Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: Il Vescovo convertito – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.13
Martedì 2 aprile 2024
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Gv 20, 11-18)
In quel tempo, Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto».
Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”».
Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a martedì 2 aprile 2024. Oggi festeggiamo san Francesco da Paola.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo ventesimo del Vangelo di san Giovanni, versetti 11-18.
Continuiamo la nostra lettura e meditazione della vita e del pensiero di san Manuel. Come vi ho detto ieri, adesso leggeremo l’introduzione e la trascrizione della famosa conferenza. San Manuel ha tenuto questa conferenza sulla “Azione del parroco”. Io traggo questa traduzione, e anche l’introduzione che sto per leggere e commentare, dalla tesi di licenza in teologia pastorale del sacerdote cagliaritano don Federico Locci, pubblicata nel 2013. Una tesi molto utile e bella, tutta incentrata sulla santità eucaristica del vescovo san Manuel González. Magari, se qualcuno di voi che ascolta queste meditazioni lo conosce, lo ringrazi, sicuramente da parte mia, perché ha fatto una tesi di licenza veramente molto, molto bella; e credo anche da parte vostra, perché adesso sentirete questa conferenza sulle azioni del parroco quanto è importante. Quindi questo lavoro è stato sicuramente un lavoro molto, molto utile, quindi, anche se magari non conosciamo don Federico, però lo possiamo ringraziare con un ricordo accorato nella nostra preghiera del Santo Rosario.
Leggiamo l’introduzione alla conferenza:
Nell’anno 1891 Leone XIII con la sua Enciclica “Rerum Novarum” aveva voluto toccare il problema sociale, affrontando le nuove questioni che la rivoluzione industriale, il socialismo e il marxismo stavano sollevando ormai da tempo nella Chiesa e nel Mondo.
Nella Enciclica Leone XIII invitava poi gli stati ad operare, nell’ambito dello spazio loro proprio, che è la ricerca del bene comune, anche per il bene della classe operaia, la difesa della proprietà privata, del diritto di sciopero, arrivando fino a toccare il tema del lavoro, del salario, del risparmio.
In diverse nazioni e in anni differenti nacquero molteplici iniziative per studiare e affrontare i problemi sociali alla luce del Magistero. Anche in Spagna i vescovi commentarono nelle loro Lettere Pastorali l’Enciclica del Romano Pontefice, mentre molti tra il clero si diedero a studi di carattere sociale. Si ebbero Congressi Cattolici nel 1889 a Madrid e nel 1890 a Saragozza. La prima Settimana Sociale Spagnola si celebrò a Madrid nell’anno 1906. Nel 1907 fu Saragozza che accolse il secondo appuntamento della Settimana Sociale e nel 1908 si tenne a Siviglia la III Settimana Sociale dei cattolici spagnoli.
L’invito a parlare in quella assise era stato rivolto al giovane parroco Manuel González dal suo Ordinario, il Card. Almaraz, poiché Huelva, oggi sede vescovile, allora apparteneva alla diocesi di Siviglia. Quella sua conferenza, che piuttosto Egli volle definire come un “momento di conversazione” con i partecipanti, stava per renderlo famoso per sempre in tutta la Spagna come “l’Arciprete di Huelva” per antonomasia, come se non ce ne fossero mai stati altri prima né ce ne potessero essere altri dopo di lui.
Don Manuel si mostra nella sua forza di oratore di genio, umile ma accattivante, preparato, simpatico; l’impressione che Egli riesce ad esercitare sui partecipanti è enorme, e la sua esperienza di vita è esposta in modo semplice, la testimonianza che dà è pratica, concreta, a tratti estremamente realistica, e diventa in quel momento una alta lezione di ascetica, di pastorale, di azione sociale, secondo il suo modo di vedere le cose, cioè in obbedienza alla volontà di Dio e secondo la mens della Chiesa.
Un aneddoto che ora narreremo ci fa comprendere che anche per Don Manuel, specie precedentemente alla esposizione della sua Conferenza in quel consesso di riguardo, non tutto doveva essere facile, non solo rispetto al mondo, bensì anche rispetto a personaggi autorevoli della Chiesa. C’era nella Chiesa spagnola e nella sua diocesi, chi riteneva che il suo modo di fare, soprattutto dal punto di vista economico, fosse avventato ed imprudente, e per questo biasimevole. Gli si rimproverava di essere troppo povero per intraprendere opere di quel taglio e di quella portata, senza sicurezze economiche stabili, in modo particolare senza possibilità di poterle dotare di mezzi sicuri di sopravvivenza. Sappiamo che circolarono critiche, facendolo soffrire non poco, per stigmatizzarne i metodi e il pensiero. Egli sempre rispose offrendo e tacendo, però anche convinto, come mostra nella sua conferenza, di essere nel giusto e di fare il bene davanti a Dio. La sua conferenza alla III Settimana Sociale fu occasione per alcuni di questi oppositori di ricredersi su Don Manuel e sul suo metodo. Era presente alla sua conferenza un vescovo (la biografia del santo non ce ne indica il nome, tuttavia conosciamo e abbiamo già esposto il nome dei vescovi presenti!) che aveva molto criticato lo stile pastorale dell’Arciprete di Huelva; terminata la bellissima conversazione di Don Manuel, egli lo pregò cortesemente di accompagnarlo alla sua camera.
Di buon grado e con la estrema disponibilità che sempre lo caratterizzava, Don Manuel, che sapeva di queste critiche e si era visto alcune volte trattato con poco riguardo da costui, accettò di accompagnare il prelato alla sua stanza. — Attenti ora — Una volta entrati, il vescovo si gettò ai piedi di Don Manuel chiedendo umilmente perdono per essersi sbagliato nel giudicarlo e professando di non rialzarsi se non dopo avere ottenuto tale perdono; Don Manuel, sconvolto dalla situazione, risollevò il presule che ebbe così occasione di poter abbracciare il giovane e zelante parroco di Huelva al quale lo legò, da lì in poi, una fortissima amicizia.
Questa introduzione alla conferenza, che poi leggeremo, è importantissima. Don Manuel incontra un’opposizione, delle critiche forti che lo fanno soffrire. Viene giudicato imprudente, addirittura biasimevole, per il suo comportamento economico, e lui risponde offrendo e tacendo, però anche convinto di essere nel giusto. Offrire e tacere va bene, però se sei convinto che una cosa è giusta e hai le prove che ciò che stai facendo viene da Dio, devi andare avanti. Non è che offro e taccio e torno indietro, no! Se una cosa è giusta, vado avanti, soffro andando avanti. E poi c’è questo racconto che vi ho letto di questo vescovo, di cui non si sa il nome; ma non importa il nome, importa il fatto.
Che cosa ci insegna quello che vi ho appena letto, che è strabiliante? Ci insegna che nella vita tutti possiamo sbagliare, anche un vescovo, ma anche un papa, tutti, non c’è nessuno che non può sbagliare, perché solo Dio non sbaglia. Per il resto, tutti sbagliamo e si può sbagliare a giudicare una persona per tante ragioni: perché si è ascoltato il chiacchiericcio, perché si sono ascoltate le calunnie, perché si è stati superficiali, perché quella persona non rispecchia le nostre idee, non rispecchia i nostri sistemi, non ha le nostre paure, non ha le nostre prudenze, non ha il nostro stile; per tante ragioni!
Per tante ragioni qualcuno — in questo caso don Manuel — può apparire nell’errore; e quindi, può succedere che Tizio — in questo caso un vescovo — lo critica molto, lo osteggia, gli rema contro. In un certo senso, lo perseguita. Ma questo vescovo era un uomo giusto e, quando un uomo giusto cade nell’errore, guardate, il Signore — lo diceva anche santa Teresa — interviene sempre, non lo lascia nell’errore: interviene e da luce. Quando un uomo giusto cade nell’errore e si accorge di essere caduto nell’errore, si comporta esattamente come questo vescovo. Questo vescovo qui giudica male don Manuel ma, nel momento in cui sente la conferenza… basta, ha capito il suo errore. Non ha dovuto vedere i fatti, perché “la bocca parla dall’abbondanza del cuore”, dice Gesù. Quindi non è che ha dovuto vedere dei fatti che hanno contraddetto i fatti precedenti, e quindi l’ha visto prudente, e quindi l’ha visto corretto nella gestione economica e quindi… no, no. Ha ascoltato una conferenza, gli è bastato ascoltare quelle parole — parole che sentiremo anche noi, adesso — che si è convertito. E quindi, si getta ai piedi di don Manuel e gli chiede perdono, e gli dice che non si rialza finché non l’avrà perdonato. Certo! Perché si è comportato male contro la carità; ma se ne è accorto, ha capito, ascoltando quelle parole, che il suo giudizio è stato un giudizio avventato, superficiale, maligno. Lo vede, lo capisce e dice: no, torno indietro — perché è un uomo giusto — rinnego il mio giudizio, capisco di aver sbagliato e gli chiedo perdono.
Poteva anche rinnegare il suo giudizio e dire: va bene, da adesso non lo farò più e cercherò di parlare bene, fine. Eh no! Ve lo ho sempre detto — e lo diceva anche il Santo Curato d’Ars — quando si calunnia o quando si perseguita ingiustamente qualcuno, nel momento in cui capiamo di aver sbagliato, non basta dire: “Ah, sì, scusami, mi dispiace” oppure pensare: io sto zitto, non dico niente e cambio un po’ il comportamento; eh no! Tu devi andare dalla persona interessata e, come questo vescovo, cadere in ginocchio e chiedere perdono. Non è sufficiente non dire niente, o dire: “No vabbè scusa ho sbagliato”, oppure dire: “Eh, vabbè, dai, mettiamo una pietra sopra e giriamo la pagina”, no no, nessuna pietra sopra, nessuna pagina girata. Devo riconoscere il mio peccato; sicuramente davanti a Dio, ma anche davanti a quell’uomo. E dire: “Don Manuel, io ho fatto il male contro di te, e adesso ti chiedo perdono. Mi sono sbagliato nel giudicarti. Ti ho giudicato male”.
Da quel momento — attenti — da quell’atto di umiltà bellissima, da quell’atto di suprema umiltà, quindi di suprema verità, cosa nascerà? Nascerà il fiore di una meravigliosa amicizia, di una fortissima amicizia tra il vescovo e lui. E, sapete (mi viene in mente un’idea, ma probabilmente è sbagliata, è la fantasia) sarà poi stato questo vescovo che, in qualche modo, si sarà mosso per far diventare vescovo don Manuel a sua volta? Chi lo sa, non lo sapremo mai come sono andate le cose, però la fantasia lo può pensare.
Questo vescovo, che prima lo giudicava male, poi capisce il suo errore, si mette in ginocchio, gli chiede perdono; da qui nasce una stupenda amicizia; voi foste stati al suo posto, cosa avreste fatto? Voi vedete un sacerdote santo, siete vescovi, l’avete giudicato male, non credete che vi venga nel cuore un desiderio di riparazione? E di dire: “Se c’è qualcuno che è degno di essere vescovo, è lui. Guarda quello che ha fatto, guarda quello che ha subito, io lo riconosco, faccio di tutto per…”
Perché non è una cosa lunare, è una cosa che può succedere. Ma questa amicizia fortissima e verissima è potuta nascere perché prima c’è stata la giustizia. Lo diceva San Tommaso: prima c’è la giustizia, poi viene la carità. Che vuol dire: tu prima devi fare giustizia, prima devi essere giusto, devi fare giustizia con te stesso. Quando hai operato giustizia, quando hai ridato a ciascun il suo, quando hai riparato il male che hai fatto, allora sboccerà la carità; ma la carità non può sbocciare sul sopruso. Questa fortissima amicizia non poteva nascere, se questo vescovo fosse rimasto quello che era o non avesse fatto questo gesto di giustizia, nessuna amicizia sarebbe nata. Don Manuel sicuramente avrebbe continuato ad offrire e soffrire in silenzio, va benissimo, ma tra i due questa amicizia non poteva nascere.
Quindi, stiamo attenti quando facciamo il male, soprattutto il male contro qualcuno. Non basta andare in confessionale e dire: “Ah sì, ho calunniato quella persona, ho parlato male di quella persona; punto, fine, chiedo perdono e me ne vado”. No, eh! No, perché il male che tu hai fatto è fatto, ormai l’hai fatto e quindi è giusto che tu vada a chiedere perdono a quella persona, certamente, come ha fatto questo vescovo; ed è giusto che tu vada a riparare. Ci saranno quattro o cinque persone che ti ricordi con le quali ha parlato male, in modo ingiusto, di questa persona? Vai e rinnega tutto, ripara, rinnega tutto, rimetti tutto al suo posto.
Ecco perché dobbiamo stare attenti alla nostra lingua, a quello che diciamo; molta attenzione. Perché poi, una volta dette, le cose sono dette. “Eh, vabbè, ma dai adesso, sì vabbè okay, chiudiamola qui, mettiamoci una pietra sopra”; no! Ognuno deve riconoscere le sue responsabilità e chiamarle col loro nome e chiedere perdono, a Dio e all’offeso, all’ingiustamente perseguitato, poi se ne riparla.
E allora, voi capite che, ovviamente, io non posso non citare Padre Pio. Se questo vescovo si converte ascoltando una conferenza, i persecutori di Padre Pio, che lo hanno visto celebrare la Santa Messa, e non una volta sola, come hanno potuto non cadere in ginocchio, prostrati davanti a questo santo sacerdote e chiedere perdono, e chiedere la sua assoluzione? Com’è possibile? Eh, la conclusione è una sola, io non la dico, perché ci arrivate da soli: è un sillogismo. Se questo vescovo che ha perseguitato don Manuel, poiché era giusto, si accorge del suo peccato e chiede perdono a don Manuel; i persecutori di Padre Pio, se non chiedono perdono a Padre Pio e non riconoscono i loro peccati, vuol dire che… a voi la sentenza.
Ecco, mi fermo. Lo so che dovevo leggervi la conferenza, però quello che abbiamo detto credo che sia molto importante per tutti noi. Quindi riflettiamo bene, perché credo che tutti noi abbiamo più di una ragione per riflettere bene su queste cose e per preparare il cuore a questa conferenza bellissima sulla “Azione sociale del parroco”.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.