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P. Florenskij: l’Amicizia – V parte

Florenskij

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 29 aprile 2021 – Santa Caterina da Siena, vergine e dottore della Chiesa, patrona d’Italia e d’Europa

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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P.FLORENSKIJ: L’AMICIZIA PARTE V

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Eccoci giunti a giovedì 29 aprile 2021, festa di Santa Caterina da Siena Vergine e Dottore della Chiesa Patrona d’Italia e d’Europa. Questa meravigliosa Santa fu donna di grandissima qualità sotto tutti punti di vista. Chi non conosce la sua vita la vada a leggere, e leggete almeno una volta nella vita il Dialogo della Divina Provvidenza da lei scritto, un testo bellissimo.

Abbiamo ascoltato la Prima Lettura della Santa Messa di oggi, tratta dalla Prima Lettera di San Giovanni Apostolo, cap. 1-2. Siamo chiamati a camminare nella luce, a stare in comunione con Dio e con il prossimo e riconoscerci peccatori, con grande umiltà e semplicità.

Cosa vuol dire riconoscerci peccatori?

Vuol dire fare ogni giorno un costante esame di coscienza davanti al Crocifisso, davanti all’Eucarestia, e confessarsi sinceramente, devotamente, veramente, rigorosamente il più frequentemente possibile. Il Sacramento della Confessione è il Sacramento che dovremmo amare tantissimo, perché ci fa sperimentare la bellezza, la grandezza, l’altezza, la profondità, l’ampiezza del perdono di Dio, quanto Dio ci perdona. E Dio ci perdona infinitamente, ci perdona tutto se noi siamo pentiti, se noi gli chiediamo perdono veramente di cuore e se ci impegniamo a non ricommettere più i soliti peccati.

Andiamo avanti anche oggi con il libro di Pavel Florenskij sull’Amicizia, già vi preannuncio che il mese di maggio lo faremo tutto dedicato ai nostri due pilastri fondamentali della nostra fede, che sono, secondo il Sogno di Don Bosco, l’Eucarestia e la Vergine Maria. Parlare della Vergine Maria senza parlare dell’Eucarestia è impossibile, perché non si può separare la Madre dal Figlio e non parlare di entrambi. 31 giorni totalmente dedicati alla Vergine Maria e all’Eucarestia, l’Eucarestia attraverso Maria, alla Scuola di Maria. Seguiremo un libro bellissimo scritto da un Sacerdote nel 1920, praticamente un secolo fa. Un libro vecchio di un secolo. Vedremo come dopo un secolo abbiamo ancora da imparare, nonostante ci sentiamo meravigliosi teologi, scopriremo che semplicissimi Sacerdoti hanno scritto parole di Cielo sulla Vergine Maria e sull’Eucarestia. Per adesso non vi dico né il titolo, né l’autore, vi faccio una sorpresa, tanto è un libro introvabile, anche se ve lo dovessi dire prima non credo che lo trovereste, e comunque non serve perché tanto lo leggeremo tutto. Ogni giorno leggeremo un capitolo, sono 500 pagine circa, ovviamente non leggeremo proprio tutto. Ogni giorno vi leggerò delle parti scelte per poter gustare ogni giorno di maggio questa bellezza di avere Maria Santissima come Mamma e Gesù Eucarestia come il nostro Tutto.

Ma adesso andiamo avanti con Pavel Florenskij e finiamo questo mese sull’Amicizia.

“Molto spesso ha fatto più soffrire colui che ha amato più forte, perché è incredibile quale dolce e schiva crudeltà sia abitualmente sorella inquieta dell’amore. L’amore cerca in ogni luogo prove d’amore e chi non è incline a vederle anzitutto nelle lacrime dell’amato? Non basterebbe nemmeno la morte a convincere l’amato che volesse ascoltare le pretese dell’amore, perché l’istante della morte sembra troppo breve alla crudeltà intima dell’amore; dall’altra parte della morte c’è posto per tutto un mare di dubbi e coloro che muoiono insieme forse muoiono non senza inquietudine. Ci vogliono lacrime lunghe e lente. Il dolore è l’alimento principale e ogni amore che non si nutra, almeno un poco, di vero dolore, muore come un neonato che si cibi come un adulto… Bisogna purtroppo che l’amore pianga e molto spesso proprio nelle lacerazioni le catene d’amore si forgiano e temprano per tutta la vita».

Quando si ama si soffre, Amore si sposa con Dolore. Se voi scrivete Amore in verticale, la “O” di Amore è il punto di intersezione con la “O” di Dolore. Amore e Dolore vanno sempre insieme. E noi, che ormai stiamo imparando ad amare il Crocifisso, tutti in casa abbiamo il nostro Crocifisso amato, Crocifisso che sempre abbiamo per pregare, impariamo a baciarlo e a piangerci sopra i nostri peccati, a piangerci sopra la nostra riconoscenza a Gesù per essere morto in Croce per noi, per tutto quello che ha fatto per noi.

“La vicinanza interiore delle persone e lo strettissimo intreccio di due mondi interiori presto o tardi finiscono col venire alla luce. Dice un eroe di Shakespeare: «Prima io ti amavo come fratello, ma adesso ti rispetto come l’anima mia».”

Potremmo mettere questa frase di Shakespeare su un bel foglio bianco, ci mettiamo vicino il Crocifisso, sulla scrivania, e chissà se riusciremmo mai a scrivere tre righe sotto a questo titolo. Questo è un tema che può svolgere solo chi vive o ha vissuto nella sua vita questa frase. O queste cose le sai perché le hai vissute, perché le hai gustate perché ci hai creduto, perché hai lottato, perché sei cresciuto, perché hai pianto, hai gioito per questa frase, per il tuo amico o la tua amica, oppure non sai di cosa stiamo parlando.

“Prima il rapporto è superficiale ed esteriore, dopo si trasmette alle radici mistiche degli amici.”

La vera amicizia è una realtà mistica, cioè è una realtà che va oltre la natura, è una realtà che fa sporgere sull’Infinito di Dio, sull’Eterno di Dio, è una realtà che ci sporge fuori dal tempo, che ci fa incontrare la sesta dimensione, la dimensione soprannaturale. I veri amici sono come alberi che hanno profondissime radici mistiche, cioè affondano le loro radici in Dio. Già vi lessi una riflessione, sempre da questo libro, sul “Terzo” dell’Amicizia. Questo Terzo è Gesù e, se non c’è il “Terzo”, non c’è amicizia.

“Adesso la comunicazione delle anime non avviene più nei fenomeni, ma è più profonda. Secondo il proverbio russo, l’amico è buono perché è caro, non è caro perché è buono. Ogni cosa esteriore cerca il mio, non me; l’amico vuole me, non il mio. Scrive l’Apostolo: «Non cerco le cose vostre, ma voi ού γάρ ζητώ τα υμών, άλλα υμάς» (2Cor 12,14). L’estraneo cerca le cose, l’amico cerca proprio me; l’estraneo desidera il tuo, riceve da te, riceve parte della tua pienezza e questa parte gli sfugge fra le mani come schiuma; soltanto l’amico, perché desidera te comunque tu sia, riceve in te tutto, la pienezza, e ne rimane arricchito.”

L’amico cerca te, non cerca ciò che tu puoi dare, ma cerca proprio te, e questo è Gesù.  Gesù vuole noi, è questo che interessa a Gesù, quindi o noi gli diamo il cuore o a Gesù non interessa altro. Gesù cerca la nostra intenzione che vuol dire che cerca il senso della nostra vita, il senso di ciò che siamo, pensiamo, facciamo. A Gesù non interessano le mere quisquilie delle nostre faccende, ma interessa per chi le facciamo.

Gesù vuole noi. Ecco perché una volta c’era questa bella abitudine delle nostre nonne o mamme che ci facevano portare i fiori a Gesù e alla Madonna. Si andavano a raccogliere i fiori — questi poi sono i tempi più belli dove abbiamo i fiori più belli, i rami di Mandorlo fiorito, i rami di Ciliegio bellissimi, i rami di Pesco selvatico, i Tulipani, le Rose, le Violette di Campo, ce ne sono tantissimi — e si raccoglievano nei campi, nelle strade e poi questi mazzi campestri, che profumavano di campo, di terra, che profumavano di questo libro bellissimo della natura dove Dio scrive delle pagine meravigliose, si portavano a casa e ti veniva una voglia incredibile di annusarli. Erano tanto belli che li volevi mangiare e sentivi in lontananza una tale fragranza che avresti voluto annegare il tuo naso dentro quelle corolle, dentro quelli calici meravigliosi variopinti. Ma la saggia educatrice ci diceva: “Guai! Guai ad annusarne il profumo, perché tutto di questo fiore deve essere dedicato a Gesù e alla Madonna”.

L’atto di amore deve accompagnarsi con l’atto del sacrificio, l’amore con il dolore, con l’atto del sacrificio, perché è l’intenzione che dà valore a quei fiori, che sono erba e che dopo una settimana sono morti — perché i fiori muoiono, ma non l’intenzione, quella rimarrà sempre. Gesù cerca questo. Lui cerca proprio me. Mi verrebbe da dire che non cerca nemmeno i nostri meriti, cerca il nostro cuore, che lo amiamo sopra ad ogni cosa.

“Ricevere dalla pienezza è facile e significa vivere a spese altrui e non è difficile neanche dare dalla pienezza. Ma ricevere la pienezza è difficile, perché bisogna prima accogliere l’Amico stesso e in lui trovare la pienezza; ora non è possibile accogliere l’Amico senza aver dato sé stessi, e dare sé stessi è difficile.”

Smettiamola di dare a Dio le ossa, gli avanzi, i sacrifici di Caino, non diamo a Dio opere sporche, incompiute, macchiate, l’avanzo delle nostre giornate, dei nostri tempi. A Dio si dà il meglio! L’avanzo è per noi, non per Dio. A Dio bisogna dare il meglio in tutto, sempre, il meglio del tempo, degli affetti, delle cose da fare.

È un piacere uscire con gli amici, ma qual è il giorno in cui esci con Gesù? Qual è il giorno in cui stai con Gesù, in cui scegli di stare con lui? Dobbiamo chiedere al Signore la grazia di svuotarci, svuotare noi stessi, togliere tutto ciò che ci separa da questa amicizia, che la impedisce, che rischia di farla saltare.

“Un dono superficiale e periferico vuole un uguale compenso, mentre un dono intimo e centrale esige una ricompensa intima e centrale. Perciò semina a larghe mani agli estranei attingendo alla tua pienezza e a te stesso, non fare l’avaro con il tuo. Ma soltanto all’Amico, in segreto, dona la tua miseria, te stesso, e non prima che l’Amico ti dica: «Non voglio il tuo, ma te; non amo il tuo, ma te; piango non per le cose tue, ma per te».”

Solo davanti ad un amico si può mostrare la propria miseria perché gli altri te la rinfacciano, prima o poi, solo l’amico vero non rinfaccia mai la miseria che abbiamo.

Cosa vuol dire rinfacciare? Non vuol dire: “Guarda che tu hai fatto questo, sei stato così…”. Non è questo il rinfacciare. Bisogna, alle volte, richiamare all’amico la sua inconsistenza, è doveroso, aiuta molto. Rinfacciare vuol dire che l’altro vedere la tua miseria, sta zitto, cioè non ti aiuta a cambiare, e poi, alla prima occasione nella quale lui cade o combina qualcosa di sbagliato e tu lo richiami alla verità, lui usa quella tua miseria che ha visto, che tu gli hai confidato, e te la rinfaccia: “Ma anche tu hai detto…hai fatto…”

Questo è il rinfacciare. Solo l’amico non rinfaccia. La miseria dell’altro mi serve per aiutarlo a correggere, non per giustificare la mia, per coprirla, o per nasconderla.

“Quando negli amici avviene la rivelazione dell’uno nell’altro, diventa trasparente tutta la loro personalità nella sua pienezza, fino a far presagire l’uno all’altro ciò che è occulto, fino alla chiaroveggenza, alla chiaroudienza.

«In ogni amicizia che abbia una certa durata», scrive Maeterlinck, «giunge un momento misterioso, quando incominciamo a distinguere, per così dire, la collocazione precisa del nostro amico rispetto all’ignoto che lo circonda e la posizione del destino nei suoi riguardi. Egli ci appartiene veramente proprio da questo momento…Questa conoscenza infallibile sembra nata senza ragione nella nostra anima il giorno in cui i nostri occhi si sono aperti e noi abbiamo avuto la certezza che un certo evento, che apparentemente ha già teso un agguato a una certa persona, non potrà toccarla. Da questo momento, una parte speciale dell’anima presiede all’amicizia delle esistenze, anche di quelle più oscure. E come se la vita venisse disposta in un altro modo. E quando noi, per caso, incontriamo una di quelle persone che abbiamo così conosciute, e parliamo con loro della neve che fiocca o delle donne che passano per strada, c’è in ciascuno di noi qualcosa che si saluta a vicenda, che esamina, interroga senza che noi lo sappiamo, che si interessa dei casi e discorre di avvenimenti che noi non possiamo capire».

Questa compenetrazione reciproca delle persone è un compito e non un dato iniziale dell’amicizia; quando è raggiunta, l’amicizia diventa per forza di cose indissolubile e la fedeltà alla persona dell’amico cessa di essere un eroismo perché non può essere infranta. Ma fino a quando questa unità superiore non si è raggiunta, la fedeltà è, e la coscienza ecclesiale l’ha sempre considerata tale, qualcosa di indispensabile non soltanto per conservare l’amicizia ma anche per la stessa vita degli amici.”

Riprendete con calma queste parole, non si possono staccare perché è un discorso unico, rigustatele perché sono veramente molto belle. Solo quando si è raggiunta questa compenetrazione reciproca allora abbiamo raggiunto un livello importante di amicizia e quella realtà diventa indistruttibile, indissolubile, e la fedeltà non può essere infranta. Fino a quel momento è sempre a rischio. Rompere un’amicizia vuol dire produrre una tragedia nella vita dell’altra persona e noi dobbiamo assolutamente evitare una cosa del genere, perché è di una gravità terribile.

Vi auguro di cuore una bellissima giornata tutta dedicata a Dio attraverso Santa Caterina da Siena.

E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

SANTA CATERINA DA SIENA, vergine e dottore della Chiesa, patrona d’Italia e d’Europa – Festa

PRIMA LETTURA (1Gv 1,5 – 2,2)
Il sangue di Gesù ci purifica da ogni peccato.

Figlioli miei, questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato.

Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi.

Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.

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