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La Santa Confessione e la direzione spirituale: parte terza

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 7 febbraio 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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LA SANTA CONFESSIONE E LA DIREZIONE SPIRITUALE – Terza Parte

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Eccoci giunti al Domenica 7 febbraio, quinta Domenica del Tempo Ordinario, Anno B. Abbiamo appena ascoltato la Prima Lettura di questa Domenica tratta dal Libro di Giobbe, cap. VII.

“Ricòrdati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene”

La nostra vita è un soffio, la vita di tutti è un soffio ma noi possiamo rivedere il bene, lo possiamo rivedere ogni volta che vogliamo perché il nostro bene è Dio, e Lui lo possiamo sempre vedere, quando vogliamo, se siamo nella Sua Grazia.

Continuiamo ad ascoltare questo bellissimo libro “L’inconscio Spirituale” del prof. J.C. Larchet:

“Nella psicoanalisi, il ruolo dello psicoterapeuta è essenzialmente di stare ad ascoltare e di prestarsi al transfert che il malato fa sulla sua persona. In qualche modo, il malato si guarisce da sé, prendendo semplicemente coscienza degli elementi repressi e liberandosi, tramite il transfert, dagli afferri legati a quegli elementi. Freud lo sostiene a chiare lettere: «L’aspetto più caratteristico del metodo [psicoanalitico], quello che lo distingue da tutti gli altri procedimenti, si scopre nel fatto che la sua efficacia terapeutica non gli viene da un comando dato dal medico».
Nella confessione, è certamente vero che nel riconoscimento delle proprie colpe, delle proprie passioni o tendenze malvagie il malato dà la prova di quel pentimento che nella terapeutica cristiana occupa un così importante ruolo; ma lo scopo della confessione è ottenere il perdono dei peccati passati, ed è questo perdono ciò che costituisce l’elemento essenziale della terapeutica.”

Ci sono delle analogie tra confessione e psicoanalisi, ma la grande e fondamentale differenza è che con la confessione vengo perdonato, ricevo l’assoluzione. È fondamentale il prendere consapevolezza del mio male ma ciò che produce la mia guarigione nella confessione è l’assoluzione, è il perdono, non il racconto in quanto tale.

“Quanto alla manifestazione dei pensieri – cioè alla direzione spirituale – il suo scopo è soprattutto di fornire al padre spirituale le informazioni che gli permetteranno poi di dare al malato i consigli più adeguati.”

Tanto meno parliamo, tanto più sarà approssimativo il consiglio, se poi mentiamo sarà addirittura sbagliato.

“Anche il confessore dà dei consigli al momento della confessione; ma in un contesto di manifestazione dei pensieri i consigli sono più dettagliati, più legati a ogni momento dell’esistenza.”

La direzione richiede molto più tempo e si vanno a vedere le cose da vicino.

“In un caso come nell’altro, i consigli del padre spirituale aiutano il malato a collaborare alla propria guarigione, ma seguendo una precisa direzione e un metodo suggerito. Sotto quest’aspetto, il padre spirituale si distingue nettamente dallo psicanalista freudiano, il quale non soltanto deve astenersi dal dare consigli, ma deve anche escludere ogni dirigismo.”

A tanti la parola Direzione Spirituale dà tanto fastidio e oggi si usa sostituirla con la parola “accompagnamento”. Ma perché questa parola “direzione” dà tanto fastidio? Perché ormai, non ce ne siamo neanche accorti, siamo completamente imbevuti di psicoanalisi. Ma la psicanalisi dove ha trovato la sua origine? Nel protestantesimo. E perché l’ha trovata lì e non altrove? Perché lì mancava il Sacramento della Confessione.
Quindi, in fin dei conti, questa allergia alla direzione spirituale deriva dal fatto che la deve fare [il Sacerdote] è il primo che probabilmente o non l’ha mai fatta, o l’ha fatta poco, o male, e di sicuro non la sta più facendo, quindi non capisce neanche cosa voglia dire veramente fare la Direzione Spirituale e perché sia giusto chiamarla così. È importante chiamarla direzione ed è quello che la psicoanalisi, invece, vuole assolutamente evitare.

“Il padre spirituale, invece, appare più dirigista che nella maggior parte delle psicoterapie, anche di quelle che ammettono un ruolo di consigliere; i suoi consigli, inoltre, sono più esigenti e senza dubbio più efficaci, nella misura in cui l’obbedien- za dei figli spirituali ai loro padri spirituali è certamente un’esigenza e viene senz’altro dichiarata una virtù fondamentale.”

Se oggi parli di padre spirituale, direttore spirituale, direzione spirituale, obbedienza del figlio spirituale al padre spirituale, … incominciano a tacciarti di plagio! O della sua sorella gemella che è la manipolazione.

Noi abbiamo completamente dimenticato, e qualcuno non l’ha mai sperimentata, la ricchezza spirituale che sta dentro a queste pratiche, che ha costruito Santi e Sante nella storia della Chiesa. Abbiamo spazzato via secoli di Santi.

Altro esempio: un tempo nemmeno tanto lontano, quando ero ragazzo io, nessuno si confessava seduto, tutti rigorosamente in ginocchio dall’inizio alla fine. Oggi stanno tutti seduti.  Ma proviamo a ragionare: sei davanti a Gesù Cristo, stai per ricevere il perdono di Dio, tu hai offeso Dio, l’Onnipotente, l’Onnisciente, l’Infinito, il Padre, … e confessi i tuoi peccati seduto? Ricevi il perdono di Dio, un perdono che va a estendersi su tutti i tuoi peccati che hanno offeso l’Infinita Maestà di Dio e per i quali, quindi, non ci sarebbe possibilità di riscatto dato che l’offesa è infinita, ricevi il Sangue di Cristo che ti lava dai tuoi peccati… e lo fai seduto?

Dove si sta seduti? Dallo psicanalista, a meno di non andare da quelli che ti fanno stendere sul lettino.

Qui noi Sacerdoti dobbiamo farci un grande esame di coscienza: se noi stessi ci confessiamo poco e male, che amore abbiamo per questo Sacramento? Ogni quanto ci andiamo a confessare? È inutile fare le omelie agli altri se siamo i primi che non le mettiamo in pratica. Noi dovremmo essere i primi testimoni della bellezza, della grandezza, dell’utilità del Sacramento della Confessione, i primi che lo vivono. Se io sono il primo che non ho un direttore spirituale o l’ho avuto l’ultima volta quando avevo dodici anni, se la mia confessione è rara, la mia obbedienza è discussa… è chiaro che dirò agli altri di non chiamarla “direzione”, perché mi viene l’orticaria solo a sentire questa parola, visto che io sono il primo che non la fa, che non ha sperimentato la grandezza di questa cosa. Quindi chi la vive, chi la chiede, chi l’apprezza viene chiamato plagiatore, manipolatore, condizionatore, imperatore, ovvio! Invece la virtù dell’obbedienza del figlio spirituale al padre spirituale è una virtù riconosciuta da tutta l’agiografia cristiana.

“A differenza dello psicanalista freudiano, che ha per regola d’«astenersi da ogni critica contro l’inconscio e i suoi derivati», ilpadre spirituale non esita a dare il suo giudizio sullo stato interiore, sulle tendenze, sugli atteggiamenti e sui comportamenti del suo figlio spirituale; ma ciò non equivale a giudicare il suo figlio spirituale, bensì ad aiutarlo a vedere più chiaro in sé.”

Leggiamo qui in nota nel libro del prof. Larchet che, secondo quanto scrive Freud nella sua opera “La tecnica psicoanalitica” a pag. 70, se lo psicoterapeuta opponesse qualche critica a ciò che dice il paziente darebbe prova di “orgoglio educativo”. Sarebbe un  educatore orgoglioso, presuntuoso, superbo, che si permette di dare un giudizio sullo stato interiore della coscienza.

Viceversa, il confessore è chiamato proprio a dare questo giudizio. La riforma di Paolo VI, che è quella attualmente vigente, circa il Sacramento della Confessione dice che il Sacerdote, quando siede in confessione, siede come giudice e come medico. Il medico cura e il giudice, cosa fa? Il giudice giudica.

Il motto di Freud è astenersi da ogni critica contro l’inconscio e i suoi derivati. Sono cose dei nostri tempi. Stiamo attenti quando andiamo a confessarci, chiediamocelo bene: oggi sto andando a confessarmi o sto andando a fare la seduta psicanalitica?

“A differenza ancora dello psicanalista, che non cerca di edificare il malato né di proporgli degli ideali, il padre spirituale gli indica delle norme rispetto alle quali egli deve prendere posizione. Queste norme sono ispirate non soltanto dalla concezione cristiana dell’uomo e dell’esistenza, ma anche dalle concezioni che l’ascetica classica – così com’è definita nella Tradizione – ha in particolare a riguardo della natura delle passioni (ciò lo aiuterà a individuare con maggiore precisione in sé gli elementi patogeni) e delle virtù (ciò gli fornirà delle norme di buon comportamento). Spesso il padre spirituale gli sottopone anche un preciso metodo per combattere e progredire. L’efficacia della terapeutica dipende in gran parte dall’applicazione dei suoi consigli.
La condizione di padre spirituale l’autorizza anche a intervenire consolando, incoraggiando, esortando, mettendo in guardia, mentre d’ordinario lo psicoterapeuta è ben più riservato, quando addirittura non si astenga da ogni intervento verbale.”

In nota leggiamo:

“È ben frequente che degli psicanalisti (freudiani) se ne stiano del tutto muti durante le loro relazioni con gli analizzanti. Mi diceva uno psichiatra che, durante la sua analisi didattica, il suo psicanalista non gli aveva mai detto di più che «buongiorno» e «arrivederci».”

Credo che abbiamo tutti — io per primo — molti motivi per riflettere e per vedere dove siamo. Chi è Sacerdote deve esaminarsi come Sacerdote, come Confessore e come penitente — perché noi siamo i primi a dover vivere questo Sacramento! — e chi è laico esaminerà dove si colloca come penitente. Credo che tutti qui dentro troviamo molte ragioni, molti spunti per un esame di coscienza molto serio e una necessità di conversione altrettanto seria.

La prossima volta vedremo in cosa consiste la relazione con il padre spirituale e vedremo la differenza tra relazione con il padre spirituale e quella con lo psicanalista. È fondamentale tenere a mente questo confronto, capire bene le differenze tra questi due ruoli di padre spirituale da una parte e psicanalista dall’altra.

Noi Sacerdoti chiediamoci: siamo più preti o più psicanalisti? Il Sacerdote è chiamato ad indicare delle norme che trovano ispirazione nella concezione cristiana dell’uomo, nell’esistenza.

E come penitenti chiediamoci: quanto teniamo in considerazione i consigli, le indicazioni che ci vengono dal nostro padre spirituale? Quanto siamo obbedienti? Che tradotto vuol dire: quanto ci fidiamo?

Auguro di cuore a tutti voi una Santa Domenica.

E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

PRIMA LETTURA (Gb 7,1-4.6-7)
Notti di affanno mi sono state assegnate.

Giobbe parlò e disse:
«L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario?
Come lo schiavo sospira l’ombra
e come il mercenario aspetta il suo salario,
così a me sono toccati mesi d’illusione
e notti di affanno mi sono state assegnate.
Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”.
La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba.
I miei giorni scorrono più veloci d’una spola,
svaniscono senza un filo di speranza.
Ricòrdati che un soffio è la mia vita:
il mio occhio non rivedrà più il bene».

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