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Il piccolo volatile – Pedagogia del dolore innocente, beato don Carlo Gnocchi pt. 4

Don Gnocchi Pedagogia del dolore innocente

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Il piccolo volatile – Pedagogia del dolore innocente, beato don Carlo Gnocchi pt. 4
Venerdì 14 giugno 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 5, 27-32)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a venerdì 14 giugno 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal quinto capitolo del Vangelo di san Matteo, versetti 27-32.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro Pedagogia del dolore innocente del beato don Carlo Gnocchi.

FIN QUI però abbiamo considerato il dolore soltanto come punizione ed espiazione della colpa, di quella originale e di quelle personali e tale fu il suo carattere fino a Cristo.

Fa parte però dell’opera rinnovatrice e restauratrice dei valori umani compiuta dal Redentore l’aver conferito al dolore il carattere positivo di purificazione e di redenzione del peccato. Cosicché, per mezzo del dolore, l’uomo redento non solo può cancellare la sua condanna, ma può conquistare e meritare anche il premio di una vita piena ed indefettibile.

È questa la nuova fulgidissima luce che il cristianesimo ha conferito al dolore ed è in questa luce che si colloca e prende valore inestimabile soprattutto la sofferenza del bimbo.

Ad essa anche i fanciulli sono chiamati, ma non più soltanto in forza della oscura legge di Adamo e della ancestrale solidarietà contratta con lui attraverso le torbide vie della carne e del sangue, ma in forza della mistica legge di Cristo e della lucida solidarietà col suo sacrificio innocente, contratta nelle acque battesimali.

Ed ecco come.

Nell’economia della redenzione cristiana, il dolore dell’uomo è complemento volutamente necessario del dolore e della morte redentrice di Cristo: «Compio nel mio corpo quello che manca alla Passione di Cristo» (S. Paolo — Col. 1, 24) e perché la redenzione di Cristo sia totale, ogni cristiano deve apportare ad essa il contributo della propria sofferenza personale.

Non tutte però le sofferenze umane hanno lo stesso grado di affinità con quelle di Cristo, in questa necessaria ed arcana «confluenza» del sangue dell’uomo nel fiume redentore del sangue di Cristo che, scendendo dal Calvario, si diffonde nel mondo attraverso la storia.

Direi — se mi si passa la crudezza del riferimento alla trasfusione fisica del sangue — che non ogni sangue umano è del «gruppo» di quello di Cristo.

   C’è, a questi effetti, una vasta gerarchia del sangue e delle lacrime («il sangue dell’anima», come le ha chiamate S. Agostino) in quanto c’è la sofferenza del peccatore che deve essere, almeno in parte ed in primo luogo, offerta per la redenzione delle colpe personali e c’è la sofferenza del giusto che va invece direttamente a redimere ed espiare le colpe sociali.

Don Gnocchi dice che fa parte dell’opera rinnovatrice e restauratrice compiuta da Gesù quella di conferire al dolore un carattere positivo, cioè di purificazione e di redenzione del peccato. 

In questo modo l’uomo, attraverso il dolore, non solo cancella la sua condanna, ma merita anche il Paradiso attraverso l’accettazione, l’offerta, l’accoglienza della sua croce. 

In questa luce, in questa prospettiva, si colloca anche il valore inestimabile della sofferenza del bambino, — o più in generale dell’innocente, che può essere un bambino, ma può essere anche una persona adulta innocente— «in forza della mistica legge di Cristo e della lucida solidarietà col suo sacrificio innocente, contratta nelle acque battesimali»; cioè questa sofferenza innocente va a fare solidarietà, ad unirsi, al sacrificio innocente di Gesù.

Inoltre, scrive: «perché la redenzione di Cristo sia totale, ogni cristiano deve apportare ad essa il contributo della propria sofferenza personale», come scrive san Paolo nella prima lettera ai Colossesi, capitolo primo, versetto 24; «Compio nel mio corpo quello che manca alla Passione di Cristo».

Ecco, lui scrive che c’è una gerarchia all’interno della sofferenza: per quanto riguarda il peccatore, la sua sofferenza è un’offerta innanzitutto per la redenzione delle colpe personali; per quanto riguarda la sofferenza del giusto, questa va invece a redimere le colpe sociali. Quindi, ognuno sa un po’ dove andarsi a collocare.

Prototipo di questa sofferenza è Cristo figlio di Dio, innocente e purissimo che muore per la redenzione degli uomini, «Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo »; e di analogo valore è la sofferenza degli infanti, dei bimbi e dei Santi che soffrono anche per la purificazione e per la salvezza dei loro fratelli e ciò, non in relazione e in proporzione alle proprie colpe personali — che spesso non ci sono, come negli infanti — e neppure soltanto in proporzione alla loro corresponsabilità sociale, secondo la legge di Adamo — ma in relazione e proporzione alla capacità ed alla purezza del loro sacrificio, ai fini della redenzione umana, secondo la sublime legge di Cristo.

Vedete, quello che abbiamo detto fin qua! Quindi, il prototipo, l’immagine, è Gesù: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo”; l’agnello, il purissimo, l’innocente per eccellenza. E così per gli infanti e per tutti gli innocenti.

Per la remissione totale dei peccati del mondo — secondo S. Tommaso — occorreva nella vittima una purezza che soltanto Dio poteva possedere e per questo il Padre inviò sulla terra il proprio Figlio a morirvi sulla croce: ma, alla completezza di tale sacrificio e per la sua applicazione immediata alle colpe di ogni giorno, il più alto contributo è certamente quello offerto dalle anime che soffrono senza il peso delle proprie colpe personali.

Quindi, un conto è soffrire perché io ho fatto del male, o qualcosa di male, perché io ho fatto dei peccati, ma il contributo più grande per la completezza del sacrificio di Gesù viene dato dalle anime che soffrono senza proprie colpe personali; in questo caso gli innocenti. 

Si capisce sempre meglio il titolo: La pedagogia del dolore innocente, vedete quante cose ci sta insegnando il dolore innocente!

Voi direte: “Ma ci sono persone così?”; si, ci sono; sono le persone sante che abbiamo accanto a noi. Sono gli innocenti. 

Ci sono i bambini, ma poi, ripeto, ci sono persone adulte che hanno una tale rettitudine, un tale cammino di fede, una tale bellezza interiore, un tale amore per il Signore, che non commettono peccati mortali, magari neanche veniali, hanno delle imperfezioni; queste sono delle persone giuste. E, di solito, sono quelle che soffrono di più, o fisicamente, o spiritualmente, o tutte e due, proprio sull’esempio di Gesù. Sono quelle persone che ricevono, appunto, o una sofferenza fisica senza colpa (ad esempio, uno non ha mai fumato in vita sua e si trova un tumore ai polmoni; uno non ha mai bevuto in vita sua, ha sempre avuto una vita sana, ha sempre mangiato in modo equilibrato e si trova un tumore al fegato. Uno dice: “Ma come, quello fuma cinque pacchetti di sigarette al giorno e sta benissimo, io non ho mai fumato in vita mia, e ho un tumore al polmone?”. “Ho preso la cirrosi epatica e non ho mai bevuto alcol, quello invece è un alcolizzato e sta benissimo”), oppure persone che vengono ingiustamente perseguitate, maltrattate, ingiuriate, diffamate, calunniate e che sono innocenti.

La storia della Chiesa è piena di queste persone; piena di persone che sono state accusate ingiustamente e poi, magari dopo la morte, o poco prima della loro morte, si è scoperto che erano assolutamente innocenti. 

I santi, non dico tutti, ma praticamente quasi tutti, hanno conosciuto la sofferenza; la sofferenza fisica, quasi tutti, e quella spirituale, quella morale, praticamente tutti; voi non trovate un santo che non abbia incontrato una persecuzione, una resistenza, che non gli sia stato fatto del male. 

L’emblema più classico, quello che a noi subito cade sotto gli occhi, perché è qui, dietro l’angolo, è padre Pio; lui è proprio l’emblema più classico perché, se c’era una persona innocente, questa era padre Pio. 

Eppure, senza aver fatto alcun crimine — e, aggiungo, senza aver fatto alcun peccato — è stato sospeso a divinis per due anni e mezzo. Guardate che due anni e mezzo sono tantissimi! Soprattutto perché lui non sapeva che sarebbe durata due anni e mezzo; noi lo sappiamo adesso, perché la storia è passata, ma lui non lo sapeva. Quando l’hanno sospeso, non gli hanno detto: “Durerà due anni e mezzo”. Gli hanno detto: “Ti sospendiamo”. La durata lui non la sapeva. 

Voi immaginatevi cosa ha voluto dire per quel santo sacerdote attendere due anni e mezzo per poter tornare a celebrare pubblicamente la Santa Messa, per poter tornare a confessare, lui, un martire del confessionale, pensate… Con tutte le persone che avevano bisogno di lui. Due anni e mezzo sono tantissimi, vuol dire: due Natali, vuol dire praticamente tre Pasque, vuol dire tante cose, tutte le solennità, i primi dell’anno, tutte le cose: da solo. Tanto che ci sono dei testi, delle lettere nelle quali lui scrive che ha rischiato di “uscirne pazzo”, da questa esperienza. Non mi ricordo più dove, ma disse che in una giornata aveva letto tutta la Divina Commedia, una cosa del genere, perché non poteva più fare niente: né predicare, né dire la Messa, né confessare, niente. Se voi a un sacerdote lo sospendete a divinis, voi gli togliete la possibilità di confessare, la possibilità di predicare, la possibilità di dire la Messa, la possibilità di fare la direzione spirituale, è finita! Che cosa fa? 

Quindi è stato veramente un martirio terribile. Noi adesso lo leggiamo sui libri e diciamo: “Ah sì, vabbè, due anni e mezzo, e vabbè, che non faccia tante storie”; no, calma, calma. Più tutto il resto, più quello che ha dovuto subire per le stigmate, per le sue figlie spirituali, per le Messe, perché erano troppo lunghe, perché non andavano bene…

Quello era un uomo innocente, che ha sofferto come pochi altri, non solo moralmente, ma anche fisicamente, perché provate voi cosa vuol dire avere le stigmate! Appena gli toccavano le mani, sentiva un dolore terribile. Nessuno poteva andare da padre Pio e stringergli la mano. A parte che nessuno, sano di mente, avrebbe mai osato fare una roba del genere, ma non potevi quasi neanche sfiorargliele, le mani, dal dolore che aveva, dal male che faceva. Quindi, c’è da riflettere su queste cose.

Come nel corpo fisico ci sono organi destinati alla salvaguardia ed alla purificazione di tutto l’organismo, organi che spesso si ammalano per la difesa e per la salvezza di tutto il corpo (le tonsille, il rene, ecc.) così ci sono, nel corpo mistico della Chiesa, anime destinate a portare la sofferenza in virtù della loro capacità purificatrice di tutto il corpo sociale.

E tra queste sono certamente i bimbi, chiamati tanto più precocemente alla sofferenza quanto più monda è la loro anima dalle colpe personali e pertanto più simile il loro sacrificio a quello dell’Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo.

Vale anche per i fanciulli la bella leggenda che S. Francesco di Sales applica a Cristo Redentore, secondo la quale c’è un uccello capace di guarire l’uomo dall’itterizia.

Quando un malato di questo male si stende sotto un albero, in preda al suo dolore, il piccolo volatile si mette a guardarlo intensamente e ne prova tanta compassione che le sue penne cominciano a prendere il colore triste di quella malattia, mentre a poco a poco si va sbiancando la pelle dell’uomo malato; e quando finalmente il piccolo volatile si è fatto tutto giallo e l’uomo ha riacquistato la bianchezza della salute, allora l’uccellino intona un canto di mesto saluto e va a morire lontano, per non essere visto da alcuno.

Pensate… Io non so se esiste un uccellino così, probabilmente no — san Francesco di Sales ha queste espressioni nella sua Filotea; è bellissimo, quel libro — però capite, quello che scrive san Francesco di Sales dell’uccellino che guarisce l’uomo dall’itterizia (che è un problema di fegato, per cui diventi tutto giallo) è interessante, è veramente interessante. 

È questo il dolore innocente, della qual cosa noi oggi non siamo più abituati a sentir parlare e non sappiamo più neanche che esistono persone così; ma persone così esistono, sapete! Persone così esistono, che si caricano proprio del male, di tutto il male dell’altro, poi vanno a morire lontane, per non essere viste da nessuno: questo è il dolore innocente. C’è da riflettere, c’è da riflettere.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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