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D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 64

Falò sulla spiaggia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 64
Martedì 10 ottobre 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Lc 10, 38-42)

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 10 ottobre 2023. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal decimo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 38-42. Questo Vangelo è un Vangelo molto, molto, molto importante, che dovremmo tenere sempre presente, ogni giorno, nel nostro esame di coscienza.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del testo di Bonhoeffer, Sequela.

Ieri ci siamo lasciati con questa domanda:

E come affrontare questa lotta?

Abbiamo parlato degli avversari, del fatto che non è possibile vivere insieme, della condanna che i discepoli sono per loro; insomma, tutto il discorso che abbiamo fatto ieri, molto ampio e articolato. E allora ci siamo lasciati con questa domanda di Bonhoeffer: ma come affrontare questa lotta, qual è il mezzo per affrontare questa lotta? Io l’ho detto ieri: provate a pensarci, vedete, vediamo, se nasce nel cuore la giusta risposta che dipende dal nostro stile di vita. 

Bonhoeffer scrive:

E come affrontare questa lotta? Si avvicina il tempo in cui non ci troveremo più singoli e isolati individui, ma leveremo le mani nella preghiera tutti insieme come chiesa, cosicché vi saranno schiere, anche se relativamente piccole, in mezzo alle molte migliaia di apostati, a confessare la fede nel Signore crocefisso e risorto, nel suo ritorno, ad alta voce e a cantarne le lodi.

Ecco la risposta: la preghiera. Questa lotta si affronta con la preghiera, la preghiera insieme. Non è uguale, pregare da soli e pregare insieme, non è la stessa cosa. “Levare le mani nella preghiera tutti insieme come chiesa”. E quindi lui dice che ci saranno schiere — anche piccole, magari — di persone, i discepoli di Gesù, che staranno in mezzo a queste migliaia di apostati (questi sono gli avversari). E questi discepoli di Gesù che cosa faranno? Confesseranno la fede nel Signore crocifisso risorto, nell’Eucaristia — aggiungiamo noi — in attesa del suo ritorno, ad alta voce, cantandone le lodi. 

Già ve l’ho detto, già abbiamo parlato di questo, ve lo ripeto: quindi non ci stancheremo mai di sottolineare l’importanza fondamentale del recitare le lodi insieme, recitare l’ora media insieme, partecipare bene insieme alla Santa Messa; anche pregare in silenzio insieme, ha molto valore, molta importanza. Stare insieme in chiesa, fare l’adorazione eucaristica, per esempio, in silenzio, stare insieme in chiesa davanti al tabernacolo, in silenzio ma insieme, uno accanto all’altro. Anche se siamo nel silenzio più rigoroso, però siamo lì insieme davanti al Signore. Non è la stessa cosa che uno sta seduto, l’altro prende e va in giro a camminare, quell’altro prende va in giro ed esce, quell’altro prende va in giro a parlare con gli uccellini, quell’altro prende va in giro a passeggiare come i peripatetici, quell’altro prende va in giro a guardare per aria… No, non è la stessa cosa. Occupare insieme lo stesso tempo e lo stesso spazio — che sono le due coordinate che segnano la nostra vita umana su questa terra — occupare insieme le due coordinate fondamentali del vivere, spazio e tempo, fa la differenza. Questo è il modo di affrontare la lotta: insieme, nello stesso tempo e nello stesso luogo, anche se teniamo le bocche chiuse. Questo spazio e tempo può essere occupato da una preghiera vocale insieme: le lodi, la Santa messa, l’ora media, il vespero, il Santo Rosario, oppure può essere occupato dal silenzio, ma insieme, nello stesso spazio, oltre che nello stesso tempo, insieme lì, uno accanto all’altro. 

Questo è il modo di affrontare la lotta, non ce n’è un altro. 

Non c’è il modo delle grida, non c’è il modo delle urla, non c’è il modo delle polemiche, non c’è il modo di niente altro. Questa lotta non si vince e non si affronta con spade e bastoni. Sapete, la lingua può essere più tagliente di una spada e percuotere più di un bastone, quindi… No, il nostro modo è la preghiera, pregare insieme. Poi, certo, se siamo distanti, allora troveremo un’altra modalità che ci unisce. Per esempio: facciamo tutti insieme una novena e allora questa novena, chiaramente,  non la si può recitare nello stesso spazio, perché io sono a Milano e l’altro è a Sydney e neanche allo stesso tempo, perché io la reciterò alle tre e intanto quell’altro dorme, perché c’è il fuso orario, perché io lavoro e quell’altro invece è a casa… però ci sarà la stessa intenzione, insieme. Vedete, questo è un modo di pregare insieme: abbiamo la stessa intenzione per nove giorni; insieme facciamo questa novena alla Vergine Maria per questa intenzione, quello che ci unisce è l’intenzione. È importantissimo pregare insieme. E Bonhoeffer scrive:

E di quale preghiera, di quale confessione di fede, di quale canto di lode si tratta? È appunto la preghiera dell’amore più intimo proprio per questi uomini perduti che ci sono intorno e ci guardano roteando gli occhi iniettati d’odio – molto pittoresco — e forse hanno già alzato le mani su di noi per il colpo mortale;

Vedete? Una preghiera dell’amore, una preghiera d’amore, per questi uomini perduti. Anche se sono lì che roteano gli occhi pieni di odio, anche se sono lì che stanno per ucciderci. Non ha importanza, anzi, a maggior ragione.

È una preghiera per la pace…

attenti: non è una preghiera per la pace punto; no no, 

È una preghiera per la pace di queste anime confuse e sconvolte, distrutte e devastate…

Noi dobbiamo pregare per la pace di queste persone, che sono confuse, sconvolte, distrutte e devastate; confuse, sconvolte, distrutte e devastate: questo è il nostro compito.

…una preghiera perché esse abbiano lo stesso amore e la stessa pace di cui noi godiamo;

Pensate che bella questa preghiera, potremmo metterla proprio come intenzione di preghiera: la nostra intenzione di preghiera è: per questo, per questo e per questo.

una preghiera che entrerà profondamente nelle loro anime e farà presa sui loro cuori molto più di quanto non riesca loro di far presa sul nostro cuore con gli sforzi estremi del loro odio.

Quindi i discepoli hanno questa fiducia ferma che questa preghiera entrerà profondamente nelle loro anime e farà presa nei loro cuori di più di quanto l’odio non può fare con noi. E poi Bonhoeffer si chiede:

Che cos’è un amore indiviso?

È difficile avere un amore indiviso…

È un amore che non si rivolge faziosamente a coloro che ci ricambiano con il loro amore.

Eh… «Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i pagani fanno lo stesso»

È un amore che non si rivolge faziosamente a coloro che ci ricambiano con il loro amore. Nell’amore per quelli che ci amano, per i nostri fratelli, per il nostro popolo, per i nostri amici, e anche per la nostra comunità cristiana, siamo uguali ai pagani e ai pubblicani.

Eh, lo dice Gesù, non lo dice Bonhoeffer.

È un fatto ovvio, normale, naturale, ma non è per nulla il fatto propriamente cristiano.

Amare quelli che ci amano non è un fatto propriamente cristiano.

In questo senso, i pagani e i cristiani fanno realmente ‘la stessa cosa’. L’amore per coloro che mi appartengono per sangue, storia o amicizia è lo stesso presso pagani e cristiani. Gesù non ha molto da dire in proposito. Gli uomini sanno da soli di che si tratta. Neppure è necessario che egli lo risvegli, lo sottolinei, lo accentui. I dati naturali ottengono a forza, da soli, il proprio riconoscimento, sia dai pagani sia dai cristiani. Gesù non ha bisogno di dire che uno deve amare i suoi fratelli, il suo popolo, i suoi amici: è cosa ovvia.

Attenti, perché adesso fa un affondo importantissimo. E allora:

In che si distingue il discepolo dal pagano? In che consiste il ‘proprium cristiano’?

Visto che in questo amore naturale siamo uguali, allora il ‘proprium cristiano’ dove sta? Adesso attenti; scrive Bonhoeffer:

A questo punto entra in scena la parola a cui tende l’intero capitolo 5 e che riassume tutto il resto:

Pensate: una parola a cui tende tutto un capitolo del Nuovo Testamento. Una parola, una sola. Quindi, tutto il capitolo quinto tende a questa parola e tutto il capitolo quinto di san Matteo viene riassunto in questa parola. Quindi:

A questo punto entra in scena la parola a cui tende l’intero capitolo 5 e che riassume tutto il resto: il proprium cristiano è ‘lo speciale’, il περισσόν (il perissòn), lo straordinario — lo speciale, lo straordinario, questo è il proprium cristiano: il perissònciò che non è la norma, ciò che non è ovvio.

Capite? Il perissòn è ciò che non è la norma ed è ciò che non è ovvio. È ovvio ed è la norma che tu ami tua madre, tuo padre, i tuoi fratelli, i tuoi amici, le tue persone: sono quelli del tuo sangue. Questa è la normalità, è ovvio che tu lo faccia, se non lo fai è un problema. Ma lo speciale, lo straordinario, che è il perissòn, il proprium cristiano, è esattamente ciò che non è norma, ciò che non è ovvio.

È ciò che ‘supera’ i farisei in quanto ‘migliore giustizia’, è ciò che sopravanza, il di più, l’oltre.

Ecco, vi ricordate che io, non tanto tempo fa, vi parlai in più di una catechesi dell’oltre? A dire il vero, non vi ho proprio parlato dell’oltre, ma ho nominato tante volte l’oltre. C’è stata proprio una catechesi — non mi ricordo più il numero — in cui tante volte ho ripetuto questa parola, “l’oltre”: noi siamo chiamati a guardare oltre; noi siamo chiamati ad andare oltre; dovremmo essere gli uomini e le donne dell’oltre. Eccolo qua! È il perissòn, è lo straordinario, è lo speciale; è ciò che supera i farisei, in quanto migliore giustizia; è ciò che sopravanza; è il di più, è l’oltre, è il perissòn. Noi dovremmo proprio essere gli uomini del perissòn. Quelli che vanno sempre oltre, quelli che non si fermano alla norma e che non si fermano all’ovvio.

Il naturale è τό αυτό (to autò) (un’unica e medesima cosa) per pagani e cristiani…

Il to autò è l’amore naturale per il mio amico, la mia amica, la mia mamma e il mio papà e i fratelli di sangue; un’unica e medesima cosa. Ma noi non siamo gli uomini del to autò.

…il proprium cristiano inizia dal περισσόν (perissòn) e a partire da questa e solo da questa prospettiva pone il naturale nella giusta luce.

Quindi il perissòn è ciò che riassume il to autò, è ciò che lo colloca nel modo giusto. Quindi il naturale viene ad essere preso all’interno, accolto, abbracciato, indirizzato, educato, collocato, dal perissòn, dal proprium cristiano. E allora se il to autò, cioè il naturale, viene a essere messo in questa prospettiva del perissòn, allora acquista la giusta luce, cioè impara che cosa vuol dire veramente amare. Bonhoeffer è bravissimo, è veramente bravissimo, quindi noi dovremmo proprio ringraziarlo tanto.

Dove non c’è questa dimensione speciale, questo straordinario, non c’è proprium cristiano.

Quindi se non c’è il perissòn non c’è il proprium cristiano, non c’è il discepolo di Gesù, non c’è il cristianesimo. O c’è il perissòn o non c’è l’essere cristiani, perché tutto il resto delle cose che io faccio, appartengono al to autò. Ma il cristiano è l’uomo del perissòn, il to autò deve entrare nel perissòn. Questo è il cristiano. E quindi è l’uomo della dimensione speciale, è l’uomo dello straordinario, è l’uomo della migliore giustizia, è l’uomo de “il di più”, è l’uomo dell’oltre.

Esso non si realizza entro i dati naturali, ma nell’andare al di là di essi.

L’abbiamo visto: il perissòn assorbe in sé il to autò e porta il to autò oltre. Quindi lo straordinario, l’oltre, assorbe in sé, chiama a sé il naturale, lo plasma, lo orienta nella giusta luce: quella dello straordinario, del perissòn.

Il περισσόν (perissòn) non si riduce mai al τό αυτό (to autò).

Chiaro? Non può mai ridursi al to autò, questa è una tentazione terribile, questo sarebbe il tradire il perissòn.

Adesso sentite cosa scrive, qui fa una critica importante:

Il grave errore di una falsa etica protestante — e forse non solo dell’etica protestante — è di ridurre l’amore a Cristo all’amore per la patria, all’amicizia o alla professione, di ridurre la migliore giustizia alla iustitia civilis. Gesù non parla in questo modo. Il proprium cristiano è collegato allo “straordinario”. Perciò il cristiano non può adeguarsi al mondo, perché deve concentrarsi sul περισσόν (perissòn).

Meraviglioso, veramente meraviglioso. Quindi stiamo attenti all’etica; lui parla dell’etica protestante, noi possiamo anche magari vederci dentro l’etica cattolica, non lo so, proviamo a pensare, magari… È un rischio, un grave errore anche per l’etica cattolica, quale? Ridurre l’amore a Cristo all’amore alla patria, quindi in concreto, ridurre il perissòn al to autò, è questo il punto! Se io riduco l’amore a Cristo all’amore alla patria, all’amore all’amicizia, alla professione e riduco la giustizia migliore a cui il cristiano è chiamato alla giustizia civile, io ho ridotto il perissòn al to autò, cioè lo straordinario al naturale. 

È questo il punto nevralgico di tutto! Io spero che lo vediate: qui si gioca tutto, eh! Qui si gioca tutto. Tutto si gioca attorno a queste due paroline: perissòn e to autò, tutto si gioca qui, tutto il Vangelo si gioca qui. E noi dobbiamo impedire con tutte le nostre forze della mente, del corpo, del cuore, dell’anima e della parola, che avvenga questa riduzione. 

L’amore per Cristo non può essere mai ridotto all’amore per niente altro. Ma l’amore per tutto il resto — il to autò — deve essere messo all’interno del perissòn, all’amore per Cristo. E allora il perissòn, l’amore per Cristo, prenderà dentro di sé tutti gli altri amori e li metterà nella giusta luce, nella giusta prospettiva. Perché Gesù nel Vangelo non dice mai che il perissòn deve essere ridotto al to autò, mai! Mai! Non lo troverete mai. Anzi, esattamente il contrario: Gesù afferma costantemente la priorità assoluta del perissòn e tutto il resto deve essere messo lì, nel perissòn. Gesù non afferma mai la priorità del to autò. 

Bonhoeffer scrive che il proprium cristiano è collegato allo “straordinario” per questa ragione: poiché non si può ridurre il perissòn al to autò e quindi non posso ridurre l’amore per Cristo all’amore per qualsiasi altra cosa, non posso ridurre lo straordinario al naturale, per questo — poiché non posso ridurre l’amore per Cristo all’amore per il mondo — Bonhoeffer scrive che il cristiano non può adeguarsi mai al mondo. Non può! Se lo fa, non è più cristiano. 

Il cristiano non può adeguarsi al mondo, perché? Perché è tutto concentrato sul perissòn. Questa è la ragione, è tutto concentrato sull’oltre, è tutto concentrato sull’amore per Cristo; quindi non può ridurre l’amore per Cristo all’amore per il mondo e non può lui adeguarsi al mondo, perché lui è continuamente concentrato sul perissòn, sullo straordinario.

Mi fermo, la prossima volta credo che finiamo. E la prossima volta che cosa vedremo? Vedremo alcune domande importanti. Sono tre domande importanti a cui rispondere, la prima:

In che consiste il περισσόν (perissòn), lo straordinario?

In cosa consiste esattamente? Poi:

Che cosa è il περισσόν (perissòn)?

Già lo abbiamo detto un po’, ma adesso lui riassume bene. Poi:

Che cosa fate voi di speciale?

Guardate, non sono tante righe, ma sentirete delle parole veramente di fuoco, bellissime. E, se posso, mi permetto di chiedervi una cortesia: vi prego, non scrivete nei commenti che queste catechesi di Bonhoeffer, che questi scritti di Bonhoeffer, sono duri. Vi prego. Vi prego, non cadete in queste banalità concettuali, terminologiche, per favore. Dura e molle è la mela, la salsiccia, il salame, il formaggio, non la teologia, non il parlare attorno alle cose di Dio. Non si usano queste espressioni. Dobbiamo proprio eliminare queste espressioni dal nostro vocabolario cristiano. Nella vita cristiana non c’è questa cosa qui del duro e del molle.

Tra l’altro nella Scrittura abbiamo un esempio molto brutto di chi ha usato questa espressione, Giovanni capitolo sei: «Questo discorso è duro! Chi può ascoltarlo? E molti se ne andarono». Stiamo attenti a usare questi termini, perché chi li ha usati ha abbandonato il Signore, chi li ha usati è perché nel cuore vive una distanza tra sé stesso e la verità. Non c’è durezza nel portare luce, non c’è durezza nel portare vita, non c’è durezza nel portare verità, è solo grazia. Smettiamola di usare questi termini, anche perché, vi ripeto, hanno questo rimando scritturistico molto brutto. Giovanni, capitolo sei: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?» Ed era il discorso che Gesù stava facendo sull’Eucarestia. “E se ne andarono… quelli che avevano creduto in lui se ne andarono” tanto che Gesù si rivolge ai dodici e dice “Volete andarvene anche voi? Via, andate! È duro anche per voi questo parlare? Andate”. Gesù avrebbe ricominciato daccapo tutto.

Non si dice: è troppo duro questo discorso; non si dice: queste parole sono dure; non si dice. Lo potete dire se uno sta parlando di qualsiasi altra cosa, ma non nelle cose che riguardano Dio, nelle cose che riguardano la verità. Quello che conta è: quello che dice Bonhoeffer è vero o falso? Questo conta, non c’è duro o molle. Se è vero, allora lasciamoci illuminare della luce della verità, seguiamo la verità e dove vediamo che abbiamo sbagliato correggiamoci, fine della discussione. Non c’è da star lì a dire è duro è molle, qui e là. E vedremo come risponderà in modo meraviglioso a queste tre domande che vi ho fatto adesso e vi ho letto adesso.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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