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Il distacco da tutto – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.42

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Il distacco da tutto – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.42
Martedì 12 dicembre  2023 – Beata Vergine Maria di Guadalupe

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 18, 12-14)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?
In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite.
Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 12 dicembre 2023. Quest’oggi festeggiamo la Beata Vergine Maria di Guadalupe, grandissima festa. Credo che sia molto importante, proprio oggi, pregare con ancora più amore e riconoscenza la Vergine Maria. La storia la trovate su Internet; io ho già fatto delle omelie sulla Beata Vergine Maria di Guadalupe. 

Tutto risale al 1531, quando, il 9 dicembre, Juan Diego, un indio azteco, giunge ai piedi della collina di Tepeyac, e qui ha la visione di una signora bellissima, che si presenta come la “Santa Vergine Maria, Madre del vero Dio” che chiede che le venga eretta una chiesa in quel luogo, promettendo di manifestare a tutti il suo amore, il suo aiuto e il suo sostegno. Di fronte alla resistenza del vescovo, la “Morenita”, il 12 dicembre, impresse sulla “tilma” di Juan Diego, la sua immagine. E così, convinto da questo segno miracoloso, il vescovo eresse un primo santuario nel 1553, detto di Guadalupe — come quello che, di fatto, è già esistente in Spagna dal secolo quattordicesimo — che poi fu ripetutamente ampliato. 

La Madonna di Guadalupe è stata riconosciuta, dalle chiese di quel continente, come la “grande missionaria” che portò il Vangelo all’America. Io vi invito ad andarla ad approfondire, perché io vi ho solamente detto tre cose, ma proprio tre di numero, tutta la storia è molto più grande, più bella e più interessante di quello che ho detto. Comunque, oggi è grande festa.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal diciottesimo capitolo del Vangelo di san Matteo, versetti 12-14.

Continuiamo, con questo intento di ringraziare e glorificare la Vergine Maria, la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. 

Io ricordo, come sempre, come già sto facendo da un po’ di tempo, di iscriversi al Canale Telegram Veritatem in caritate, perché poi, lì, do tutte le informazioni, tutti i nostri appuntamenti, le dirette e quant’altro, per pregare insieme.

Allora, siamo arrivati al paragrafo sesto di questo tredicesimo capitolo, e ieri abbiamo visto questa grande intuizione originaria di Santa Teresa, dove lei dice: 

La vita che qui intendiamo condurre non è tanto da monache ma da eremite, …

e, quindi, tutto il discorso che vi ho fatto su questa questione; e lei dice:

…e per questo bisogna staccarsi da ogni cosa.

Ecco, vedete, l’essere eremita in cosa consiste? Consiste in questa vita totalmente data a Dio; questa vita dove Dio sta al primo posto e dove si vive un grande distacco da tutto e da tutti. 

Quando uno pensa all’eremita, pensa a una persona sola, ritirata in solitudine; però, vedete che lei dice: noi siamo monache, però vogliamo condurre la vita delle eremite. Quindi, vedete: sono monache, quindi stanno insieme, non sono da sole.

E quindi capite quanto è importante questo tema del distaccarsi da ogni cosa, che non vuol dire, concretamente, vivere da eremite, è più un atteggiamento interiore. Questa intuizione di Santa Teresa è che: esteriormente, concretamente, vivo da monaca, ma interiormente, acquisisco quelle caratteristiche tipiche di coloro che fanno gli eremiti; prima fra tutte, non è tanto la solitudine, quanto il distacco: essere staccati da tutto.

Questo distacco da ogni cosa è un programma, un progetto di vita, che va bene per tutti. Del resto, un cristiano, un vero cristiano, un vero discepolo di Gesù, non deve essere forse staccato da ogni cosa? 

Il cardinale Schuster, arcivescovo di Milano, immaginatevi… tutti i compiti e le responsabilità, l’impegno pastorale che aveva, ha fatto tutto il giro della diocesi non so quante volte, insomma, capite; San Carlo Borromeo, stessa cosa; San Giovanni Maria Vianney, patrono di tutti i sacerdoti, immagine per ogni parroco; San Pio da Pietrelcina, immerso ogni giorno in dieci, dodici ore di confessionale; San Giovanni della Croce, che uno guardandolo esteriormente poteva dire tutto, ma non certo che fosse un’eremita, esteriormente non era un eremita, non faceva l’eremita, era un frate: fra Giovanni della Croce; San Francesco d’Assisi; Santa Chiara, e adesso ne prendiamo una che vale per tutti: Madre Teresa di Calcutta. Ecco, uno degli altri può dire: “Ma, forse, un po’…”, ma madre Teresa di Calcutta era totalmente immersa nel servizio ai poveri. Tutti questi santi e sante che vi ho nominato — e potrei nominare anche tutti gli altri, come santa Gemma Galgani, pensate a santa Gianna Beretta Molla — hanno vissuto in condizioni di vita completamente diverse. Una ha fatto la monaca, quell’altro il frate, quell’altro il sacerdote di parrocchia, quell’altro ancora il frate confessore e quant’altro, due arcivescovi di Milano, Madre Teresa di Calcutta con i poveri, quindi, vedete che stili di vita diversi? Gianna Beretta Molla, mamma di famiglia, moglie… eppure, tutti loro, nella loro singolarità, per diventare santi e sante hanno dovuto staccarsi da ogni cosa. Innanzitutto, da sé stessi e da sé stesse; innanzitutto, dal voler salvare la propria vita, questo è il primo distacco che Santa Teresa ci insegna. Vedete? Essere papà eremita, mamma eremita, sacerdote eremita, monaca eremita, frate eremita, laico eremita, vedete che è possibile? Lo hanno già fatto! Santa Teresa qui lo scrive, e ci dice: non solo noi lo stiamo facendo, ma lo vogliamo anche dire, vogliamo proprio dirlo. È questa la proposta che lei fa; poi uno può farne un’altra ma, se voi notate, questa proposta è proprio geniale, è bella. Perché è autentica, perché è vera, perché è possibile.

E allora questa prima caratteristica è il distacco da tutto, il distacco da noi stessi, innanzitutto dai nostri gusti, dai nostri piaceri, dai nostri desideri, dalle nostre voglie, dalla nostra volontà, dal nostro amor proprio, dalla superbia, da tutti i vizi e da tutti i peccati; staccati da noi stessi per essere staccati da tutto e da tutti. Abbiamo già detto che questo non vuol dire diventare dei pezzi di ghiaccio, non vuol dire diventare “acetosi”, non vuol dire diventare indisponenti, non vuol dire diventare freddi, non vuol dire diventare chiusi, burberi, no, tutt’altro; ma l’abbiamo già affrontato questo tema, non voglio ripeterlo.

Ecco, vuol dire quindi che io, rispetto a tutto ciò che mi circonda, a partire da me, devo mettere Dio al primo posto: questo è “staccarsi da ogni cosa”. Metto Dio al primo posto per ritrovare, in Dio, me e tutto il resto. Quindi: metto Dio al primo posto e quindi mi stacco dal mettere tutto e tutti al primo posto, compreso me, a partire da me; quindi, mi stacco, metto Dio al primo posto; a quel punto, sotto quella luce, in quella luce di Dio al primo posto, reinserisco tutto al posto giusto. 

Chiaro, no? Inserisco tutto e, alla luce di quel primo posto, mi relazionerò con tutte le varie altre realtà: con me stesso, con gli altri, con i miei doveri, eccetera, eccetera, eccetera. 

S. Teresa scrive:

Tale è la disposizione che… il Signore accorda alle anime che Egli sceglie per questa casa.

Quindi non è per tutti! O meglio, è per tutti, ma non tutti desiderano arrivare fin qui. Capite? C’è chi dice: “No, ma a me questa intuizione originaria, questa proposta di Santa Teresa, non interessa, io voglio seguire un’altra strada”, benissimo, liberissimo di farlo. Ma lei dice che questa disposizione ci deve essere assolutamente per chi vuole, per chi il Signore sceglie per questa casa, per questa realtà. Chi vuole vivere nel monastero di Santa Teresa, nei monasteri che Santa Teresa ha pensato, deve avere questa disposizione interiore, questo distacco, per poter essere “monache che vivono da eremite”.

Lei dice: magari questo distacco non è ancora perfetto, va bene, però, fondamentale è che vogliano perfezionarsi. Il distacco ancora non è perfetto, però queste persone vogliono arrivare alla perfezione di questo distacco. Qual è la prova che vogliono arrivare alla perfezione? Non sono ancora perfette, però lo vogliono; qual è la prova provata che effettivamente è così? Questa:

la pace e l’allegria di cui si sentono pervase al pensiero di non doversi più occupare delle cose della terra.

Quindi non sono ancora perfette, vogliono raggiungere la perfezione di questo distacco e la prova di questo desiderio di perfezione è data dalla pace e dall’allegria che provano non perché lo hanno, ma al solo pensiero… la pace e l’allegria che provano al “pensiero” di questo distacco, di questo non doversi preoccupare delle cose della terra.

Traduciamolo per la mamma e papà di famiglia, per rendere l’idea per tutti. È chiaro che il papà e la mamma di famiglia devono occuparsi delle cose della terra, ma guardate che anche Santa Teresa ha dovuto occuparsi delle cose della terra, di costruire i monasteri. Non è che vengono giù gli angeli a farli, andate a leggere il libro delle Fondazioni, non è arrivato San Giuseppe con gli angeli a costruire i monasteri e Santa Teresa si è trovata il monastero già bello che fatto! San Giovanni della Croce non si è trovato il monastero già bello che costruito! San Francesco, con la Porziuncola, sono venuti giù gli angeli a fargliela? No, ha dovuto mettersi lì lui. Sant’Antonio, San Benedetto… pensate a tutto il movimento del monachesimo… non sono venuti mica gli angeli a fare i monasteri o a bonificare le terre e quant’altro!

Quindi, la mamma e il papà, ma come tutti, del resto, a partire da Santa Teresa, di fatto devono occuparsi, chi più chi meno, chi in un modo, chi in un altro, delle cose della terra, perché viviamo sulla terra, in questo mondo; però con il gusto, il desiderio “ancorati al cielo”. Per cui, mi occupo delle cose della terra — passatemela — come “un dovere”, non come un piacere, lo faccio perché lo devo fare. Ma la mia pace e la mia allegria, non stanno nelle cose della terra, ma nel distacco da queste. Capite? Quindi, le devo fare e le faccio; e le faccio da santo e le faccio bene, le faccio in modo perfetto, però la mia pace, la mia allegria, non viene da lì, non è ancorata lì, ma è ancorata al cielo, è ancorata a Gesù. Quindi il mio desiderio è questo distacco, per cui, appena sarà possibile, nella mia quotidianità, realizzerò questa dedizione totale a Dio.

E tutti avremo dei momenti nella nostra giornata — come li hanno avuti i santi — dove poterci ritirare in preghiera. Poi uno potrà fare un’ora, quell’altro dieci minuti, quell’altro tre minuti, quell’altro un minuto, non ha importanza, ciò che conta è che quel minuto dica tutta la nostra intenzione di vivere il distacco da ogni cosa per attaccarci, ancorarci, unicamente a Dio e in Dio trovare tutto il resto, servire tutto il resto, amare tutto il resto; esattamente come Madre Teresa di Calcutta ci ha insegnato. Quindi, pace e allegria, cioè proprio il pensiero di dire: “Gesù al primo posto”. Faccio tutto quello che devo fare, lo faccio bene, lo faccio nei tempi e nei modi dovuti, ma il mio cuore è già là; è già là che attende di incontrarlo.

Vedete, uno può tornare a casa dal lavoro la sera camminando lentamente, fermandosi a chiacchierare con qualcuno, attardandosi in un bar, attardandosi in macchina per rispondere al cellulare, facendo una strada un po’ più lunga invece che quella corta, perché non ha qualcuno che lo aspetta; perché non è lì che risiede la sua pace e la sua allegria. Qualcun altro, invece, può correre, appena finisce il lavoro, correre, fuggire a casa. Perché tanta fretta? Perché ho fatto il mio dovere, mi sono occupato delle cose della terra, ho fatto tutto quello che dovevo fare, ma adesso che sono libero, fuggo, corro a casa, perché è là che sono atteso, è là che c’è l’amore, è là che trovo la pace e l’allegria. Questa casa che mi attende, è innanzitutto Gesù Cristo. Questa è la casa che mi attende, questo è lo sposo che ansima (Cantico dei Cantici), ansima nell’attesa che io vada da lui. Capite? E quindi corro.

Pensate a questo tema, a questa immagine che ho fatto del lavoro, come a tutte le cose che noi dobbiamo fare in una giornata, e, appena sono finite, alla possibilità che abbiamo o di disperderci in tanti stupidaggini — i social, le telefonate, le chiacchiere, le cose — oppure di prendere e raccogliere tutto, raccogliere i sensi, raccogliere l’energia, raccogliere le forze e correre da Gesù. Sono due immagini di due persone, di due stili interiori completamente diversi. Uno: non c’è nessuno che mi aspetta, quindi non c’è motivo di correre, quindi mi posso perdere in altro, la mia pace, la mia allegria non risiede in Gesù, e quindi non ho bisogno di correre, sto benissimo nelle cose della terra e quindi va bene così. Il secondo, invece no: io sento che sono chiamato a questo distacco interiore da tutto e da tutti, per mettere Gesù al primo posto, e quindi, appena posso, dalle varie faccende della mia vita — può essere tante volte al giorno, perché noi abbiamo tante cose da fare, diverse — appena finisco, mi raccolgo un minuto; ripeto, è sufficiente un minuto. Un minuto l’abbiamo tutti nella vita, un minuto, il tempo di recitare un memorare; due minuti, il tempo di recitare un Angelus. Mi raccolgo, ed ecco che mi getto con pace ed allegria tra le braccia di Gesù. E quindi capite, il mio pensiero si stacca, è felice che non si deve più occupare delle cose della terra, e si riversa totalmente nel Signore. Io spero di essere stato chiaro, di non essere frainteso, su queste cose,

Quindi, la pace e l’allegria, e poi la:

soavità che sperimentano in tutte le pratiche della religione

Vedete che, piano piano, si sta delineando, questo volto di coloro che sono monache, ma vivono da eremite. Ecco, e “la soavità”, proprio questo gusto, bello, profondo, vero, sincero che si prova nelle pratiche della propria fede. Quindi vedete: pace e allegria, per il fatto che sono libere e si possono gettare un minuto, anche solo un minuto, in Dio; pace e allegria, che non vengono dalle cose della terra, ma da Dio. Quindi, innanzitutto il distacco, poi c’è questa pace e allegria, che è la prova; e la soavità, che è legata alle pratiche della nostra fede: quindi, la soavità nel poter recitare il Rosario, la soavità nel fare un momento di preghiera, la soavità di recitare l’Angelus, la soavità dell’Adorazione Eucaristica, la soavità di poter stare davanti al Signore, la soavità della Santa Messa, la soavità… eccetera, eccetera. Lei scrive:

Perciò, se una di voi è portata alle cose del mondo…

perché può anche essere che uno non si senta dentro questa cosa che vi ho appena detto

e non si corregge

perché, appunto, uno si può un po’ illudere, dire: “No, ma io…” 

se ne vada.

Basta, faccia altro, non è chiamata a far parte di questo monastero; di questo monastero così come l’ha pensato Santa Teresa. Vada altrove, vada in un altro monastero. Vada in un’altra realtà:

ma non si lamenti di me, quasi non le abbia fatto conoscere il genere di vita che volli introdurre in questa casa. 

Quindi è inutile che uno mormori, è inutile che uno se la prenda, è inutile che uno faccia la guerra, ma non c’è solo un monastero a questo mondo! Non c’è solamente l’esperienza di Santa Teresa di Gesù! Ce ne sono tante, lei dice: vada altrove. È inutile che attacchi Santa Teresa, è inutile che uno se la prenda con Santa Teresa, quasi che abbia fatto le cose di nascosto, e non abbia mostrato le cose per quello che erano, e — come lei dice — non abbia fatto conoscere il genere di vita che vuole introdurre in questa casa; quasi che abbia mentito, che uno si trova e dice: “Ah no, ma qui sono cambiate le carte in tavola”, no!

Se non ti senti portato a questo distacco del mondo, non fartene un problema! Però rispetta gli altri, rispetta chi invece si sente portato; perché dobbiamo uniformare tutto sulla nostra sensibilità? Santa Teresa non fa questo! Lei dice: se tu non ti senti portato, vai altrove, basta! Però lascia in pace quelli che vogliono vivere così, non diventare un persecutore, non osteggiare lo Spirito Santo che chiama alcune persone a questo tipo di vita. Non chiama te? Benissimo, ti chiamerà altrove, vai. E non mormorare contro Santa Teresa o chi per essa, quasi che ti abbia ingannato, ma vai in pace. E lei poi dice:

se ne vada pure, altrimenti le può succedere di peggio!

Sì, perché allora se entra il male, se entra la malizia, se entra la cattiveria, eh, beh, allora è brutto. Se io non mi sento chiamata a questa cosa, dico: “Signori, grazie, è stato bello, adesso che ho compreso come stanno le cose, vi ringrazio, non è la mia strada, arrivederci” e me ne vado. Basta, amici come prima.

Ci fermiamo qui, domani faremo il settimo e, così, penso che domani probabilmente concluderemo. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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