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I Santi Martiri di Gorcum

Santi Martiri di Gorcum

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 23 aprile 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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I Santi Martiri di Gorcum

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

Eccoci giunti a sabato 23 aprile 2022.

Abbiamo ascoltato la Prima Lettura della Santa Messa di oggi, tratta dagli Atti degli Apostoli capitolo IV, versetti 13-21.

Quest’oggi, facendo riferimento a questa Prima Lettura che vi ho appena letto della Messa di oggi, vorrei parlarvi dei Santi Martiri di Gorcum, in Olanda. Io sono quasi certo al 100% che nessuno di voi ha mai sentito parlare dei Santi Martiri di Gorcum, in Olanda. Magari mi sbaglio, e sarei felicissimo di sbagliarmi, però credo che forse uno o due ne avranno sentito parlare, ma la stragrande maggioranza non ha mai sentito parlare dei Santi Martiri di Gorcum in Olanda.

Ve ne parlo proprio in riferimento alla Prima Lettura di oggi, a questa durezza di cuore, di chi, nonostante il miracolo evidente, bellissimo, grandissimo che viene compiuto, pur rendedosi conto di questo segno grande, evidente, che viene compiuto, eppure… eppure di Gesù non ne vuole sentir parlare.

Parleremo di diciannove uomini, i Martiri di Gorcum, vissuti in un contesto di pesante oppressione fisica e psicologica, come vedrete, che hanno offerto una testimonianza autentica, efficace, fortissima, di fede nell’Eucarestia.

Adesso vediamo un po’ di che cosa si tratta; non so se riuscirò a dire tutto in una volta sola, ma comunque vediamo…

L’uccisione di questi Martiri di Gorcum ebbe luogo nel tempo in cui i Paesi Bassi, sotto la denominazione di Repubblica delle Sette Province Unite (un territorio corrispondente all’odierna Olanda, Belgio e Lussemburgo), erano governati da Filippo II, re di Spagna. Il contesto culturale ed ecclesiale era dominato dalla Riforma luterana e da una profonda crisi del cattolicesimo, che registrava moltissime defezioni e, in generale, un atteggiamento di forte scetticismo nei confronti della Chiesa di Roma.

In questo clima anticattolico, che avrebbe raggiunto il suo culmine nel 1566 con la violenta reazione iconoclasta istigata dalla propaganda calvinista contraria alla venerazione dei Santi, Filippo II considerò la difesa della Chiesa e l’allontanamento delle eresie dai suoi territori un dovere fondamentale.

Nei Paesi Bassi, però, l’inquietudine religiosa si mescolava a un più generale malcontento sociale e politico e il sovrano vedeva con fondata ragione in questo movimento iconoclasta una minaccia alla sua stessa autorità. Il duca di Alva, che era stato incaricato di ristabilire l’ordine, di fatto, spazza via ogni forma di resistenza con mano molto forte, procede contro questa resistenza e fa  giustiziare per motivi politici o religiosi gli avversari del Re, unitisi sotto il partito dei cosiddetti “geuzen”, nella lingua loro  (dalla radice francese “gueux”, che vuol dire “pezzente”), sotto la guida della persona più influente dei Paesi Bassi, il principe Guglielmo d’Orange.

Molti geuzen fuggirono, continuando la propria lotta contro l’autorità cattolica, da oltre frontiera o dal mare, e 1 aprile 1572, una flotta di geuzen, sotto il comando di Guglielmo van der Marck, signore di Lumey, riuscì a occupare la cittadina di Brielle, presso Rotterdam, ottenendo,  con la persuasione, con l’intimidazione e la violenza, il controllo di un numero crescente di città nella Contea d’Olanda. In particolar modo (poi lo sentiremo meglio) era temuto il sanguinario Lumey, autore dell’uccisione dei Martiri di Gorcum.

Alla fine del giugno del 1572, una flotta di geuzen era apparsa alle porte della città di Gorcum. Il governo del Comune scelse di fare entrare gli insorti e il clero si ritirò nel castello insieme ai cittadini rimasti fedeli alla monarchia. Quando fu evidente l’inutilità della resistenza, il comandante del castello propose una resa, a condizione che chiunque si trovasse sotto la sua protezione rimanesse illeso (poveri illusi).

I geuzen, però, venendo meno agli accordi presi, incarcerarono tutti i chierici che trovarono nel castello. Tra questi, anche il Parroco della città, Leonardo Veghel, e il vice Parroco, Nicola Poppel, entrambi formatisi all’Università di Lovanio e fedeli all’idea tridentina del sacerdote come pastore: il primo noto per la sua profondità teologica, le omelie appassionate e la sollecitudine verso i poveri, l’altro per lo spirito di servizio, che gli era valso il soprannome di “schiavetto”,  nonché per la sua rinomata fede eucaristica.

Poi vengono incarcerati anche altri chierici. Per più di una settimana i chierici incarcerati furono sottoposti a vessazioni, umiliazioni, maltrattamenti e torture da parte dei soldati, con il pretesto iniziale di costringere i prigionieri a consegnare i presunti tesori nascosti della chiesa.

Nicola Pieck, come guardiano del convento, fu legato ad una porta con il cordone francescano e tirato su e giù, finché non perse conoscenza, per poi subire una atroce mutilazione al volto con una candela.

Oltre ai supplizi fisici, i prigionieri ebbero a soffrire anche tormenti psichici per l’incertezza esasperante della sorte, la disperazione patita dai confratelli e il sadismo dei soldati che si beffavano di loro, mentendo sull’imminenza della loro esecuzione.

Molto presto l’aggressività dei geuzen si rivolse ai Sacramenti, alla liturgia della Chiesa Cattolica e allo stato sacerdotale e monastico dei prigionieri; con bestemmie e caricature dei riti cattolici, i persecutori cercavano espressamente di offendere e umiliare le loro vittime. I sacramenti dell’Eucaristia e della Confessione erano oggetto particolare del loro scherno (chissà perché…): il mistero della presenza reale di Cristo sotto la forma del pane e del vino veniva ridicolizzato; i chierici venivano offesi con l’appellativo di “mangiatori di Dio”.

Nicola Poppel, noto per avere sempre difeso con forza il mistero eucaristico dal pulpito, sfidato a ripetere davanti ad una pistola ciò che aveva fino ad allora predicato, pur con la morte negli occhi, confessò la sua fede nell’Eucaristia e, nonostante un soldato avesse premuto il grilletto, il vice parroco uscì indenne da quella prova, perché il colpo rimase inesploso. Alcuni mesi più tardi, la notizia della testimonianza data all’Eucaristia da Nicola Poppel si diffuse pubblicamente, per il tramite di una lettera di un suo nipote stampata come volantino.

I geuzen schernirono ulteriormente le loro vittime, costringendoli ad ascoltare confessioni sacrileghe. Molta impressione fece Padre Willehad, il Danese, uomo di circa novant’anni, fuggito dalla patria a causa dell’infuriare delle lotte collegate alle questioni protestanti e giunto nei Paesi bassi dalla Scozia. Dopo una sacrilega confessione, dove Padre Willehad rifiutò di dare l’assoluzione ma promise la sua preghiera, e i maltrattamenti che gli fecero, lui rispose ad ogni colpo con un “Deo gratias”.

Un venerdì i prigionieri affamati furono condotti a un banchetto e fu loro servita della carne. Tutti rifiutarono.

Non siamo al tempo del Profeta Daniele eh… chiariamo che siamo nel 1500, ma, a quel tempo, tutti i venerdì non si poteva mangiare la carne, e questi, piuttosto di mangiare la carne, sono pronti a morire…

Tutti rifiutarono eccetto Ponzio de Heuter, canonico del Capitolo di Gorcum, che ebbe salva la vita, fingendo, più tardi, di rinnegare la fede cattolica, atto di cui si sarebbe poi pentito per il resto della sua vita; il carme da lui scritto poco dopo la fuga sulle vicissitudini occorse nel castello di Gorcum è, di fatto, una delle più antiche fonti sui nostri Martiri.

Attenti adesso a che cosa succede, perché il diavolo usa sempre le solite armi, non è fantasioso; lo Spirito Santo è fantasioso, ma il demonio, lo sappiamo bene tutti, non ha fantasia.

Durante la loro prigionia, familiari e amici cattolici (attenti… state attenti ai familiari e agli amici cattolici, stiamo sempre molto attenti; non a quelli del bar, a quelli delle taverne, delle osterie, no, no) fecero ogni sforzo possibile per liberare i chierici. A più riprese si trattò per un riscatto, in particolare per Nicola Pieck, che proveniva dalla borghesia agiata della cittadina, ma i molteplici tentativi fallirono, perché il suo rifiuto di abbandonare la prigione senza i suoi confratelli. Questi tentarono anche (dopo lo vedremo meglio) di convincerli a ritrattare le loro posizioni, ma loro dissero di no. Questo, piuttosto che lasciare i suoi confratelli e salvarsi la vita da solo, rimane lì con loro.

Le possibilità dei chierici di Gorcum di essere liberati si affievolirono notevolmente quando Padre Jan Omal, sacerdote che aveva abbandonato il ministero, nutrito di un profondo odio verso i suoi ex-confratelli, divenuto collaboratore diretto del Lumey, giunse a Gorcum, dove avrebbe presto sfogato contro i prigionieri la sua frustrazione per le fallimentari campagne militari nei dintorni, facendoli deportare a Brielle.

Feriti e seminudi, furono trasportati a Dordrecht su una fetida imbarcazione usata per la pesca delle cozze, dove furono esposti, dietro pagamento, al ludibrio dei curiosi. Condotti poi a Brielle, giunsero nel porto della cittadina affamati ed esausti.

L’eccezionale trasporto destò un grande interesse tra i locali, attratti dal considerevole numero di sacerdoti e religiosi (erano diciannove), pubblicamente umiliati dal Lumey davanti alla folla. Costretti in una farsesca processione ad aggirare il patibolo issato nel porto cantando canti spirituali sotto i colpi di mazza dei geuzen, i prigionieri furono fatti sfilare per l’intera città tra lo scherno e la derisione di soldati e cittadini. Giunti innanzi al patibolo nella piazza del mercato, i religiosi furono nuovamente costretti ad inscenare il sacrilego rito intorno al patibolo e a inginocchiarsi davanti ad esso, in una crudele quanto malevola caricatura dei riti cattolici.

Alcune donne, parodiando il rito dell’aspersione, bagnavano una scopa in un secchio d’acqua per poi schizzare con essa i chierici al loro passaggio. Quando si inginocchiarono davanti al patibolo, la folla ebbe la sensazione di aver raggiunto il culmine della solennità sacrilega. In attesa di una conclusione, boia e presenti tacquero.

Fu il reverendo Govaart van Duynen, un sacerdote devoto, sia pure sofferente di un lieve disturbo psichico (pensate voi…), a rompere il silenzio e a cantare, percependo la notevole delicatezza del momento, un’orazione alla Vergine Addolorata, a mo’ di canto finale. I prigionieri furono, quindi, rinchiusi in una piccola cella nauseabonda, dove trovarono il Parroco, il Cappellano di Monster e altri due Parroci.

Nei giorni che seguirono, l’intero gruppo fu a più riprese interrogato e interpellato sulle sue convinzioni di fede, con particolare insistenza sul ruolo della Bibbia e il significato dell’Eucaristia. Celebre divenne il colloquio sulla religione che Lumey fece tenere nel Palazzo Comunale di Brielle fra alcuni rappresentanti dei prigionieri e due pastori calvinisti, nel quale Nicola Pieck e Leonardo Veghel riuscirono ad avere pubblicamente la meglio sugli avversari, ovviamente.

Dovette essere molto doloroso per Pieck e i suoi il fatto che uno dei pastori calvinisti era un Sacerdote di Brielle ex confratello nel ministero. Nell’efferato clima politico-religioso allora vigente nei Paesi Bassi non tutti i sacerdoti vollero o, forse, osarono rimanere fedeli al cattolicesimo e al loro stato ecclesiastico, ma alcuni abbracciarono per entusiasmo, paura o calcolo, la nuova dottrina per apparire agli occhi dei geuzen come pastori o comandanti di brigata. Sta di fatto che anche sui prigionieri di Gorcum si fece grande pressione affinché abbandonassero la fede cattolica.

Lumey nutriva una forma di personale disprezzo per i chierici cattolici, che condannava a morte con spietati atti di giustizia sommaria. Alcuni chierici, infatti, tra cui il giovane novizio francescano Enrico, sembravano manifestare qualche simpatia per le idee protestanti e furono, perciò, temporaneamente separati dal resto del gruppo, nella speranza che rinnegassero la loro fede.

Il fatto non era insolito nei Paesi Bassi del XVI secolo, in cui lo scisma religioso divideva anche drammaticamente i nuclei familiari: due dei fratelli dello stesso Nicola Pieck erano diventati protestanti. Per amore del fratello, tuttavia, si recarono a Brielle per liberalo, riuscendo a strappare la promessa che il fratello sarebbe stato risparmiato, se avesse rinnegato la fede cattolica.

Nella casa di uno dei carcerieri cercarono per una notte intera di convincerlo a prendere le distanze almeno da uno dei punti della dottrina cattolica. Il colloquio si concentrò sulla posizione del Papa; i fratelli di Nicola fecero presente che il Papa era soltanto un uomo e che sarebbe stato folle morire per qualcuno che per lui non avrebbe, invece, sacrificato alcunché, ma nonostante i tentativi, Nicola non volle in nessun modo recedere dalle sue convinzioni di fede.

L’episodio valse ai Martiri di Gorcum anche il titolo di testimoni del Primato del Papa.

Quindi, vedete, si usa di tutto per cercare di convincere, ma quando si è fatta esperienza di Gesù, non si può tacere ciò che si è visto e che si è udito, dice San Pietro.

Nella notte tra l’8 e il 9 luglio Jan Omal fece uscire dalla prigione i chierici per eseguire la sentenza di morte. Il novizio Enrico, detenuto separatamente, vedendo i suoi confratelli partire, si associò a loro volontariamente. Fuori città, nelle vicinanze del borgo di Rugge, presso il convento agostiniano precedentemente distrutto dai geuzen, in un capannone destinato alla raccolta della torba, poco dopo la mezzanotte, l’Omal pose fine con l’impiccagione alle sofferenze dei martiri.

Per rompere la resistenza del gruppo, furono uccisi prima Nicola Pieck e gli altri portavoce, mentre un pastore calvinista, che cercava invano di incitare i prigionieri all’apostasia fin negli ultimi istanti, fu gettato a calci giù per la scala del patibolo dal vice guardiano Girolamo da Weert a cui, per ritorsione, furono strappati dalla pelle i tatuaggi che si era fatto durante il suo pellegrinaggio a Gerusalemme.

Capite?

Quest’uomo, questo Sacerdote, questo francescano, poco prima di morire, dà un calcione alla scala e butta giù questo qui, che cercava di convincere all’apostasia quelli che stavano per morire. La paga cara, perché poi gli strappano via la pelle con i tatuaggi, però, capite che ad un certo punto…

Alcuni che, secondo i geuzen alzavano troppo la voce, furono impiccati con il cappio fatto passare intorno alla bocca, invece che intorno al collo, finendo per subire un’agonia di ore.

Due dei prigionieri, sopraffatti dalla paura, riuscirono a sfuggire all’esecuzione all’ultimo istante: di essi, l’uno si dispose a rinnegare la fede, mentre l’altro, il novizio Enrico (questo tira e molla) mentì dicendo di essere minorenne.

Quindi, nelle ore mattutine del 9 luglio 1572, diciannove chierici morirono martiri. In mattinata, i loro corpi furono terribilmente mutilati dai geuzen.

Il novizio Enrico fu costretto a sparare al corpo del suo superiore, Nicola Pieck, e ai cadaveri furono tagliate le appendici e attaccate sui cappelli come trofei. Di alcuni, il corpo fu macellato per estrarne del grasso da vendere in città. Tempo dopo, i resti furono sepolti in terra all’interno del capannone che era stato sede dell’estremo supplizio di questi martiri.

Fu Papa Pio IX a canonizzare i Martiri di Gorcum nell’Anno Santo 1867, nella ricorrenza del MDCCC anniversario della morte di San Pietro.

Ecco io ho voluto leggervi questa testimonianza, primo, perché credo che non sia conosciuta, e secondo, perché mi sembra una bellissima testimonianza di cosa voglia dire: “Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”.

Ecco, quindi chiediamo al Signore la grazia anche noi, attraverso l’intercessione dei Martiri di Gorcum, di saper testimoniare, fino alla morte, tutto quello che abbiamo visto e udito e tutte le grazie che abbiamo sempre ricevuto, mai vergogniamoci di essere  cristiani.

 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

PRIMA LETTURA (At 4, 13-21)

In quei giorni, i capi, gli anziani e gli scribi, vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro, l’uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare.
Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che cosa dobbiamo fare a questi uomini? Un segno evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo, proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome».
Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato».
Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando in che modo poterli punire, li lasciarono andare a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l’accaduto.

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