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Contentare il Signore – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.43

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Contentare il Signore – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.43
Mercoledì 13 dicembre  2023 – Santa Lucia, Vergine e Martire

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 11, 28-30)

In quel tempo, Gesù disse: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a mercoledì 13 dicembre 2023. Festeggiamo quest’oggi Santa Lucia, vergine e martire. Quindi, tanti auguri a coloro che vivono nella bergamasca e a tutti coloro che festeggiano Santa Lucia, che è un po’ una solenne anticipazione del Natale.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dall’undicesimo capitolo del Vangelo di san Matteo, versetti 28-30.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro Cammino di perfezione, di Santa Teresa di Gesù. Siamo arrivati all’ultimo paragrafo di questo capitolo tredicesimo.

7 — Se sulla terra vi può essere il paradiso, esso è in questa casa: vita felicissima vi conducono infatti le anime che, disprezzando ogni propria soddisfazione, non pensano che a contentare il Signore. Ma quelle che qui cercassero altra cosa, non solo non la troverebbero, ma perderebbero tutto.

Allora, in questa casa, in questo monastero fatto di monache eremite, — lo abbiamo visto in questi giorni — Santa Teresa dice che c’è il paradiso. Se sulla terra c’è il paradiso, è qui. Perché? Abbiamo già visto che la caratteristica fondamentale di queste monache, che vivono da eremite, è quella dello staccarsi da ogni cosa e, adesso, vediamo che l’altra caratteristica è quella di avere un solo pensiero: contentare il Signore.

“Disprezzano ogni soddisfazione personale, hanno in mente solo di far felice Gesù”. E lei dice: in questo monastero così fatto, così delineato, così spiegato, se cercano altro, non lo trovano, ma, anzi, perdono tutto. Quindi, capite quanto questa sua intuizione originaria, quanto questa sua fondazione, in realtà, va bene per tutti? Tutti siamo chiamati a far parte di questo monastero di monache e monaci eremiti, tutti! Perché loro erano monache, noi no, ma non è questo quello che conta, in realtà, come abbiamo visto; loro erano monache, noi siamo sacerdoti, mamme, papà, laici, suore e quant’altro. Ciò che fa la differenza, non è l’essere monache, ma l’essere eremite. Lei è su questo che concentra la spiegazione, non sull’essere monache, ma sull’essere eremite; infatti, al paragrafo sesto lei lo dice:

La vita che qui intendiamo condurre non è tanto da monache ma da eremite, e per questo bisogna staccarsi da ogni cosa.

E adesso, al paragrafo settimo, dice che qui, in questa casa di monache/eremite, “disprezzano ogni soddisfazione, e pensano solo a contentare il Signore”.

Quindi, ciò che è caratteristica fondamentale di questo monastero particolare, è questo essere eremiti; quindi, che tu sia sacerdote, che tu sia mamma, che tu sia papà, che tu sia… loro sono monache e tu sei la mamma e il papà, va bene! Ma ciò che accomuna è l’essere eremite, con queste particolari caratteristiche.

Come avete visto, lei non ha citato il “vivere da soli in una spelonca” finora non ha mai detto che l’essere eremita vuol dire che ognuna deve vivere da sola dentro una caverna. È chiaro che sarebbe un po’ difficile farlo andare bene per la mamma o per il papà, per l’arcivescovo, per il sacerdote in cura d’anime e quant’altro! È un po’ difficile, perché uno non può andare a vivere, come gli eremiti, dentro una spelonca. Ma qui lei, dell’eremita, prende alcune caratteristiche molto precise: disprezzare o, meglio, lei dice: staccarsi da ogni cosa (prima caratteristica) — e tutto quello che abbiamo visto in questi giorni — e poi, contentare il Signore disprezzando la propria soddisfazione, cioè mettendo in secondo piano la propria soddisfazione, o, potremmo dire così, educandosi a mettere la propria soddisfazione nel contentare il Signore. La soddisfazione di questi eremiti, è quella di contentare il Signore, quindi staccarsi da ogni cosa, mettendo Dio al primo posto e, di conseguenza, avere ogni propria soddisfazione nel contentare il Signore, nel far felice il Signore; e quindi disprezzando tutte quelle soddisfazioni egoistiche, quelle soddisfazioni superficiali, inconsistenti, che ci portiamo dentro. E questo non è il paradiso? Certo. Questo è il paradiso.

Domanda: il paradiso è solo per le monache? No, ovviamente. Vedete come tutti i conti tornano? Il paradiso non è solo per le monache, il paradiso è per tutti. Volete che Santa Teresa pensi a un paradiso riservato? No. Lei lo ha “costruito” su questa terra, in modo particolare riferendosi a delle monache, ma con l’intenzione, con la previsione, di questo vivere da eremite. E noi, tranquillamente, senza nessuna forzatura — penso — lo prendiamo e lo apriamo, apriamo questo monastero, questo paradiso, a tutti, dicendo: che tu sia monaco, che tu sia sacerdote, che tu sia vescovo, che tu sia qualunque cosa, se vuoi vivere da eremita — cioè, non nella spelonca, ma con queste caratteristiche di questo paragrafo sesto e settimo, che abbiamo visto in questi giorni — allora entra a far parte di questo monastero. E, ovunque tu sarai, vivrai dentro questa prospettiva dello staccarsi da ogni cosa per attaccarsi a Dio — e tutto il resto che abbiamo visto in questi giorni nel paragrafo sesto — e avere la tua soddisfazione nel rendere felice Gesù, basta! Guardate che bello.

Ho voluto ripetere, in questi giorni, alcuni concetti, perché sono un po’ nuovi e quindi, ripetendoli, io spero anche di chiarificarli, di renderli più comprensibili; mi auguro, spero, di esserci riuscito. Ecco, adesso dice:

Un’anima scontenta è come chi soffre d’inappetenza: per quanto il cibo sia buono e mangiato dai sani con piacere, egli ne ha nausea e si sente rivoltare lo stomaco. In altri luoghi quell’anima si salverà più facilmente, e forse a poco a poco potrà arrivare a quella stessa perfezione che qui non sa sopportare perché abbracciata tutta in una volta.

Quindi stiamo attenti alla scontentezza; questo, guardate, è un campanello d’allarme solenne, anzi, oserei dire che è una “tromba”, non è un campanello d’allarme. Questa è una tromba, è un trombone. La scontentezza è esattamente il segnale che fa capire che quella casa, che quel monastero, non è fatto per te, e tu/lei non sei fatta per lui, questo è. 

Viceversa, se vi ricordate, al paragrafo sesto lei diceva che il segno caratteristico di uno che si vuole perfezionare, è la pace e l’allegria che prova solo al pensiero di staccarsi dal mondo e poi la soavità nelle pratiche religiose. Il suo contrario è questa scontentezza, che è una sorta di inappetenza, di rifiuto, di nausea, verso tutta questa casa, verso tutto questo monastero, verso tutto ciò che caratterizza questo monastero. C’è proprio questa inappetenza, questa scontentezza, e allora lei dice: vada altrove. Perché non tutti siamo chiamati in questa casa; non tutti siamo chiamati in questo monastero: vada altrove. 

Perché? Perché l’altra caratteristica, potremmo dire la terza grande caratteristica di questo monastero, è che qui la perfezione si abbraccia tutta in una volta. Cioè, non è un pochino oggi, un pochino domani, no, ti viene presentata la perfezione e ti viene chiesto di prenderla e abbracciarla in un colpo. E, sapete, ci sono quelli che dicono: “Piano piano, piano piano, piano, piano, piano, piano. Non adesso, ma dopo; vediamo, non lo so. Non esageriamo; sono fragile, faccio fatica, non ce la faccio. E io ho un piede dentro e un piede fuori. Sì, mi piace questo, mi piace anche quell’altro. Tutto questo radicalismo io non lo sento, ecco”. E lei dice: vada altrove, là troverà la possibilità di fare questo cammino di perfezione, un passino alla volta, con più progressività, diciamo, con più calma. Ma qui non è piano piano, qui è — passatemi l’espressione — “tutto subito”. È una proposta, capite? Non è un obbligo, è una proposta. E ci sono anime che, di fronte a questa proposta, si incendiano, e ci sono anime che, di fronte a questa proposta, dicono: “No, grazie”; benissimo, vadano altrove, lasciando in pace coloro che vogliono vivere così.

Per l’interiore, — qui lei fa una distinzione molto importante — prima di giungere al pieno distacco e alla mortificazione perfetta, si suole accordare un po’ di tempo, ma per l’esteriore si esige che lo faccia subito.

Vedete: tutto subito, per l’esteriore! Cioè, esteriormente, questo distacco e questa mortificazione — cioè, il distacco da ogni cosa; la mortificazione intesa nel senso di mettere ogni propria soddisfazione nel servire il Signore (questa è la mortificazione) — subito! Perché, capite, se non c’è questo, non c’è il monastero di questi eremiti.

“Monastero di eremiti”, abbiamo visto che questa formulazione è già apparentemente una contraddizione in termini, ma non in questo caso, perché questa è l’intuizione di Santa Teresa. Quindi, dentro a questo monastero di eremiti e di eremite, almeno esteriormente, questo distacco e questa mortificazione devono essere perfette, bisogna farle subito, bisogna che siano reali, che ci siano. Quindi: che ci sia questa volontà, ferma, concreta, di mettere Dio al primo posto — tutto il resto sotto, tutto il resto in funzione, tutto il resto dentro a quella realtà — e poi, avere come soddisfazione personale contentare il Signore, e basta. Ecco, se c’è questo, almeno esteriormente, va bene, l’interiore arriverà.

Se una religiosa vedendo come fanno le altre e trovandosi in così santa compagnia non fa progresso in un anno, — le da tempo un anno, eh! — temo che indietreggerà. Non esigo che la sua perfezione sia come quella delle altre, ma che almeno dimostri di far profitto, provando che il suo male non è mortale: cosa, del resto, che non si tarda molto a vedere.

Quindi, dà tempo un anno perché la santa compagnia dovrebbe spingere a fare progresso. Se in un anno non si vedono questi frutti, lei dice: temo che faccia dietrofront; e aggiunge: dimostri di far profitto, altrimenti, questo male che ha dentro è mortale.

Bene, io direi che abbiamo finito questo capitolo tredicesimo, veramente molto, molto intenso, molto bello, che ha messo proprio le fondamenta di questo monastero di eremiti. Io spero di avervi fatto un po’ innamorare di questa intuizione bellissima di Santa Teresa e spero che in tanti, dentro il vostro cuore, decidiate proprio di vivere all’interno di questo bellissimo monastero, che ci vede tutti impegnati nelle nostre vite, le più diverse, tutti lontanissimi (non importa), di età e di tutto diversi, però accumunati da questi desideri, da questa volontà di fare tutto quello che lei ci ha indicato. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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