si tratta di capriccio. Questa smania del cibo è degna di riflessione da parte nostra!

“talora veniva quasi meno per sete, e se provavasi a bere ne seguiva una soffocazione od un vomito da porla in punto di morte; talora affacciava quel vomito in forma di pura acqua accompagnata da moti convulsi e perdurante tutto un giorno; talora come se non bastasse veniva tormentata da un poco di cibo effettivamente preso, e che le cagionava patimenti tali da dovervi soccombere, senza un aiuto speciale di Dio. Era la sorella che per indifferenza e stupidità la sforzava a cibarsi, mentre ella, tutta occupata ed immersa in un’opera spirituale, nulla sapeva o sentiva di quanto a lei succedeva di esterno”.

Avere accanto persone così è davvero una croce molto pesante per la loro incapacità di leggere una realtà soprannaturale e spirituale con gli occhi e gli strumenti spirituali e soprannaturali…

Ci fermiamo qui.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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