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Preghiera e carità: chi ha la priorità?

S. Teresa di Calcutta

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 30 aprile 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Preghiera e carità: chi ha la priorità?

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

Eccoci giunti a sabato 30 aprile 2022, ultimo giorno di aprile.

Domani inizieremo il meraviglioso mese di maggio, tutto dedicato alla Beata Vergine Maria. Il mese di maggio, insieme a quello di ottobre, sono per antonomasia i mesi totalmente mariani, anche se comunque maggio porta in sé un gusto particolare: è il mese delle rose, oramai si avvicina l’estate, insomma, maggio è maggio, è così… quindi è proprio il mese della Vergine Maria per eccellenza.

Abbiamo ascoltato la Prima Lettura della Santa Messa di oggi, tratta dal capitolo VI degli Atti degli Apostoli, versetti 1-7.

Mi sembra di poter dire che non tutti i problemi vengono per nuocere e che, alle volte, forse più frequentemente di quello che noi pensiamo, siamo noi stessi, col nostro comportamento disordinato, sbagliato, a causare questi problemi, di cui poi ci lamentiamo.

“Aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove”.

Ecco, iniziano le tensioni, e queste tensioni sono legate ad una assistenza un po’ preferenziale verso le vedove ebree, rispetto a quelle greche. Il punto della questione è: chi sta operando in questo momento, dentro a questo ambito così delicato, com’è l’assistenza alle vedove, chi è? Chi sono? Sono i Dodici, sono gli Apostoli… capite che è una cosa un po’ delicata. Sarà stato veramente così, sarà stato frutto di fraintendimento, non lo sappiamo; sarà stato un errore di valutazione, un errore di stile, di metodo, di modalità, chi lo sa… tante possono essere state le ragioni, sta di fatto che il comportamento dei Dodici sta generando delle tensioni.

Sapete, le tensioni, i problemi, alle volte sono colpa diretta dell’homo inimicus, alle volte sono colpa di cattiva gestione e alle volte la responsabilità va cercata nel nostro modo di vivere la vita cristiana, nel disordine, come ci ha insegnato molto bene Padre Avrillon nel tempo della Quaresima.

A ciascuno il suo, e ciascuno deve fare il suo, non quello di un altro.

Quindi, le laiche devono fare le laiche, non le suore e non le sacerdotesse; le suore devono fare le suore, non le laiche e non le sacerdotesse; i laici devono fare i laici, non i Sacerdoti e non altro; i Sacerdoti devono fare i Sacerdoti e non mettersi a fare i laici, e non devono mettersi a fare altro, ognuno deve fare il suo.

Non perché, e non per questo, c’è un un dovere di stato migliore di un altro o più onorevole di un altro, no, ognuno ha il suo.

Se si comincia a non rispettare più la peculiarità di ciascuno stile di vita, nascono le tensioni, di sicuro nasceranno i problemi, perché qualcuno sta facendo quello che deve fare qualcun altro, questo si chiama disordine.

Se io faccio quello che deve fare qualcun altro, quello che devo fare io, chi lo sta facendo? Nessuno o qualcun altro, ma non va bene, perché, se lo devo fare io, lo devo fare io.

Allora, i Dodici, cosa fanno?

Saggiamente, fanno un esame della situazione, e credo anche un esame di coscienza; mi verrebbe da dire che, soprattutto, fanno un esame di coscienza, individuale e comunitario, insieme tra di loro, in relazione alla situazione.

Dato quello che si sta generando, convocano i discepoli e dicono: «Da tutto quello che vediamo, noi abbiamo capito che: “Non è giusto che noi lasciamo da parte la Parola di Dio per servire alle mense”».

Avete visto cosa è successo? Avete visto? Questa è una confessione pubblica. Ecco la ragione di questa diatriba, ecco la ragione di questi problemi, di queste situazioni di dissenso, di queste dispute!

Ecco, la ragione è spiegata subito. Il problema non è l’antagonismo tra quelli di lingua greca e di lingua ebraica, il problema non sono le preferenze, il problema non è l’ingiustizia, il problema non è il diavolo che ha seminato zizzania, il problema non è che sono venute fuori le fragilità, no… né le debolezze.

Il problema lo dicono loro in una riga, e nessuno li ha obbligati, lo dicono loro stessi, è una confessione di colpa.

Quindi, vedete come fa bene anche dirsi: «Io ho sbagliato (senza “se” e senza “ma”). Ho capito, a causa di questa situazione di dissenso, di tensione, che il motivo di questa mormorazione è che io ho lasciato da parte la Parola di Dio per servire alle mense».

Questo vuol dire che servire alle mense è una cosa sbagliata?

No, quella scelta non era tra il bene e il male, era tra il bene e il meglio.

Qui la scelta era tra ciò che dovevo fare io, e ciò che io potevo fare, è diverso.

Loro cosa hanno fatto?

Hanno scelto ciò che potevano fare, ma non era obbligatorio fare da parte loro, e hanno trascurato ciò che loro dovevano fare, questo è un problema! Da qui, ecco nascere le tensioni, da questo disordine, da questo rovesciamento di priorità.

E dicono giusto, dicono proprio giusto, quando dicono: «Non è giusto (infatti non è giusto) che noi lasciamo da parte la Parola di Dio per servire alle mense».

Non è giusto, perché, come Apostoli, il vostro compito qual è?

Adesso lo dicono loro, lo diranno, ma di sicuro non è servire alle mense e mettere da parte la Parola di Dio. Di sicuro non è questo, perché stanno dicendo che non è questo.

Quindi, la carità dove la mettiamo (perché servire alle mense è un atto di carità)? Quindi la carità dove la mettiamo? La carità la mettiamo dopo la preghiera, perché la carità, ricordiamocelo bene tutti, è una Regina obbediente, questo non ce lo dobbiamo, mai, mai, mai, dimenticare!

Se dimentichiamo questo, abbiamo dimenticato il centro.

Voi direte: «Eh certo, queste sono le fissazioni di Padre Giorgio. Padre Giorgio è impazzito. Padre Giorgio mi sta dicendo che prima viene la preghiera e poi viene la carità? Padre Giorgio ha perso il senso della ragione! Questo è il “Padre Giorgio pensiero”, ma a me del “Padre Giorgio pensiero” non interessa niente».

Siccome io vi dico sempre che bisogna portare le fonti, perché nel #PadreGiorgiopensiero non c’è salvezza, allora io vi leggo la fonte da cui ho ricavato questo pensiero, e questa fonte è talmente fonte, che quello che io vi ho detto è “esattamente” la fonte.

Io non ho preso la fonte, poi ho riflettuto su questa fonte e ho elaborato un mio pensiero, se no uno potrebbe dire: «Vabbè… sì, la fonte ha detto “A”, lui ha detto “B1”, ma insomma B1 non è proprio A, ci sta, ma non è proprio A».

No, no, no, la fonte ha detto “A” e io vi ho detto “A”.

Adesso vedete…

Il Cardinale Angelo Comastri, che era il Vicario Generale del Papa per la Città del Vaticano, in un’intervista a “Bel tempo si spera”, su TV2000, ricordò l’incontro che lui ebbe con Madre Teresa di Calcutta. Per lui non fu facile riuscire ad incontrarla nel 1968, quando era un semplice Sacerdote, anzi lui dice che era Prete da un anno solo, e voleva incontrarla per chiederle di pregare per lui.

Siamo tutti concordi, pacificamente concordi, che non stiamo parlando di una monaca di clausura, stiamo parlando della Suora più povera e più attenta ai poveri che sia mai esistita.

Cioè, se si nomina “Madre Teresa di Calcutta”, subito a cosa si pensa?

Anche il Bingo Bongo del bar sotto casa mia, se nomino “Madre Teresa di Calcutta”, mi guarda e mi dice: «Lebbrosi, poveri, assistenza, servizio…», tutti lo sanno, anche i sassi; non esiste essere umano che non sappia chi è, solo il nome “Santa Madre Teresa di Calcutta” vuol dire “poveri”, è una equivalenza immediata. Questo per tutti è un dato condiviso.

Finalmente riesce ad ottenere udienza-incontro con Madre Teresa di Calcutta.

«Quando ci siamo trovati davanti», dice il Cardinal Comastri, «Madre Teresa mi strinse forte le mani».

(Io ho già fatto un commento su questa intervista, quindi qualcuno di voi già la sa, però, per chi non l’ha mai sentita, voi adesso immaginatevi qual è la prima domanda che Madre Teresa avrà fatto al Cardinale Comastri, quando era Sacerdote da un anno… Madre Teresa, tutta dedita a poveri, lebbrosi, assistenza, sacrificio e servizio, quale domanda avrà fatto per prima? Qual è la prima domanda, che noi ci aspettiamo che Madre Teresa abbia fatto al Cardinal Comastri?)

Prosegue il Cardinale: «La domanda che mi fece fu questa: “Quante ore preghi al giorno?”»

Nessuno di noi, ve lo garantisco, nessuno di noi avrà pensato a questa domanda; tutti avremo pensato: «Quanti poveri segui? Quanto conta per te la povertà? Quanto è aperta casa tua per i poveri? Quante ore della settimana dedichi al servizio dei poveri? Quanti poveri servi? Tu servi i poveri?».

No, la domanda è stata: «Quante ore preghi al giorno?»

«Rimasi spiazzato», prosegue il Cardinale, «e risposi (attenti, stiamo attenti adesso cosa succede, perché noi, dopo questa intervista, resteremo scandalizzati, Santa Madre Teresa di Calcutta ci sta per scandalizzare tutti): “Dico la Messa, il Breviario e il Rosario tutti i giorni”».

«Nel ‘68», dice il Cardinal Comastri, «era quasi un eroismo».

Io aggiungo: «Anche nel 2022».

Capisco perché lui abbia detto che nel ‘68 era quasi un eroismo e io mi permetto di aggiungere: «Anche nel 2022», e credo che tutti possiamo capire bene il perché…

Quindi, lui le ha detto: «Dico la Messa, il Breviario e il Rosario tutti i giorni».

Io non so quanti Preti, tutti i giorni, fedelissimamente, dicono la Messa, leggono tutto il Breviario, tutto (le Lodi, l’Ufficio, l’Ora media, il Vespero, la Compieta, tutto il Breviario), tutti i giorni, senza “se” e senza “ma”, senza eccezioni, senza scuse: «Sono stanco… Ho lo stress… Ho le cose da fare… Ho i problemi…»; tutto, e ogni giorno anche la Messa, senza dire: «Ho sonno… Mi prude il naso… Mi è venuto un foruncolo…». No, tutti i giorni la Messa, tutti i giorni il Breviario e tutti i giorni il Santo Rosario.

Quindi, lui dice: «Era quasi un eroismo e mi sembrava già di fare tanto».

Santa Madre Teresa di Calcutta risponde (vi prego, ascoltate molto bene, ascoltiamo molto bene queste parole, queste due frasi di Madre Teresa): «È troppo poco! Nell’amore non ci si può limitare al dovere, bisogna fare di più. Fai un po’ di adorazione ogni giorno, altrimenti non reggi». Fine. Touché…

Cioè: «Il tuo eroismo, Messa quotidiana, Breviario e Santo Rosario, tutti i giorni», dice la Santa dei poveri, «è troppo poco, perché tu ti stai limitando al solo dovere, ma nell’amore non ci si può limitare al dovere, nell’amore bisogna fare di più».

Se ami…

E questo di più?

Qui, non può non venirci in mente Monsignor Fulton Sheen, il quale, dal giorno dell’Ordinazione, ogni sabato, dedicava la Messa alla Vergine Maria per chiedere una protezione speciale sul suo Sacerdozio, e in più, dal giorno della sua Ordinazione, lui decise e promise di fare, ogni giorno fino alla morte, un’Ora Santa, un’ora di adorazione eucaristica, un’ora davanti al tabernacolo, e infatti Monsignor Fulton Sheen muore davanti al tabernacolo.

Tu guarda… ma questa non è Santa Veronica Giuliani, clarissa, questa non è Santa Teresa di Gesù, monaca carmelitana, o Santa Teresa di Gesù Bambino, no, no, questa è Santa Madre Teresa di Calcutta, la Santa dei poveri.

Lei dice: «Devi fare un po’ di adorazione ogni giorno, altrimenti non reggi».

Voi avete sentito parlare dei poveri?

Da quando il Cardinal Comastri ha iniziato a parlare con Madre Teresa, lei non ha detto una parola sui poveri. A questo Sacerdote di un anno di ordinazione, Madre Teresa non ha ancora pronunciato una parola sui poveri, sull’assistenza ai poveri e sul servizio ai poveri; proprio lei, lei che ha consumato la sua vita in mezzo ai lebbrosi, in mezzo agli ultimi, in mezzo ai malati, lei non ha ancora detto una parola sui poveri.

Il Cardinal Comastri rispose a Madre Teresa: «Ma Madre, da lei io mi sarei aspettato che lei mi chiedesse: “Quanta carità fai?”»

Vedete, esattamente come noi!

Il Cardinal Comastri dice: «Ma cosa sta succedendo? Io vengo da Madre Teresa di Calcutta e lei mi fa una domanda sulla preghiera… Io mi aspettavo che mi chiedesse (appunto come vi ho detto io prima): “Quanto servizio fai ai poveri?”»

«Lei», prosegue il Cardinal Comastri, «guardandomi con occhi penetranti…»

Guardate, forse per molti di voi questa espressione vuol dire niente, ma, ve lo assicuro, lo sguardo di Madre Teresa era un vero sguardo, ti entrava dentro nell’anima, ti penetrava da parte a parte e ti lasciava lì come uno stordito, proprio trafitto eh… e lei aveva sempre in mano il Rosario… sempre in mano il Rosario, dalla mattina alla sera, sempre.

Quindi, lui dice: «Lei, guardandomi con occhi penetranti (che vuol dire tutto…), mi disse (state attenti a quello che adesso vi leggerò, perché questo è lo scandalo dello scandalo delle nostra ipocrisia e della nostra incredibile lontananza da Dio, questo è veramente ciò che ci smaschera nel profondo): “E tu credi che io potrei andare dai poveri, se Gesù non mi mettesse nel cuore il Suo amore?”»

Ma quando mai noi abbiamo pensato che per andare dai poveri ci voleva l’amore di Gesù? L’avete sentito dire tante volte?

Avete sentito dire tante volte: «Chi vuole andare a servire i poveri, deve prima avere nel cuore l’amore di Gesù, come dice Madre Teresa?»

Quante volte abbiamo sentito fare questo discorso, cioè che il servizio ai poveri è vincolato all’avere nel cuore l’amore di Gesù?

Seconda frase di Madre Teresa (attenti): «Ricordati che Gesù, per la preghiera, sacrificava anche la Carità!»

Ah… allora io vi ho detto il vero prima, non vi ho detto il #PadreGiorgiopensiero? No, infatti, vi ho detto il pensiero di Santa Madre Teresa di Calcutta! Allora, veramente adesso quadra tutto il discorso degli Apostoli… che adesso vedremo come finisce.

Lei disse: «Ricordati che Gesù, per la preghiera, sacrificava anche la Carità!»

Quindi, anche noi. Anche noi, tra il bene della carità e il meglio della preghiera, dobbiamo sacrificare la carità. Se dobbiamo scegliere, dobbiamo sacrificare la carità.

Terza frase di Madre Teresa: «Senza Dio, siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri!»

Ecco perché non posso andare dai poveri, se Gesù non mi mette il Suo amore nel cuore, perché sono troppo povero! Un povero, come fa ad aiutare un povero?

Solo se io ho nel cuore la ricchezza dell’amore di Gesù posso aiutare i poveri!

«Queste parole le ricordo ogni giorno», ha detto il Cardinal Comastri.

«Ti credo!», dico io.

Chiaro?

Non è giusto che noi lasciamo da parte la Parola di Dio per servire alle mense”.

Esatto. Esattamente quello che abbiamo appena sentito da Madre Teresa di Calcutta.

Proseguono i Dodici (che hanno ammesso di avere sbagliato): «Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico».

Sì, perché, per fare servizio ai poveri, alle mense, alle vedove, bisogna essere di buona reputazione, pieni di Spirito Santo e di sapienza.

Non è che servire i poveri sia dire: «Adesso mi tiro su le maniche e (un po’ come un macellaio che affetta la carne, o come uno che aggiusta la macchina) mi metto a servire i poveri…». È una cosa delicatissima eh… c’è bisogno di pienezza di Spirito Santo e di sapienza, per fare questo servizio, per svolgere la carità. Non mi posso svegliare al mattino e inventarmi di essere l’uomo della carità; c’è bisogno, comunque, di un rapporto particolare con il Signore.

Questi sette uomini, che saranno i diaconi, avranno proprio come ministero, come loro compito precipuo, quello del servizio alle mense, quello dell’assistenza ai poveri e agli ultimi, ma anche loro dovranno trovare il modo, comunque, dentro a questo mandato particolare che viene loro dato, di poter coltivare la pienezza dello Spirito Santo, la Sapienza e la buona reputazione.

Dicono gli Apostoli: «Noi, invece, ci dedicheremo…» A cosa? «Siccome non facciamo il servizio alle mense, noi faremo…», adesso gli Apostoli ce lo dicono… Anche noi, invece di stare qua a guardare per aria, a giocare alla PlayStation, a guardarci i video, a mandarci i whatsapp, i messaggini, a mandare gli audio, i video e tutte le stupidaggini del mondo che mandiamo dalla mattina alla sera, ascoltiamo cosa dicono gli Apostoli…

Dicono gli Apostoli: «Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola», cioè la predicazione.

Esattamente quello che abbiamo ascoltato poc’anzi dalla bocca del Cardinal Comastri, in riferimento all’incontro con Madre Teresa di Calcutta.

«Il nostro compito», dicono i Dodici, «è pregare e predicare». Punto. Basta!

Loro arrivano a questa conclusione: «Tutto il tema della carità e del servizio lo affidiamo ai diaconi, noi non lo facciamo più, perché abbiamo visto che è inconciliabile, per il nostro compito è inconciliabile. Non riusciamo a fare tutte due le cose bene, allora ne scegliamo una, e questa la facciamo bene. L’altra non l’abbandoniamo, dicendo che non conta niente».

Infatti, conta talmente tanto, che vengono scelti Stefano, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, sette persone, sette uomini, sette giovani presumo, abbastanza giovani. E poi c’è l’imposizione delle mani e diventano diaconi… è una cosa seria.

La cosa interessante è che questa proposta, questa scissione, questa determinazione dei compiti, piacque a tutto il gruppo, a tutto il numero dei discepoli che erano stati raccolti dai Dodici, ai quali i Dodici avevano fatto questo discorso, perché loro si lamentavano per questo dissidio che si era venuto a creare nel servizio alle vedove.

Questa ammissione di colpa e questa proposta fatta dai Dodici come scissione dei compiti (voi fate questo e noi quell’altro) piacque a tutti.

Vedete? Quando una cosa è ordinata, quando una cosa è giusta, diventa risolutiva. Ecco che semplicemente questa scelta, questo riconoscimento delle priorità e dei compiti di ciascuno, è così fatta bene, è così giusta, che mette in pace tutti, tutti. “Piacque questa proposta a tutto il gruppo”, e quindi scelgono i sette.

“Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola”.

Vi ricordate quando, un po’ di giorni fa, vi ho letto le Promesse sacerdotali? Ve le ho lette e ve le ho commentate. In quella meditazione vi ho detto delle precise cose leggendo le Promesse sacerdotali, in merito alle domande che il Vescovo fa ai candidati al Sacerdozio e a quali sono gli impegni dei loro doveri di stato.

E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede”.

Vedete?

Una volta che hanno registrato le corde e che hanno messo ciascuno al suo posto, a partire da loro stessi (gli Apostoli), e ognuno fa il suo, basta, ecco che rientra in gioco l’armonia della benedizione di Dio, che fa capire: «Così va bene, adesso ci siamo». E quindi, tutto andrà bene.

Ecco, io mi auguro che veramente possiamo trovare da parte del Signore la grazia di saper fare discernimento. Vi invito proprio a rileggere bene questa parte di Atti 6,1-7, perché anche noi abbiamo bisogno di ammettere le nostre colpe, i nostri errori, a fronte di pasticci che si vengono a creare, perché non è sempre colpa degli altri, ma può essere colpa nostra, perché abbiamo fatto quello che non dovevamo fare, e non abbiamo fatto quello che dovevamo invece fare.

Noi, invece, siamo sempre lì a dire: «I poveri… i poveri… i poveri… bisogna servire, fare, brigare…». E così, dentro attivismo a mille…

Sì, però… è il tuo compito? Il tuo compito primario qual è?

È su questo che dobbiamo ragionare: Dio cosa chiede a te oggi? Quello devi fare! In relazione al tuo stato di vita, Dio cosa ti chiede esattamente? Dove ti aspetta?

Andate a vedere Madre Teresa di Calcutta quante ore pregava al giorno.

Lei serviva i poveri, ma quante ore pregava al giorno?

Le suorine, le novizie, le metteva alla sera a fare tre ore di preghiera davanti al Santissimo Sacramento, in ginocchio. Loro poverine avevano lavorato per otto, dieci ore a servire i lebbrosi, è facile dirlo ma….

Queste suorine, che tra l’altro mangiavano pochissimo, in ginocchio svenivano, cadevano perché non ce la facevano… e Madre Teresa cosa faceva? Le prendeva e le rimetteva in ginocchio. Non diceva: «Poverina… cara stella, vai a riposarti nel tuo lettino, sul tuo bel materasso morbido» (che non avevano, perché dormivano per terra). No, no, lei le rialzava e le rimetteva in ginocchio a fare l’adorazione eucaristica, per tre ore.

Ecco, capite che noi siamo forse un po’ disassati rispetto a tutto questo.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

PRIMA LETTURA (At 6, 1-7)

In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove.
Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola».
Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani.
E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.

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