Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 15
Lunedì 21 agosto 2023
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Mt 19, 16-22)
In quel tempo, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?».
Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!».
Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a lunedì 21 agosto 2023.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa messa di oggi, tratto dal capitolo diciannovesimo del Vangelo di San Matteo, versetti 16-22.
Continuiamo la nostra lettura del libro di Bonhoeffer, Sequela.
Ecco cosa scrive in sintesi del discorso fin qui fatto.
In sintesi la situazione è dunque questa: l’uomo si è intossicato con la grazia a buon mercato, in base alla proposizione secondo cui solo chi crede è ubbidiente. Egli intanto resta nella disubbidienza, consolandosi con una remissione che si attribuisce da solo, chiudendosi in tal modo alla parola di Dio. L’irruzione nella fortezza fallisce finché si continua a ripetergli solo quella tesi dietro alla quale egli si è nascosto. Deve subentrare una svolta, si deve richiamare l’altro all’ubbidienza: solo chi ubbidisce crede!
L’uomo — dice Bonhoeffer — è intossicato con la grazia a buon mercato e la grazia a buon mercato procede secondo una tesi ben precisa: solo chi crede ubbidisce. Cioè: per poter obbedire a Dio, per poter obbedire ai comandamenti di Dio, per poter obbedire alla parola di Dio bisogna prima credere; questa è la tesi che sta alla base della grazia a buon mercato. In questa maniera che cosa fa la persona? La persona che è dentro a questo intossicamento resta nella disobbedienza. Siccome non crede, non obbedisce, resta nella disobbedienza e si consola illudendosi attraverso un’auto remissione dei peccati, vale a dire che si assolve da solo, si perdona da solo, non va neanche più a confessarsi.
In questo modo si chiude alla parola di Dio. Quindi la parola di Dio non lo interpella più, se non nelle cose che interessano a lui. Quindi della parola di Dio prende quello che gli piace, il resto lo lascia da parte.
Bonhoeffer dà un consiglio, io credo veramente importante: “l’irruzione nella fortezza”, che vuol dire continuare a insistere, a ripetere sempre le stesse cose, anche avere dei toni polemici o avere delle discussioni forti, gravi, litigare, spingere, non serve a niente. Non serve a niente, se la persona resta dentro questa tesi: solo chi crede ubbidisce. Per poter avere una svolta — dice — bisogna cambiare tesi: solo chi ubbidisce crede. Ecco, è solo cambiando la tesi che è possibile passare dalla grazia a buon mercato a quella a caro prezzo, solo così.
Prosegue:
C’è forse in tal modo il rischio di sviare l’interlocutore indirizzandolo sulla strada delle opere compiute di propria iniziativa? No, anzi è un modo per fargli vedere che la sua fede non è tale, per districarlo dal suo esser invischiato in sé stesso. Egli deve uscire all’aria aperta della decisione. — Questa persona deve decidersi: deve obbedire — In tal modo la chiamata di Gesù alla fede e alla sequela può essere da lui nuovamente udita.
È necessario portare la persona a capire che deve decidere. Deve scegliere di obbedire: solo in questo modo gli sarà possibile credere, solo in questo modo si aprirà la possibilità della fede. E guardate, altra incredibile Dio-incidenza, altra incredibile opera della Provvidenza, sentite cosa scrive adesso! Guardate, capite bene che non può essere stato programmato:
Con questo ci troviamo già al punto centrale della storia del giovane ricco.
Il Vangelo di oggi! Adesso Bonhoeffer commenta per noi, anzi per me, perché dovrei essere io ad avervi fatto la meditazione sul Vangelo di oggi, commenta al posto mio il Vangelo di oggi. E voi direte: “Tanta grazia padre Giorgio, perché è cento volte meglio” e io concordo con voi. Guardate che incredibili sincronie che si vengono a formare nella lettura di questo testo, le abbiamo già viste anche precedentemente. Noi stiamo leggendo il testo e va a sovrapporsi, a collimare perfettamente con la lettura del Vangelo della messa del giorno. Se questa non è opera della Provvidenza! Io di sicuro neanche se mi fossi messo lì a fare taglio e cucito mi sarei potuto sistemare le cose in questo modo! Va bene, allora sentiamo, adesso lui cita tutto il Vangelo , Matteo 19,16-22 — io non ve lo rileggo perché l’abbiamo appena letto — e dice, sentite:
La domanda — attenti bene, perché adesso sentite che omelia che fa a tutti noi — del giovane sulla vita eterna è la domanda sulla salvezza, cioè l’unica domanda seria in assoluto. Ma non è facile porla correttamente. Lo si vede dal fatto che il giovane, che evidentemente intende porre tale domanda, ne pone in fondo una completamente diversa, anzi, di fatto schiva il problema. Egli in effetti rivolge la domanda al «buon maestro». Vuol sentire il parere, il consiglio, il giudizio del buon maestro, del grande dottore sul problema. In tal modo lascia capire due cose: primo, la questione è per lui di grande importanza, Gesù deve avere qualcosa di importante da dire in proposito. Secondo, dal buon maestro, dal grande dottore egli si aspetta qualcosa di essenziale, ma non una prescrizione divina assolutamente vincolante.
Ecco, capite? Lui si aspetta un’indicazione, un consiglio, un parere, lui non si aspetta un comandamento! Questo è il punto! È geniale questa lettura che fa Bonhoeffer. Lui si aspetta qualcosa di essenziale, ma non un comandamento. Non si aspetta «una prescrizione divina assolutamente vincolante».
La domanda sulla vita eterna è per il giovane un problema di cui desidera parlare e discutere con un «buon maestro».
Quante volte anche noi abbiamo voglia di parlare e di discutere, “parlare e discutere con un buon maestro”.
Ma già qui la parola di Gesù gli si para dinnanzi: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono all’infuori dell’unico Dio». La domanda ha già tradito il fondo del suo cuore. Voleva parlare con un buon rabbi sulla vita eterna, e ora gli accade di sentire che in effetti ponendo questa domanda non si trova davanti a un buon maestro, ma a Dio stesso.
Dio in persona! Lui voleva colloquiare, voleva avere un consiglio da un saggio, però davanti a lui non c’è un saggio, c’è Dio.
Dunque dal Figlio di Dio non riceverà alcuna risposta che non sia un esplicito richiamo al comandamento dell’unico Dio. Non riceverà la risposta di un «buon maestro», che aggiunga una sua opinione personale alla manifesta volontà di Dio. Gesù sposta l’attenzione da sé a Dio, il solo che è buono, dimostrandosi proprio in questo il Figlio di Dio perfetto nell’ubbidienza. E se colui che ha posto la domanda si trova davanti a Dio in persona, viene con ciò stesso smascherato come uno che tentava di fuggire davanti al manifesto comandamento di Dio, che lui certo conosce.
Questo giovane ricco, di fatto, è un giovane in fuga.
Il giovane in effetti conosce senz’altro i comandamenti. Ma la sua condizione è appunto di non contentarsene, di voler procedere oltre. La sua domanda viene svelata come la domanda di una pietà da lui stesso ideata e arbitrariamente scelta.
Mamma mia! Questo giovane conosce le cose come stanno, ma vuole vivere la vita di fede come ce l’ha in testa lui. Vuole vivere la pietas secondo il suo gusto, secondo quello che nella sua testa ha pensato. Non gli bastano i comandamenti. Sentite:
Perché il giovane non si contenta del comandamento manifesto? Perché fa come se non conoscesse già da lungo tempo la risposta alla sua domanda? Perché vuol dare a Dio la colpa di averlo lasciato nell’ignoranza in questo problema decisivo per la vita? Così il giovane è già colto in difetto e chiamato a giudizio. Dalla domanda non vincolante intorno alla salvezza egli viene richiamato alla semplice ubbidienza verso i comandamenti manifesti. C’è poi un secondo tentativo di fuga. Il giovane risponde con un’altra domanda: «Quali?».
È incredibile: quando noi vogliamo fuggire, fuggiamo. Quando noi vogliamo fuggire, siamo delle anguille. Incredibile!
Già solo in questa domanda si nasconde Satana in persona.
Ci avevate mai pensato? Quando lui dice «quali?» qui c’è Satana in persona che si nasconde. Bravissimo Bonhoeffer!
In effetti era l’unica scappatoia rimasta a chi si vedeva messo con le spalle al muro. Naturalmente il giovane conosce i comandamenti, ma chi può pretendere di sapere quale comandamento, tra tutti, riguardi proprio lui, in questo preciso momento?
Lui conosce tutti i comandamenti, certo, li conosceva perfettamente. Ma: “Qual è quello che riguarda me adesso? Qual è il comandamento di Dio che adesso mi sta interpellando?”.
La rivelazione dei comandamenti è ambigua, non chiara, dice il giovane. Non vede i comandamenti, ma ancora una volta solo se stesso, i suoi problemi e conflitti. Si sottrae al chiaro comandamento di Dio, per ritirarsi nell’interessante situazione, incontestabilmente umana, del «conflitto etico». L’errore non sta nel fatto che egli conosca questo conflitto, ma nell’utilizzare questo conflitto contro i comandamenti di Dio. Mentre i comandamenti sono dati proprio per metter fine al conflitto etico. Il conflitto etico, inteso come originario fenomeno etico dell’uomo dopo la caduta, è per sé stesso opposizione dell’uomo a Dio. Il serpente nel paradiso ha posto questo conflitto nel cuore del primo uomo. «Dio avrebbe detto…?». Attraverso il dubbio etico, attraverso la segnalazione del fatto che il comandamento ha ancora assolutamente bisogno di un’esegesi e di un’interpretazione l’uomo viene distolto dal comandamento chiaro e dalla semplice, infantile ubbidienza.
Ma guardate che è bravissimo! È bravissimo! Bonhoeffer, veramente è meraviglioso, meraviglioso! Dopo ve lo commenterò, ma adesso ve lo voglio leggere tutto perché veramente è incredibile. Scusate, ma è talmente tanto che non posso adesso andare avanti. Ve lo volevo leggere per arrivare al dunque, ma qui non c’è un dunque, è tutta una concatenazione incredibilmente bella, e non posso farla tutta adesso. Mamma mia, è lunghissima! Andiamo avanti un pezzettino:
«Dio avrebbe detto…?». L’uomo stesso deve decidere che cosa sia il bene, contando sul proprio sapere del bene e del male, sulla coscienza. Il comandamento è ambiguo, Dio vuole che l’uomo lo interpreti, lo decifri, e si decida nella libertà. In tal modo si è già rifiutata l’obbedienza al comandamento. Al posto del semplice agire è subentrato l’ambiguo pensare.
Vedete che bella questa espressione:
L’uomo della libera coscienza si sente superiore al bambino che ubbidisce. Il richiamo al conflitto etico è la revoca dell’ubbidienza. Significa voltare le spalle alla realtà di Dio, per rivolgersi a ciò che è possibile all’uomo, passare dalla fede al dubbio.
Mi fermo, mi fermo, mi devo fermare, punto. Adesso metto una croce qui e mi fermo perché sennò vado avanti e la leggo tutta.
Riprendiamo il commento: eravamo arrivati a dire che il giovane tenta di fuggire, non si accontenta del comandamento manifesto, fa finta come di non sapere e quasi dà la colpa a Dio di averlo lasciato nell’ignoranza. Di fatto dalla sua domanda non vincolante intorno alla salvezza — dice Bonhoeffer — viene richiamato alla semplice obbedienza verso i comandamenti manifesti.
A questo punto c’è un secondo tentativo di fuga: i comandamenti sono quelli, ma lui dice: «quali?», come se fossero settemila! Sono dieci, sono quelli, li conosce benissimo, infatti poi lui dirà: “Ah, ma io questi qui li osservo già da tempo” quindi vuol dire che li conosceva. Ma lui dice: «quali?» e Bonhoeffer dice che già Satana è dentro questa domanda.
Questa era l’unica scappatoia che rimaneva: lui conosce i comandamenti e per lui la rivelazione dei comandamenti è ambigua. A questi furbastri — che siamo noi quando vogliamo fuggire — non basta sentire i comandamenti, perché “non sono chiari”. Lui non vede i comandamenti, non li vede. Che cosa vede? Vede solo sé stesso, i suoi problemi e i suoi conflitti. Quello che vi dicevo: “Io c’ho i probbbblemi — con quattro b — non ce la faccio, non ci riesco, sono fragile”. E sempre questo qui che si guarda l’ombelico, si guarda l’ombelico, si guarda l’ombelico, tanto che a un certo punto gli si perde la testa dentro la pancia. Non vede i comandamenti di Dio, vede solo sé stesso. È una ripetizione continua delle sue lagne. Si sottrae al chiaro comandamento di Dio, per ritirarsi dove? Nell’interessante situazione, incontestabilmente umana, del conflitto etico. Eh, certo! Lui è lì che va a finire e usa il conflitto etico — questo è il problema — contro i comandamenti di Dio. E il punto sta qui, nell’andare a usare il conflitto etico contro i comandamenti di Dio, mentre i comandamenti sono dati proprio per porre fine al conflitto etico, non per andare contro, per porre fine!
Ecco come Bonhoeffer spiega il conflitto etico:
Il conflitto etico, inteso come originario fenomeno etico dell’uomo dopo la caduta, è per sé stesso opposizione dell’uomo a Dio. Il serpente nel paradiso ha posto questo conflitto nel cuore del primo uomo.
«Dio avrebbe detto…?»
“Ma io vi dico che non morirete affatto”, ricordate Genesi 3?
Questo conflitto è posto dal serpente nel cuore dell’uomo, quindi, attraverso questo dubbio, che cosa succede? Succede che c’è bisogno di un’esegesi, c’è bisogno di un’interpretazione. E quindi, attraverso il bisogno di dire: “aspetta che te lo spiego io” il serpente si fa esegeta della parola di Dio. E Adamo ed Eva ci cadono dentro in pieno. Il serpente dice: “Non è vero quello che vi ha detto Dio. Lui non vuole farvi mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male perché teme che voi diventiate come lui…”. Qui sotto ci sta che cosa? Ci sta l’idea di un Dio che non è padre, ma è un Dio malvagio che per invidia e per gelosia anche della sua posizione, vuole tenere l’uomo schiacciato nell’ignoranza. Quindi il serpente dice: “Lui vi vuole sottrarre, lui vuole tenervi ignoranti, vuole tenervi lontani dalla conoscenza del bene e del male”. Ma perché? “Perché, se voi mangiate dell’albero, diventate come lui e conoscerete la differenza”. Il serpente si fa esegeta, interpreta, e cosa succede? Fa una cosa molto semplice: nel momento in cui l’uomo accetta il dubbio, il dubbio etico, nel momento in cui l’uomo accetta il dubbio e inizia a ragionare sulla proposizione del serpente, il serpente ha già vinto, perché ha spostato l’uomo dal comandamento chiaro e semplice — non mangiate dell’albero del bene e del male, che dà la conoscenza del bene e del male — e lo distoglie dalla infantile obbedienza, dall’obbedienza dei bambini!
I bambini non stanno lì a fare l’esegesi dell’ordine che dà la mamma, se la mamma dice: “Non mangiare la caramella”, il bambino non comincia a dire: “La mia mamma m’ha detto di non mangiare la caramella perché, se la mangio, divento come la mia mamma; la mia mamma mi ha detto di non mangiare la caramella perché divento intelligente come lei quindi…”
No, il bambino non fa così! “Non mangiare la caramella”, basta, fine: non mangia la caramella. Ecco questa obbedienza infantile che non è ubbidienza idiota, ma è l’obbedienza di chi si fida.
Il demonio strappa l’uomo dall’essere figlio. Capite? Lo fa diventare… non saprei nemmeno dirvi cosa… un antagonista di Dio, proprio.
E infatti, sentite bene cosa fa il serpente. Genesi tre:
“È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?”
Vedete la domanda? È già sbagliata, non è vero! Ma lui pone il dubbio, comincia da lì, pone il dubbio aggravando il comandamento di Dio, perché non era vero che non dovevano mangiare di alcun albero, ma potevano mangiare tutto quello che volevano, tranne di uno. Ma il demonio, il serpente, aggrava il comandamento per renderlo disumano, insostenibile e la donna subito ci cade dentro e dice:
“Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare…”
Vedete? Inizia il dialogo tra la donna e il serpente. Non posso dirvi tutto quello che c’è da dire, perché staremmo qui fino all’anno prossimo, ma qualcosa ve lo devo dire. Quindi la donna dice:
“Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: «Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete»”.
Falso! Non ha detto che non dovete toccare, ha detto solamente che non dovete mangiare. Ma lei ha cominciato il dialogo col serpente e il serpente ha già vinto. Il serpente ha già vinto! Lei non dice tutta la verità, lei ha ceduto anche di un poco all’idea che il comandamento di Dio è insostenibile, è gravoso. E infatti lo dice: «Ha detto che non dobbiamo neanche mangiarne». E poi lei dà anche la spiegazione, il demonio non l’aveva chiesta:
“È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?”
Non dice: “perché sennò altrimenti succede…” Lei invece, che è già dentro al meccanismo, non dice tutta la verità, aggrava il comandamento di Dio e in più dà anche la spiegazione:
“… altrimenti morirete”.
Vi immaginate? Il serpente l’ha già morsa, praticamente:
“Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa…»”
Ecco l’esegeta, ecco il serpente esegeta:
Dio sa
Ma cosa ne sa lui? Che cosa ne sa il serpente di Dio? Io ve lo dico sempre: quando avete bisogno di sapere qualcosa di qualcuno, non andate a chiederlo a destra e a manca, andate dalla persona! “Tizio ha detto, Tizio ha fatto, lui pensa che…”. Ma vai a chiederglielo!
Dio sa
Ma cosa ne sai tu di cosa sa Dio! Ma tu sei Dio? No, tu sei il serpente. Ma cosa ne vuoi sapere?
«… Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male».
Capite? Dell’albero che sta nel mezzo del giardino, questo albero della conoscenza del bene e del male… E lei ormai è già andata, basta. Lei ha ceduto al dubbio, infatti poi mangerà dell’albero. Poi ci sarebbe da spiegare tutto il resto, ma non è questo il momento.
Quindi, tornando a Bonhoeffer, che ci sta dicendo la versione del serpente:
L’uomo stesso deve decidere che cosa sia il bene, contando sul proprio sapere del bene e del male, sulla coscienza.
Questo è il progetto del serpente.
Il comandamento è ambiguo, Dio vuole che l’uomo lo interpreti, lo decifri, e si decida nella libertà.
No! Dio vuole che tu obbedisca! Questo è quello che vuole il serpente.
In tal modo si è già rifiutata l’obbedienza al comandamento.
Eh, certo, hai fatto tutto tu: interpreti tu, decifri tu, decidi tu. Cosa hai fatto? Non hai fatto il comandamento di Dio, hai fatto il comandamento del serpente.
Al posto del semplice agire è subentrato l’ambiguo pensare.
Verissimo! Guardate che tante volte succede così: quante volte noi invece di fare stiamo lì a pensare, a fare riflessioni ambigue, false, invece di agire, di farlo, di fare quello che dobbiamo.
L’uomo della libera coscienza si sente superiore al bambino che ubbidisce.
Guardate, questa è per coloro che fraintendendo tutto il discorso del beato Cardinal Newman quando dice: “Brindo alla coscienza”. Dicono: “Ah, ma io devo obbedire la mia coscienza” — “Ah, no no, l’obbedienza, io devo obbedire alla mia coscienza” — “Sì, sì, questa sarà anche l’obbedienza, ma io devo obbedire alla mia coscienza. Se la mia coscienza mi dice così, io devo obbedire alla mia coscienza”. Poveri, illusi, ingannati dal serpente antico in persona.
L’uomo della libera coscienza si sente superiore al bambino che ubbidisce.
Il bambino che obbedisce è ciò che cerca Dio, ed è ciò che stava nel paradiso terrestre, nell’Eden, prima della caduta terrificante del peccato originario. Questo è ciò che Dio ha creato. Non il mostro, nel senso proprio di monstrum, che si è fatto dopo, quando c’è stato il peccato originale. Quelli che dopo si coprono con le foglie di fico: “Oh mamma mia, che vergogna, che vergogna”. E Dio dice: “Chi ti ha detto che eri nudo? Ma chi te lo ha detto che eri nudo?” — “Eh ma no, ma io, ma qua…” — “Ma che cosa? Ma chi te l’ha detto? Ma se fino a ieri eri qui che camminavi nudo e nessuno faceva problemi? Chi ti ha fatto il problema di questa cosa qua? Chi ti ha creato il problema della nudità? A te chi te l’ha detto?”
Ah, guardate, Genesi tre è un’opera d’arte, veramente! Sarebbe da fare un dottorato di ricerca solo su Genesi tre.
Il richiamo al conflitto etico è la revoca dell’ubbidienza.
Quando noi entriamo dentro al conflitto etico — tutto questo tema che ho appena spiegato — noi immediatamente cessiamo di obbedire. Quello che hanno fatto Adamo ed Eva; esattamente il contrario di quello che ha fatto la bellissima, stupenda, meravigliosa, nostra Regina del cielo e della terra, la Vergine Maria. La Vergine Maria ha rifiutato in toto il conflitto etico e si è messa in una infantile obbedienza. Bellissimo!
Quando noi seguiamo il conflitto etico, quando noi revochiamo l’obbedienza, quando noi perdiamo l’obbedienza del fanciullo:
Significa voltare le spalle alla realtà di Dio, per rivolgersi a ciò che è possibile all’uomo, passare dalla fede al dubbio.
Terribile! Terribile!
voltare le spalle alla realtà di Dio, per rivolgersi a ciò che è possibile all’uomo, passare dalla fede al dubbio.
Terribile! Loro sono passati dalla fede al dubbio, ed è quello che fa il giovane ricco. Domani andremo avanti, vedete che è meraviglioso, meraviglioso! Credo che nessuno di noi abbia sentito mai un’omelia così bella come quello che sto leggendo di Bonhoeffer sul giovane ricco.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.